Con sentenza n.17685/2015, depositata in data 7 settembre, le Sezioni Unite civili della Suprema Corte di Cassazione sono intervenute sul tema del c.d. "infortunio in itinere" riconducibile al fatto doloso del terzo e alla sua indennizzabilità.

L'ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite riportava i due opposti orientamenti in materia.
Secondo un primo orientamento, "in tema di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, pur nel regime precedente l'entrata in vigore del d.lgs. n.38 del 2000, è indennizzabile l'infortunio occorso al lavoratore in itinere, ove sia derivato da eventi dannosi, anche imprevedibili e atipici, indipendenti dalla condotta volontaria dell'assicurato, atteso che il rischio inerente il percorso fatto dal lavoratore per recarsi al lavoro è protetto in quanto ricollegabile, pur in modo indiretto, allo svolgimento dell'attività lavorativa, con il solo limite del rischio elettivo" (Cass. 10-7-2012 n.11545, Cass. 14-2-2008 n.3776, Cass 27-2-2002 n.2942, Cass. 13-12-2000 n.15691).

L'opposto indirizzo afferma che "in tema di indennizzabilità dell'infortunio in itinere, si sottrae a censure la decisione di merito che, a fronte dell'omicidio del lavoratore, ad opera di ignoti, nel tragitto percorso per recarsi al lavoro, ha ravvisato tra prestazione lavorativa ed evento una mera coincidenza cronologica e topografica, un indizio del nesso di occasionalità...escludendo qualsiasi collegamento oggettivo tra evento, esecuzione del lavoro e itinerario seguito per raggiungere il luogo di lavoro a bordo della propria autovettura" (Cass. 11-06-2009 n.13599, Cass 23-2-1989 n.1017, Cass. 19-1-1998 n.447 e Cass. 29-10-1998 n.10815).
Secondo quest'indirizzo, l'art. 12 del d.lgs. n.38 del 2000, che ha espressamente ricompreso nell'assicurazione obbligatoria la fattispecie dell'infortunio in itinere, disciplinandolo nell'ambito della nozione di "occasione di lavoro" di cui all'art. 2 del d.P.R. n.1124 del 1965, esprime criteri normativi che delimitano l'operatività della garanzia assicurativa, condizionando la indennizzabilità dell'infortunio alla sussistenza di un vincolo "obiettivamente e intrinsecamente apprezzabile con la prestazione dell'attività lavorativa" e all'accertamento di "una relazione tra l'attività lavorativa ed il rischio al quale il lavoratore è esposto, indispensabile a concretizzare quel "rischio specifico improprio" o "generico aggravato" che rientra nella ratio dell'art. 2 del d.p.r. 1124 del 1965 citato.

Proprio facendo leva sul presupposto richiesto della "occasione di lavoro" inteso quale criterio di collegamento con l'attività lavorativa che giustifica la tutela differenziata, le Sezioni Unite hanno condiviso il secondo orientamento, enunciando il seguente principio di diritto:

"La espressa introduzione dell'ipotesi legislativa dell'infortunio in itinere non ha derogato alla norma fondamentale che prevede la necessità non solo della "causa violenta" ma anche della "occasione di lavoro", con la conseguenza che, in caso di fatto doloso del terzo, legittimamente va esclusa dalla tutela la fattispecie nella quale in sostanza venga a mancare la "occasione di lavoro" in quanto il collegamento tra l'evento e il "normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione e quello di lavoro" risulti assolutamente marginale e basato esclusivamente su una mera coincidenza cronologica e topografica" (come nel caso in cui il fatto criminoso sia riconducibile a rapporti personali tra l'aggressore e la vittima del tutto estranei all'attività lavorativa ed a situazioni di pericolo individuale, alle quali la sola vittima è, di fatto, esposta ovunque si rechi o si trovi, indipendentemente dal percorso seguito per recarsi al lavoro.)

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