ARTICOLO 3 DELLA NUOVA LEGGE PENALE TRIBUTARIA: CONSIDERAZIONI IN MERITO ALLA DOCUMENTAZIONE RELATIVA AL TRANSFER PRICING


Sunto

L’articolo 3 della legge penale tributaria punisce la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici. Nelle imprese multinazionali il tema dei prezzi di trasferimento è uno tra quelli di maggior rilievo ed il legislatore ha previsto uno specifico regime premiale per coloro che procedono a redigere e quindi consegnare una documentazione che consenta all’Agenzia delle Entrate di ridurre i tempi di quella che è una verifica complessa e che investe anche molti elementi di fatto (si pensi alle funzioni svolte dalla società verificata). In questo contributo si esamina il rapporto che sussiste tra la documentazione in tema di prezzi di trasferimento e l’articolo 3 della normativa penale nel momento in cui la documentazione non appare del tutto rispondente alla realtà (in ragione di una descrizione erronea di fatti e /o di omissioni) e questa documentazione sia presentata a supporto della policy di determinazione del reddito.
La conclusione raggiunta è che il comportamento del contribuente non ricade nell’articolo 3 della normativa penale tributaria.


La norma di cui all’articolo 3: considerazioni preliminari

La norma di cui all’articolo 3 della nuova legge penale tributaria stabilisce che viene punito con la pena della reclusione chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi (o l’IVA ma questo non rileva nel caso di specie) indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi o, questa una delle novità, crediti e ritenute che possono dirsi fittizie.
La fattispecie insorge quando viene superata una certa soglia quantitativa e ricorrono alcuni elementi.
Per quanto ci interessa in questa sede il reato di cui all’articolo 3 si configura quando il contribuente si avvale di: 1) operazioni simulate (soggettivamente o oggettivamente) o in alternativa, in quanto viene usato il termine “ovvero”, 2) documenti falsi (1) o (altra situazione ulteriore) quando si usano 3) altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria (2).

La norma stabilisce che ci si è avvalsi dei documenti “falsi” quando gli stessi sono registrati nelle scritture contabili o sono detenuti a fini di prova nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria.

Il termine documenti falsi rimane assente di definizione perché va detto che la normativa penale tributaria porta una definizione di “… fatture e altri documenti per operazioni inesistenti…” mentre lascia aperta la definizione di documento falso (usata in modo specifico nell’articolo 3 della stessa legge) sicché pensare di usare la definizione inserita nell’articolo 1 ovvero dire che il termine documento deve riferirsi sempre e solo a quei documenti che hanno rilievo probatorio analogo rispetto alle fatture potrebbe considerarsi come una affermazione non completamente corretta.

Al contrario in merito ai mezzi fraudolenti la norma assume una definizione specifica indicando che i mezzi fraudolenti sono da inquadrare nelle condotte artificiose attive o in quelle omissive realizzate in violazione di uno specifico obbligo giuridico, condotte che determinano un ostacolo all’accertamento (inteso questo come l’attività di verifica) e che inducono in errore la Amministrazione Finanziaria.

Svolto questo breve inquadramento della norma penale possiamo appuntare la nostra attenzione sul rapporto che sussiste tra questa norma e la documentazione in materia di prezzi di trasferimento.



La documentazione in materia di prezzi di trasferimento e il rapporto tra questi documenti e l’articolo 3 della legge penale tributaria

La situazione ipotizzata è quella per cui nell’ambito di una verifica fiscale (di qualunque genere (3)) o a seguito di una richiesta di informazioni dell’Agenzia sia esibita agli organi della verifica stessa una documentazione in tema di prezzi di trasferimento che non risponde in tutto o in parte, sul piano dei fatti, a quella che appare la realtà economica della società che l’ha prodotta ed ovviamente questa documentazione supporta una determinata e specifica politica in materia di prezzi di trasferimento. Questa esibizione della documentazione non corretta merita di essere esaminate in quanto potrebbe sorgere il tema della rilevanza penale di un simile comportamento.



La documentazione TP (falsa) si qualifica come documentazione detenuta ai fini di prova?

La documentazione in materia di prezzi di trasferimento ha uno scopo specifico che viene chiaramente indicato nello scritto dell’Agenzia delle Entrate avente protocollo 2010/137654 in cui si parla di documentazione “…idonea a consentire il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati dalle imprese multinazionali…” e si procede sancendo che la documentazione serve per “… accedere al regime di cui all’art. 1, comma 2-ter d.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 …” che in sostanza annulla quelle che sono le sanzioni amministrative (ma la presenza di questa documentazione non impedisce la contestazione dei prezzi di trasferimento e non consente di formulare alcune posizione di vantaggio per il contribuente in termini di prova).

Sempre lo stesso documento prosegue affermando che per “… Per documentazione idonea si intende la documentazione che, se consegnata nel corso di attività di controllo o di altra attività istruttoria, consente al contribuente di accedere al regime di cui all’art. 1, comma 2-ter, d.Lgs 18 dicembre 1997, n. 471 …”.

In nessuna parte del documento si viene ad indicare che la documentazione in materia di prezzi di trasferimento è detenuta ai fini di prova della policy che viene seguita e della sua correttezza anche se è lecito dire che questa funzione (di prova almeno in senso ampio) non può essere completamente disconosciuta al documento che il contribuente ha redatto.

Non possiamo dimenticare che nella Circolare Ministeriale 58/E del 2010 si stabilisce in modo chiaro che “… Il sistema si basa sull’introduzione di un regime premiale che tiene conto dell’impegno profuso dai contribuenti che, in buona fede, predispongono la documentazione con l’effetto di agevolare, in sede di controllo, il riscontro della conformità al valore normale delle operazioni infragruppo realizzate. Pertanto, l’adozione di tale regime appare configurarsi come vero e proprio indice segnaletico della presenza di un atteggiamento cooperativo, trasparente e in buona fede, elementi, questi ultimi, che come noto assumono importante valenza nell’ambito delle previsioni introdotte con legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. "Statuto dei diritti del contribuente") …”.

Possiamo dire che il complesso normativo in materia di documentazione TP è votato a consentire il riscontro della politica che viene applicata dalla società ma non a provare che la politica suddetta sia per forza da considerare come una policy corretta ben potendo la Amministrazione Finanziaria contestare le risultanze del documento ma considerare lo stesso idoneo ad evitare le sanzioni proprio per il fatto che tale documento ha consentito di formulare una precisa contestazione (4).

Su questo punto sono di aiuto le parole della stessa circolare quando indicano che “ … in altre parole, la documentazione potrà essere considerata “idonea” laddove sia in grado di fornire un quadro informativo che consenta il riscontro della conformità dei prezzi di trasferimento praticati al principio del valore normale, assicurando adeguata coerenza con i principi declinati dal Codice di Condotta UE e dalle Linee Guida OCSE. E ciò indipendentemente dalla circostanza che, in esito a tale analisi, dovesse risultare che tale valore sia diverso da quello individuato dal contribuente…”.

Secondo chi scrive da queste parole è lecito trarre la conclusione che la documentazione in materia di prezzi di trasferimento non ha alcun intento e / o valenza di carattere probatorio ai fini delle imposte sui redditi ma ha una semplice valenza di carattere informativo ovvero deve solo consentire che siano svolte delle analisi più corrette ed in un tempo minore.

Quindi, assumendo che alle parole “… detenuti ai fini di prova …” possa attribuirsi il significato di documenti che debbono avere come tali (in se stessi) un valore probatorio ai fini fiscali la documentazione in materia di prezzi di trasferimento deve ritenersi esclusa dal novero di questi documenti e di conseguenza anche una eventuale difformità della stessa rispetto alla realtà fattuale del contribuente non dovrebbe portare ad una contestazione penale.

Se accettiamo questa ipotesi è escluso che una documentazione TP non conforme alla realtà sostanziale possa dirsi un documento con una rilevanza penale in se stesso in quanto è assente la natura di documento detenuto a fini di prova.



Una documentazione TP non rispondente alla realtà fattuale si configura come ricadente negli altri mezzi fraudolenti di cui alla norma?

Quanto sopra non esaurisce il tema in quanto resta da valutare come si pone questa documentazione in rapporto a quelle che sono le altre condizioni previste nello stesso articolo 3 ed in particolare se un rapporto possa esistere con gli altri mezzi fraudolenti, ovvero mezzi che devono essere idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore la Amministrazione Finanziaria.

In primo luogo dobbiamo determinare se la detenzione e la conseguente esibizione (5) in sede di verifica di una documentazione TP non conforme alla realtà fattuale sia da annoverare negli altri mezzi fraudolenti.

La norma penale fornisce una compiuta definizione di mezzi fraudolenti identificando gli stessi in condotte: a) artificiose attive; b) omissive realizzate (entrambe) in violazione di uno specifico obbligo giuridico e che determinano una falsa rappresentazione della realtà (in questo senso depone l’articolo 1 della legge che stabilisce proprio le definizioni).

Sul piano della interpretazione normativa è stata espressa la tesi secondo cui gli altri mezzi fraudolenti sono mezzi che devono condurre a manifestare all’esterno una vicenda o un accadimento attraverso il quale il contribuente abbia, in realtà celato un illecito risparmio di imposta di non immediato e semplice svelamento (6) tesi questa che lascia aperte numerose ipotesi da calare nel concreto.

Si tratta di una tesi che non appare isolata in quanto viene richiamata, seppur con parole diverse, anche da coloro che affermano che prima di parlare di condotta artificiosa deve essere accertato in concreto sotto quale profilo l’attività di verifica sia stata ostacolata con la conseguenza che l’amministrazione finanziaria ha dovuto realizzare una attività istruttoria particolare rispetto a quella consueta (7).

A chi scrive appare del tutto ovvio che la consegna di una falsa documentazione (una documentazione sviante) in materia di prezzi di trasferimento costringe il verificatore a svolgere una attività istruttoria ampia e molto complessa e quindi è lecito concludere che tale con tale consegna si realizza la prima condizione prevista dalla norma mentre resta da chiedersi quale sia l’obbligo giuridico (specifico) che si assume violato.

Una documentazione sviante su un tema complesso come quello dei prezzi di trasferimento appare certamente capace di favorire una induzione in errore e quindi di produrre ostacolo alla attività di accertamento che deve essere svolto dalla Guardia di Finanza o dalla Agenzia delle Entrate; in buona sostanza viene alterata la rappresentazione delle funzioni aziendali e quindi dei rischi cui è esposta la società, rischi ai quali si associa una determinata attribuzione del reddito e si costringe l’amministrazione ad una analisi molto complessa e da svolgere in un ampio arco di tempo.

Tenendo conto di questo, appare lecito ipotizzare che potrebbe ritenersi violata la previsione dell’articolo 10 della legge 212/2000 (statuto del contribuente) che indica “… i rapporti tra contribuente e amministrazione e finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede …”, e che secondo lo scrivente deve essere intesa come una norma che pone obblighi reciproci (come del resto traspare proprio dal regime premiale previsto per chi redige la documentazione in tema di prezzi di trasferimento).

In sostanza, redigere e quindi detenere per poi consegnare alla Amministrazione Finanziaria (nel corso di una verifica fiscale o a seguito di una semplice richiesta di informazioni (8)) una documentazione falsa (nel senso di una documentazione che travisa la realtà fattuale) agendo in modo consapevole con il preciso fine di non fornire una corretta rappresentazione della realtà societaria è un comportamento che potrebbe violare uno specifico obbligo giuridico (quello di collaborazione e buona fede).

Se accettiamo la tesi che entrano negli altri mezzi fraudolenti tutte le condotte in qualche modo artificiose poste in essere dal contribuente per sviare la Amministrazione Finanziaria ed impedire che la stessa si accorga della non completa correttezza della dichiarazione fiscale (9) allora possiamo dire che l’uso consapevole di una documentazione come è quella in materia di prezzi di trasferimento nella forma che forma che definiamo “sbagliata” possa certamente integrare la fattispecie in quanto si tratta di un comportamento che è affetto da particolare malizia e che viene attuato in una materia di particolare complessità.

Stabilito questo punto resta da vedere se veramente l’articolo 3 della nuova normativa penale sia atto a punire un simile comportamento.



In merito al realizzarsi della fattispecie (ovvero se in in ragione di quanto detto in precedenza si concretizzi il fatto previsto dalla legge come reato)

L’articolo 3 prevede come reato la indicazione nella dichiarazione dei redditi di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o di elementi passivi fittizi e questo comportamento che consiste nella indicazione è il punto centrale del comportamento penalmente rilevante; è attraverso questo comportamento che attuarsi quella rappresentazione del reddito che assume una rilevanza di carattere penale.

Ecco allora che l’esame deve concentrarsi su questi elementi prima di concludere sul tema che abbiamo discusso nel presente contributo ed in particolare si richiede una analisi del termine fittizio.

Si ritiene che parlare di indicazione di componenti positive di reddito per somma inferiore a quella effettiva non sia lecito nel caso di specie in quanto il contribuente che ha redatto, detenuto e quindi esibito in sede di verifica fiscale una falsa documentazione in materia di prezzi di trasferimento difficilmente distorce i ricavi rispetto alle fatture emesse mentre appare più probabile una distorsione dei costi ma questo è lecito dirlo solo se intendiamo il termine fittizio non in senso naturalistico ma in senso giuridico (perché in questo caso il costo fittizio sarebbe il costo non deducibile nella determinazione del reddito).

Dobbiamo ammettere che questa interpretazione ha subito una palese sconfitta (10 e che forse non è lecito intendere come fittizio l’inserimento di un costo che è la semplice conseguenza della condotta (del tutto coerente) tenuta a seguito della redazione di un documento sviante per la Amministrazione Finanziaria.

In questa situazione non pare realizzarsi in modo compiuto quella che è la richiesta della norma ovvero la iscrizione di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o di elementi passivi fittizi in quanto a mancare è un aggiustamento delle componenti portate al conto economico, aggiustamento che non dovrebbe neppure trovare posto nel bilancio di esercizio ma nella sola dichiarazione dei redditi e che si configura come un aggiustamento teso a dare evidenza della redditività a valore normale.

In buona sostanza, in questa situazione specifica, il contribuente distorce costi e ricavi ma in rapporto alle funzioni aziendali e supporta questa distorsione delle funzioni aziendali.



La conclusione

La nostra conclusione è che la norma di cui all’articolo 3 può essere invocata quando il contribuente opera un aggiustamento del reddito imponibile mettendo “mano” a specifiche componenti ma non quando la violazione è sul reddito in se stesso (reddito che non corrisponde alle funzioni aziendali) anche se questa violazione viene corroborata dal comportamento certamente malizioso del contribuente che redige, detiene e procede ad esibire una documentazione in materia di prezzi di trasferimento che non è completamente rispondente ai fatti.

La conclusione della nostra, seppure breve e molto sintetica, analisi è che pur avendo evidenziato una fattispecie in cui si ha a) il realizzarsi di un reddito inferiore (o l’acuirsi di una perdita (11)) in ragione di un comportamento erroneo rispetto ai canoni previsti dalle norme in tema di valore normale b) il sussistere di un comportamento malizioso dato dal fatto che la determinazione del reddito è assistita da un documento che non considera in tutto o in parte la realtà fattuale, tale fattispecie non sembra un comportamento sanzionabile sul piano penale ai sensi dell’articolo 3 della nuova legge e questo anche in presenza di elementi che fanno ritenere sussistente una situazione inclusa nello stesso articolo 3, elemento che possiamo qualificare come utilizzo di altri mezzi fraudolenti (intesi questi come utilizzo di documenti che aiutano a tenere condotte artificiose in violazione di uno specifico obbligo giuridico che abbiamo provato a identificare nell’obbligo della leale collaborazione).

Dott. Paolo Comuzzi
paolo.comuzzi@it.pcw.com



Note
1.
L’utilizzo di documenti falsi è da solo un elemento sufficiente ad integrare la ipotesi di cui all’articolo 3 della legge ed in questo senso si veda Putinati, La riforma dei reati tributari (a cura di Carlo Nocerino e Stefano Putinati), Milano, 2016. Il problema è che il fatto di reato si considera commesso avvalendosi di documenti falsi in due occasioni specifiche: a) registrazione dei documenti nelle scritture contabili (il che certamente non avviene per la documentazione TP); b) detenzione [dei documenti] ai fini di prova (cosa questa che viene discussa nel seguito).

2 In merito al fatto che sia sufficiente una sola delle forme di frode per integrare la fattispecie prevista nella norma la dottrina appare concorde e per tutti facciamo rinvio a Imperato, I nuovi reati tributari (a cura di Ivo Caraccioli), Milano, 2016.

3 Sia che la stessa (verifica) avvenga con la presenza fisica (accesso) presso la sede del contribuente sia che avvenga a tavolino.

4. In buona sostanza il documento redatto dal contribuente consente solo di ridurre i tempi della verifica fiscale ma non assurge mai al rango di un documento che prova la correttezza delle scelte imprenditoriali in tema di prezzi di trasferimento.

5. La mera detenzione di questa documentazione, per quanto si tratti di una documentazione sbagliata, non è un fatto che possa avere una rilevanza di carattere penale.

6. In questo senso Putinati, La riforma dei reati tributari (a cura di Carlo Nocerino e Stefano Putinati), Milano, 2016.

7. In questo senso Imperato, I nuovi reati tributari (a cura di Ivo Caraccioli), Milano, 2016.

8. Situazione nella quale la consegna di una documentazione che travisa in tutto o in parte la realtà potrebbe rivelarsi anche di maggiore insidia considerato che non si procede ad una verifica sul campo e quindi la Amministrazione Finanziaria non riesce ad avere una visione diretta della realtà fattuale.

9. In questo senso Santoriello – Perini, La riforma dei reati tributari in Officina del diritto, Giuffré, 2015.

10. In questo senso mi paiono orientati Santoriello – Perini, La riforma dei reati tributari in Officina del diritto, Giuffré, 2015.

11. Ma questa situazione non avrebbe immediata rilevanza di carattere penale in quanto non vi è imposta dovuta.

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