L’operato dell’Agenzia delle Entrate è illegittimo se procede con un accertamento senza ascoltare le motivazioni del contribuente e soprattutto se non collabora.

Ciò è quanto stabilito dalla Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, la quale, con sentenza n.1297/03/14 depositata il 4/04/2014 (sentenza liberamente visibile su www.studiolegalesances.it – sezione Documenti) ha chiarito come sia assolutamente doveroso per l’Amministrazione finanziaria annullare un proprio accertamento qualora essa in sede di verifica non abbia esaminato tutti i documenti comprovanti la correttezza dell’operato del contribuente e si sia limitata ad un mero rigetto formale.

Nel caso di specie, infatti, a seguito di un errore dell’amministratore di una società nella proposizione di un’istanza all’ufficio delle entrate per l’esonero dalla normativa sulle cd. “società di comodo” – in pratica la legge n.724/94 prevede che in caso in cui una società non raggiunga dei ricavi minimi prestabiliti debba essergli attribuito un reddito tassabile a meno che non provi di rientrare nelle esimenti previste dalla norma – alla società veniva emesso un accertamento fiscale.

L’ufficio delle entrate si era limitato a considerare l’istanza improcedibile senza tuttavia verificare la corposa documentazione comprovante l’impossibilità per la contribuente ad esercitare l’attività (in pratica si trattava di una società immobiliare che nel periodo oggetto di verifica non aveva potuto produrre ricavi in quanto stava costruendo il suo unico immobile che avrebbe poi dato in locazione negli anni a seguire).

La Commissione, dunque, nel procedere all’annullamento dell’accertamento fiscale dichiara che “l’improcedibilità dell’istanza a causa della nuova normativa non preclude, per un principio di collaborazione, all’Amministrazione finanziaria la facoltà di richiedere la documentazione necessaria per l’esame e l’eventuale accoglimento dell’istanza stessa, in base ad oggettive situazioni regolarmente documentate che hanno reso impossibile il conseguimento di ricavi”.

Appare chiaro, quindi, come i giudici di Lecce abbiano voluto ricordare all’ufficio delle entrate che al di là delle questioni formali e di eventuali errori del contribuente nella presentazione di comunicazioni e/o istanze ciò che deve sempre e solo contare per poter emettere un accertamento fiscale è la presenza di una maggiore “capacità contributiva” rispetto a quanto dichiarato, in aderenza all’art. 10 dello Statuto dei Diritti del Contribuente laddove prevede che “I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della COLLABORAZIONE e della BUONA FEDE” (art. 10 della Legge 27 luglio 2000 n.212).

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