La affissione da parte della Amministrazione Condominiale delle posizioni debitorie e della lista dei morosi nel portone condominiale è diffamazione! e ciò a prescindere se le persone incluse nella lista siano o meno effettivamente morosi in quanto “non vi è alcun interesse da parte di terzi alla conoscenza di quei fatti, anche se veri”.

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la Sentenza 28 agosto – 26 settembre 2014, n. 39986.
La Corte ha anche ritenuto potersi escludersi, sebbene invocata a discolpa dagli imputati, la ricorrenza, nel caso di specie, dell'esimente del diritto di cronaca e di critica. Ora, premesso che la scriminante in parole è in astratto ipotizzabile non solo in relazione all'attività di giornalisti o scrittori, ma anche rispetto al comune cittadino, occorre sempre valutare la rilevanza della diffusione della notizia che deve essere funzionale al corretto svolgimento delle relazioni interpersonali e dei rapporti sociali.

Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, la Corte osserva che “ai fini dell’integrazione del delitto di diffamazione è sufficiente il dolo generico, che può assumere anche la forma del dolo eventuale, ravvisabile laddove l’agente faccia consapevolmente uso di parole ed espressioni socialmente interpretabili come offensive."

In precedenza già Corte di Cassazione, Sezione 5 del 12 dicembre 2012, n. 4364.
Qui la controversia, nello specifico, era sorta in seguito all’affissione nell’atrio condominiale, avvenuta nel settembre del 2007, di una notifica con minaccia di slacciamento del servizio idrico, successiva al continuo indebitamento degli inquilini elencati nel foglio appeso.

Insomma, guai a mettere i residenti sulla graticola, di fronte al pubblico giudizio dei vicini di pianerottolo. La Cassazione ha ufficializzato la sentenza adducendo le motivazioni che “integra il delitto di diffamazione il comunicato, redatto all'esito di un’assemblea condominiale, qualora sia affisso in un luogo accessibile non già ai soli condomini dell'edificio per i quali può sussistere un interesse giuridicamente apprezzabile alla conoscenza di tali fatti – ma ad un numero indeterminato di altri soggetti”.

Ancora, a parere della Corte l’atteggiamento usato dall’amministratore avrebbe potuto seguire un profilo più basso, dal momento che “se davvero la prospettiva dell’amministratore fosse stata quella dell’informazione celere rispetto all’imminente interruzione del servizio, attraverso modalità comunicative potenzialmente percepibili da terzi estranei al condominio, egli avrebbe dovuto calibrare il contenuto dell’informazione a tale esigenza, evitando di menzionare anche l’identità dei condomini morosi“.

A questo proposito, è bene ricordare cosa prevede la recente riforma del condominio, che ha rivisitato anche le procedure inerenti proprio le prolungate morosità dei condomini. Così, gli articoli aggiornati del codice civile specificano che l’amministratore, invece di pubblicizzare l’insolvenza di un inquilino, detiene la facoltà di ricorrere in giudizio, anche in via autonoma, senza dove aspettare il via libera da parte dell’assemblea.
Qualora le pendenze siano lunghe più di sei mesi, oltretutto, egli è autorizzato a interrompere il diritto a godere del servizio previsto per tutti i residenti.
Comunque, nel caso di debiti riferibili a creditori terzi, viene meno il diritto alla privacy del singolo condomino: in quel caso, l’amministratore è autorizzato a informare delle generalità dei residenti morosi nei confronti dei diretti interessati.
Ma esibire il prolungamento dei debiti al cospetto di tutti gli altri inquilini, ha decretato la Cassazione, resta comunque vietato.

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