Il decreto di liquidazione del compenso per l'avvocato dell'assistito ammesso al gratuito patrocinio non è suscettibile di revoca o modifica d'ufficio.

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n.12795/14 depositata in data 6 giugno.

Nel caso di specie, il Tribunale di Latina liquidava il compenso dovuto al legale per la difesa di una Curatela ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
Il decreto veniva comunicato alle parti e, in mancanza di opposizione nei venti giorni, diveniva definitivo e, di conseguenza, il legale emetteva fattura attendendo il pagamento delle somme.
Nelle more, il Collegio della 1° sezione civile del Tribunale di Latina modificava il decreto di liquidazione dimezzandone l'importo e "rilevando altresì che il provvedimento era stato pronunciato da giudice in composizione monocratica in violazione dell'art.50 bis cod. proc. civ. ed era affetto da errore materiale, poiché non recava la condanna a favore dell'Erario al fine di poter esercitare la rivalsa"

Il legale proponeva ricorso per cassazione per "violazione e falsa applicazione degli artt. 82, 84 e 170 d.P.R. n.115 del 2001 essendo stato riformato un decreto di pagamento in assenza di opposizione e sulla base dell'esercizio di un potere di autotutela che la legge non prevede".

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo rilevando "che il difensore del cittadino non abbiente ammesso al patrocinio a spese dello Stato, quanto alla liquidazione del suo compenso è titolare di un diritto soggettivo patrimoniale, come è confermato anche dalla disciplina processualcivilistica dell'opposizione a decreto di pagamento (cfr. Cass., S.U., n.19161 del 2009); che il decreto che decide in merito al compenso ha natura decisoria e giurisdizionale e non è suscettibile di revoca (o di modifica) di ufficio, posto che l'autorità giudiziaria che lo emette, salvo i casi espressamente previsti, consuma il proprio potere decisionale (cfr., con riferimento al decreto di pagamento del commissario giudiziale, Cass. n.22010 del 2007); che l'esercizio del potere di revoca (o modifica) esercitato dal Collegio appare, inoltre, del tutto incompatibile con la previsione di un termine perentorio concesso alle parti per opporsi al decreto di pagamento, ai sensi dell'art. 170 d.P.R. n.115 del 2000; che è quindi estraneo all'assetto del d.P.R. n.115 del 2002 il conferimento del generale potere di autotutela, tipico dell'azione amministrativa, all'autorità che ha provveduto.

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