Grazie alle nuove tecnologie (si pensi ad esempio ai social network e alle chat private) è diventato sempre più facile scoprire eventuali atteggiamenti e/o comportamenti infedeli del coniuge. Diviene quindi oltremodo opportuno e interessante stabilire quali possano essere i limiti per utilizzare in sede di separazione personale tra i coniugi eventuali prove derivanti da mail, conversazioni avvenute sul social network e da qualsiasi altra fonte proveniente dal vasto mondo di Internet.
Si pone infatti un problema di violazione della legge sulla privacy in riferimento a eventuali dati personali derivanti dalle "tracce digitali" che il coniuge potrebbe aver lasciato in rete.

In passato la Cassazione aveva stabilito con sentenza numero 8838 del 1997 che il coniuge non può visionare la corrispondenza dell'altro senza un consenso espresso o tacito.
Ma cosa si intende per "corrispondenza"?
Con l'avvento delle nuove tecnologie si è reso necessario estendere il concetto di corrispondenza anche ai messaggi scambiati via posta elettronica, via Skype, via Messenger e tramite SMS anche perchè la violazione del dovere di fedeltà ex articolo 143 CC rappresenta, in sede di procedimento per separazione tra coniugi, una delle cause di addebito.

Sempre al fine di tutelare il diritto alla riservatezza nella corrispondenza (in questo caso cartacea) - così come previsto dalla Carta Costituzionale, la Suprema Corte ha stabilito che è reato esibire nel giudizio di separazione la corrispondenza bancaria del coniuge e, a tale riguardo, si segnala la sentenza numero 585 del 9 gennaio 2014.
Nel caso di specie, la moglie separata aveva aperto la corrispondenza destinata al marito per utilizzarla nella causa di separazione pendente innanzi al Tribunale.
Con la predetta sentenza la Corte ritiene violata la privacy del marito ma, soprattutto, considerava il comportamento della donna integrante il reato ex articolo 616 codice penale ossia la "violazione sottrazione e soppressione di corrispondenza."

L'esimente prevista dal codice penale concerne i casi in cui sia presente una giusta causa ma, come spesso accade, il Legislatore non fornisce una descrizione dei comportamenti che potrebbero essere considerati "giusti" e sicuramente, in questo caso, non vi era alcun motivo nè etico né tantomeno sociale (quindi "giusto") tale da giustificare la condotta dalla moglie.

La sentenza del 9 gennaio ha pertanto stabilito che "integra il reato di violazione sottrazione e soppressione di corrispondenza la condotta di colui che sottratta la corrispondenza bancaria inviata al coniuge per produrla nel giudizio civile di separazione né in tal caso sussiste giusta causa di cui all'articolo 616 secondo comma c.p.c. la quale presuppone che la produzione in giudizio della documentazione bancaria sia l'unico mezzo a disposizione per contestare le richieste del coniuge controparte considerato che ex articolo 210 c.p.c. il giudice può a distanza di parte ordinare all'altra parte o a un terzo l' esibizione di documenti di cui ritenga necessaria l'acquisizione al processo".
E' opportuno precisare che la violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza ( a tal proposito si segnala la Cassazione numero 47096/2007) si applica anche alla posta elettronica.
Nulla toglie al coniuge che si sente tradito di produrre in giudizio eventuali e-mail o chat private scambiate dal consorte con l'amante ma il coniuge che si reputi danneggiato nella propria riservatezza potrà sporgere denuncia o querela in sede penale.

Il Garante della Privacy pur prevendendo una deroga nel caso di un eventuale giudizio deve comunque tener conto della lesione alla riservatezza che è un diritto tutelato ex art. 2 Costituzione.

Si segnala inoltre che una recente pronuncia del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha specificato che le uniche informazioni che non andrebbero a ledere il diritto alla privacy e alla riservatezza sono quelle presenti sul profilo di Facebook dal momento che sono considerate informazioni "pubbliche". Le eventuali chat o messaggi privati sono tutelate dal punto di vista della riservatezza proprio perché assimilate a corrispondenza privata.

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