Indebitamento della società, scissione ed elusione della tutela dei creditori
di Valerio Sangiovanni, su gentile conccessione dell'autore e dell'editore Ipsoa Wolters Kluver

Tribunale di Verona 20 novembre 2012, ord. - Est. Vaccari
Una serie di operazioni societarie, comprensiva di una scissione, non può essere finalizzata a eludere la tutela dei creditori sociali, con la conseguenza che gli amministratori della società scissa sono in tal caso civilmente responsabili nei confronti dei creditori insoddisfatti.

L’ordinanza in commento è uno dei pochi precedenti editi che si occupa di tutela dei creditori nel contesto della scissione, e segnatamente della possibilità che la scissione - unitamente ad altre condotte degli amministratori - abbia una finalità elusiva delle posizioni creditorie. La soluzione del Tribunale di Verona è di ritenere sussistente la responsabilità degli amministratori che hanno strutturato l’articolata operazione.

Introduzione
Giova premettere che, dal punto di vista processuale, il provvedimento in commento costituisce un’ordinanza a conferma di un decreto emesso inaudita altera parte. Come succede non raramente nella prassi giudiziaria, esigenze di urgenza spingono una delle parti a chiedere al giudice un provvedimento cautelare senza che prima sia sentita l’altra parte. A tutela del contraddittorio, si sente poi l’altra parte e il giudice, infine, conferma o meno il decreto inizialmente emesso (1).
Nel caso di specie il decreto aveva autorizzato il sequestro conservativo dei beni mobili, dei beni immobili
e dei crediti dei resistenti e l’ordinanza conferma tale decreto.
Il provvedimento fissa infine il termine per la proposizione del giudizio di merito.
Il ricorrente è il curatore della s.r.l. fallita, che agisce nell’interesse dei creditori della medesima. I resistenti sono gli amministratori della società che è stata dichiarata fallita dopo che, con un’articolata operazione societaria (comprensiva di una scissione), è stata svuotata del suo patrimonio. Nel caso di specie va peraltro rilevato che gli amministratori sono anche soci della s.r.l., e nella parte finale di questa nota cercheremo di distinguere meglio fra i profili di responsabilità sussistente in capo agli amministratori e, in ipotesi, ai soci.

Dal punto di vista sostanziale l’articolata vicenda può essere, in estrema sintesi, così riassunta.
Una società italiana del settore tessile si trova in difficoltà finanziaria. Prima del fallimento però i suoi asset principali - attraverso una complessa operazione societaria (fra cui rientra una scissione (2)) – erano stati trasferiti ad altra società. In particolare era stata trasferita in un’altra società la titolarità della partecipazione nella società più importante sotto il profilo industriale.
L’ordinanza del Tribunale di Verona si colloca in una fase ormai molto avanzata dell’intera vicenda. Il ricorso viene difatti presentato dal curatore della società italiana fallita, il quale si trova nella necessità di tutelare i creditori sociali. Nel caso di specie non si pongono invece problemi di tutela dei soci, i quali anzi - anche nella loro qualità di amministratori - hanno strutturato l’operazione a danno dei creditori.
Attraverso un’accurata ricostruzione delle vicende degli anni precedenti la curatela fallimentare riesce a convincere il giudice che il fallimento è stato la conseguenza di una serie d’iniziative degli amministratori finalizzata a spogliare la società del suo asset principale. Il provvedimento dell’autorità giudiziaria veronese viene pronunciato quando il danno ai creditori è già subentrato, dal momento che la società è stata dichiarata fallita.
Il curatore fallimentare, ritenendo che l’intero comportamento degli amministratori sia stato elusivo delle ragioni dei creditori e abbia determinato per questi l’impossibilità di soddisfarsi, chiede loro il risarcimento del danno, che il Tribunale di Verona - seppure in via per ora solo incidentale e cautelare - riconosce mediante sequestro conservativo sui beni finalizzato alla soddisfazione dei creditori della società fallita.

L’ordinanza in commento consente di riflettere sulle funzioni delle scissioni societarie e sul connesso problema della tutela dei soggetti coinvolti. Va subito premesso che la scissione persegue obiettivi degni di tutela ed è proprio in considerazione della meritevolezza degli interessi tutelati che viene disciplinata espressamente dal legislatore comunitario (3) e, in attuazione della normativa europea, dal nostro.
La scissione societaria consente essenzialmente una migliore organizzazione dell’attività industriale. Essa può essere anche preliminare rispetto alla cessione di una parte di attività, che viene appunto scissa in una nuova società.
Se è vero che queste esigenze di tipo organizzativo meritano attenzione, è altrettanto vero che tali obiettivi devono essere coordinati con le necessità di tutela dei soggetti coinvolti, che sono essenzialmente i soci delle società partecipanti all’operazione e i creditori sociali.
Le esigenze di tutela connesse alla scissione risultano con chiarezza già dalla direttiva 82/891/CEE, che si preoccupa sia della posizione degli azionisti sia della posizione dei creditori.
Per quanto riguarda i soci, si prevede che è particolarmente importante assicurare agli azionisti delle società partecipanti alla scissione un’informazione adeguata e quanto più obiettiva possibile (considerando 6).
Per quanto riguarda i creditori, si stabilisce che devono essere tutelati onde evitare che la realizzazione della scissione li leda (considerando n. 8).
Nel caso affrontato dal Tribunale di Verona non si pone peraltro alcun problema di tutela dei soci, ma solo dei creditori.
Al contrario: i soci, essendo contemporaneamente anche amministratori, risultano gli artefici dell’articolata operazione societaria, finalizzata a danneggiare i creditori a proprio vantaggio. Nel prosieguo ci occuperemo pertanto solo dei profili di protezione dei creditori, tralasciando gli aspetti di tutela dei soci.

Nel nostro ordinamento pertanto, in attuazione della direttiva comunitaria, esistono delle disposizioni miranti a garantire la dovuta tutela dei soci e dei creditori in tutte le fasi che connotano il procedimento di scissione.
In via riassuntiva si può affermare che la tutela dei soci si realizza con la previsione di obblighi informativi in capo alla società scissa, mentre la tutela dei creditori si realizza con il diritto di opposizione degli stessi alla progettata scissione e con la disposizione che statuisce la responsabilità delle società risultanti dalla scissione (4).
Con specifico riferimento alla tutela dei creditori, è stato correttamente osservato che l’opposizione funziona ex ante come mezzo di conservazione della garanzia diretto a paralizzare gli effetti di atti dispositivi del patrimonio del debitore, di converso il sistema delle responsabilità sussidiarie e solidali funziona ex post ed è diretto a sostituire o integrare l’avvenuto deterioramento della originaria garanzia (5).

Bisogna altresì rilevare, sempre in via d’introduzione, che la materia delle scissioni (e fusioni) è stata oggetto di un recente intervento legislativo di riforma.
Con il D.Lgs. n. 123/2012 si è provveduto a dare attuazione nel nostro ordinamento alla direttiva 2009/109/CE (6). L’obiettivo fondamentale di questa nuova normativa è quello di semplificare il procedimento di scissione. In altre parole, la pur doverosa tutela dei soci e dei creditori non deve produrre l’effetto di rendere il procedimento di scissione eccessivamente farraginoso. Il legislatore comunitario ha avvertito che la normativa originariamente predisposta era, sotto alcuni profili, inutilmente articolata e ha provveduto a semplificare il procedimento.
La riforma ha interessato in particolare la documentazione che deve essere prodotta per realizzare l’operazione di scissione. Ai fini, tuttavia, del nostro commento le novità normative non rivestono particolare importanza.

Il diritto di opposizione dei creditori

La scissione, nel trasferire patrimonio della società al di fuori di essa, può determinare problemi di tutela dei creditori della società originaria. Di questo rischio è consapevole già il legislatore comunitario, che detta disposizioni apposite a tutela dei creditori della società scissa. La direttiva comunitaria prevede difatti che le legislazioni degli Stati membri devono prevedere un adeguato sistema di tutela degli interessi dei creditori delle società partecipanti alla scissione per i crediti che siano anteriori alla pubblicazione del progetto di scissione e che non siano ancora scaduti al momento della pubblicazione (art. 12, par. 1, dir. 82/891/CEE).
Il diritto di opposizione non è disciplinato espressamente nella normativa comunitaria, la quale fa riferimento a più generiche “garanzie”.
Segnatamente la direttiva stabilisce che le legislazioni degli Stati membri prevedono che i creditori siano legittimati a ottenere adeguate garanzie, qualora le situazioni finanziarie della società scissa e delle società cui sarà trasferito l’obbligo conformemente al progetto di scissione rendano necessaria tale tutela e qualora i creditori non dispongano già di tali garanzie.
Gli Stati membri provvedono affinché i creditori siano autorizzati a rivolgersi all’autorità amministrativa o giudiziaria competente per ottenere adeguate garanzie, a condizione che possano dimostrare, in modo credibile, che la scissione compromette i loro crediti e che la società non ha fornito loro adeguate garanzie (art. 12, par. 2, dir. 82/891/CEE).
Nel nostro ordinamento la disciplina dell’opposizione dei creditori nel caso di scissione non è espressa, ma si realizza mediante il rinvio che l’art. 2506-ter, comma 5, c.c. opera all’art. 2503 c.c. (disposizione che regola il diritto di opposizione nel diverso ambito della fusione (7)).
Il nostro legislatore, per ragioni di praticità (in particolare per evitare di ripetere la norma), si è limitato - nel contesto della scissione - a rinviare alla regola già prevista per la fusione, specificando peraltro espressamente che tutti i riferimenti alla fusione contenuti negli articoli richiamati s’intendono riferiti anche alla scissione (8).

Volendo allora applicare l’istituto dell’opposizione dei creditori anche al fenomeno scissione, si deve anzitutto constatare che la scissione può essere attuata solo dopo sessanta giorni dall’ultima delle iscrizioni della decisione di scissione (art. 2503, comma 1, c.c.), mentre durante la pendenza del termine non può essere attuata.
Per attuazione della scissione si intende la stipula dell’atto di scissione a opera del notaio rogante (9). Salvo alcune eccezioni, che andiamo a esaminare, il notaio non può insomma accettare tale atto se non è decorso il termine previsto dalla legge. Deroghe sono consentite nei casi di scissione c.d. “anticipata” (10). La legge prevede difatti che la scissione possa essere attuata prima dei 60 giorni normalmente previsti al ricorrere di determinate condizioni: si tratta di presupposti che garantiscono sufficientemente i creditori, facendo venire meno la necessità di aspettare il decorso del termine per proporre opposizione.
Dal momento che l’opposizione è strumentale alla protezione dei creditori, se questi sono già tutelati in altro modo non ha senso attendere.

Il primo caso in cui la scissione può essere attuata anticipatamente rispetto al termine standard di sessanta giorni si ha quando consta il consenso dei creditori delle società che vi partecipano anteriori all’iscrizione del progetto di scissione (11). Il legislatore intende così tutelare i creditori che non erano consapevoli della progettata scissione. Una volta avvenuta l’iscrizione nel registro delle imprese (oppure, ora, la pubblicazione sul sito), i terzi sono (o, comunque, potrebbero essere) consapevoli della imminente operazione straordinaria.

Il secondo caso in cui la legge consente di attuare la scissione anticipatamente rispetto al termine ordinario di 60 giorni si ha quando vi è stato il pagamento dei creditori che non hanno dato il consenso. Se i creditori vengono pagati, non vi è alcuna ragione per non procedere alla scissione: il pagamento fa venir meno la loro stessa qualità di creditori della società e, dunque, qualsiasi interesse rispetto alla scissione, che finisce per essere una vicenda cui rimangono estranei.

Il terzo caso in cui la legge prevede espressamente che la scissione possa essere attuata anticipatamente rispetto al termine di 60 giorni si ha quando vi è stato il deposito delle somme corrispondenti presso una banca. Si tratta, in sostanza, di una modalità alternativa al pagamento: il pagamento non avviene subito, ma i creditori sono garantiti che avverrà in quanto i relativi fondi sono stati depositati.

Il quarto caso in cui è possibile attuare la scissione si ha quando la relazione di cui all’art. 2501-sexies c.c. è redatta, per tutte le società partecipanti alla scissione, da un’unica società di revisione la quale asseveri, sotto la propria responsabilità, che la situazione patrimoniale e finanziaria delle società partecipanti rende non necessarie garanzie a tutela dei suddetti creditori. Si tratta di un’ipotesi molto particolare, in cui l’intervento di un terzo impedisce alle opposizioni di produrre effetto (12).
Abbiamo pertanto velocemente analizzato i casi in cui viene consentita la scissione anticipata: si tratta di fattispecie in cui la soddisfazione dei creditori è già avvenuta oppure è garantita in modo serio. La legge prevede poi che, se non ricorre alcuna delle eccezioni esaminate, i creditori possono, nel termine di 60 giorni, fare opposizione (art. 2503, comma 2, c.c.). Per comprendere la ratio di questa disposizione bisogna riflettere sul fatto che i creditori, pur vantando un titolo di credito nei confronti della società, sono a essa estranei: la scissione viene progettata, deliberata e attuata dagli amministratori e dai soci della società.
Il patrimonio della società costituisce, per i creditori della medesima, garanzia patrimoniale di soddisfacimento. La scissione comporta invece il trasferimento del patrimonio della società al di fuori di essa e può divenire più difficoltosa la soddisfazione.
Le caratteristiche del credito vantato sono in sostanza irrilevanti rispetto alla possibilità di opporsi alla scissione.

Al riguardo la giurisprudenza ha recentemente stabilito che la finalità dell’opposizione da parte dei creditori sociali deve rinvenirsi nella tutela della garanzia patrimoniale generica, anche se si tratti di crediti sotto condizione, a termine, relativi a rapporti in corso di esecuzione, chirografari o garantiti, litigiosi, purché la pretesa si presenti ragionevolmente fondata (13). Possono in particolare considerarsi creditori legittimati all’opposizione anche coloro che vantano un credito assistito da una garanzia.
Sul punto, invero, potrebbe sostenersi che essi non siano legittimati all’azione, non avendo interesse alla medesima, essendo assicurato loro – per altra via - il soddisfacimento del credito. Bisogna peraltro rilevare che la garanzia di cui dispongono potrebbe non essere sufficiente e ciò rappresenta una ragione per opporsi alla scissione.
L’art. 2503, comma 2, c.c. richiama l’art. 2445, comma 4, c.c. che fa riferimento a un procedimento giudiziale per la presentazione dell’opposizione dei creditori.
La necessità di un siffatto procedimento è stata ribadita da alcuni interventi della giurisprudenza di merito: sia il Tribunale di Roma (14) sia quello di Brescia (15) hanno affermato che l’opposizione dei creditori nel contesto della scissione ha natura giudiziale.
Con la presentazione di un’opposizione si instaura pertanto un procedimento che vede il creditore in qualità di opponente e la società scissa in qualità di opposta. All’interno di tale giudizio la società scissa può chiedere l’immediata esecuzione della delibera di scissione nonostante l’opposizione (16).
La necessità di agire in giudizio, al fine di presentare opposizione, facilita anche il ruolo di accertamento del notaio. Questi può difatti, prima di stipulare l’atto di scissione, verificare presso la competente cancelleria che non siano state presentate opposizioni.
In aggiunta a ciò il notaio rogante dovrebbe fare rilasciare dai legali rappresentanti una dichiarazione che attesti che, pur essendo decorsi 60 giorni dall’iscrizione della decisione di scissione, non risulta essere pervenuta alcuna opposizione.
L’opposizione dei creditori non è tuttavia sufficiente per bloccare l’operazione di scissione. La legge prevede difatti che il tribunale, quando ritenga infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori oppure la società abbia prestato idonea garanzia, dispone che l’operazione abbia luogo nonostante l’opposizione (art. 2445, comma 4, c.c.). In assenza di una disposizione del genere, l’opposizione anche solo di un creditore sarebbe in grado di paralizzare l’operazione di scissione nel suo complesso fino a quando si giunga a una decisione definitiva in merito all’opposizione stessa.
Questo effetto così gravoso si presta a possibili comportamenti ostruzionistici dei creditori: ad esempio anche il creditore di una piccola somma potrebbe in ipotesi, sollevando opposizione, bloccare una significativa operazione per un lungo periodo di tempo.

La legge prevede allora dei meccanismi per risolvere la situazione di stallo.
Il primo caso in cui la scissione ha luogo nonostante l’opposizione dei creditori si realizza quando il tribunale
ritenga infondato il pericolo di pregiudizio. Tale valutazione implica un giudizio di merito sulla capacità delle società di far fronte ai propri debiti.
Il secondo caso in cui il procedimento di scissione procede nonostante la presentazione dell’opposizione da parte di uno o più creditori si ha quando la società ha prestato idonea garanzia. In questa ipotesi i creditori non vengono soddisfatti immediatamente, ma la società mette a disposizione le risorse per soddisfarli. Si noti che, mentre la scissione può essere anticipata solo quando la garanzia consiste nel deposito delle somme corrispondenti presso una banca (così dispone espressamente l’art. 2503, comma 1, c.c.), in questo diverso contesto - di opposizione già presentata - la legge non indica in cosa debba consistere la garanzia. Essendoci difatti in questa fase l’intervento del giudice, questi potrà valutare il tipo e la consistenza della garanzia e decidere in merito con maggiore flessibilità di quanto possa avvenire prima del suo intervento (nella fase precedente il rapportosussiste esclusivamente sul piano società-creditore).
I due presupposti illustrati (infondatezza del pericolo di pregiudizio oppure prestazione di idonea garanzia), che consentono di attuare la scissione nonostante l’opposizione, sono previsti dalla legge in via alternativa (e non cumulativa). Ciò significa che il tribunale deve dare il via-libera alla scissione anche in assenza di idonea garanzia quando si convinca che comunque non vi sia pericolo di pregiudizio per i creditori. Allo stesso modo, se la garanzia viene prestata, il tribunale deve consentire l’attuazione della scissione (anche perché, grazie alla garanzia, viene meno il pericolo di pregiudizio). Si tratta di disposizioni che evidenziano come l’interesse alla realizzazione della scissione debba prevalere rispetto all’interesse dei creditori nei casi in cui è ragionevole confidare che i creditori otterranno comunque soddisfazione.

La responsabilità solidale per i debiti anteriori alla scissione
Per effetto della scissione una parte del patrimonio della società scissa viene assegnato a una o più società beneficiarie. Il patrimonio totale in sé non diminuisce, ma viene distribuito fra le società partecipanti alla scissione. Per altro verso, la scissione implica il trasferimento alle società beneficiarie non solo di attività, ma anche di passività. In linea di principio ciascuna società dovrebbe soddisfare le passività a essa assegnate con le attività a essa assegnate, senza che il creditore abbia necessità di aggredire il patrimonio rimasto o trasferito alle altre società.
Non si può tuttavia escludere che vi siano dei rischi per la tutela dei creditori della società scissa, i quali non possono più fare affidamento diretto sul patrimonio trasferito ad altre società.
Al riguardo la normativa europea prevede che, nella misura in cui non sia stato soddisfatto un creditore della società alla quale è stato trasferito l’obbligo, conformemente al progetto di scissione, le società beneficiarie sono solidalmente responsabili di questo obbligo. Gli Stati membri possono limitare questa responsabilità all’attivo netto attribuito ad ogni società diversa da quella cui l’obbligo è stato trasferito (art. 12, par. 3, direttiva 82/891/CEE).
In attuazione della direttiva comunitaria, il nostro legislatore prevede che ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto a essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico (art. 2506-quater c.c.) (17).
Come si accennava, per comprendere la ratio di questa disposizione bisogna riflettere sul fatto che la scissione comporta una distribuzione non solo degli attivi della società scissa, ma anche dei suoi passivi. E il legislatore, laddove tale assegnazione non sia stata chiara, prevede una responsabilità solidale: degli elementi del passivo, la cui destinazione non è desumibile dal progetto, rispondono difatti in solido, nel primo caso, le società beneficiarie, nel secondo la società scissa e le società beneficiarie (art. 2506-bis, comma 3, c.c.).

La finalità dell’art. 2506-quater c.c. è evitare che i creditori della società scissa possano essere danneggiati dall’operazione di scissione. Dal momento che - con la scissione - una parte del patrimonio della società scissa viene assegnato ad altre società, con tale trasferimento si riducono le possibilità di soddisfazione dei creditori della società scissa.
Vero è che alle società beneficiarie vengono trasferite anche le passività, ma - originariamente - i creditori della scissa potevano fare affidamento su un patrimonio maggiore, comprensivo delle parti che sono state trasferite.
Bisogna distinguere fra responsabilità diretta (che fa capo alla società assegnataria del debito) e responsabilità indiretta (che fa capo alle altre società).
In primis la responsabilità è della società cui è stata trasferita la passività. La divisione del patrimonio della società originaria fra più società potrebbe però rendere più difficile la soddisfazione e alcuni creditori potrebbero rimanere insoddisfatti. Per questa ragione si prevede la possibilità per i creditori di aggredire, in via subordinata, le parti del patrimonio trasferite alle altre società. La società cui è stato assegnata la passività risponde per tutto il debito originario, mentre la responsabilità delle altre società è limitata alla misura del patrimonio assegnato o rimasto.

Sul punto, seppure nel regime previgente (ma la normativa non è cambiata nella sostanza), è intervenuta la Corte di cassazione, statuendo che in caso di scissione di una società la disposizione prevede la responsabilità solidale per il debito della medesima di tutte le società beneficiarie della scissione, ma mentre la società a cui secondo il progetto di scissione il debito fa carico risponde illimitatamente, le altre società rispondono nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto trasferito o rimasto e solo in via sussidiaria ove la società preventivamente escussa non abbia adempiuto (18).
La responsabilità delle società è limitata al valore effettivo (19) del patrimonio netto a esse assegnato o rimasto. Questa limitazione di responsabilità è comprensibile se si riflette sul fatto che anche la responsabilità della società scissa era (e continua a essere) limitata al suo patrimonio. In un regime di società a responsabilità limitata (come le s.r.l. e le s.p.a.), tale regime si mantiene anche in caso di scissione. In altre parole se il patrimonio della società scissa ammontava a un certo importo e ora si trova ripartito in più società, tale circostanza - conseguenza della scissione - non può avere effetti sui creditori, né negativi né positivi. Se le società beneficiarie rispondessero oltre i limiti del patrimonio ricevuto, esse si troverebbero a rispondere con il proprio patrimonio di debiti originariamente assunti da un soggetto diverso.

Un altro aspetto della disciplina è peraltro favorevole ai creditori della società originaria: le società risultanti dalla fusione rispondono solidalmente nei confronti di essi. La scissione opera una distribuzione del patrimonio della società scissa su più società.
Dal momento che tale patrimonio era originariamente a garanzia dei creditori della società scissa, al legislatore preme che tale garanzia rimanga in forza anche dopo la scissione. Ne deriva che i creditori sono legittimati a “recuperare” tale patrimonio da tutte le società che hanno partecipato alla scissione.
Dal testo della legge non si comprende con chiarezza se l’azione in giudizio del creditore debba prima essere rivolta alla società assegnataria del debito e, solo in caso di insuccesso di tale azione, nei confronti delle altre società. In questo senso pare militare il dato testuale secondo cui si deve trattare di debiti “non soddisfatti”. Considerato tuttavia l’elemento della solidarietà della responsabilità, dovrebbe in definitiva essere possibile citare subito in giudizio anche tutte le altre società, a condizione che vi sia stato un serio tentativo stragiudiziale di recuperare il credito. In altre parole il credito deve essere scaduto e vi deve essere stata una richiesta di pagamento che non è stata onorata. In questo senso si è espressa anche la Corte di cassazione, seppure in applicazione del regime previgente (ma la sostanza della questione non è mutata), secondo la quale il presupposto della responsabilità delle società partecipanti alla scissione per i debiti della scissa non soddisfatti dalla società a cui essi fanno carico è indicato dalla legge nella mera circostanza che l’obbligazione non sia stata soddisfatta e la responsabilità stessa è definita come solidale; in tale situazione non è ravvisabile un beneficium excussionis a favore di ciascuna delle società tenute a rispondere, di fronte ai creditori sociali, per le passività trasferite o rimaste in capo alle altre (20).

Osservazioni conclusive

L’ordinanza del Tribunale di Verona afferma la sussistenza di una responsabilità in capo agli amministratori di s.r.l. È però opportuno chiedersi quale sia il fondamento di tale responsabilità, considerato che il provvedimento non fa riferimento espresso alle sue basi normative.
Sul punto, a scanso di equivoci, è necessario operare una netta distinzione fra la responsabilità delle società, quella degli amministratori e quella dei soci.
L’art. 2506-quater, comma 3, c.c. disciplina esclusivamente la responsabilità delle società risultanti dalla scissione, e non certo la responsabilità di amministratori e soci. La distinzione fra la responsabilità delle società e quella degli amministratori è di fondamentale importanza, in quanto la prima è limitata, mentre la seconda è illimitata. Se il curatore riesce a dimostrare la responsabilità degli amministratori, può rifarsi su tutto il loro patrimonio.
Considerato che la società fallita è una s.r.l., la disposizione di riferimento per l’affermazione della responsabilità degli amministratori è l’art. 2476 c.c.
Questa norma regola sia la responsabilità verso la società sia quella verso terzi. Visto che nel caso di specie gli amministratori sono anche i soci della s.r.l., gli aspetti di responsabilità verso la società hanno scarsa rilevanza; a ciò si aggiunga che non è la società a essere stata danneggiata, quando piuttosto i creditori della medesima. La responsabilità viene fatta valere dal curatore in rappresentanza dei creditori e, dunque, la norma applicabile è l’art. 2476, comma 6, c.c. secondo cui le disposizioni che disciplinano la responsabilità degli amministratori nei confronti della società non pregiudicano il diritto al risarcimento dei danni spettanti al terzo che è stato direttamente danneggiato da atti dolosi (o colposi) degli amministratori.

Nel caso di specie ricorre un comportamento doloso degli amministratori, ragione per cui la condotta può configurare perfino la fattispecie penale prevista dall’art. 2629, comma 1, c.c., come evocato nell’ordinanza.
Teoricamente potrebbe essere invocato nel caso di specie anche il dettato dell’art. 2476, comma 7, c.c., secondo cui sono altresì solidalmente responsabili con gli amministratori i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per i terzi. Nel caso di specie i resistenti rivestivano difatti contemporaneamente il ruolo di amministratori e di soci della s.r.l. fallita. La loro responsabilità potrebbe pertanto fondarsi anche sul comma 7, oltre che sul comma 6, dell’art. 2476 c.c. (21).
Bisogna però rilevare che il comma 7 è applicabile quando amministratori e soci sono persone diverse, non quando coincidono: in questo caso basta che i soggetti vengono convenuti in giudizio nella loro qualità di amministratori, anche perché non dispongono di un patrimonio ulteriore per soddisfare i creditori.
Dal punto di vista processuale (fallimentare) il curatore può esercitare l’azione prevista dall’art. 146, comma 2, l. fall. (22). Il sequestro conservativo oggetto dell’ordinanza in commento è pertanto preliminare rispetto all’affermazione di responsabilità degli amministratori nel giudizio di merito sulla base della citata disposizione fallimentare.



NOTE
(1)
Il meccanismo è quello disciplinato nell’art. 669-sexies, comma 2, c.p.c., secondo cui, quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l’attuazione del provvedimento, il giudice provvede con decreto motivato assunte ove occorra sommarie informazioni. In tal caso fissa, con lo stesso decreto, l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a quindici giorni assegnando all’istante un termine perentorio non superiore ad otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. A tale udienza il giudice, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati con decreto.

(2) Sulla scissione cfr. in particolare E. Cusa, Prime considerazioni sulla scissione delle società, Milano, 1992; A. Giordano-R. Caruso, Le operazioni di scissione societaria, Roma, 2006; F. Magliulo, La scissione delle società, Milano, 2012; R. Perotta, Le valutazioni di scissione, Milano, 2006.

(3) Sesta direttiva del Consiglio del 17 dicembre 1982 basata sull’art. 54, par. 3, lett. g, del trattato e relativa alle scissioni delle società per azioni (82/891/CEE).

(4) Sul parallelismo fra la tutela offerta ai creditori nella scissione e quella prevista nei patrimoni destinati cfr. F. Fimmanò, Patrimoni destinati e tutela dei creditori nella società per azioni, Milano, 2008, 209 ss.

(5) Così F. Fimmanò, Scissione e responsabilità “sussidiaria” per i debiti sociali non soddisfatti, in Società, 2002, 1380.

(6) Con riferimento al D.Lgs. n. 123/2012 cfr. A. Busani, Ma … internet “semplifica” davvero fusioni e scissioni?, in Società, 2012, 1029 ss.; M. Nastri-U. Bechini, Perduti nel web: pubblicazione del progetto di fusione sul sito Internet della società, in Società, 2012, 1035 ss.

(7) Sul diritto di opposizione dei creditori nella fusione v. P. Beltrami, Accoglimento dell’opposizione dei creditori ex art. 2503 c.c. a fusione già eseguita, in Giur. comm., 2005, II, 202 ss.; S. Cacchi Pessani, Questioni in tema di opposizioni dei creditori alla fusione: deposito delle somme in pendenza di opposizione, concorso con l’azione di nullità proposta dal creditore opponente e fondamento dell’istituto, in Riv. dir. soc., 2010, II, 850 ss.; O. Cagnasso, L’opposizione alla fusione: profili sostanziali e procedurali, in Giur. it., 2012, 1355 s.; G. Capparella, Riflessioni sulla natura dell’opposizione alla fusione ex art. 2503 c.c., in Riv. Not., 2006, I, 1503 ss.; C. Cera, Termini per l’attuazione della fusione e opposizione alla stessa, in Società, 2006, 680 ss.; V. Sangiovanni, Fusione di società e opposizione dei creditori, in Contr. impr., 2010, 1348 ss.; M. Stella Richter jr., Opposizione dei creditori alla fusione e sospensione feriale dei termini: un parere, in Riv. not., 2010, III, 835 ss.

(8) Sul diritto di opposizione dei creditori nella scissione cfr. M. Brunialti, Opposizione alla delibera di scissione e autorizzazione alla sua esecuzione, in Società, 2010, 751 ss.; E. Sandrini, Natura ed effetti dell’opposizione dei creditori alla scissione, in Società, 1999, 1353 ss.; L. Zampaglione, Termine per l’opposizione dei creditori nella scissione di società non azionarie, in questa Rivista, 2007, 430 ss.

(9) Il testo di un atto di scissione è riprodotto in Riv. dir. Soc., 2010, 712 ss., con introduzione di D. Santosuosso.

(10) In materia di scissione (e fusione) anticipata v. P. Lucci, Deliberazione “anticipata” di fusione o scissione, termine ex art. 2501-bis c.c. ultimo comma c.c. e diritti dei creditori, in Dir. Giur., 1996, 686 ss.; V. Salafia, Alcune questioni in tema di anticipata attuazione della fusione e della scissione, in Società, 1999, 1417 ss.

(11) Con la recentissima riforma apportata dal D.Lgs. n. 123/2012 rileva, in alternativa all’iscrizione del progetto di scissione, anche la pubblicazione del medesimo sul sito della società. L’art. 2501-ter, comma 3, c.c. è stato difatti riscritto aggiungendo la frase secondo cui “in alternativa al deposito presso il registro delle imprese il progetto di fusione (nel nostro caso scissione) è pubblicato nel sito internet della società, con modalità atte a garantire la sicurezza del sito medesimo, l’autenticità dei documenti e la certezza della data di pubblicazione”.

(12) Bisogna peraltro osservare che la relazione non è richiesta quando la scissione avviene mediante la costituzione di una o più nuove società e non siano previsti criteri di attribuzione delle azioni o quote diversi da quello proporzionale (così, espressamente, l’art. 2506-ter, comma 3, c.c.).

(13) In questo senso Trib. Milano 14 novembre 2011, ord., in Giur. it., 2012, 1351 ss., con nota di O. Cagnasso. La decisione si riferisce a un’operazione di fusione, ma i principi enunciati devono ritenersi applicabili anche al diverso caso della scissione.

(14) Trib. Roma 18 dicembre 2008, decr., in Foro it., 2009, I, 2861 ss., con nota di O. Desiato.

(15) Trib. Brescia 16 gennaio 2006, in questa Rivista, 2006, 134 ss., con nota di A. Nigro.

(16) In questo senso App. Genova 4 febbraio 2010, decr., in Società, 2010, 751 ss., con nota di M. Brunialti, secondo cui l’istanza di autorizzazione all’esecuzione della delibera di scissione nonostante l’opposizione di un creditore sociale deve essere proposta dalla società con ricorso incidentale al giudice dell’opposizione.

(17) Sulla responsabilità per i debiti della società scissa cfr. M. Ammendola, La responsabilità per i debiti della società scissa, in Giur. comm., 1992, 501 ss.; C. Caruso, Il regime della responsabilità per i debiti della società scissa tra innovazioni e continuità, in Riv. dir. comm., 2002, II, 355 ss.; C. Di Bitonto, Il contenuto del progetto di scissione nelle società di capitali ed i suoi rapporti con l’atto di scissione ai fini della responsabilità patrimoniale per un debito della scissa, in Foro pad., 2004, I, 220 ss.; F. Fimmanò, Scissione, cit., 1377 ss.

(18) Cass. 28 novembre 2001, n. 15088, in Società, 2002, 1377 ss., con nota di F. Fimmanò.

(19) Fimmanò, Scissione, cit., 1381, osserva che il termine “effettivo” sta a significare che è decisivo il valore reale del patrimonio trasferito, e non quello dichiarato che potrebbe - in ipotesi - essere diverso da quello trasferito.

(20) Cass. 24 aprile 2003, n. 6526, in Foro pad., 2004, I, 209 ss., con nota di C. Di Bitonto.

(21) Relativamente alla disciplina della responsabilità dei soci nella s.r.l. cfr. R. Colombo, Prime pronunce in tema di responsabilità del socio ex art. 2476, comma settimo, c.c., in Giur. comm., 2011, II, 162 ss.; G. Giuffrida, La responsabilità dei soci nella s.r.l., in Società, 2011, 405 ss.; V. Meli, La responsabilità dei soci nella s.r.l.: ambito di applicazione e presupposti di applicabilità, in Società, 2010, 1460 ss.; V. Sangiovanni, La responsabilità del socio di s.r.l., in Resp. civ., 2011, 531 ss.; O. Sepe, La responsabilità dei soci di s.r.l. per gli atti di gestione, in questa Rivista, 2011, 761 ss.

(22) Sull’azione di responsabilità contro gli amministratori nel fallimento v., per limitarsi a citare alcuni recenti contributi, F. Cossu, Azioni di responsabilità e provvedimenti cautelari nelle società a responsabilità limitata dichiarate insolventi, in AA.VV., Diritto delle imprese in crisi e tutela cautelare, a cura di F. Fimmanò, Milano, 2012, 449 ss; A. Mirra, L’azione di responsabilità dei creditori sociali da parte del curatore nei confronti degli amministratori di una s.r.l. fallita, in Giur. mer., 2010, 2770 ss.; P. Porreca, Sull’autonomia dell’azione di responsabilità del curatore, in Società, 2011, 703 ss.; S. Ronco, Azione di responsabilità nel fallimento di una s.r.l., in Società, 2010, 249 s.; F. Signorelli, Azione di responsabilità ex art. 146 l.fall. e determinazione del danno, in Fallimento, 2010, 1195 ss.

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