Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, sentenza 13 – 27 febbraio 2014, n. 9699.

Con sentenza resa in data 9.2.2012, il tribunale di Palermo, condannava due uomini rispettivamente, datore di lavoro e capocantiere, alle pene di venti giorni e di due mesi di reclusione, in relazione al reato di lesioni personali colpose commesso, in cooperazione tra loro e, in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai danni di un proprio dipendente, il quale durante l’orario di lavoro, cadeva accidentalmente da un ponteggio di circa 4metri, riportando gravi lesioni personali.
Ai due imputati, in particolare, erano state contestate “le colpevoli omissioni concernenti il rispetto delle norme in materia di sicurezza nei cantieri edili e nella vigilanza circa il ricorso delle condizioni di sicurezza del lavoro nel cantiere dagli stessi gestito in (…) (quale datore di lavoro , e quale direttore dei lavori e capo cantiere)”.

Ebbene, con sentenza del 27 febbraio, n.9699 si pronunciava la Suprema Corte di Cassazione, sul ricorso avanzato da questi ultimi due.
Il primo, denunciava ‘”l’errore in cui sarebbe incorsa la corte territoriale nell'omettere di rilevare l'avvenuta preposizione, da parte dell'imputato, di un institore in propria vece ai fini della vigilanza sull'adozione delle condizioni di sicurezza nel cantiere, trascurando di rilevare l'avvenuto trasferimento a carico dello stesso della posizione di garanzia erroneamente attribuita a proprio carico”.
Il secondo, invece, censurava, con riferimento alla propria posizione, la sentenza impugnata per "la mancata acquisizione da parte del giudice di merito, di alcuna prova in relazione alla circostanza concernente l'assunzione di una specifica posizione di garanzia in capo all'imputato con riguardo alla vigilanza circa la sicurezza delle condizioni di lavoro nel cantiere de quo”.

La pronuncia della Cassazione.
"È principio generale (consolidato dalla costante giurisprudenza di questa corte di legittimità), secondo il quale, in materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro possono essere delegati, con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega sia espresso, inequivoco e certo ed investa persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento (anche finanziario: v. Cass., Sez. 4, n. 7709/2007, Rv. 238526), fermo restando, in ogni caso, l'obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi correttamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (Cass., Sez. 4, n. 39158/2013; Cass., Sez. 4, n. 38425/2006)."

Quanto, poi al motivo addotto dal secondo imputato, la Corte richiama, "a conferma della correttezza della decisione dei giudici di merito, l'orientamento di questa corte di legittimità, ai sensi del quale, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il capo cantiere, la cui posizione è assimilabile a quella del preposto, assume la qualità di garante dell'obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro, in quanto sovraintende alle attività, impartisce istruzioni, dirige gli operai, attua le direttive ricevute e ne controlla l'esecuzione sicché egli risponde delle lesioni occorse ai dipendenti (Cass., Sez. 4, n. 9491/2013)".
Peraltro, - aggiunge - la stessa corte territoriale ha fatto riferimento, quanto al caso di specie, al vigore del principio generale ai sensi del quale, in tema di infortuni sul lavoro, qualora vi siano (come nel caso di specie) più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è per intero destinatario dell'obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia, per cui l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitarle ad ognuno dei titolari di tale posizione (Cass., Sez. 4, n. 18826/2012; Cass., Sez. 4, n. 46849/2011)".

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