Pubblichiamo una recente sentenza del Tribunale di Catania, la n.2398 del 27.04.2016, emessa dalla dott.ssa Vera Marletta, giudice della quinta sezione civile.

La sentenza affronta alcune questioni ricorrenti nei procedimenti di sfratto per morosità relativamente a locazioni ad uso commerciale.

In primo luogo, il mutamento di rito nel caso di notifica dell'intimazione di sfratto con le modalità dell'art. 143 c.p.c.: difatti, "tale notifica è incompatibile con la struttura del giudizio di convalida" e, pertanto, in sede di prima udienza il Giudice non può convalidare lo sfratto ma soltanto disporre il mutamento di rito per la trattazione del merito.

Nel merito, il Giudice affronta la questione della gravità dell'inadempimento.
Il Decidente ricorda che "il creditore che agisca per la risoluzione del contratto deve provare la fonte del proprio credito e il relativo termine di scadenza, limitandosi ad una mera allegazione dell'inadempimento, essendo il debitore convenuto gravato dall'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, ossia dell'avvenuto adempimento dell'obbligazione" (Cass. SU n.13533/01).
L'onere è stato puntualmente assolto dal procedente con l'allegazione del contratto di locazione registrato e la dichiarazione della morosità del conduttore.

A questo punto, il Giudice deve valutare in concreto la gravità dell'inadempimento dedotto: non è difatti automaticamente sussistente la gravità per il solo fatto che l'inadempimento incida su una delle obbligazioni primarie del contratto quale il pagamento del canone.
Nè, tanto meno, può applicarsi l'art. 5 della legge n.392/78 che predetermina legalmente la gravità dell'inadempimento stabilendo che: "Salvo quanto previsto dall’articolo 55, il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l’importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell’articolo 1455 del codice civile." Il suddetto articolo è infatti applicabile alle sole locazioni abitative e non a quelle commerciali.

Al fine di valutare se l'inadempimento accertato presenti requisiti d'importanza tali da giustificare la richiesta di risoluzione, il Giudice dovrà "valutare l'intero comportamento tenuto dal debitore desumibile dalla durata della mora e dal suo eventuale protrarsi (Cass. n. 2879/09) ovvero dal ripetersi degli inadempimenti in un breve lasso di tempo e potrà anche valutare il comportamento dell'inadempiente posteriore alla domanda di risoluzione, in considerazione del fatto che l'unità del rapporto obbligatorio non consente una valutazione frammentaria della condotta della parte inadempiente (In tal senso Cass. n. 9358/91 e anche Cass. n.2799/97).

Nel caso di specie, ritenuto il mancato pagamento sia dei canoni indicati nel ricorso introduttivo che di quelli successivi, il Giudice ritiene grave l'inadempimento in considerazione del fatto che "la persistente ed incontestata morosità costituisce un inadempimento di particolare gravità, ai sensi dell'art.1455 cc, in relazione all'interesse del locatore a percepire tempestivamente i canoni locativi. Inoltre detta condotta appare idonea a turbare l'equilibrio contrattuale, incrinando la fiducia della controparte nell'ulteriore corretta esecuzione del contratto."

Il Giudice provvede pertanto alla dichiarazione di risoluzione del contratto di locazione condannando il conduttore all'immediato rilascio dell'immobile.

Si sottolinea come il difensore del locatore, secondo una prassi ormai consolidata, abbia rinunciato alla domanda di condanna al pagamento dei canoni. Quasi sempre, purtroppo, l'obiettivo primario (ed unico) del proprietario è quello di rientrare nella disponibilità dell'immobile, rinunciando a un costoso e quasi sempre vano recupero dei canoni non pagati.

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