Nessuna preclusione alla successiva impugnazione della cartella di pagamento se il contribuente ha ottemperato a quanto intimato nella stessa al solo fine di impedire o bloccare eventuali azioni esecutive in suo danno.

Sono queste le pregevoli conclusioni che si rilevano dalla lettura della sentenza n. 2231, pronunciata dalla Corte di Cassazione il 31 gennaio scorso a seguito dell’impugnazione della decisione di seconde cure che statuiva, appunto, la non “contestabilità” della pretesa sottesa alla cartella di pagamento, dal momento che quest’ultima era stata regolarmente pagata dal contribuente in seguito all’avvenuta notifica.

Nella vicenda sottoposta al vaglio dei Giudici Supremi, si eccepiva l’impossibilità, per il ricorrente, di contestare il merito della pretesa veicolata dalla cartella impugnata, in virtù del fatto che, a parere di Agenzia entrate riscossione, avendo il contribuente proceduto al pagamento dell’atto in maniera puramente spontanea, si sarebbe consumata l’opportunità di mettere in discussione quanto in esso contenuto per effetto del c.d. riconoscimento del debito, previsto e disciplinato dall’art. 1988 del codice civile.
Quest’ultima disposizione afferma, infatti, che: “La promessa di pagamento o la ricognizione di un debito dispensa colui a favore del quale è fatta dall'onere di provare il rapporto fondamentale. L'esistenza di questo si presume fino a prova contraria”.
In parole povere, ciò significa che con la stessa un soggetto ammette di essere debitore nei confronti di un altro, invertendo l’onere della prova in un eventuale giudizio.

Ritornando al caso in questione, il ricorrente controbatteva all’asserzione dell’agente della riscossione, affermando come, in realtà, egli avesse proceduto a pagare la cartella al solo fine di non subire eventuali azioni cautelari o esecutive, ciò non significando, nella maniera più assoluta, che lo stesso riconosceva la fondatezza e la legittimità della pretesa notificatagli.
Chiamata a giudicare sulla doglianza preliminare sollevata dal ricorrente, la Corte di Cassazione ha risolto la vicenda in suo favore, avendo cura di precisare, testualmente, come: “..non può ritenersi che il pagamento di una cartella, effettuato solo all’atto della ricezione della cartella esattoriale, allo scopo di evitare l’esecuzione forzata, ed accompagnato, come nella specie, dalla contestuale impugnazione della cartella medesima, possa definirsi spontaneo (Cass., 25 febbraio 2009, n. 4531, in motivazione).”

Pertanto, stando a quello che ha affermato la Corte, il contribuente ha tutto il diritto di pagare la cartella esattoriale ricevuta, salvo poi contestarne in seguito la sua fondatezza, ciò, anche e soprattutto in ragione del fatto che, come ormai noto, la proposizione del ricorso tributario non sospende in alcun modo, ne tanto meno impedisce l’inizio di eventuali azioni cautelari e/o esecutive sui beni del debitore.

Ricordiamo, infine, che la pronuncia in esame si pone nel solco di quanto già deciso dallo stesso Collegio con la sentenza n. 3347 del 8.02.2017, per mezzo della quale, su una fattispecie analoga a quella oggetto dell’odierno commento, gli Ermellini hanno affermato che: “Non si può attribuire al puro e semplice riconoscimento, esplicito o implicito, fatto dal contribuente di essere tenuto al pagamento di un tributo e contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione (denunce, adesioni, pagamenti, domande di rateizzazione o di altri benefici), l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’an debeatur, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario. Tale riconoscimento esula, infatti, da tale procedura, regolata rigidamente e inderogabilmente dalla legge, la quale non ammette che l’obbligazione tributaria trovi la sua base nella volontà del contribuente.”

Dal quadro appena esposto possiamo, pertanto, trarre le seguenti conclusioni:
- Il contribuente che riceve un atto esattoriale e decide di contestarlo può sempre farlo, anche se, per una pura strategia di difesa, scelga di adempiere al pagamento richiesto con il versamento integrale della somma intimata o per mezzo del più agevole piano di rateazione.
- Nel caso in cui, all’esito del giudizio, venisse dichiarata la nullità della cartella di pagamento impugnata piuttosto che del fermo amministrativo o dell’ipoteca esattoriale, lo stesso contribuente avrà sempre diritto al rimborso di tutte le somme versate in riferimento alla pretesa dichiarata illegittima.

Dott. Daniele Brancale
Tributarista – Difensore Tributario
www.danielebrancale.it
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