Prime note in attesa della pubblicazione delle modifiche ed integrazioni al DECRETO-LEGGE 8 marzo 2020, n. 11 emesso per contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria dell'attuale emergenza epidemiologica da COVID-19

Nella Relazione illustrativa e tecnica il Ministero della Giustizia propone al Legislatore dell’emergenza alcune correzioni ed integrazioni al primo decreto, che confermano, in maniera quasi sovrapponibile, tutte le suggestioni interpretative avanzate nell’immediatezza in seno alle note da noi pubblicate in precedenza*.
*Note nelle quali l'argomento approfondito sul comma 1 dell'art. 1 in merito alla sospensione dei termini processuali, per chi non se ne fosse accorto, a cagione di un mero refuso sembra riferito allo stesso comma dell'art. 2. Rimane invece valida l'argomentazione, che invero è stata ora confermata dalla relazione qui in commento.

Limitandoci a quel che interessa civilisti e tributaristi, ancora una volta ci si rimette alla migliore scienza ed esperienza di chi legge.

In attesa che si trasformi in diritto vigente -è giusto scrupolo ripeterlo- sul piano temporale la Relazione ministeriale propone quattro nuovi regimi temporali ((parti evidenziate)).

Dal 9 marzo al ((15 aprile 2020)), la sospensione dei termini per gli atti processuali, immanente e già in corso. Nello stesso periodo, il differimento delle udienze dal 9 marzo al ((15 aprile 2020)), per cui si dovrà attendere dai singoli giudici le date di rinvio.

((Dal 16 aprile)) al 31 maggio 2020, la facoltà rimessa ai capi dei singoli uffici giudiziari di rinviare le udienze a data ancora successiva al 31 maggio 2020.

Dal 9 marzo al 31 maggio 2020, rimane l'obbligo, così com’era, di utilizzare sempre e solo ("esclusivamente") il mezzo telematico per il deposito degli atti e documenti, anche per le parti non ancora costituite, insomma non si possono produrre in cartaceo nemmeno i primi atti e documenti di costituzione e comparsa.

((Un nuovo regime è aggiunto per i tributaristi)): fino al 15 aprile 2020, sono sospesi i termini per la notifica del ricorso in primo grado nonché quelli del reclamo e della mediazione.

Al comma 2 dell’art. 1
((la Relazione ministeriale ne propone la modifica))

Come già visto, si propone la estensione al ((15 aprile 2020)) della sospensione dei termini processuali per il compimento "di qualsiasi atto".
Viene proposta, poi, la eliminazione del rinvio al comma 1, e la sostituzione col più semplice richiamo ((ai “procedimenti civili e penali”)), con l’ulteriore effetto di elidere il richiamo e riferimento ai soli procedimenti “pendenti”.
Per cui viene sconfessata l’ipotesi che la sospensione dei termini processuali fosse da interpretare in senso restrittivo e riguardasse solo i procedimenti per cui era prevista udienza tra il 9 e il 22 marzo (ora 15 aprile 2020).
Per quanto interessa civilisti e tributaristi, la Relazione propone di aggiungere un ultimo periodo al comma 2 dell’art. 1, specificando in sostanza che ((se il termine è computato a ritroso e ricade nel periodo di vacanza allora l’udienza o l’attività è differita in modo da consentirne il rispetto)).

* * *

Si digerisca il seguente appunto

“In guerra sono i padri a seppellire i figli.” osservò Erodoto.
E ciò accade anche per chi opera nel mondo del diritto.

E’ innanzitutto la grammatica del Legislatore moderno che, con le sue complicate elencazioni e maldestri rinvii, risulta inadeguata, destinata a soccombere dinnanzi all’emergenza; e si spera che in futuro verrà seppellita una volta per tutte in favore di quel lessico normativo più pacato, e al contempo efficacissimo, che un tempo usavano i nostri padri legislatori. Più il mondo si complica, meno ha bisogno di regole complicate.

Anche la nostra generazione di avvocati e magistrati non si è mai trovata a gestire un tempo di guerra o d’emergenza: è un fatto innegabile, ma anche una fortuna per il nostro benessere.
A seguito del decreto legge dell’8 marzo, molti hanno fatto il proprio dovere in trincea. Altri, a cui evidentemente si riferisce la relazione ministeriale, hanno gestino le norme dell’emergenza con la stessa lena usata in tempo di pace, filosofeggiando sulla lettera delle norme e dimenticandosene la ratio, così palesando a tutti l’inadeguatezza tanto di quella grammatica usata dal Legislatore nell’emergenza quanto quella di molti suoi interpreti.

Altrettanto inadeguata s’è palesata nell’immediatezza la risposta di quelle voci, tra istituzioni e riviste giuridiche, così “autorevoli” in tempo di pace, ma che in tempo di guerra han pensato bene di tacere, disertare, non offrendo alla generalità degli operatori del diritto il loro prezioso supporto critico di cui un tempo eran così prodighi.
E’ vero che approfondire criticamente le norme dell’emergenza, ossia i decreti legge, è compito arduo e pericoloso, ma è in guerra che si misura il soldato, non in tempo di pace.
Anche noi operatori del e nel diritto stiamo vivendo un periodo di emergenza.
La stessa temerarietà, che spesso noi legulei decliniamo in senso negativo, in tempo di guerra è condotta preziosa e va premiata o quantomeno plaudita.

Ecco perché è specularmente utile e legittimo
denunciare pubblicamente
la pusillanimità di quelle voce autorevoli che in tempo di pace ci hanno abituato a seguirli, e al momento della battaglia si sono rintanati chissà dove.
Gli articoli, nell’immediatezza raccolti nelle riviste e nelle altrettanto autorevoli nostre istituzioni, a ben guardarli, sotto le mentite spoglie di commenti, si limitavano a riproporre il contenuto delle norme del decreto dell’8 marzo, mai offrendo un adeguato approfondimento critico.

Le montagne insomma han partorito dei topolini. Tutto ciò ha generato quel “fiorire” di dubbi interpretativi e prassi applicative sostanzialmente elusive la ratio dell’emergenza, di cui parla la relazione ministeriale.
Di una tale pusillanimità ci dovremmo ricordare noi umili artigiani del diritto, quando presto tutto sarà finito.
Si auspica che l’emergenza, come la guerra, diventi un’occasione, una scossa utile a far cadere i castelli di carta, e rimischiare le cose, a cominciare dalla moderna grammatica legislativa e dai suoi primari interpreti.

E’ per questo che con una buona dose di vanagloria e un’altra d’orgoglio, ringrazio la redazione della rivista dirittoitaliano.it, che ha avuto la temerarietà o la lungimiranza, se volete, di pubblicare il mio commento al primo decreto legge dell’8 marzo, audace e ciononostante fortunato: perché il nuovo decreto ha sembrato accogliere quasi pedissequamente, e comunque confermare tutti i rilievi critici da me svolti nell’immediatezza e malgrado fossi, come sono, un semplice artigiano del diritto, come un anziano collega una volta mi suggerì.



Luigi Stissi,
avvocato del foro di Catania
luigistissi@tiscali.it
www.studiolegalestissi.it

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