Con sentenza n. 697/16, pronunciata l'11 maggio 2016, depositata in pari data, il Tribunale Civile di Cagliari, in persona del Giudice del Lavoro, Dott. Riccardo Ponticelli, ha accolto il ricorso proposto da un contribuente, ai sensi dell'ar. 615, comma 1, c.p.c., nei confronti dell'Inps e Equitalia Centro Spa avverso la comunicazione di avvenuta iscrizione ipotecaria sull'immobile di sua proprietà.

In particolare, il ricorrente lamentava la prescrizione del diritto alla riscossione delle somme pretese da Equitalia, alcune delle quali relative a debiti previdenziali, essendo spirato il termine quinquennale previsto, in materia, dall'art. 3, comma 9, Legge n. 335/1995.
Resistevano in giudizio l'Agente della Riscossione e l'Istituto Previdenziale richiamando l'orientamento della giurisprudenza di Legittimità che, ritenendo possibile l'applicazione analogica dell'art. 2953 c.c., equipara la cartella non opposta ad una sentenza passata in giudicato, con la conseguenza che, a seguito della mancata opposizione, il termine prescrizionale (pur in presenza dell'espressa previsione di un termine più breve "connaturato" alla debenza) diverrebbe decennale.

Secondo tale impostazione, dal c.d. “passaggio in giudicato” della cartella esattoriale, discenderebbe la trasformazione della prescrizione propria dei crediti in quella ordinaria, indipendentemente dalla natura degli stessi (Cass. Civ. n. 4338/14 e la recente Cass. Civ. n. 5060/16 secondo cui "una volta divenuta intangibile la pretesa contributiva, per effetto della mancata proposizione dell'opposizione alla cartella esattoriale (...), non è più soggetto ad estinzione per prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale. (...) ciò che può prescriversi è soltanto l'azione diretta all’esecuzione del titolo cosi definitivamente formatosi, riguardo alla quale, in difetto di diverse disposizioni (e in sostanziale conformità a quanto previsto per l'actio iudicati ai sensi dell'art. 2953 c.c.), trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all'art. 2946 c.c.").

Ebbene, dalla sentenza in commento emergono alcuni principi fondamentali.
In primis, il Giudice del Lavoro ha operato una riqualificazione dell'azione proposta dal ricorrente muovendo dal riconoscimento dell'ipoteca come misura afflittiva alternativa all'esecuzione forzata, in ossequio all'elaborazione recentemente effettuata in tal senso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte anche con riferimento al fermo (Cass. Civ., sez. Unite, 18 settembre 2014 sull'obbligo di preavviso dell'iscrizione ipotecaria, che esclude la necessità della notifica dell'intimazione di pagamento ex art. 50 D.P.R. n. 602/73; e Cass. Civ., sez. Unite, 22 luglio 2015, n. 15354 in materia di fermo, si pongono in contrasto con il precedente orientamento che qualificava i due istituti come atti preordinati all'esecuzione forzata).

Prendendo le mosse dalla "innovata" natura dell'ipoteca, il Giudice del Lavoro, correttamente, ha attribuito una diversa qualificazione giuridica all'azione proposta dal ricorrente, quale "azione di accertamento negativo" del diritto dell'Agente della Riscossione di iscrivere ipoteca.

E' di tutta evidenza come il Giudice del Lavoro abbia applicato i principi di Cass. Civ., sez. Unite, 22 luglio 2015, n. 15354 citata, la quale, più compiutamente, individua il Giudice competente per la relativa impugnazione: quest'ultima, hanno precisato le Sezioni Unite nella sopra richiamate sentenza, "dovrebbe avvenire secondo le regole del rito ordinario di cognizione e nel rispetto delle norme generali in tema di riparto di competenza per materia e per valore, configurandosi, la relativa iniziativa giudiziaria, come un'azione di accertamento negativo della pretesa dell'esattore di eseguire il fermo, azione in relazione alla quale il giudice adito sarà chiamato a conoscere sia della misura coercitiva che del merito della pretesa creditoria").
Ne discende, ai fini dell'impugnazione dell'iscrizione ipotecaria, l'inapplicabilità dei rimedi tipici per l'esecuzione forzata ex artt. 615-617 c.p.c.

PRESCRIZIONE QUINQUENNALE ANCHE DOPO LA NOTIFICA DELLA CARTELLA. INAPPLICABILE L'ART. 2953 cc.

In punto di prescrizione, il Giudice del Lavoro ha epressamente affermato di non condividere la tesi prospettata dall'Agente della Riscossione e dall'Inps relativamente all'applicazione del termine prescrizionale decennale alla cartella non opposta in quanto, in primo luogo, esso trova applicazione allorquando la legge non prevede un termine diverso, come in materia di irpef o iva.
Nel caso di specie, invece, la legge stabilisce espressamente, in materia previdenziale, un termine più breve, di durata quinquennale: norma di riferimento è, appunto, l'ar. 3, comma 9, Legge n. 335/1995 citato.

In particolare, ha osservato il Dott. Ponticelli nella sentenza in commento, il Tribunale "non ignora l'orientamento della Suprema Corte, espresso, obiter, nella sentenza del 24 febbraio 2014, n. 4338, ove si afferma il seguente principio:"a mente della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, il termine di prescrizione per la contribuzione previdenziale di che trattasi è fissato in cinque anni; deve però considerarsi che, secondo quanto reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, nella diciplina della riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, il termine per proporre opposizione alla pretesa contributiva, che dall'art. 24 dello stesso decreto è fissato in quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, deve ritenersi perentorio, perchè diretto a rendere non più contestabile dal debitore il credito contributivo dell'ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire così una rapida riscossione del credito medesimo (cfr., ex plurimis, 14692/2007; 17978/2008; 2835/2009; 8931/2001); ne consegue che, una volta divenuta intangibile la pretesa contributiva per effetto della mancata proposizione dell'opposizione alla cartella esattoriale (come avvenuto nel caso di specie), non è più soggetto ad estinzione per prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale di che trattasi e ciò che può prescriversi è soltanto l'azione diretta all'esecuzione del titolo così definitivamente formatosi; riguardo alla quale, in difetto di diverse disposizione (e in sostanziale conformità a quanto previsto per l'actio iudicati ai sensi dell'art. 2953 c.c.), trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all'art. 2946 c.c. (crf. per arg. Cass., n. 17051/2004, in motivazione)".

Tuttavia, ha evidenziato il Tribunale di Cagliari, "il precedente richiamato nella pronuncia del 2014, risalente al 2004 (Cass. Civ., sez.. V, 26 agosto 2004, n. 17051), non riguarda la materia della contribuzione previdenziale, ma quella della riscossione dell'i.va.. A tale riguardo è agevole rilevare che in tema di i.v.a. il credito erariale per la riscossione dell'imposta è ritenuto dalla giurisprudenza della Suprema Corte soggetto, ab origine, all'ordinario termine di prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c., sul presupposto secondo cui nessuna norma stabilisce un termine di prescrizione più breve (cfr. Cass. Civ., sez. V, 9 febbraio 2007, n. 2941)".

Soprattutto, il Giudice del Lavoro ha sottolineato che l'applicazione del termine decennale trova applicazione solo a fronte di una sentenza passata in giudicato: ciò in quanto "l'accertamento compiuto in sede giurisdizionale, con sentenza passata in giudicato, da parte di un Giudice, soggetto terzo rispetto alla lite (...) non può essere assimilato a quello compiuto unilateralmente dal soggetto pubblico creditore (nella specie, Inps), seppur senza la contestazione del debitore formulata entro il termine perentorio stabilito dalla legge".

A tale proposito, il Giudice del Lavoro, riprendendo in toto la difesa spiegata dal ricorrente (significativo il richiamo a Cass. Civ., sez. III, 29 gennaio 1968, n. 285 mai superata, ad oggi, da altra pronunzia di legittimità) ha ribadito l'impossibilità di una estensione in via analogica dell'art. 2953 c.c., che è norma speciale e non può essere applicata ad altre fattispecie diverse dalla sentenza.

Il Tribunale di Cagliari ha anche ricordato come, sul punto, sia siano già espresse le Sezioni Unite della Suprema Corte, per le quali gli effetti del giudicato non possono essere assimilati a quelli della mera acquiescenza amministrativa la quale si esaurisce nell'ambito di un rapporto giuridico bilaterale in cui il contribuente (con la mancata opposizione) "riconosce la legittimità della pretesa contributiva": pretesa "condivisa" la quale necessita di essere posta in esecuzione nei tempi più rapidi previsti dalla disciplina amministrativa, precontenziosa (il riferimento è a Cass. Civ., sez. Unite, 10 dicembre 2009, n. 25790).

Per completezza ed importanza dell'argomento, e in quanto richiamata dal ricorrente nelle proprie difese, giova rilevare che i principi di cui sopra sono stati ripresi dai Supremi Giudici nella recentissima Ordinanza Interlocutoria, proprio in materia previdenziale, del 14 gennaio 2016, depositata in data 29 gennaio 2016, con la quale la Cassazione ha ricordato, in particolare, che nel caso di cartella di pagamento non opposta non vi è alcun titolo di formazione giudiziale, non potendo la cartella non opposta nei quaranta giorni equipararsi ad un giudicato, in quanto il consolidamento consegue meramente alla mancata opposizione, e che, a mente dell’art. 2946 c.c. la prescrizione ordinaria dei diritti è decennale solo se la legge non dispone diversamente, e nel caso dei contributi previdenziali è appunto la legge che dispone diversamente.

Soprattutto, la Suprema Corte ha evidenziato che applicandosi il termine decennale di cui all’art. 2953 c.c., si perverrebbe alla conclusione di consentire all’Ente Previdenziale di riscuotere contributi prescritti, in violazione del divieto stabilito, per ragioni di ordine pubblico, dall’art. 55, comma I, del R.D.L. 14 ottobre 1935, n. 1827 di effettuare versamenti a regolarizzazione di contributi assicurativi, dopo che rispetto agli stessi sia intervenuta la prescrizione, divieto che opera indipendentemente dall’eccezione di prescrizione da parte dell’Ente Previdenziale e del debitore dei contributi.

Il ricorrente ha, inoltre, richiamato per il peculiare iter motivazionale (seppure non menzionata nella sentenza in commento) l'altrettanto recente pronunzia della Corte di Legittimità per la quale la prescrizione ordinaria (decennale) “è tutta riferibile a titoli di accertamento-condanna (amministrativi o giudiziali) divenuti definitivi” e “non già invece le cartelle esattive”.

A tale proposito, i Supremi Giudici hanno osservato come i provvedimenti esattoriali di Equitalia siano “adottati in virtù di procedure che consentono di prescindere dal previo accertamento dell’esistenza del titolo” (atto di accertamento emesso direttamente dall’Ente impositivo), e pertanto le cartelle di pagamento “non possono per questo considerarsi rette dall’irretrattabilità e definitività del titolo di accertamento”, "ricadendo", di conseguenza, nella disciplina della legge che regola la natura del debito da esse portato.

Ebbene, nella sentenza in commento, il Tribunale di Cagliari ha ritenuto giunto a compimento il termine prescrizionale per il recupero della pretesa contributiva in contestazione, stante il decorso di un lasso di tempo ultraquinquennale (previsto, appunto, dalla Legge n. 335/1995 in materia di contributi previdenziali) senza il compimento di atti interruttivi (l'ultima notifica è del 2006).
Secondo il Giudice del Lavoro, non può certo costituire atto interruttivo la domanda di rateazione presentata dal ricorrente nel 2013, con la quale, secondo Equitalia Centro S.p.a., egli avrebbe rinunciato agli effetti della prescrizione ai sensi dell'art. 2937, comma 3, c.c.
Infatti, ha sottolineato il Tribunale di Cagliari, peculiarità in materia previdenziale è la sottrazione del regime della prescrizione già maturata alla disponibilità delle parti: con la conseguenza che, una volta decorso il termine quinquennale di legge, la prescrizione ha efficacia estintiva, opera di diritto ed è rilevabile d'ufficio.
Ragione per la quale, il debitore non può "rinunciare" alla prescrizione per espressa previsione dello stesso art. 2937 c.c., secondo cui "non può rinunziare alla prescrizione chi non può disporre validamente del diritto".

Sulla base delle anzidette argomentazioni, il Giudice del Lavoro di Cagliari ha dichiarato l'intervenuta prescrizione dei crediti contributivi di cui alle cartelle sottese all'iscrizione ipotecaria e, conseguentemente, accertato che Equitalia Centro Spa non aveva diritto di procedere all'iscrizione ipotecaria per tali crediti, compensando le spese del giudizio in ragione dell'esistenza del contrastante orientamento minoritario sopra richiamato (e, a parere di chi scrive, fino alla auspicata pronuncia delle Sezioni Unite volta a fare, definitivamente, chiarezza sul punto).

Avv. Luisella Mameli

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