REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CATANIA
TERZA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Angelo Pappalardo ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. r.g. 580/2012, avente ad oggetto "responsabilità extracontrattuale", promossa da:
S. R., R. B., R. C. C. e R. G. B., domiciliati in VIA CARMELO PATANE’ ROMEO, 28 CATANIA; rappresentati e difesi dall’Avvocato GENNARO ESPOSITO, giusta procura in atti.
ATTORI
contro
CONSORZIO DI BONIFICA 9 CATANIA, in persona del Commissario pro tempore, domiciliato in VIA CENTURIPE, 1/A CATANIA; rappresentato e difeso dagli Avv.ti MAURIZIO NULA e ANTONIA SALVO, giusta procura in atti.
CONVENUTO

CONCLUSIONI
All’udienza di precisazione delle conclusioni del 07.03.2017 le parti hanno concluso come in verbale.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione ritualmente notificato, i sigg.ri S. R., R. B., R. C. C. e R. G. B. convenivano in giudizio il Consorzio di Bonifica n. 9 di Catania, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti dal proprio fondo a causa di un allagamento cagionato da un’improvvisa apertura del bypass delle tubazioni custodite dal Consorzio.
Esponevano gli attori di essere proprietari di un fondo, sito in Paternò, interamente coltivato ad agrumi, che per l’approvvigionamento idrico si avvale dell’acqua somministrata dal Consorzio di Bonifica n. 9 della Piana di Catania. In particolare, l’impianto di irrigazione è collegato, tramite tubazione interrata, al comizio n. 107.1, azionabile mediante bypass, al di fuori del terreno di proprietà degli attori, custodito con gabbia metallica antintrusione e collegato alla rete irrigua mediante una condotta principale di proprietà del Consorzio di Bonifica e custodita dallo stesso. Nel gennaio 2010 il bypass del braccio A, che doveva essere chiuso durante il periodo invernale, veniva invece aperto, probabilmente da ignoti che hanno manomesso il lucchetto, causando l’allagamento del terreno degli attori.

In data 23.03.2010 gli attori presentavano ricorso per accertamento tecnico preventivo innanzi al Tribunale di Catania al fine di valutare i danni subiti dal fondo a causa dell’allagamento.
Successivamente, con atto di citazione ritualmente notificato, i sig.ri S. R., R. B., R. C. C. e R. G. B. convenivano in giudizio il Consorzio di Bonifica n. 9 di Catania, quale custode del bypass e delle tubazioni, per sentirlo condannare, ai sensi dell’art. 2051 c.c., al risarcimento dei danni subiti dal proprio fondo, quantificati.nella somma di euro 8.250,00.

Si costituiva in giudizio il Consorzio di Bonifica chiedendo il rigetto della domanda degli attori.
Indicava a tal fine il Consorzio che il bypass, protetto da gabbia metallica antintrusione con lucchetto di protezione, è stato oggetto di danneggiamento ad opera di ignoti; pertanto l’allagamento è stato causato esclusivamente dalla condotta di ignoti soggetti terzi, condotta che il Consorzio aveva cercato di evitare apponendo una gabbia metallica antintrusione con lucchetto a protezione del bypass, così assolvendo al proprio obbligo di custodia. Indicava inoltre il Consorzio che, in ogni caso, i danni subiti dagli attori sono riconducibili alla circostanza che la bocca di presa ubicata nel fondo di proprietà degli attori (unici responsabili della gestione della stessa) era aperta, mentre, ai sensi del regolamento irriguo, avrebbe dovuto essere chiusa.

In data 07.03.2017, le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva posta in decisione con i termini di legge ai sensi dell’art. 190 c.p.c. .

Motivazione

La domanda di parte attrice è fondata e merita di essere accolta.
Oggetto del presente giudizio è l’accertamento della responsabilità del Consorzio di Bonifica, quale custode del sistema di tubi che conducono l’acqua ai fondi, per i danni accorsi al fondo degli attori a causa dell’allagamento dovuto all’apertura del bypass del braccio A ad opera di ignoti, che hanno manomesso il lucchetto di chiusura della gabbia metallica di protezione dei comandi centralizzati.

La disposizione che viene in rilievo al riguardo è dunque l’art. 2051 c.c., che disciplina la responsabilità per i danni cagionati da cosa in custodia, stabilendo che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

Il caso fortuito di cui all’art. 2051 c.c. è pacificamente elemento impeditivo della responsabilità; pertanto, l’attore in giudizio deve limitarsi a dimostrare il verificarsi dell'evento dannoso e il suo rapporto di causalità materiale con il bene in custodia, mentre spetta al custode, per escludere la propria responsabilità, provare il caso fortuito, essendo pertanto posto a suo carico il rischio che il danno si sia generato da una causa rimasta ignota (Cass. n. 2660/2013).

Quanto alla nozione di caso fortuito, la giurisprudenza maggioritaria ne da un’interpretazione tale da far assumere connotati oggettivi alla responsabilità del custode. Si ritiene, in particolare, che il caso fortuito quale elemento impeditivo della responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. sia non il fatto imprevedibile e imprevenibile con la diligenza ma il fatto estraneo al rischio tipico della cosa - ossia il fatto naturale integrante forza maggiore o il fatto dello stesso danneggiato o il fatto del terzo - che incida sul nesso causale in modo da interromperlo di talchè il danno sia causalmente riconducibile non alla cosa ma all’elemento esterno.

La giurisprudenza afferma infatti che “il caso fortuito idoneo ad escludere la responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c. può rinvenirsi anche nella condotta del terzo, o dello stesso danneggiato, quando essa, rivelandosi come autonoma, eccezionale, imprevedibile ed inevitabile, risulti dotata di efficacia causale esclusiva nella produzione dell'evento lesivo” (Cass. n. 18317/15).
Nell’eventualità in cui persista un’incertezza sulla individuazione della concreta causa del danno, rimane a carico del custode il fatto ignoto, in quanto non idoneo ad eliminare il dubbio in ordine allo svolgimento eziologico dell’accadimento (cfr. Cass. 06/2284).
Orbene, nel caso di specie, il danno è stato presumibilmente cagionato dalla condotta di ignoti che hanno aperto il bypass centralizzato determinando l’afflusso dell’acqua al fondo degli attori.
In virtù delle superiori considerazioni, è dunque il Consorzio a dover provare che il fatto del terzo sia stato tale da interrompere il nesso di causalità tra la cosa e l’evento di danno. Tale prova, tuttavia, non è stata fornita dal Consorzio, il quale non ha dimostrato che la condotta dei terzi soggetti ignoti, per le concrete modalità in cui si è estrinsecata, è stata tale da interrompere il nesso di causalità.
In particolare il Consorzio non ha dimostrato che la condotta dei terzi sia avvenuta con modalità, strumenti o apparecchiature tali da vincere un sistema di custodia dei comandi centralizzati adeguato ed idoneo ad impedire l’accesso ai comandi da parte dei terzi. Al contrario, è emerso in giudizio che i comandi centralizzati dell’impianto di erogazione dell’acqua erano protetti soltanto dall’esistenza di un lucchetto posto a chiusura della gabbia metallica antintrusione. A fronte di ciò il Consorzio nulla ha dedotto circa l’adeguatezza di tale sistema antintrusione. Conseguentemente, non risulta provata l’interruzione del nesso di causalità tra la cosa in custodia e l’evento di danno e, quindi, il caso fortuito “quale fatto idoneo ad escludere la responsabilità del custode, in quanto dotato di efficacia causale determinante rispetto alla produzione dell'evento e non evitabile, tenuto conto delle modalità che in concreto caratterizzano l'attività del custode” (Cass. Civ., Sez. Terza, Sentenza n.13005 del 23 giugno 2016).

Per contro non è contestato ed è stato positivamente accertato anche un profilo di negligenza, rilevante ex art. 2043 c.c., di parte convenuta, in quanto il Consorzio non si è nemmeno tempestivamente attivato per arrestare il flusso dell'acqua, consentendo un cospicuo ristagno della stessa e l'allagamento di un terreno di notevoli dimensioni.

D’altro canto non può ritenersi che il danno sia stato cagionato dalla condotta dei danneggiati che non avevano chiuso la bocca di presa ubicata nel loro fondo, come da regolamento irriguo (art. 23), né che tale circostanza possa costituire concorso di colpa del danneggiato nella causazione del danno ai sensi dell’art. 1227 comma 1 c.c..
La disposizione regolamentare che impone ai consorziati di chiudere la bocca di presa al termine dell’utilizzo dell’acqua del proprio turno è infatti finalizzata a garantire, durante il periodo di irrigazione, che l’acqua passi al successivo turnista. Proprio per tale motivo la norma è inserita nel Capitolo II, destinato alla regolamentazione della "distribuzione dell'acqua", che di norma riguarda il periodo tra aprile ed ottobre (mentre il sinistro per cui è causa si è verificato a gennaio). Il successivo art. 31 stabilisce infatti e conseguentemente che “a valle della bocchetta comiziale cessa da parte del Consorzio ogni e qualsiasi responsabilità sia nei riguardi dell’irrigazione dei singoli fondi, sia nei riguardi delle dispersioni e degli eventuali danni, conseguenti alla mancata osservanza delle norme di utenza”. Tali disposizioni regolamentari sono evidentemente dettate per disciplinare i rapporti tra consorziati durante il periodo di erogazione dell'acqua e non anche per evitare, in ogni tempo, eventi di danno conseguenti a condotte colpose del Consorzio, che non ha apprestato un sistema antintrusione adeguato ad evitare che soggetti terzi potessero accedere al sistema centralizzato di distribuzione delle acque. Pertanto, non essendo l’evento di danno verificatosi quello che la regola di condotta imposta al consorziato era volta ad evitare, deve escludersi qualsiasi responsabilità dei soggetti danneggiati per i danni subiti.

Infine, è infondata la deduzione di parte convenuta circa l’impossibilità in concreto per il Consorzio di esercitare una custodia, stante l’estensione delle condutture, canalizzazioni e strutture. In tema di custodia, infatti, la Cassazione ha da tempo chiarito che la notevole estensione dei beni non è elemento idoneo di per se solo ad escludere la possibilità di esercitare una custodia sul bene ma occorre verificare, in concreto, se tale custodia sia possibile nel caso di specie. In relazione a ciò ha affermato, ad esempio, che è certamente configurabile la possibilità di custodia nelle autostrade da parte dell’Ente gestore, in quanto l’esistenza di monitoraggi tecnologici consentono un controllo continuo.
In virtù delle superiori considerazioni è evidente che, nell’ipotesi che ci occupa, per il Consorzio è certamente possibile esercitare la custodia sulle condutture, canalizzazioni e strutture, essendo proprio ed esclusivamente tale attività di custodia, manutenzione e gestione la ragione giustificativa della sua esistenza.

Ciò premesso circa l’an della responsabilità del Consorzio, in ordine alla quantificazione del risarcimento dovuto, l’accertamento tecnico preventivo espletato ante causam - le cui conclusioni coerenti, precise e puntuali meritano di essere in ogni parte condivise - ha consentito di appurare che i danni subiti dalle piante e gli importi dei lavori da eseguirsi, specificamente considerati per tipologia di danno e riferiti a singola pianta, sono complessivamente pari alla somma di euro 5.400,00, mentre i mancati redditi derivanti dalla perdita della produzione attuale e dalla riduzione della produttività negli anni successivi sono pari alla somma di euro 2.850,00.
Il danno subito dagli attori è pertanto complessivamente pari alla somma di euro 8.250,00.

Le spese processuali seguono la soccombenza e devono essere poste a carico del convenuto Consorzio di Bonifica a favore degli attori, nella misura indicata in dispositivo (tariffa media per scaglione con riferimento a tutte le fasi processuali).
Le spese di accertamento tecnico preventivo devono essere poste a carico di parte convenuta.

PQM

Il Giudice del Tribunale di Catania, dott. Angelo Pappalardo, in funzione di Giudice unico,
definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al n. 580/2012 R.G.,
1) accoglie la domanda degli attori e, per l’effetto, condanna il Consorzio di Bonifica n. 9 di
Catania a pagare in favore degli attori Scaccianoce Rosa, Rosiglione Barbara, Rosiglione Carmelina
Consolazione e Rosiglione Giovanni Battista la somma complessiva di euro 8.250,00, oltre interessi
dalla domanda fino all'effettivo soddisfo;
2) condanna il Consorzio di Bonifica alla rifusione delle spese di lite in favore degli attori Scaccianoce Rosa, Rosiglione Barbara, Rosiglione Carmelina Consolazione e Rosiglione Giovanni
Battista, che liquida in euro 4.835,00 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura
del 15%, IVA e CPA come per legge;
3) pone le spese di accertamento tecnico preventivo a carico del Consorzio di Bonifica.
Così deciso in Catania, il 25 giugno 2017
Il GIUDICE
dott. Angelo Pappalardo
DEPOSITATO TELEMATICAMENTE
EX ART. 15 D.M. 44/2011


 

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