REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA
DI PARMA
SEZIONE 2
riunita con l'intervento dei Signori:
MARI RENATO Presidente
BANDINI IVANO Relatore
ROMITELLI BRUNO Giudice
ha emesso la seguente
SENTENZA
-sul ricorso n. 115/2019
depositato il14/03/2019

- avverso AVVISO DI LIQUIDAZIONE no 18/09990/000396/001 SUCCESSIONI2018
contro:
AG. ENT. DIREZIONE PROVINCIALE PARMA
STRADA QUARTA 6/1 A 43123
proposto dal ricorrente:
Z.D.
difeso da:
AVV. AZZARA' DEMETRIO
VIA MADRE ANNA MARIAADORNI N 16 43121 PARMA PR

Svolgimento del processo

La sig.ra Z.D., assistita da proprio procuratore ad litem, riferisce di essere divenuta erede del defunto padre, dopo la effettuata rinuncia all'eredità da parte della madre.
Successivamente alla presentazione della denuncia successione, l'Agenzia delle Entrate di Parma, su impulso dell'Ufficio territoriale di Fidenza, richiede con apposito avviso di liquidazione il pagamento di € 12.764,51 oltre spese di notifica, a titolo di imposta principale, sulla base del cumulo delle donazioni effettuate dal de cuius ad essa erede.
Viene, sostanzialmente, inserito nell'asse ereditario il coacervo delle donazioni ricevute ai fini del calcolo complessivo dell'imposta di successione.
La contribuente si oppone a tale richiesta e col ricorso in decisione ne contesta la debenza in quanto l'applicazione dell'art. 8 comma 2° del TUS, concernente il cd. coacervo delle donazioni fatte in vita dal defunto, è venuta
meno a seguito dell'abolizione del sistema delle aliquote progressive. Su questa specifica materia, la giurisprudenza della S.C. ne ha convalidato la tesi.
Quindi, in ordine alle successioni, nessuna norma impone che si adotti la disciplina del coacervo donativo.
In conclusione la ricorrente chiede che venga dichiarato nullo, illegittimo o come meglio l'atto impugnato, con le statuizioni conseguenti, ivi compresa la vittoria delle spese del giudizio.
Si costituisce nel giudizio, ex art. 17 bis, l'Agenzia delle Entrate di Parma dissentendo dalle conclusioni della ricorrente atteso che " ... al fine di determinare la franchigia effettivamente spettante in favore di ciascun erede
occorre calcolare il c.d. Coacervo, ovvero, sommare al valore della quota eredità spettante, le donazioni e/ o i trasferimenti gratuiti elargiti dal de cuius al medesimo beneficiario."
In effetti, nel riportare il comma 4° dell'art. 8 del D. Lgs. 346/90, l'Ufficio fa rilevare che la norma dispone che il valore globale netto dell'asse ereditario debba essere maggiorato di un importo pari al valore attuale complessivo di tutte le donazioni fatte all'erede.
L'interpretazione della norma deve leggersi nel senso che, ai sensi della L. n. 342/2000, il dictum dell'art. 8 predetto inerisce non tanto alla progressività delle eliminate aliquote progressive quanto piuttosto all'applicazione della
franchigia per le donazioni pregresse.
Quindi il relictum ereditario deve risentire delle donazioni fatte in vita all'erede, solo per "quantificare la base imponibile".
Nel caso concreto, si è operato in questo senso ovvero facendo un calcolo matematico di somme e di sottrazioni.
Pertanto, l'Ufficio chiede, a sua volta, il rigetto del ricorso con spese a carico della ricorrente maggiorate per legge.

Motivazione

Giova ricordare le disposizioni evocate in giudizio dalle parti in contesa- artt. 7 e 8 del D. Lgs. 346/2000 cd. TUSD così rivisto dalla L. n. 286/2006- per poter giungere alla risoluzione del thema decidendum.
Il primo articolo, per ciò che qui rileva, è rimasto solo coi commi 3 ° e 4 °, irrilevanti in questo contesto, mentre i commi precedenti sono stati abrogati a far tempo dal 29 /11/2006.
L'art. 8, al comma 4°, prevede che < di tutte le donazioni fatte dal defunto agli eredi e ai legatari, ... > >.
Dal connubio di queste due norme emerge che l'elemento discriminante consiste nell'inciso indicato nel comma 4 ° suddetto riguardante "i soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell'art. 7".
L'inciso si rifà all'epoca in cui l'imposta di successione prevedeva più aliquote per più scaglioni, così e come stabilito nella tariffa allegata al Testo Unico di cui al D. Lgs. 346/90 e modificata con L. n. 413/91.
Proprio per rispettare la progressività delle aliquote con esclusione di una franchigia di £ 350.000.000, a partire - per eredi quali il coniuge e i figli - dal 3% fino al 27%, il legislatore ratione temporis ha disposto che l'asse ereditario
totale venisse maggiorato delle donazioni realizzate in vita dal de cuius.
L'abrogazione dei commi dal1 ° al2-quater, quelli evocati dall'art. 8 più volte detto, va ad incidere direttamente sulla ratio richiamata nel comma 4° dell'art. 8 stesso.
L'interpretazione, ormai consolidata della S.C., che si discosta apertamente dalla pronuncia della CTR dell'E-R, n. 803/2018, riferita dall'Ufficio, è in senso nettamente opposto alle ragioni del Giudice regionale, ed è quella affermata dalla ricorrente.
Questo Collegio non intende seguire le tesi della CTR felsinea, ritenendo, invece, più consone al dictum della normativa de qua le numerose pronunce della Corte di Cassazione.
Recente ed univoca è l'Ordinanza n. 758/2019, sez. Tributaria che, facendo leva ad una posizione giurisprudenziale già confermata, ha affermato il principio per cui "In tema d'imposta di successione, intervenuta la soppressione del sistema dell'aliquota progressiva in forza dell'art. 69 della I. n. 342 del2000, deve ritenersi implicitamente abrogato l'art.8, comma 4, de D.lgs. n. 346 del1990, che prevedeva il cumulo del donatum con il relictum al solo fine di determinare l'aliquota progressiva da applicare, attesa la sua incompatibilità con il regime impositivo caratterizzato dall'aliquota fissa sul valore non dell'asse, ma della quota di eredità o del legato". (Cass. n. 24940/2016; nello stesso senso Cass. n. 26050/2016; n. 12779/2018).
Con miglior e puntuale dovizia di argomenti si sono espresse le Ordinanze nn. 32830 e 32819/2018 il cui assunto è nei seguenti condivisibili termini.
La previsione di cui al citato art. 8, co. 4, del D. Lgs. 346/90- prescrivente il coacervo del donatum con il relictum - non era finalizzato a ricomprendere nella base imponibile anche il donatum (oggetto di autonoma imposiifone), ma
unicamente a stabilire una forma di riunione fittizia nella massa ereditaria dei beni donati, ai soli fini della determinazione dell'aliquota da applicare per calcolare l'imposta sui beni relitti.
Il sistema della riunione fittizia, in altri termini, operava in funzione chiaramente antielusiva, così da evitare che il compendio ereditario venisse sottratto all'imposizione progressiva mediante preordinate donazioni in vita
da parte del de cuius.
Fermo restando che il cumulo non sortiva effetto impositivo del donatum, ma soltanto effetto determinativo dell'aliquota progressiva, si ritiene logica e coerente conseguenza che, eliminata quest'ultima in favore di un sistema ad aliquota fissa sul valore non dell'asse globale ma della quota di eredità o del legato, non vi fosse più spazio per dar luogo al coacervo.
Né, una volta differenziate le aliquote di legge sulla base del criterio primario non dell'ammontare crescente del compendio ereditario ma del rapporto di parentela, poteva residuare alcuna ratio antielusiva.
In tale situazione normativa sono poi sopravvenute la soppressione dell'imposta sulle successioni e donazioni e la sua re-istituzione.
Disciplina, quest'ultima, che ha anche formalmente eliminato, abrogandola espressamente nell'art.2 comma 52, la norma (articolo 7 commi da 1 a·2 quater D. Lgs. 346/ 90) che costituiva, come detto, il riferimento e presupposto
imprescindibile del citato art8, comma 4.
È vero che la disciplina qui applicabile (art. 2 co. 50 legge. 286/06) richiama, "per quanto non disposto dai commi da 47 a 49 e da 51 a 54" le disposizioni del D. Lgs. 346/90 in quanto compatibili, ma le ragioni di incompatibilità del
cumulo ex art.8 citato permangono e trovano conferma anche alla luce della disciplina della reintrodotta imposta di successione; applicata anch'essa secondo aliquote fisse sul valore complessivo dei beni devoluti a ciascun
erede o legatario in ragione del rapporto di parentela.
Né può ritenersi che il cumulo ex art.8 suddetto sia tuttora vigente al residuale fine di individuare la base imponibile al netto della franchigia esente da imposta.
Da un lato, la lettera e la ratio dell'articolo 8 comma 4 erano inequivoche nel limitare la rilevanza del cumulo "ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili", e non altrimenti (così come ritenuto anche dalla citata
giurisprudenza di legittimità); dall'altro, la L .286/06 ha rimodulato il regime di franchigia sull'imposta di successione e sulle donazioni (art. 2 co. 49), anche mediante abrogazione (co. 50 anzidetto.) della disposizione (art.7, co. 2 quater D. Lgs. 346/90, come introdotto dall'art. 69 legge 342/00) che precludeva la fruizione della franchigia sulla prima imposta qualora già fatta valere, e fino alla concorrenza del valore di fruizione, sulla seconda.
"Dal che si evince ulteriore e definitivo elemento di incompatibilità del cumulo posto a base della maggiore imposta di cui agli avvisi di liquidazione in oggetto''".
Conclusivamente, il ricorso merita accoglimento e ne consegue l'annullamento dell'avviso di liquidazione impugnato.
Le spese del grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, ex DM 55/2014.

PQM

Accoglie il ricorso.
Condanna la parte resistente alla refusione delle spese di questo grado di giudizio in favore della ricorrente, che liquida in euro 2.630,50 oltre accessori tutti di legge riferibili alle tabelle forensi, compreso il CUT.


 

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