ORDINANZA
sul ricorso 28872-2014 proposto da:
D. S.F., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA S SATURNINO 5, presso lo studio
dell'avvocato FRANCESCA NAPPI, rappresentata e difesa dall'avvocato NICOLA STEFANIZZO;
- ricorrente -

Nonché da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
- ricorrente incidentale -

avverso la sentenza n. 963/2014 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di LECCE, depositata il 28/04/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/09/2020 dal Consigliere Dott. ROSARIA MARIA CASTORINA;

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 963/22/2014, depositata in data 28.4.2014, la Commissione tributaria regionale della Puglia accoglieva parzialmente l'appello proposto da Francesca D.S., nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, avverso la sentenza n. 204/2/11 della Commissione tributaria provinciale di Brindisi la quale aveva rigettato il ricorso della contribuente su controversia avente ad oggetto un avviso di accertamento, emesso sulla base di un pvc, a seguito di verifica condotta ai fini dell'imposta sul reddito, in relazione agli anni di imposta 2005, 2006 e 2007.

La CTR con la sentenza in epigrafe riteneva non configurabile nella specie la dedotta violazione dell'art. 12, comma 7, legge n., 212 del 2000, stante le ragioni di urgenza addotte dall'amministrazione finanziaria per giustificare l'emissione ante tempus dell'avviso di accertamento, ravvisate nella imminente decadenza del potere accertativo e accoglieva i rilievi della contribuente con riferimento a due dei versamenti verificati sulle movimentazioni bancarie
contestate . La contribuente ricorre per la cassazione della sentenza affidando il suo mezzo a un motivo, illustrato con memoria.

Resiste l'Agenzia delle Entrate con controricorso con il quale propone altresì ricorso incidentale affidato a due motivi.

Motivazione

1.Con il motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 12, comma 7, della legge n. 12 del 2000, per avere la CTR ritenuto che l'emissione ante tempus dell'avviso di accertamento fosse giustificato dalla «imminente decadenza del potere accertativo».

La censura è fondata per quanto di ragione.
1.1.La previsione dello Statuto del contribuente, dalla cui violazione, ad avviso della CTR, deriverebbe la nullità del provvedimento dell'Amministrazione finanziaria, con cui è stato disposto un recupero IVA a seguito di accesso presso i locali destinati all'esercizio dell'attività d'impresa, è la seguente: «Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza. (art. 12, comma 7, legge 27 luglio 2000, n. 212).

1.2. Ritiene il Collegio di dare continuità all'insegnamento giurisprudenziale ormai prevalente (v. Cass. Sez. U., n. 24823 del 2015) ed ampiamente illustrato in Cass. n. 22786 del 2015, secondo cui «In materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, le ragioni di urgenza che, ove sussistenti e provate dall'Amministrazione finanziaria, consentono l'inosservanza del termine dilatorio di cui alla legge n. 212 del 2000, devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell'ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità, sicché non possono in alcun modo essere individuate nell'imminente scadenza del termine decadenziale dell'azione accertativa» (conf., tra le più recenti, Cass n. 8749/2018; Cass.. n. 5149 del 2016 e 17202 del 2017).
La decisione della CTR è sotto questo profilo errata.

1.3. Occorre, tuttavia, distinguere le ipotesi di verifica con accesso presso i locali della azienda o di controllo cd "a tavolino".
Nella giurisprudenza di questa Corte in materia di contraddittorio endoprocedimentale, sono due le sentenze che costituiscono il punto di riferimento.
Con una prima decisione, la 29 luglio 2013 n. 18184, le Sez. unite hanno statuito che «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento - termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui
confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni - determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l'illegittimità dell'atto impositivo emesso "ante tempus", poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della
potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell'atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l'emissione anticipata, bensì nell'effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall'osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all'epoca di tale emissione, deve essere provata dall'ufficio
».
Ulteriore chiave interpretativa è stata poi fornita per i controlli c.d. a tavolino dalla sentenza 9 dicembre 2015 n. 24823, secondo la quale: «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l'Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. "a tavolino"». La medesima decisione ha inoltre sancito la necessità di operare, per i tributi armonizzati, una "prova di resistenza" ai fini della valutazione
del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, in determinati casi: «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo
generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l'invalidità dell'atto purché il contribuente abbia assolto all'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un'opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi "armonizzati", mentre, per quelli "non armonizzati", non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito».
In coerenza con gli arresti richiamati questa Corte ha recentemente affermato i seguenti principi di diritto (Cass.701/2019): 1) l'art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000 prevede, nel triplice caso di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, una valutazione ex ante in merito al rispetto del contraddittorio operata dal legislatore, attraverso la previsione di nullità dell'atto impositivo per mancato rispetto del termine dilatorio, che già, a monte, assorbe la "prova di resistenza" e, volutamente, la norma dello Statuto del contribuente non distingue tra tributi armonizzati e non; 2) il principio di strumentalità delle forme ai fini del rispetto del contraddittorio, viene meno in presenza di una sanzione di nullità comminata per la violazione, e questo vale anche ai fini del contraddittorio endoprocedimentale tributario; 3) per i tributi armonizzati la necessità della "prova di resistenza", ai fini della verifica del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, scatta solo se la normativa interna non preveda già la sanzione della nullità.

1.4. Nella specie la CTR non ha accertato se si vertesse in ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività. A tanto provvederà il giudice di rinvio applicando i principi di diritto sopra richiamati.
L'accoglimento del ricorso principale comporta l'assorbimento della trattazione dei motivi di ricorso incidentale, che saranno esaminati, ove necessario all'esito della decisione rimessa, dal giudice di rinvio.
La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata con rinvio alla CTR della Puglia, in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella Camera di consiglio del 16.9.2020


Scarica copia del provvedimento: Sentenza Cassazione n. 26794-2020

 

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