REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI SICILIA SEZ. STACCATA DI CATANIA SEZIONE 6
riunita con l'intervento dei Signori:
- LOMBARDO LUIGI Presidente
- FAILLA CARMELO Relatore
- AREZZO DOMENICO Giudice
ha emesso la seguente
SENTENZA
-sull'appello n. 9339/2017
depositato il 29/12/2017
-avverso la pronuncia sentenza n. 12498/2016 Sez:16 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di CATANIA
contro:
AG. ENTRATE DIR. PROVIN. UFF. CONTROLLI CATANIA

proposto dall'appellante:
E. S.R.L.

difeso da:
ESPOSITO ORAZIO STEFANO
VIA C. PATANE' ROMEO 28 95100 CATANIA CT
Atti impugnati:
AVVISO DI ACCERTAMENTO no TYS03M4020141RES-ALTRO 2006
AVVISO DI ACCERTAMENTO no TYS03M402014 IV A-ALTRO 2006
AVVISO DI ACCERTAMENTO no TYS03M4020141RAP 2006

Svolgimento del processo

Ricorre la società E. s.r.l., in persona del legale rappresentante, nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Catania, avverso l'avviso di accertamento n°TYS03M402014 notificato in data 27.05.2015, relativo a Ires, lva e Irap, anno di imposta 2006, che trae origine da una verifica operata dalla Guardia di Finanza di Acireale, trasfusa in p.v.c. del 26.03.2015.
L'Ufficio con tale atto ha contestato l'indebita deduzione di costi per € 3.033.350,00, oltre iva per € 720.667,00 e conseguenti maggiori imposte, certificati da fatture per operazioni oggettivamente inesistenti o parzialmente inesistenti.
Eccepisce la nullità per difetto di sottoscrizione; per decadenza dai termini in conseguenza dell'illegittima applicazione del raddoppio dei termini; nullità per mancata allegazione del pvc all'accertamento; il difetto di motivazione e l'infondatezza nel merito.

Si costituisce in giudizio l'Agenzia delle Entrate, producendo l'atto di nomina del firmatario dell'atto, e insistendo nella pretesa.

La Commissione Tributaria Provinciale di Catania, con sentenza n°12498/16 del 09.05-01.12.2016, ha rigettato il ricorso e compensato le spese.

Propone appello E. Srl, in persona del legale rappresentante, censurando la sentenza sotto diversi profili. Insiste sulla illegittimità del raddoppio dei termini per l'accertamento, in quanto nessuna denuncia penale presentata entro il termine ordinario di decadenza è stata allegata agli atti, condizione indispensabile per fruire del raddoppio, sia in quanto, anche alla luce delle modifiche adottate con la legge di stabilità del 2016 (L.n°208/2015). Eccepisce inoltre l'infondatezza nel merito dell'accertamento, per avere documentato la effettività delle operazioni contestate. In ordine alle fatture emesse dalla ditta G. Srl, relative alla costruzione di un capannone industriale in C.da C., ha provato di avere eseguito i lavori con fotografie, con l' autorizzazione amministrativa e con una perizia di parte, e rileva che l'onere probatorio incombeva comunque sull'Ufficio. Osserva che nel 2004 la società era stata sottoposta a sequestro giudiziale da parte del Tribunale penale di Catania, e la gestione era stata affidata a due commissari giudiziali che agivano sotto il controllo del Giudice Delegato. E poiché quando al sequestro consegue la confisca, si verifica l'estinzione del credito erariale per confusione, non si comprende come gli amministratori giudiziali avrebbero potuto compiere operazioni illecite al fine di conseguire un risparmio di tributi che la società non avrebbe mai versato. Si difende comunque sul merito delle operazioni contestate.

Si costituisce in giudizio l'Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Catania, resistendo all'appello e producendo copia delle denunzie penali a suo tempo presentate.

Motivazione

Osserva questo Collegio che l'appello è fondato, e va, conseguentemente, accolto.
Con il primo motivo, l'appellante lamenta l'erroneità della sentenza con riguardo alla eccepita nullità dell'accertamento per decadenza dei termini, e per la illegittimità del raddoppio dei termini.
Il motivo è infondato.
Di avviso diverso è, difatti, la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale "In tema di accertamento tributario, i termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l'IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l'IVA, nella versione applicabile "ratione temporis", sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l'obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi dì accertamento per i periodi d'imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, incidano le modifiche introdotte dalla l. n. 208 del 2015, il cui art. l , comma 132, ha introdotto, peraltro, un regime transitorio che si occupa delle sole fattispecie non ricomprese nell'ambito applicativo del precedente regime transitorio - non oggetto di abrogazione- di cui all'art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 128 del2015, in virtù del quale la nuova disciplina non si applica né agli avvisi notificati entro il 2 settembre 2015 né agli inviti a comparire o ai processi verbali di constatazione conosciuti dal contribuente entro il 2 settembre 2015 e seguiti dalla notifica dell'atto recante la pretesa impositiva o sanzionatoria entro il 31 dicembre 2015." (Sez. 5 - , Sentenza n. 26037 del 16/12/2016; conforme: Sez. 5, Sentenza n. 16728 del 09/08/2016).
Dunque, per effetto della clausola di salvezza di cui all'art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 128 del 2015, non abrogata dalla L. 208/15, risultano tuttora attuali e conferenti alla fattispecie concreta le considerazioni della Corte costituzionale, pronunziatasi in materia (sent. n. 247/2011), secondo cui "il raddoppio dei termini consegue dal mero riscontro di fatti comportanti l'obbligo di denuncia penale, indipendentemente dalla effettiva presentazione della denuncia o dall'inizio dell'azione penale".

Con il secondo motivo, l'appellante eccepisce la nullità della sentenza per avere ritenuto inesistenti i costi dedotti da E.
Il motivo è fondato.
Per Cassazione Civile, sentenza n° 10649/18, in materia di operazioni oggettivamente inesistenti, poiché la fattura, di regola, costituisce titolo per il contribuente ai fini del diritto alla detrazione dell'IVA e alla deducibilità dei costi, spetta all'Ufficio dimostrare il difetto delle condizioni per l'insorgenza di tale diritto. La dimostrazione può ben consistere in presunzioni semplici, poiché la prova presuntiva non è collocata su un piano gerarchicamente subordinato rispetto alle altre fonti di prova e costituisce una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva ai fini della formazione del proprio convincimento (v. Cass. n. 9108 del 06/06/2012). Nel caso in cui l'Ufficio ritenga che la fattura concerna operazioni oggettivamente inesistenti, cioè sia una mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere da alcuno, e quindi contesti l'indebita detrazione dell'IVA e/o deduzione dei costi, ha l'onere di fornire elementi probatori del fatto che l'operazione fatturata non è stata effettuata, e a quel punto passerà sul contribuente l'onere di dimostrare l'effettiva esistenza delle operazioni contestate. Quest'ultima prova non potrà consistere, però, nella esibizione della fattura, né nella sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un'operazione fittizia (tra le ,altre, Cass. n. 15228 del 03/12/2001; Cass. n.12802 del 10/06/2011). È poi evidente che, in caso di accertata assenza dell'operazione, è escluso che possa configurarsi la buona fede del cessionario o committente (v. Cass. n. 18118 del 14/09/2016).

Quanto sopra premesso, quanto alle fatture emesse dalla società G. srl in relazione ai lavori di costruzione di un capannone in Contrada C., a parere del Collegio la società appellante ha dimostrato appieno di avere effettuato l'operazione in questione, attraverso una perizia di stima effettuata dall'Ing. G. C. per incarico degli Amministratori Giudiziali della E. Quanto alle fatture emesse da G. S., G. S. e E. s.n.c., e disconosciute dall'Ufficio, è circostanza dirimente che la società fosse stata sottoposta a sequestro penale dal Tribunale di Catania fin dal 02.02.2004.
Pertanto, non solo nell'anno 2006 la gestione della società era affidata a due amministratori giudiziali sotto il controllo del Giudice Delegato, ma oltretutto, poiché, in caso di confisca, si verifica l'estinzione del debito erariale per confusione, appare difficile giustificare la preordinazione delle operazioni a una evasione di imposta. Nel merito, le giustificazioni addotte dalla società appellante in ordine ai singoli rapporti con i soggetti sopra richiamati, appaiono al Collegio del tutto condivisibili.
Le spese seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Accoglie l'appello e, in riforma della sentenza impugnata, annulla l'avviso di accertamento impugnato.
Condanna l'Agenzia delle entrate al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 3.000,00 per ciascun grado di giudizio, oltre rimborso spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Catania, il 12 giugno 2019
Depositata in segreteria il 6 agosto 2019


 

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