REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FORTE Fabrizio - Presidente -
Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere -
Dott. GENOVESE Francesco Antonio - Consigliere -
Dott. VALITUTTI Antonio - rel. Consigliere -
Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 962/2015 proposto da:
M.V.N., C.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE PARIOLI 63, presso l'avvocato LO VETRO CARLO, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato DIEGO GERACI, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
Z.C., nella qualità di tutore provvisorio dei minori M.M.M. e M.M.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ATHOS AMMANATO 19, presso l'avvocato CELESTE ATTENNI, rappresentata e difesa dall'avvocato GAROFALO LAURA, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI CATANIA, T.A.L., M.I.;
- intimati -
avverso la sentenza n. 1393/2014 della CORTE D'APPELLO di CATANIA, depositata il 27/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/10/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;
udito, per i ricorrenti, l'Avvocato GERACI DIEGO che si riporta;
udito, per la controricorrente, l'Avvocato GAROFALO LAURA che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per l'accoglimento per quanto di ragione in riferimento ai motivi primo e secondo.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 16.5.2012, il Tribunale per i Minorenni di Catania dichiarava lo stato di adottabilità dei minori M. M.M. e M.M.V. in conseguenza della ritenuta sussistenza di una situazione di abbandono dei medesimi, ai sensi della L. n. 184 del 1983, artt. 8 e 15.

2. Avverso tale decisione proponevano impugnazione i nonni paterni M.V.N. e C.R.
Il gravame veniva, peraltro, rigettato dalla Corte di appello di Catania con sentenza depositata il 27.5.2013.

3. I coniugi M.proponevano, pertanto, ricorso per cassazione, che veniva, invece, accolto da questa Corte con sentenza n. 11758/2014, con la quale la decisione impugnata veniva cassata con rinvio alla Corte di Appello di Catania in diversa composizione.

4. Il giudizio, riassunto da M.V.N. e C. R. ai sensi dell'art. 392 c.p.c., si concludeva con la decisione della Corte di Appello di Catania n. 1393/2014, depositata il 28.10.2014 e notificata il 13.11.2014.

4.1. Con tale pronuncia il giudice di seconde cure riteneva, anzitutto, che gli appellanti fossero sforniti di legittimazione all'impugnazione della dichiarazione dello stato di adottabilità di M.M.M., in considerazione del fatto sopravvenuto alla pronuncia di questa Corte n. 11758/2014, costituito dalla sentenza n. 288/2014 - resa dal Tribunale di Catania e passata in cosa giudicata - che ha definitivamente accertato che il minore Marco non è figlio di M.I. e, quindi, non è nipote degli appellanti.

4.2. La Corte territoriale escludeva, poi, l'idoneità dei nonni - in considerazione del loro comportamento "leggero" tenuto nei confronti del fratello M.M., consistito nell'avere sottovalutato il sospetto che il medesimo non fosse loro nipote - a prendersi cura dell'altro minore M.M.V.. Per di più, l'affidamento di quest'ultimo ai nonni avrebbe provocato, a parere del giudice di rinvio, un forte trauma ai medesimo, comportando la separazione dal fratello unilaterale al quale il minore era fortemente legato.
4.3. Il giudice di rinvio confermava, di conseguenza, la sussistenza dello stato di abbandono di entrambi i minori, già affermato dal giudice di prime cure.
5. Per la cassazione della sentenza n. 1393/2014 hanno proposto, quindi, ricorso M.V.N. e Ca.Ro. nei confronti dell'avv. Z.C., nella qualità di tutore provvisorio dei minori, di M.I. e di T.A. L., genitori dei minori, nonchè del Procuratore Generale presso la Corte di appello di Catania, affidato a tre motivi.
6. L'avv. Z., nella qualità, ha replicato con controricorso.

Motivazione

1. Con il primo e secondo motivo di ricorso - che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente - M. V.N. e C.R. denunciano la violazione e falsa applicazione della L. n. 184 dei 1983, artt. 1, 8, 12 e 15, artt. 2 e 30 Cost., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
1.1. Avrebbe errato la Corte di Appello nel ritenere che il minore M.M.V. si trovasse in una situazione di abbandono materiale e morale, tale da legittimare la dichiarazione dello stato di adottabili, ai sensi della L. n. 184 del 1983, artt. 8 e 15. Il giudice di rinvio non avrebbe, invero, accertato la sussistenza, in concreto, dei presupposti di cui all'art. 15, comma 1, lett. b), della legge suindicata - come statuito dalla sentenza di questa Corte n. 11758/2014.
1.2. La Corte di Appello di Catania si sarebbe limitata, invero, a motivare la conferma del rigetto del reclamo proposto dai nonni, in relazione al piccolo M.V., facendo riferimento esclusivamente al fatto nuovo, costituito dalla sentenza n. 288/2014 del Tribunale di Catania (passata in cosa giudicata) - che ha definitivamente accertato che il minore M.M.M. non è figlio di M.I. e, quindi, non è nipote degli appellanti -, nonchè al pregresso comportamento "leggero" tenuto dai coniugi M.- C. nei confronti d M.M., consistito nell'avere sottovalutato il sospetto che il medesimo non fosse loro nipote, "senza prevedere che il bambino avrebbe subito il trauma del distacco" dalla famiglia di origine.
1.3. La motivazione dell'Impugnata sentenza si paleserebbe, peraltro, del tutto inidonea ad individuare l'esatta portata normativa della nozione di "situazione di abbandonò del minore, di cui è menzione nella L. n. 184 del 1983, art. 8, anche nella parte in cui ha ancorato l'accertamento di tale situazione all'ulteriore considerazione che l'affidamento di M.V. ai nonni patemi avrebbe comportato il distacco del medesimo dal fratello unilaterale M.M., al quale il minore è profondamente legato. La necessità dei rispetto della "fratria" non potrebbe, per contro, determinare la dichiarazione di adottabilità del piccolo M. V., con l'ingiusto sacrificio - in assenza di una reale situazione di abbandono morale e materiale del medesimo, stante la dichiarata disponibilità dei nonni a prendersi cura di lui - del suo diritto a vivere nella famiglia naturale e di esservi educato, istruito e mantenuto (art. 30 Cost.), con palese violazione anche del principio di solidarietà espresso dall'art. 2 Cost..

2. Le censure sono fondate.

2.1. In via pregiudiziale, va ritenuta l'ammissibilità del ricorso proposto dai coniugi M.- C., della quale la resistente avv. Z. ha dubitato, deducendo che i ricorrenti non avrebbero specificato i profili di violazione e falsa applicazione di legge denunciati, i quali, peraltro, sottenderebbero un non censurato vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
2.1.1. Va rilevato, al riguardo, che i primi due motivi di ricorso, sebbene rubricati soltanto come violazione di legge (L. n. 184 del 1983, artt. 1, 8 e 12, artt. 2, 29 e 30 Cost.), in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contengono effettivamente anche censure all'impianto motivazionale della sentenza di appello, sotto il profilo dell'omessa considerazione del fatto controverso costituito dallo stato di abbandono di entrambi i fratelli M.M. M. e M.V., in relazione all'idoneità dei nonni (quanto meno per M.V.) a prendersi cura di loro, censure rientranti nel disposto dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione di cui alla L. n. 134 del 2012, art. 54, (applicabile alla fattispecie concreta ratione temporis).

2.1.2. E tuttavia, va osservato al riguardo che questa Corte ha più volte statuito che, In materia di ricorso per cassazione, la configurazione formale della rubrica del motivo di gravame non ha contenuto vincolante per la qualificazione del vizio denunciato, poichè è solo l'esposizione delle ragioni di diritto dell'Impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (cfr. Cass. 7882/2006, relativa proprio ai caso - ricorrente nella specie - in cui, a fronte dell'evocazione, nella rubrica del motivo di gravame, dell'art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione di norme, il contenuto della contestazione concerneva anche la incongruità della motivazione; Cass. 7981/2007; 5848/2012; 14026/2012; 1370/2013; 19882/2013).
2.1.3. Se ne deve Inferire che, nel caso concreto, non incide sull'ammissibilità dei ricorso la considerazione che le censure proposte dai ricorrenti - che, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione di legge si palesano sufficientemente specifiche, con riferimento alla mancata individuazione, da parte della Corte di Appello, dell'esatta portata normativa della nozione di "situazione di abbandono" del minore L. n. 184 del 1983, ex art. 8, - debbano essere valutate, alla luce dell'esposizione delle ragioni dell'impugnazione contenuta nell'illustrazione dei due motivi, anche sub specie del vizio di motivazione. L'eccezione di inammissibilità del ricorso, proposta dalla resistente, deve essere, pertanto, rigettata.

2.2. Premesso quanto precede, va rilevato che l'impugnata decisione n. 1393/2014 è stata emessa a seguito di cassazione con rinvio della precedente sentenza di appello, disposta da questa Corte con la pronuncia n. 11758/2014, con la quale si è ribadito il principio - già affermato in altre pronunce di legittimità (cfr. Cass. 18563/2012; 28230/2013) - secondo cui a prioritaria esigenza per il figlio di vivere, nei limiti del possibile, con i genitori biologici e di essere allevato nell'ambito della propria famiglia, alla stregua del legame naturale oggetto di tutela ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 1, impone particolare rigore nella valutazione dello stato di adottabllltà ai fini del perseguimento del suo superiore interesse. Questa Corte, ha - di conseguenza - cassato la sentenza di secondo grado con la quale, in ragione di patologie di carattere mentale e dello stato di tossicodipendenza dei genitori biologici, si era erroneamente dichiarato lo stato di adottabilità dei figli, omettendo di valutare l'idoneità del nonni paterni a provvedere all'assistenza ed alla cura dei nipoti, in violazione del diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia, sancito dalla L. n. 184 del 1983, art. 1, comma 1, e art. 315 bis c.c., comma 2.

2.3. La successiva decisione n. 1393/2014, emessa dalla Corte di Appello di Catania in sede di rinvio, ha preso le mosse dalla considerazione del fatto sopravvenuto alla pronuncia di questa Corte n. 11758/2014, costituito dalla sentenza n. 288/2014 - resa dal Tribunale di Catania nelle more del giudizio di cassazione, e passata In cosa giudicata - che ha definitivamente accertato, su ricorso di un curatore speciale nominato dal Tribunale, che il minore M. M. non è figlio di M.I.. La Corte territoriale ne ha tratto una duplice conseguenza.
2.3.1. Per quanto concerne il minore M.M.M., gli odierni ricorrenti, in quanto non sono più nonni del bambino, non sarebbero legittimati, a parere del giudice di rinvio, a prendersi cura del medesimo, e non avrebbero, quindi, una posizione giuridica nel presente giudizio, per un verso, Idonea ad escludere lo stato di abbandono del minore, per altro verso, legittimante una loro opposizione alla declaratoria dello stato di adottabilità (L. n. 184 del 1983, art. 15, comma 3, e art. 17, comma 1). Dal disposto della L. n. 184 del 1983, art. 8, comma 1, art. 10, comma 2, e art. 12, comma 4, artt. 15 e 17, si evince, infatti, che tale situazione legittimante spetta ai soli "parenti", per tali dovendo intendersi, ai sensi dell'art. 74 c.c., soltanto coloro che sono legati da un vincolo che deriva dalla loro discendenza da uno stesso stipite.
2.3.2. Per quanto concerne, invece, il piccolo M.M. V., la Corte di Appello - esclusa l'idoneità, accertata anche dalla pronuncia n. 11758/2014, dei genitori a prendersi cura del medesimo, in quanto "entrambi tossicodipendenti e portatori di patologie psichiatriche, dal comportamento irresponsabile, talora illegale e gravemente pregiudizievole per I minori" (sentenza di appello, p. 3) - ha fondato il giudizio di inidoneità anche dei nonni su due ordini di considerazioni: 1) affidare M.V. ai nonni paterni significherebbe - non essendo questi ultimi parenti anche di M.M. - disporne la separazione dal fratello, evenienza ritenuta altamente traumatica per il minore; 2) la pregressa condotta dei nonni, che avrebbero con "leggerezza (...) inglobato M.M. nella loro famiglia", costituirebbe un elemento di "valutazione negativa sulla loro capacità di premettere alla soddisfazione dei propri interessi le esigenze (reali) di un minore loro affidato".

2.4. Orbene, tale motivazione dell'impugnata sentenza evidenzia con chiarezza l'omessa considerazione, da parte della Corte di Appello, del fatto storico costituito dalla manifestata disponibilità dei nonni paterni a prendersi cura del piccolo M.V. e dalla necessità, affermata dalla sentenza n. 11758/2014 di questa Corte, di operare un approfondito accertamento circa l'idoneità dei medesimi a svolgere un ruolo sostitutivo di quello genitoriale nella cura e nell'educazione del bambino. La succitata decisione sottolineava, invero, la necessità di un particolare rigore nella valutazione dello stato di adottabilltà ai fini del perseguimento del superiore interesse del minore, cui non può, di certo, considerarsi estranea la presenza di nonni disponibili a prendersi cura del medesimo. Costoro rientrano, infatti, nel novero dei soggetti - "parenti entro il quarto grado (...) che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore" (L. n. 184 del 1983, art. 12) - che la stessa legge prende in considerazione ai fini del giudizio circa lo stato di abbandono del minore, come si evince dall'art. 8, comma 1, della legge succitata, laddove fa riferimento all'esistenza di "parenti" tenuti a provvedere all'assistenza morale e materiale del minore in mancanza, o per l'inidoneità, dei genitori.

2.5. La sentenza di appello n. 1393/2014, resa in sede di rinvio, si pone, peraltro, in contrasto anche con il principio generale, più volte statuito da questa Corte, secondo cui il diritto del minore ad essere educato nella propria famiglia di origine incontra i suoi limiti solo nei caso in cui questa non sia in grado di prestare, in via non transitoria, le cure necessario, nè di assicurare l'obbligo di mantenere, educare ed istruire la prole, con conseguente configurabilità dello stato di abbandono.
2.5.1. Il diritto dei minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d'origine comporta, invero, che il ricorso alla dichiarazione di adottabllità sia praticabile solo come "soluzione estrema", quando, cioè, ogni altro rimedio appaia inadeguato con l'esigenza dell'acquisto o del recupero di uno stabile ed adeguato contesto familiare in tempi compatibili con l'esigenza del minore stesso. Pertanto, soltanto nell'ipotesi in cui, a prescindere dagli Intendimenti dei genitori e dei parenti, la vita da loro offerta a quest'ultimo risulti inadatta al suo normale sviluppo psico-fisico, ricorre la situazione di abbandono ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 8, e la rescissione del tegame familiare è l'unico strumento che possa evitargli un più grave pregiudizio (Cass. 881/2015; 6137/2015).

2.5.2. In tal senso si è, del resto, espressa anche la Corte Europea dei diritti dell'Uomo (CEDU), la quale ha più volte evidenziato che, in via di principio, le misure che conducono alla rottura dei legami tra un minore e la sua famiglia debbono essere applicate solo in circostanze eccezionali, ossia solo nei casi in cui i genitori (o gli stretti congiunti) si siano dimostrati particolarmente indegni, o quando siano giustificate da un'esigenza primaria che riguarda l'interesse superiore del minore (cfr. CEDU, 21.10.2008, C - 19537/03, Clemeno e altri c. Italia; 10.1.2008, C - 35991/04, Kearns c. Francia; 16.7.2015, C - 9056/14, Akinnibosun c. Italia).

2.6. Tanto premesso in via di principio, va rilevato che, per quanto concerne il minore M.M.V., l'impugnata sentenza - come dianzi detto - si fonda anzitutto sulla considerazione della "leggerezza" addebitarle al nonni, per avere "inglobato" nella famiglia anche M.M., sottovalutando il sospetto che il medesimo non fosse loro nipote, e "senza prevedere che il bambino avrebbe subito il trauma del distacco" dalla famiglia di origine.
2.6.1. Tale condotta Imprudente dei coniugi M.- C. - stando a quanto asserito dalla Corte di Appello (p. 3) - deriverebbe dal fatto che, sebbene la madre del minore avesse affermato che il riconoscimento di M.M. da parte del figlio degli odierni ricorrenti ( M.I.) sarebbe stato operato dal medesimo solo per le pressioni ricevute in tal senso dai suoi genitori, questi ultimi non avrebbero dato peso a tali affermazioni della donna e non avrebbero neppure ritirato i risultati dell'esame del DNA del preteso nipote, ancorchè fatto eseguire per loro stessa iniziativa, "atteso il legame affettivo che si era instaurato con il minore".

2.6.2. Ebbene, non può revocarsi in dubbio che le dimostrazioni di attaccamento e di affetto, poste in essere dai predetti coniugi - in un lungo arco di tempo - nei confronti di un bambino del quale pure avevano motivo di dubitare fosse loro nipote, non possono che evidenziare - ben al contrario di quanto ha ritenuto, in modo del tutto apodittico, incongruo ed incoerente la Corte di Appello di Catania - una forte carica di generosità e di affettività in capo ai medesimi, nonchè un'apprezzabile capacità di relazionarsi con i minori. Tale rilievo, dunque, lungi dal tradursi in un elemento negativo nella valutazione circa Idoneità dei ricorrenti a prendersi cura del piccolo M.V., è - per contro - un dato fattuale del quale la Corte territoriale avrebbe dovuto tenere conto e porre nel giusto rilievo, ai fini di una prognosi positiva del giudizio relativo a detta idoneità.

2.6.3. La motivazione dell'impugnata sentenza non contiene, per contro, riferimento alcuno alla capacità In concreto - anche alla stregua del disposti accertamenti peritali - dei nonni paterni a prendersi cura del minore, in palese contrasto con il principio di diritto sancito da questa Corte, nella sentenza n. 11758/2014, nella quale si richiedeva al giudice di rinvio un rigoroso e specifico accertamento sul punto. Ne consegue che, già sotto tale profilo, la decisione di appello deve essere riformata.
2.7. Ma la sentenza In esame si palesa non condivisibile anche per quanto concerne l'affermazione secondo la quale la separazione tra i due fratelli (allo stato entrambi collocati presso una famiglia affidataria) - che conseguirebbe all'affidamento di M.V. ai nonni, che non sono legittimati ad opporsl, come in prosieguo si dirà, anche allo stato di adottabilità di M.M. - comporterebbe un grave trauma per il minore. Per il che siffatta considerazione non potrebbe che rafforzare la conclusione, cui è pervenuta la Corte territoriale, dell'indispensabilità di provvedere all'adozione del medesimo. Tale assunto del giudice di appello è, difatti, erroneo per un duplice ordine di ragioni.

2.7.1. Sotto un primo profilo, è evidente, infatti, che io stato di abbandono dei piccolo M.V. è stato sancito dalla sentenza impugnata non già in ragione della mancanza di cure ad opera della famiglia di origine - atteso che è pacifica la ribadita e seria disponibilità dei nonni a prendersi cura del medesimo, quali figure sostitutive dei genitori, il che già può valere ad integrare, se concretamente accertata e verificata, il presupposto giuridico per escludere la situazione di abbandono ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 8, e, quindi, la dichiarazione di adottabilità - ma per l'esigenza di non separare il minore dal fratello M. M., individuandosi, in tal modo, un presupposto giurìdico non previsto dalla norma suindicata. Potrebbe, difatti, costituire situazione di abbandono solo la disponibilità non reale manifestata da un congiunto, fra quelli previsti dada legge; come accade qualora le condizioni e le limitazioni apposte alla solo formalmente enunciata disponibilità valgano, in sostanza, a negarla ed a renderla meramente apparente, come tale inadeguata ed insufficiente ad evitare la dichiarazione di adottabilità (cfr., con riferimento una fattispecie sostanzialmente identica alla presente, Cass. 15861/2014).

2.7.2. Sotto un diverso profilo, poi, concernente l'omessa considerazione del fatto storico concernente l'effettivo abbandono del minore, è, altresì, mancata anche un'indagine approfondita - se dei caso anche mediante una c.t.u. specialistica - circa le ricadute sul piano psicologico che tale evenienza (la separazione dal fratello) potrebbe avere sul piccolo M.V., poste a raffronto con quelle che potrebbero, in ipotesi, derivare dal sua sradicamento anche da quella parte della sua famiglia di origine costituita dai nonni paterni. La sentenza di secondo grado non tiene, inoltre, In alcun conto - nell'ottica del mantenimento dell'affido congiunto dei due fratelli - del diversi strumenti che la legge offre per consentire il rispetto di tale esigenza.

2.8. Per tutte le ragioni esposte, le censure relative allo stato di adottabilità del minore M.M.V., vanno, pertanto, accolte.

3. A diversa conclusione deve, invece, pervenirsi quanto al minore M.M.M., in relazione al quale i ricorrenti chiedono, del pari, revocarsi lo stato di adottabllità. Deve ritenersi, infatti, corretta l'affermazione della corte di Appello, secondo la quale i medesimi non sono legittimati a far valere, nell'ambito del presente giudizio, il loro diritto a dare assistenza morale e materiale a M.M.M., essendo risultato che il medesimo non è loro nipote di conseguenza, i coniugi M.- C. sono, del pari, sforniti della legittimazione ad opporsi alla dichiarazione dello stato di adottabllità del suddetto minore, ai sensi del combinato disposto della L. n. 184 del 1983, art. 12, comma 1, art. 15, comma 3, e art. 17, comma 1, che attribuisce tale legittimazione solo al pubblico ministero, al curatore speciale, ed ai parenti entro il quarto grado che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore.

3.1. Con riferimento a tale specifica disciplina del procedimento per la dichiarazione della stato di adottabilità del minore, i ricorrenti hanno, peraltro, sollevato la questione di legittimità costituzionale della L. n. 184 del 1983, artt. 8 e 10, in relazione agli artt. 2 e 29 Cost., nella parte in cui tali disposizioni contengono - ai fini del giudizio in ordine allo stato di adottabifltà del minore - esclusivamente il riferimento al soggetti legati da vincoli parentali con il minore medesimo, senza attribuire rilievo alcuno a rapporti stabili e duratoti del minore con persone estranee alla famiglia, come è, invece, previsto dall'art. 44 della stessa legge per ("adozione in casi particolari". Sul piano della fondatezza della questione, gli istanti rilevano, infatti, che l'evoluzione giurisprudenziale e normativa verificatasi in relazione ai concetto di "famiglia" avrebbe posto in evidenza un nuovo concetto di comunità familiare, svincolato dalla ius sanguinis e dal richiamo all'art. 74 c.c., dovendo, pertanto, darsi risalto ai rapporti significativi dell'adulto con il minore, anche al di fuori del legame familiare in senso stretto. La rilevanza della questione nel caso concreto sarebbe, dipoi, conclamata dalla impossibilità per i coniugi M.- C. di ottenere altrimenti, stante il suesposto dettato legislativo, il riconoscimento dei "rapporti significativi innegabili tra M.M. ed i nonni caducati in ragione del pregresso vincolo affettivo".

3.1.1. La questione è da ritenersi inammissibile per manifesta infondatezza, ai sensi della L. cost. n. 87 del 1953, art. 23.
La giurisprudenza costituzionale è, invero, assolutamente consolidata nel senso di escludere l'ammissibilità di questioni di costituzionalità che si traducano in un intervento della Corte di tipo additivo o manipolativo, fondato su di una soluzione del problema "non a rima obbligata", essendovi altre possibili soluzioni costituzionalmente compatibili, sì che la chiesta pronuncia verrebbe a collidere con le scelte già adottate dal legislatore secondo alteri di ragionevolezza, o con quelle che il medesimo legislatore potrà adottare In futuro, nell'esercizio della sua discrezionalità politica (cfr., ex plurimis, C. Cost. 382/2004; 273/2005; 395/2006; 393/2007; 113/2012; 126/2015).

3.1.2. Orbene, nel caso di specie, come dianzi detto, l'opposizione dei ricorrenti allo stato di adottabilità di M.M. M. non costituisce la via obbligata al fine di ottenere l'affidamento del medesimo unitamente a quello del fratello unilaterale M.M.V.. La separazione dei due fratelli mediante l'affidamento di uno di essi ad una coppia costituita da persone legate da rapporti di parentela solo al medesimo, e non anche all'altro fratello, della cui legittimità - anche sul piano costituzionale - i ricorrenti dubitano, ben può essere, invero, perseguita mediante gli altri istituti previsti dalla legge in materia di assistenza e di affidamento dei minori.

3.1.3. D'altro canto, la scelta legislativa di considerare, ai fini dell'esclusione della condizione di abbandono del minore, la presenza dei soli "parenti" è fondata su di una opzione discrezionale ispirata a alteri di ragionevolezza, ossia quella di considerare rilevanti, ai fini di escludere lo stato di abbandono del minore, i soli legami di sangue e la presumibile vicinanza dei congiunti ai medesimo. Tanto più che la L. n. 184 del 1983, ha cura di evidenziare che il rapporto di parentela rileva nella misura in cui si tratti di parenti "tenuti" a provvedere all'assistenza morale e materiale del minore (art. 8), o che abbiano "rapporti significativi con il minore" (art. 10, comma 2, e art. 12, comma 4). In tal senso, questa Corte ha affermato che, in tema di adozione, la valutazione della situazione di abbandono del minore, prescritta dalla L. n. 184 dei 1983, art. 8, ai fini della dichiarazione dello stato di adottabilità, deve estendersi ai parenti fino al quarto grado, i quali, in virtù di un principio generale introdotto dalla stessa L. n. 184 cit., sono tenuti, qualora i genitori non vi provvedano, a prestare assistenza al minore e ad adempiere agli obblighi educativi, la cui Inottemperanza conduce allo scioglimento di ogni vincolo del minore anche nei loro confronti (Cass. 16796/2009).
Per contro, i soggetti estranei alla famiglia hanno facoltà di proporre l'ordinaria domanda per l'adozione del minore, ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 7, o di avvalersi degli altri istituti previsti dalla legge e, solo nel caso In cui, il minore medesimo sia orfano dei genitori - sicchè anche con riferimento a tale forma di adozione è ragionevolmente preferito il rapporto di sangue - l'adozione è consentita a persone unite al minore "da preesistente rapporto stabile e duraturo".

3.2. Per tutte le ragioni esposte, dunque, la censura va rigettata.

4. L'accoglimento del primo e secondo motivo d ricorso comporta la cassazione dell'impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di Appello di Catania In diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame della controversia, accertando - sulla base di specifici e concreti elementi di giudizio - l'idoneità dei nonni M. V.N. e C.R. ad assicurare al minore M.M.V. la dovuta assistenza morale e materiale. A tal fine, il giudice di rinvio farà applicazione del seguenti principi di diritto: "il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d'origine comporta che il ricorso alla dichiarazione di adottabilità sia praticabile solo come soluzione estrema, per cui, soltanto nell'ipotesi in cui, a prescindere dagli intendimenti dei genitori e del parenti, ed in particolare dei nonni, la vita da loro offerta a quest'ultimo risulti inadatta al suo normale sviluppo psico-fisico, ricorre la situazione di abbandono ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 8; la ribadita e seria disponibilità dei nonni a prendersi cura del minore, quali figure sostitutive dei genitori, può valere ad integrare, se concretamente accertata e verificata, il presupposto giuridico per escludere la situazione di abbandono ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 8, e, quindi, la dichiarazione di adottabilità del medesimo, mentre non rileva, di per sè, l'esigenza di non separare i fratelli minori, non concretando detta esigenza un presupposto giuridico previsto dalla norma suindicata".

5. Il giudice di rinvio provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. Non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per essere il processo esente dal versamento del contributo unificato.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, e rigetta il terzo;
cassa l'impugnata sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Catania in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio. Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, debba essere omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 20 ottobre 2015.
Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2015


 

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