LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele - Presidente -
Dott. BURSESE Gaetano Antonio - Consigliere -
Dott. NUZZO Laurenza - rel. Consigliere -
Dott. PETITTI Stefano - Consigliere -
Dott. GIUSTI Alberto - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
IMPRESA COSTRUZIONI EDILI P.F. - ricorrente -
contro
M.M., P.R., N. S. SRL - intimati -
avverso la sentenza n. 655/2009 della CORTE D'APPELLO di LECCE, depositata il 30/11/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/02/2012 dal Consigliere Dott. LAURENZA NUZZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 24.7.1991 N. S. s.r.l. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Lecce, P. F., titolare dell'omonima impresa edile, proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo 20.6.1991, con cui il Presidente del medesimo tribunale l'aveva condannata al pagamento, in favore dell'opposto, di Euro 58.566,21, oltre interessi legali, per l'esecuzione di opere edili in due fabbricati in Otranto, oggetto di un contratto di appalto concluso con l'opposto. La opponente chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo sostenendo, fra l'altro, che il contratto di appalto doveva dichiararsi risolto di diritto essendo rimasta senza effetto la diffida ad adempiere entro il termine del 30.4.1991, ovvero doveva dichiararsi risolto, ex art. 1453 c.c., per inadempimento dell'impresa, stante l'esecuzione solo parziale e non a regola d'arte dei lavori.
Con altro atto di citazione notificato il 3.8.91 N. S. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Lecce, l'arch. M. M., chiedendo di essere risarcita dai danni derivati dalla sua attività di direttore dei lavori relativi alle opere appaltate.
Con un terzo atto di citazione, notificato il 6.3.1992, N. S. s.r.l. conveniva in giudizio, innanzi al medesimo Tribunale, l'arch. M.M. e l'arch. P.R., proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo 30.1.92 con cui il Presidente del Tribunale di Lecce aveva condannato essa opponente al pagamento, in favore dei due professionisti, della complessiva somma di Euro 28.596,80, a titolo di compenso per l'attività professionale svolta dai convenuti stessi in relazione ai fabbricati oggetto del contratto di appalto suddetto; in via riconvenzionale la opponente chiedeva il risarcimento danni per i gravi difetti delle opere ed il ritardo nella loro consegna.
Nei tre giudizi riuniti i convenuti resistevano alle domande contro di loro proposte.
Con sentenza non definitiva del 4.3.2002, venivano revocati i due decreti ingiuntivi opposti, accertata la sussistenza:
a) quanto al P., del solo credito per l'esecuzione dei lavori di manutenzione ordinaria eseguiti all'interno di uno dei due immobili cui si riferiva il contratto di appalto;
b) quanto all'arch. M. ed all'arch. P., del credito per prestazioni professionali relative alla redazione della relazione tecnica ed al progetto, documenti allegati alla domanda 29.9.1990 di inizio lavori presso il Comune di Otranto;
c) quanto al solo arch. M., del credito per prestazioni professionali relative all'incarico di direttore dei lavori.
Il Tribunale rigettava ogni diversa domanda delle parti disponendo la prosecuzione del giudizio per la quantificazione dei crediti riconosciuti nei confronti del P. e dei due professionisti.
Con sentenza depositata il 30.11.2009 la Corte d'appello di Lecce rigettava l'appello principale proposto dal P. nonchè l'appello incidentale del P. e del M. in ordine alla richiesta di condanna di N. S. al pagamento del compenso loro spettante per tutta l'attività progettuale svolta.
Osservava la Corte di merito che secondo il contratto di appalto, in difetto di concessione edilizia,gran parte delle opere non potevano essere realizzate e che, al momento della conclusione del contratto, il Comune non aveva emanato detta concessione; conseguentemente sussisteva la nullità del contratto nella parte in cui prevedeva l'esecuzione di opere in assenza di concessione edilizia, stante l'illiceità dell'oggetto per violazione delle norme imperative in materia urbanistica. Quanto al credito dei due professionisti per la redazione di un unico progetto riguardante la ristrutturazione interna, la manutenzione straordinaria ed il ripristino della facciata degli immobili, i due architetti non avevano adottato alcuna iniziativa per ovviare alla necessità, rappresentata dalla Soprintendenza, di una rielaborazione del progetto ai fini del rilascio dell'autorizzazione, così tenendo un comportamento in violazione della diligenza richiesta dall'art. 1176 c.c., comportante un grave inadempimento per l'irrealizzabilità del progetto.
Per la cassazione di tale decisione l'Impresa Costruzioni Edili P.F., in persona dell'omonimo titolare, propone ricorso affidato a tre motivi.
La società intimata non ha svolto attività difensiva.

Motivazione

Il ricorrente deduce:
1) violazione dell'art. 112 c.p.c. per omessa corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato,in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; il primo giudice non avrebbe potuto dichiarare di ufficio la nullità del contratto di appalto per carenza della concessione edilizia relativa alle opere appaltate, trattandosi di nullità mai dedotta ed avendo l'opponente lamentato solo l'inadempimento dell'apposta, chiedendo la risoluzione del contratto;
2) violazione della L. n. 47 del 1985, art. 26; della L. 5 agosto 1978, n. 456, art. 31, lett. c); del D.L. 23 gennaio 1982, n. 9, art. 7 (conv. in L. n. 94 del 1982), in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto che tutti i lavori appaltati, ad eccezione di quelli di ordinaria manutenzione, individuati dalla sentenza di primo grado, fossero soggetti a concessione edilizia, non considerando che le opere interne previste in contratto erano soggette solo a denuncia di inizio attività (DIA), L. n. 47 del 1985, ex art. 26 e che per le opere di cui alla L. n. 457 del 1978, art. 31, lett. a) b) c), era richiesta la semplice autorizzazione edilizia; contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, non era, quindi, configurabile la nullità del contratto di appalto per illiceità dell'oggetto e per violazione di norme imperative nè veniva meno l'obbligo di pagamento del relativo corrispettivo da parte della società committente.
3) motivazione insufficiente e contraddittoria in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; anche gli interventi di cui alla L. n. 457 del 1978, art. 31, lett. c), ed, in particolare, "l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso,l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio", ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 10 non erano sanzionabili penalmente e non comportavano violazione di norma imperativa e, di conseguenza, l'esecuzione di tali opere, non poteva comportare la nullità del contratto di appalto.

Il ricorso è infondato.
Il ricorrente ripropone questioni già esaminate e decise dalla Corte territoriale con corretta e logica motivazione, aderente al disposto delle norme applicate e conforme alla giurisprudenza in materia di questa Corte. In particolare, correttamente la sentenza impugnata ha rilevato, ai sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c., per violazione delle norme imperative in materia urbanistica, la nullità del contratto di appalto "nella parte in cui prevedeva l'esecuzione di opera in assenza di concessione edilizia". Trattasi di nullità originaria, rilevabile di ufficio (Cass. n. 2187/2011; n. 3913/09), senza, quindi, che possa ravvisarsi il vizio di ultrapetizione dedotto, dovendosi ribadire che, ai fini della pronuncia di nullità, rilevava la comune volontà delle parti di dare, comunque, esecuzione alle opere appaltate pur in assenza della concessione "che non venne mai rilasciata dal comune di Otranto" (V. pag. 6 sent. imp.).
Infondate sono pure le altre censure con cui il ricorrente si limita a contrapporre, genericamente, la propria interpretazione delle norme di cui il giudice di merito ha ravvisato la violazione, prescindendo dalla motivazione sul punto della sentenza impugnata, esente da vizi logico giuridici e, come tale, insindacabile in sede di legittimità.
In particolare è stato evidenziato dai giudici di appello, con motivazione del tutto corretta e condivisibile, che i lavori di manutenzione straordinaria, ai sensi della L. n. 56 del 1980, art. 33 erano soggetti alla medesima disciplina della concessione edilizia con esclusione del carattere di onerosità, così come i lavori di ristrutturazione rientranti nella previsione della L. n. 457 del 1978, art. 31, lett. d) trattandosi di interventi volti a "trasformare organismi edilizi mediante un insieme sistematico che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente". Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. Nulla per le spese del presente giudizio di legittimità stante il difetto di attività difensiva da parte della società intimata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2012.
Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2012


 

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