REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMOROSO Giovanni - Presidente -
Dott. BRONZINI Giuseppe - Consigliere -
Dott. MANNA Antonio - Consigliere -
Dott. BALESTRIERI Federico - Consigliere -
Dott. LORITO Matilde - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 7420/2010 proposto da:
IL MESSAGGERO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 99, presso lo studio dell'avvocato LAZZARA GIOVANNI, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
B.C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SENECA 10, presso lo studio dell'avvocato ROBERTO DANESE, rappresentata e difesa dall'avvocato FRANCESCHELLI MASSIMO, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 313/2009 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 13/03/2009 R.G.N. 3235/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/07/2015 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO;
udito l'Avvocato LAZZARA GIOVANNI;
udito l'Avvocato FRANCESCHELLI MASSIMO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Il Tribunale di L'Aquila, con sentenza non definitiva in data 26/7/07 e definitiva in data 22/5/08, accertava la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso dal 19/9/97 al 5/11/02 fra Il Messaggero s.p.a. e B.C.G. quale redattore ordinario, e condannava l'azienda al pagamento della somma di Euro 181.232,13 per differenze retributive oltre accessori di legge.
Dichiarava altresì l'inefficacia e comunque l'illegittimità del licenziamento intimato alla lavoratrice, condannando la società alla reintegra di quest'ultima nel posto di lavoro e al risarcimento del danno L. n. 300 del 1970, ex art. 18.

Detta pronuncia veniva parzialmente riformata dalla Corte di appello degli Abruzzi - L'Aquila - che giudicava fondata la ragione di impugnazione formulata in via principale da "Il Messaggero" SpA con riferimento all'accertamento della risoluzione del rapporto di lavoro per mutuo - consenso. La Corte distrettuale respingeva, quindi, le ulteriori censure articolate dalla società, intese a denegare il riconoscimento della ascrivibilità delle mansioni svolte dalla B. all'ambito della locatio operarum, e, specificamente, della qualifica di redattore. Nel pervenire a tali conclusioni osservava che le effettive modalità di svolgimento ed i contenuti della attività lavorativa espletata dalla B., come delineata alla luce dei dati desumibili dal compendio istruttorie acquisito, deponevano nel senso della sussistenza di un vincolo di dipendenza fra le parti, correlato alla continuità della prestazione, alla quotidianità della presenza in redazione, alla responsabilità del servizio, alla sottoposizione della attività giornalistica al controllo da parte del capo servizio. Respingeva altresì la doglianza formulata con riferimento alla omessa applicazione del regime prescrizionale di cui all'art. 2948 c.c. al credito per differenze retributive, rimarcando che il rapporto inter partes, improntato ad una formale autonomia, doveva ritenersi privo di stabilità, non decorrendo i termini prescrizionali nel corso dello stesso.

La Corte territoriale rigettava, infine, l'appello incidentale proposto dalla B. avverso la sentenza non definitiva, avente ad oggetto il pagamento di ulteriori indennità previste dagli accordi integrativi aziendali, stante la novità delle questioni sottoposte al suo scrutinio.

La cassazione della sentenza è domandata da "Il Messaggero" SpA con ricorso sostenuto da tre motivi resistiti con controricorso dall'intimata.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c.

Motivazione

1. Con il primo motivo si denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5.
Si deduce una non corretta valutazione, da parte dei giudici del gravame, dei dati probatori acquisiti in atti, che si è tradotta nell'erronea individuazione - nell'ambito del concreto atteggiarsi del rapporto lavorativo intercorso fra le parti - dei requisiti propri della subordinazione, laddove il nomen juris, unitamente alle copiose risultanze istruttorie indicative della mancata sottoposizione della lavoratrice al potere direttivo e gerarchico della parte datoriale, deponevano in guisa inequivoca nel senso della riconducibilità del rapporto alla sfera della locatio operis. Si lamenta, dunque, che la Corte territoriale non abbia tenuto conto delle effettive modalità di espletamento della prestazione come emerse alla luce delle deposizioni testimoniali raccolte, evidenziandosi nel contempo, la contraddittorietà della statuizione con cui si accerta la natura subordinata del rapporto, riconoscendosi altresì la consapevolezza delle parti in ordine alla natura autonoma della collaborazione.

2. Con il secondo mezzo di impugnazione si denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5 con riferimento all'intervenuto riconoscimento della qualifica di redattore ordinario e del relativo trattamento economico e normativo previsto dal c.c.n.l. di categoria.

3. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente, per presupporre la soluzione di questioni giuridiche fra loro connesse, sono privi di fondamento.
Non può sottacersi che le svolte censure si traducono in critiche ed obiezioni avverso la valutazione delle risultanze istruttorie quale operata dal giudice del merito nell'esercizio del potere di libero e prudente apprezzamento delle prove a lui demandato dall'art. 116 cod. proc. civ. e si risolvono altresì nella prospettazione del risultato interpretativo degli elementi probatori acquisiti, ritenuto dallo stesso ricorrente corretto ed aderente alle suddette risultanze, con involgimento, così, di un sindacato nel merito della causa non consentito in sede di legittimità (cfr. in motivazione, ex plurimis, Cass. 21 ottobre 2014 n. 22283).

3.1 Per consolidato orientamento di questa Corte, invero, tale sindacato è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l'obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest'ultimo tesa all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (in termini, Cass. SS.UU. 25 ottobre 2013 n.24148, Cass. 4 aprile 2014 n. 8008).

3.2 Giova pure ricordare, sul punto dell'accertamento della controversa natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti, che ai fini della qualificazione di tale rapporto come autonomo ovvero subordinato, è sindacabile, nel giudizio di cassazione, essenzialmente la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto: mentre la valutazione delle risultanze processuali in base alle quali il giudice di merito ha ricondotto il rapporto controverso all'uno od all'altro istituto contrattuale implica un accertamento ed un apprezzamento di fatto che, come tali, non possono essere censurati in sede di legittimità se sostenuti da motivazioni ed argomenti esaurienti ed immuni da vizi logici e giuridici (tra le molte, con riferimento all'accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro giornalistico, Cass. 21 ottobre 2000 n.13945, Cass. 7 ottobre 2013 n.22785, cui adde, in generale, Cass. 17 aprile 2009 n.9256, Cass. 4 maggio 2011 n. 9808), giacchè l'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non conferisce alla Corte di legittimità' il potere di riesaminare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l'analisi e la valutazione fatte dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, in proposito, valutare le risultanze processuali, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le stesse, quelle ritenute più idonee per la decisione.

3.3. In ordine al rilievo del nomen iuris attribuito dalle parti al rapporto, si è osservato come sia principio risalente, che la volontà negoziale non ha il potere di qualificare giuridicamente i rapporti posti in essere, trattandosi di compito riservato al giudice; nondimeno, con specifico riguardo al contratto di lavoro, poichè ogni attività umana economicamente valutabile può costituire oggetto sia di un rapporto di lavoro subordinato che di un rapporto di lavoro autonomo, le parti possono esprimere la volontà di stipulare un contratto di lavoro autonomo, mediante pattuizioni che precisino le modalità di attuazione del rapporto in modo che siano giuridicamente compatibili con l'autonomia e, in questo caso, la qualificazione del rapporto in termini di subordinazione sarà consentito ove le pattuizioni iniziali non siano state rispettate in sede di esecuzione, esprimendo, quindi, le parti la volontà di modificarle (cfr. Cass. 29 dicembre 2006 n. 27608).

3.4 Nello specifico, la Corte distrettuale, sulla premessa che il rapporto di lavoro giornalistico si caratterizza per il peculiare carattere intellettuale e creativo della prestazione, ha rimarcato come la natura subordinata del rapporto possa essere riconosciuta a quell'attività che per ampiezza di prestazioni ed intensità della collaborazione, comporti l'inserimento stabile del lavoratore nell'assetto organizzativo aziendale, costituendo aspetti qualificanti la continuità della prestazione e la responsabilità del servizio, le quali ricorrono quando il giornalista abbia l'incarico di trattare in via continuativa un argomento o settore dell'informazione e metta costantemente a disposizione la sua opera in favore dell'imprenditore, nell'ambito delle istruzioni ricevute, non rilevando, in contrario, il notevole grado di autonomia con cui la prestazione viene svolta.
All'esito di una accurata ricognizione - delle risultanze istruttorie di natura documentale e testimoniale sorretta da puntuale motivazione, esente da vizi logici e corretta sul piano giuridico, svolgendo gli argomenti e le considerazioni sinteticamente riportati nello storico di lite, la Corte territoriale ha ritenuto smentita la tesi di parte appellante relativa alla natura autonoma della collaborazione prestata dalla lavoratrice, essendo emerso con chiarezza dai dati istruttori acquisiti, un vincolo di dipendenza correlato alla continuità della prestazione ed alla piena responsabilità del servizio di cronaca cittadina a lei affidato.
Ha ritenuto, infatti, dimostrata, la quotidianità e sistematicità dell'impegno profuso dalla B., mediante la giornaliere frequentazione e presenza presso la redazione di Teramo; l'abituale utilizzazione di strutture e mezzi aziendali; la retribuzione erogata con cadenza mensile la cui variabilità era definita non tanto in relazione al rapporto qualitativo - quantitativo della prestazione resa, quanto alle variazione di budget di cui disponeva la redazione di Teramo; la responsabilità di un servizio (cronaca cittadina) con sistematica redazione di articoli sull'argomento definito e con vincolo di dipendenza, in linea con i contenuti precettivi dell'art. 2094 c.c. consistente nell'impegno a porre continuativamente la sua opera professionale a disposizione della società editrice anche negli intervalli fra una prestazione e l'altra, ivi comprese le riunioni mattutine con il capo servizio e le corrispondenze esterne, assicurando il servizio anche nel periodo feriale estivo mediante inserimento in un piano di turnazioni del personale sempre con il rispetto di un orario di lavoro quotidiano.

3.5. Deve quindi affermarsi che la sentenza impugnata si colloca nel solco della giurisprudenza di questa Corte che ha avuto modo di rimarcare (vedi ex aliis, Cass. 2 aprile 2009 n. 8068) come in tema di attività giornalistica, siano configurabili gli estremi della subordinazione - tenuto conto del carattere creativo del lavoro - ove vi sia lo stabile inserimento della prestazione resa dal giornalista nell'organizzazione aziendale (vedi ex plurimis, Cass. 7 ottobre 2013 n.22785) così da poter assicurare, quantomeno per un apprezzabile periodo di tempo, la soddisfazione di un'esigenza informativa del giornale attraverso la sistematica compilazione di articoli su specifici argomenti o di rubriche, con permanenza, nell'intervallo tra una prestazione e l'altra, della disponibilità del lavoratore alle esigenze del datore di lavoro.

3.6 Nel lavoro giornalistico subordinato è stato pure posto in rilievo il carattere collettivo dell'opera redazionale, stante la peculiarità dell'orario di lavoro e dei vincoli posti dalla legge per la pubblicazione del giornale e la diffusione delle notizie (Cass. 9 giugno 1998 n. 5693), con la puntualizzazione che la figura professionale del redattore, implica pur essa il particolare inserimento della prestazione lavorativa nell'organizzazione necessaria per la compilazione del giornale, vale a dire in quella apposita e necessaria struttura costituita dalla redazione, caratterizzata dalla funzione di programmazione e formazione del prodotto finale e delle attività organizzate a tal fine, quali la scelta e la revisione degli 'articoli, la collaborazione all'impaginazione, la stesura dei testi redazionali ed altre attività connesse (vedi in motivazione, Cass. 21 ottobre 2000 n. 13945, cui adde Cass. 6 maggio 2015 n. 9119), che si realizza nella quotidianità dell'impegno lavorativo, a differenza di quella che connota l'attività del collaboratore fisso di cui all'art. 2 c.c.n.l.g. che richiede solo la continuità della prestazione (cfr.Cass. 8 febbraio 2011 n. 3037).

3.7 Alla stregua delle esposte considerazioni deve affermarsi che, anche sotto tale profilo la pronuncia impugnata si presenta del tutto corretta sul versante giuridico, essendosi attenuta ai principi di diritto sopra richiamati laddove ha ravvisato nella quotidianità delle prestazioni consistenti nella ricerca, valutazione ed elaborazione degli avvenimenti di cronaca, il precipuo elemento distintivo della qualifica di redattore, risultando, sotto il profilo motivazionale - per quello che riguarda i complessivi accertamenti - formalmente coerente con equilibrio dei vari elementi che ne costituiscono la struttura argomentativa, sottraendosi in tal guisa, a qualsiasi sindacato di legittimità.

4. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2948 c.c. si stigmatizza la pronuncia impugnata per aver ritenuto insussistente, in patente contraddizione con la affermata natura subordinata del rapporto di lavoro inter partes, l'esistenza del requisito della stabilità reale del rapporto che consente la decorrenza del termine utile ai fini della prescrizione quinquennale dei crediti di lavoro in costanza di rapporto.

4.1 La censura è destituita di fondamento.

La Corte distrettuale, nel pervenire alla reiezione della eccezione di prescrizione riproposta da parte aziendale, ha mostrato di conoscere e condividere il costante indirizzo espresso da questa Corte dei legittimità (vedi Cass. 23 gennaio 2009 n. 1717) alla cui stregua "la prescrizione dei crediti del lavoratore non decorre in costanza di un rapporto di lavoro formalmente autonomo, del quale sia stata successivamente riconosciuta la natura subordinata con garanzia di stabilità reale in relazione alle caratteristiche del datore di lavoro, giacchè, in tal caso, il rapporto è, nel suo concreto atteggiarsi, di natura subordinata e, cionondimeno, restando formalmente autonomo, non è immediatamente garantito, non essendo possibile, in caso di recesso datoriale, la diretta applicabilità della disciplina garantista, che potrebbe derivare solo dal futuro (ed eventuale) riconoscimento della natura subordinata del rapporto.

4.2 Si è infatti osservato che la verifica della decorrenza o meno della prescrizione in corso di rapporto va condotta alla stregua del concreto atteggiarsi del medesimo, ben diversa essendo la situazione psicologica in cui versa il lavoratore per il timore della risoluzione del rapporto, allorchè si tratti di lavoro formalmente autonomo, da quella in cui il rapporto di lavoro sia garantita sin dall'inizio della stabilità reale, e a nulla rilevando, in relazione alla situazione di soggezione in cui versa il lavoratore nel primo caso, il successivo riconoscimento giudiziale della diversa normativa garantistica che avrebbe dovuto astrattamente regolare il rapporto (vedi Cass. 19 gennaio 2011 n. 1147, cui adde, più di recente, Cass. 4 giugno 2014 n. 12553).

In definitiva, il ricorso è respinto.
Il governo delle spese del presente giudizio segue il principio della soccombenza nella misura in dispositivo liquidata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per compensi professionali oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 14 luglio 2015.
Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2015


 

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