REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CATANIA
SEZIONE II CIVILE - LAVORO
Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Catania, dott. Giuseppe Giovanni Di Benedetto, a seguito dell’udienza del 13/11/2020 svolta nelle forme di cui all’art. 221 co. 4 D.L. 34/2020, conv. con mod. dalla l. 77/2020, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 2658/2019 R.G.L., avente a oggetto opposizione avverso avviso di addebito,
PROMOSSA DA
S. D. R., con l’Avv. Orazio Stefano Esposito;
- opponente -
CONTRO
I.N.P.S., (Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale), in persona del suo presidente pro tempore, con l’Avv. Gaetana Angela Marchese;
- opposto -

Svolgimento del processo

1. Premessa.
Con l’odierno ricorso, depositato l’8.3.2019, parte attrice ha promosso opposizione avverso l’avviso di addebito n. 593 2018 0011578760, con cui è stato richiesto il pagamento dell’importo ivi indicato a titolo di contributi previdenziali per “gestione separata: liberi professionisti” e somme aggiuntive, in relazione all’anno 2011.
Deduce, tra l’altro, l’intervenuta prescrizione ex art. 3 co. 9 e 10 l. 335/1995.
Si è costituito in giudizio l’INPS, chiedendo il rigetto del ricorso.
L’udienza del 13/11/2020 è stata svolta nelle forme di cui all’art. 221 co. 4 D.L. 34/2020, conv. con mod. dalla l. 77/2020, e, a seguito della stessa, ritenuta la causa matura per la decisione, viene emessa la presente sentenza.

Motivazione

2. Tempestività.
Preliminarmente, è necessario verificare la tempestività dell’opposizione.
Sul punto, peraltro, va precisato che l'ammissibilità dell’opposizione va esaminata d’ufficio dal giudice, anche nell’ipotesi di contumacia dei convenuti, atteso che il termine previsto per l’impugnazione della cartella esattoriale dall’art. 24, comma 5°, del D.Lgs. n. 46 del 1999, avente carattere perentorio, deve considerarsi fissato a pena di decadenza, così come di recente ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione (cfr. C. Cass. 4506/2007; in merito alla rilevabilità d’ufficio della inammissibilità dell’opposizione per inosservanza del termine perentorio di cui all’art. 617 c.p.c., inoltre, v. C. Cass. 8765 del 1997, C. Cass. 9912 del 2001, C. Cass. 17460/2007, C. Cass. 3404/2004).
In relazione al termine per proporre opposizione al ruolo, il citato art. 24 co. 5 d.lgs. 46/1999 stabilisce che “contro l'iscrizione a ruolo il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Il ricorso va notificato all'ente impositore”.
In relazione al termine per proporre opposizione agli atti esecutivi, l’art. 29 d.lgs. 46/1999 stabilisce che “le opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie”, per cui trova applicazione l’art. 617 co. 1 c.p.c., secondo cui “le opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l’esecuzione, davanti al giudice indicato nell’art. 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto” (il previgente termine di 5 giorni è divenuto di venti giorni a decorrere dal 1° marzo 2006 per effetto delle modifiche apportate dal d.l. 35/2005, conv. in l. 80/2005).
Al riguardo, la Suprema Corte ha recentemente statuito che “In tema di opposizione a cartella esattoriale relativa a contributi previdenziali, è possibile esperire, con un unico atto, sia un'opposizione sul merito della pretesa oggetto di riscossione, di cui all'art 24 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, sia un'opposizione agli atti esecutivi, inerente l'irregolarità formale della cartella, regolata dagli art. 617 e 618 bis cod. proc. civ., per il rinvio alle forme ordinarie operato dall'art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 46 del 1999. Ne consegue che, qualora l'opposizione sia stata depositata entro il termine perentorio di quaranta giorni, di cui all'art 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, ma oltre quello di venti giorni, di cui all'art. 617 cod. proc. civ. (come modificato dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif. in l. 14 maggio 2005, n. 80, vigente "ratione temporis"), va ritenuta la tardività delle eccezioni formali, ossia di quelle attinenti la regolarità della cartella di pagamento e della notificazione”, così superando l’indirizzo in precedenza espresso da C. Cass. 14963/2012 (cfr. C. Cass. 15116/2015, che richiama C. Cass. 25757/2008 e C. Cass. 18207/2003).
Nella fattispecie in esame, la data di notifica allegata da parte ricorrente (16.2.2019) non è specificamente contestata dal resistente costituito e, in ogni caso, dalla documentazione prodotta da parte ricorrente risulta l’avvenuto rilascio del relativo avviso in data 9.2.2019 (cfr. doc. n. 1).
Da quanto detto consegue che l’opposizione a ruolo deve ritenersi tempestiva e si devono esaminare nel merito le contestazioni mosse dall’opponente, quanto all’esistenza stessa dei crediti iscritti a ruolo in questione.

3. Merito.
Ciò posto, stante il carattere assorbente, va esaminata e accolta la censura attorea relativa all’intervenuta estinzione del credito per prescrizione, nei termini in cui è stata proposta da parte ricorrente.
Al riguardo, deve premettersi che l’art. 3 co. 9 e 10 l. 335/1995 dispone che: “Le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono e non possono essere versate con il decorso dei termini di seguito indicati:
a) dieci anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, compreso il contributo di solidarietà previsto dall'articolo 9- bis, comma 2, del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° giugno 1991, n. 166, ed esclusa ogni aliquota di contribuzione aggiuntiva non devoluta alle gestioni pensionistiche. A decorrere dal 1° gennaio 1996 tale termine è ridotto a cinque anni salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti;
b) cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria.
10. I termini di prescrizione di cui al comma 9 si applicano anche alle contribuzioni relative a periodi precedenti la data di entrata in vigore della presente legge, fatta eccezione per i casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente. Agli effetti del computo dei termini prescrizionali non si tiene conto della sospensione prevista dall'articolo 2, comma 19, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, fatti salvi gli atti interruttivi compiuti e le procedure in corso”.

Quanto alle somme aggiuntive, va precisato che, come ritenuto dalla condivisa giurisprudenza di legittimità, “Il credito per sanzioni civili, che trae origine da una obbligazione accessoria "ex lege", ha pur nella sua accessorietà, la stessa natura giuridica della obbligazione principale e deve essere assoggettato al medesimo regime prescrizionale; in particolare, con riferimento alle omissioni ed evasioni contributive, la prescrizione del credito per sanzioni civili è la medesima dei contributi cui esse ineriscono” (cfr. C. Cass. 2620/2012; C. Cass. 8814/2008; v., da ultimo, C. Cass. S.U. 5076/2015).

Con riferimento al termine di decorrenza della prescrizione dei contributi previdenziali, è di recente intervenuta la pronuncia della Suprema Corte n. 27950/2018 che, superando il proprio precedente orientamento, ha individuato il dies a quo di prescrizione nella data di scadenza dell’obbligo di versamento dei contributi e non più in quello di presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del contribuente.
Più nel dettaglio, la Corte di Cassazione ha statuito che “in tema di contributi cd. "a percentuale", il fatto costitutivo dell'obbligazione contributiva è costituito dall'avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito. È peraltro chiaro che, pur sorgendo il credito sulla base della produzione del reddito, la decorrenza del termine di prescrizione dipende dall'ulteriore momento in cui la corrispondente contribuzione è dovuta e quindi dal momento in cui scadono i termini di pagamento di essa, in armonia del resto con il principio generale in ambito di assicurazioni obbligatorie secondo cui la prescrizione corre appunto dal momento in cui "in cui i singoli contributi dovevano essere versati” (cfr. C. Cass. 27950/2018; da ultimo, cfr. altresì C. Cass. 19403/2019 e C. Cass. 1818/2020).
Nel caso in esame, risulta dalla comunicazione I.N.P.S. del 4.8.2017 (cfr. doc. n. 3 dell’Inps), che la scadenza del termine per il versamento dei contributi relativi all’anno 2011 era fissata al 9.7.2012, data da cui, per le ragioni esposte in premessa, deve farsi decorrere il termine di prescrizione.

L’I.N.P.S. ha documentato, quale primo atto interruttivo della prescrizione, la comunicazione della nota de qua, intervenuta, tuttavia, soltanto in data 16.9.2017 (cfr. doc. nn. 3 e 4 di parte resistente, cit.), allorquando risultava ormai maturato il termine di prescrizione quinquennale (9.7.2017) fissato dalla legge.
Ed invero, alla luce della consolidata giurisprudenza in materia, l’effetto interruttivo della prescrizione esige che il debitore abbia conoscenza dell'atto giudiziale o stragiudiziale del creditore, avente, come tale, natura recettizia.
Né risultano validamente documentati e allegati dall’I.N.P.S. ulteriori atti interruttivi del decorso della prescrizione antecedenti la data di comunicazione della predetta nota.

Con specifico riferimento alla valenza da attribuirsi alla dichiarazione dei redditi ai fini dell’interruzione della prescrizione, può in astratto affermarsi, ai sensi del condiviso orientamento giurisprudenziale, che “.....semmai ad essa, quale atto giuridico successivo all'esigibilità del credito, può riconoscersi effetto interruttivo della prescrizione, se ed in quanto dalla medesima consti la ricognizione dell'esistenza del debito contributivo” (cfr. C. Cass. 27950/2018, cit.; cfr. altresì C. Cass. 22 febbraio 2012, n. 2620 e C. Cass. 12 maggio 2004, n. 9054, secondo cui “l'atto di riconoscimento di debito è un atto giuridico in senso stretto, e come tale non ha natura negoziale e non deve necessariamente esprimere una specifica intenzione ricognitiva, essendo sufficiente che esso contenga, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell'esistenza del debito e riveli i caratteri della volontarietà.....”).
Da quanto sopra esposto consegue che alla dichiarazione dei redditi può essere riconosciuta valenza interruttiva unicamente nel caso in cui da essa sia possibile evincere la consapevolezza, anche indiretta, dell’esistenza del debito in capo al dichiarante, cui segua un’omissione del relativo versamento; diversamente, tale efficacia deve essere esclusa quando la compilazione della documentazione indichi esclusivamente la produzione di un certo reddito da parte del lavoratore autonomo e non anche la sua consapevolezza circa l’assoggettamento del reddito a specifici obblighi contributivi.
Nella specie, dalla dichiarazione dei redditi prodotta in atti non emerge detta consapevolezza di parte ricorrente circa l’assoggettamento del reddito ivi dichiarato a specifici obblighi contributivi in favore dell’INPS (cfr. doc. n. 1 di parte resistente), sicché alla stessa non può attribuirsi alcuna concreta efficacia interruttiva della prescrizione.

Né, sotto altro profilo, appare configurabile nella specie un’ipotesi di sospensione del decorso della prescrizione ex art. 2941 n. 8 c.c., a fronte dell’omessa compilazione del cd. quadro RR del modello di dichiarazione dei redditi (concernente gli obblighi contributivi sul reddito da lavoro autonomo derivante dall'esercizio di arti o professioni).
Ed invero, in difetto di ulteriori e specifiche allegazioni e prove di parte resistente, dall’omessa compilazione del citato quadro RR non emerge ex se il doloso occultamento del debito da parte del professionista, poiché quest’ultimo ha comunque provveduto a dichiarare il reddito derivante dall’attività professionale e ad assoggettarlo al relativo trattamento fiscale.

Come condivisibilmente evidenziato in precedenti pronunce di questo stesso ufficio, infatti, in tale contegno non appare configurabile una condotta ingannatrice e fraudolenta nei confronti del creditore, giacché proprio sulla scorta dei dati reddituali indicati dal professionista nella dichiarazione dei redditi l’ente previdenziale ha potuto agevolmente accertare l’asserito debito contributivo richiesto con l’avviso di addebito de quo.
In tal senso, è stato già osservato dalla condivisa giurisprudenza di merito che “la omessa compilazione del quadro RR del modello della dichiarazione dei redditi, notoriamente riservato ai contributi dovuti dai commercianti, artigiani e liberi professionisti iscritti alla Gestione Separata (ai sensi di quanto disposto dall'art. 1 del D.Lgs. n. 462 del 1997 e dell'art. 10 del d.lgs. n. 241 del 1997), ad avviso del Collegio non può, nella peculiare fattispecie in esame, ritenersi integrante l'elemento psicologico richiesto dalla causa sospensiva di cui all'art. 2941 n. 8 c.c., per come interpretato dalla richiamata giurisprudenza di legittimità. Ed infatti, come ritenuto da questa Corte di Appello nella sentenza n. 3828/2019 pubblicata il 31.10.2019, l'obbligo di iscrizione alla Gestione Separata di cui alla L. n. 335 del 1995 degli architetti come l'appellato, che contemporaneamente all'attività libero-professionale svolgono lavoro dipendente e pertanto sono obbligatoriamente iscritti alle corrispondenti forme di previdenza obbligatorie, è questione sorta negli ultimi anni e ha determinato un accesso dibattito, con intervento interpretativo del legislatore e con pronunce contrastanti dei giudici di merito, dibattito neppure esaurito all'indomani delle prime pronunce di legittimità alle quali ha dovuto far seguito un altro intervento con le note pronunce del 2018. Ad avviso del Collegio in un tale contesto, in assenza di elementi contrari, non può evincersi dalla sola mancata compilazione del quadro RR la dolosa volontà del M. di occultare il proprio debito previdenziale, risultando l'omissione di natura colposa, frutto piuttosto delle incertezze e dei contrasti interpretativi in materia” (cfr., in motivazione, Corte d'Appello Roma Sez. Lav. 04.02.2020; sostanzialmente, nel medesimo senso, Corte d'Appello Milano Sez. Lav. 07.02.2020; Corte d’Appello Catania 15.01.2020, n.10).
Alla stregua di quanto esposto, considerato che non risultano validamente documentati tempestivi atti interruttivi precedenti alla comunicazione della nota INPS del 4.8.2017 (id est: 16.9.2017) e del conseguente avviso di addebito impugnato (id est: 9-16.2.2019) e che il termine quinquennale di prescrizione risulta maturato a tali date, assorbita ogni altra questione, vanno dichiarati non dovuti perché prescritti i contributi previdenziali INPS e somme aggiuntive portati dall’avviso di addebito opposto e illegittima la loro iscrizione a ruolo.
Va, in conseguenza, annullato l’avviso di addebito impugnato.

4. Spese.
Stante la novità delle questioni in esame e l’evoluzione giurisprudenziale sul punto, le spese di lite possono integralmente compensarsi tra le parti.

PQM

Il Tribunale di Catania, in funzione di Giudice del Lavoro, disattesa ogni ulteriore domanda, eccezione e difesa, definitivamente pronunciando nel procedimento in epigrafe indicato, così statuisce:
dichiara illegittima l'iscrizione a ruolo dei contributi previdenziali INPS e somme aggiuntive portati dall’avviso di addebito impugnato, che per l’effetto annulla;
compensa le spese di lite.
Catania, 13/11/2020
IL GIUDICE DEL LAVORO
dott. Giuseppe Giovanni Di Benedetto


 

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