Svolgimento del processo

La F. di D.B. otteneva dal Giudice di Pace di Catania decreto ingiuntivo per Euro 592,86 a carico dell'Azienda unità sanitaria locale numero 3 di Catania, la quale proponeva opposizione.
L'Azienda contestava tra l'altro l'erronea applicazione dell'Iva a favore del procuratore distrattario, stante la possibile detraibilità della stessa da parte del ricorrente vittorioso.
L'opposizione veniva respinta sotto ogni profilo con sentenza 22 novembre 2005.
Con ricorso dell'8 gennaio 2007 la AUSL ha proposto ricorso a questa Corte con due motivi.
F. di D.B. è rimasta intimata.

Motivazione

Con il primo motivo di ricorso, l'opponente lamenta la violazione degli artt. 93 e 100 c.p.c.; sostiene che il giudice di pace avrebbe erroneamente ravvisato l'esistenza di un giudicato interno nei confronti del procuratore distrattario, poichè l'azienda Usl avrebbe omesso di "instaurare il contraddittorio anche nei confronti del suddetto difensore". La censura è priva di fondamento.

La sentenza impugnata non contiene infatti alcun cenno alla formazione di un giudicato interno per il motivo ravvisato nel ricorso, ma ha rigettato l'opposizione con tutt'altra motivazione. Ha osservato che, alla luce della sentenza n. 3544 del 1982 della Suprema Corte, la soccombenza comporta l'obbligo della parte soccombente di rifondere alla parte vittoriosa, quale "costo", le spese processuali relative alla prestazione professionale gravata di iva.
Il motivo è quindi incongruo.

Il secondo motivo lamenta la violazione dei principi informatori relativi alla normativa in materia di Iva.
Secondo parte ricorrente, la disciplina della materia è ispirata al principio della neutralità dell'imposta, ditalchè, potendo l'imprenditore-creditore detrarre l'Iva indicata nella fattura del professionista (avvocato) che lo ha assistito, parte debitrice AUsl non sarebbe tenuta alla corresponsione dell'imposta stessa.
Si verificherebbe altrimenti un arricchimento ingiustificato dell'ingiungente, il quale da un lato incasserebbe l'Iva rifusagli, dall'altro porterebbe in detrazione l'Iva versata.

Il ricorso sostiene quindi che il professionista distrattario può richiedere al soccombente solamente l'importo dovuto a titolo di onorario e spese processuali e non anche l'importo dell'Iva che gli sarebbe dovuta - a titolo di rivalsa - dal proprio cliente, abilitato a detrarla.
La censura è fondata.
Il ricorso ha specificato, nei termini da ultimo riferiti, i principi informatori della materia che assume violati dalla sentenza impugnata.
Il rilievo, in termini più generali, pone l'interrogativo se costituisca principio informatore in materia fiscale la addebitabilità di una spesa al debitore solo se sussista il costo corrispondente e non anche qualora detto costo venga normalmente recuperato.
Trattasi di rilievo fondato, giacchè non può essere considerata legittima una locupletazione da parte di un soggetto abilitato a conseguire due volte la medesima somma di danaro.
Tale sarebbe la situazione dell'avvocato distrattario che ottenesse l'iva sulle proprie competenze sia dal cliente abilitato a detrarre l'imposta che dal soccombente (cfr. Cass.3843/95; 10023/97; 1688/10;
implicitamente inoltre Cass. 7551/11).
Discende da quanto esposto l'accoglimento soltanto del secondo motivo di ricorso.
La sentenza impugnata va cassata sul punto.
Si fa luogo, con decisione di merito ex art. 384 c.p.c., alla revoca del decreto ingiuntivo limitatamente al'applicazione dell'iva a favore del difensore di parte opposta.
Gli aspetti di novità della questione, ma soprattutto il rigetto da parte del giudice di pace di altri motivi di opposizione, attinenti la sussistenza del credito e la liquidazione delle spese del decreto monitorio giustificano l'integrale compensazione tra le parti delle spese di lite, sia del giudizio di merito che di questo giudizio.

PQM

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito,revoca del decreto ingiuntivo limitatamente al'applicazione dell'iva a favore del difensore di parte opposta. Compensa le spese del giudizio di opposizione e di quello di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 21 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2012


 

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