TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA
QUARTA SEZIONE CIVILE
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA

Riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. Maurizio Atzori Presidente
dott. Giovanni Salina Giudice Relatore
dott.ssa Anna Maria Rossi Giudice
Nel procedimento iscritto al n. r.g. 2333/2014 vol. g. promosso da:
I. SPA con il patrocinio dell'avv. GUIDOTTI ROLANDINO e dell'avv. VANZ FRANCESCO, elettivamente domiciliato in VIA D'AZEGLIO 58 BOLOGNA presso il difensore avv. GUIDOTTI ROLANDINO.
RICORRENTE
contro
S. S.R L. IN LIQUIDAZIONE
G. P. con il patrocinio dell'avv. FORNI ANGELO, elettivamente domiciliato in MURA DI PORTA D'AZEGLIO 4 BOLOGNA presso il difensore avv. FORNI ANGELO.
F. T. con il patrocinio dell'avv. FORNI ANGELO, elettivamente domiciliato in MURA DI PORTA D'AZEGLIO 4 BOLOGNA presso il difensore avv. FORNI ANGELO.
RESISTENTI
esaminato il reclamo proposto avverso il decreto emesso dal Giudice del Registro in data 28/4/2014;
letti gli atti,
ha pronunciato il seguente
DECRETO

Motivazione

- Occorre, in primo luogo, valutare la fondatezza dell'eccezione preliminare di rito sollevata dai resistenti, di inammissibilità del reclamo proposto dalla società I. s.p.a., a norma degli artt. 737 c.p.c. e 2192 cod civ., per difetto di legittimazione attiva.
- La questione nei termini in cui è stata posta dalla parte eccipiente non appare fondata.
I resistenti, infatti, pur svolgendo argomentazioni alquanto articolate, hanno però trattato, indistintamente ed in modo non sempre puntuale, questioni tra di loro differenti in quanto concernenti, da un lato, l'ammissibilità dello strumento giuridico utilizzato da controparte nel senso della asserita irreclamabilità del provvedimento con cui il Giudice del Registro aveva rigettato la richiesta di rimozione (o cancellazione) della cancellazione della società S. s.r.l. dal Registro delle Imprese, e, dall'altro, la titolarità o meno in capo alla reclamante della qualità di interessato e, quindi, di soggetto legittimato a proporre il reclamo disciplinato dall'art. 2192 c.c.

- Nel caso di specie, al di là dell'esattezza ed esaustività dei riferimenti normativi evocati con l'atto introduttivo del presente giudizio, si è comunque, al cospetto di un provvedimento emesso dal Giudice del Registro a seguito di un precedente ricorso, la cui proponibilità è incontestata anche dagli odierni resistenti, presentato da I. s.p.a., la quale, in base ai principi di carattere generale, quale diretta destinataria del suddetto provvedimento negativo, è certamente titolare di un proprio interesse a vedere rimuovere la situazione generata dall'impugnato decreto (id est, cristallizzazione degli effetti costitutivi-estintivi della cancellazione della società debitrice) al fine di poter meglio tutelare il credito vantato nei confronti dell'ente formalmente e giuridicamente venuto meno.

- Non si pone, per ciò, un problema di legittimatio ad causam in senso stretto, bensì, semmai, una questione di reclamabilità o meno del provvedimento con il quale il Giudice del Registro ha rigettato la richiesta con cui il creditore di una società volontariamente cancellata dal Registro delle Imprese aveva chiesto la rimozione di detta cancellazione.
- L'ammissibilità di un siffatto rimedio giuridico-processuale la si può desumere, in via di interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata, dal complesso delle norme che regolano la materia, avuto riguardo all'indiscussa ed incontestata natura di provvedimento di volontaria giurisdizione del decreto in questione, reso all'esito di un procedimento in camera di consiglio.
- In ragione della natura sopra affermata e stante l'ampio dato testuale risultante dal combinato disposto di cui agli artt. 739 e 742 bis c.p.c., appare assai difficile escludere dal novero dei provvedimenti reclamabili quello con il quale, al termine di rito camerale, il Giudice del Registro, in sede di volontaria giurisdizione, ha respinto il ricorso volto alla rimozione della cancellazione volontaria di una società dal Registro delle Imprese.

- Detto questo e passando al merito del presente procedimento, il reclamo in esame non appare meritevole di accoglimento.
- Ed invero, quali motivi di gravame, la società reclamante ha reiterato le medesime censure svolte in prime cure e, segnatamente, la prosecuzione dell'attività da parte della società fraudolentemente estinta e la falsità del bilancio finale di liquidazione per omessa appostazione di passività effettivamente esistenti (debito risarcitorio verso I. s.p.a.) e per mancata distribuzione ai soci di attività esistenti o sopravvenute al momento della cancellazione.

- Com'è noto, la riforma del diritto societario, sostanziale e processuale, operata nel 2003, ha introdotto importanti novità anche in tema di estinzione delle società.
- In subiecta materia, in virtù della novellata disposizione dettata dall'art. 2495 cod. civ., si è soprattutto superata la tesi secondo cui la cancellazione dal Registro delle Imprese fosse priva dell'effetto costitutivo dell'estinzione dell'ente.
- La citata norma è stata quindi letta dalla Suprema Corte nel senso che essa sancisce l'effetto costitutivo dell'irreversibile estinzione della società conseguente alla sua cancellazione dal Registro delle Imprese, anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti di altro tipo non definiti.

La Corte di legittimità ha, al riguardo, precisato che la disposizine in commento, non disciplinando le condizioni per la cancellazione, ma solo i suoi effetti, ovverosia la situazione giuridica della società cancellata, trova applicazione anche in riferimento alle cancellazioni intervenute in epoca anteriore alla sua entrata in vigore (v. ad es. Cass. Civ. 28/8/2006 n. 18618).
- Più recentemente, il Supremo Collegio, a Sezioni Unite (v. Cass. Civ. S.U. n. 6070/2013), ha sancito il principio secondo cui "la cancellazione della società dal Registro delle Imprese, a partire dal momento in cui si verifica l'estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio (con la sola eccezione della "fictio iuris" contemplata dall'art. 10 L.F.); pertanto, qualora l'estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e segg. c.p.c., con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell'art. 110 c.p.c.; qualora l'evento non sia stato fatto constare nei modi di legge o si sia verificato quando farlo constare in tali modi non sarebbe stato più possibile, l'impugnazione della sentenza, pronunciata nei riguardi della società, deve provenire o essere indirizzata a pena di inammissibilità dai soci o nei confronti dei soci, atteso che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può eccedere il grado di giudizio nel quale l'evento estintivo è occorso.

- La stessa Corte, con pronunce immediatamente successive (v. Cass. Civ. Sez. VI, n. 28187/2013; Cass. Civ. Sez. 5, n. 24955/2013), ha altresì affermato che la cancellazione della società (nella specie, di persone) dal registro delle imprese ne determina l'estinzione e la priva della capacità di stare in giudizio, operando un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all'ente non si estinguono ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti "pendente societate", nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente. Ne consegue che, in tale evenienza i soci, subentrano anche nella legittimazione processuale già in capo all'ente estinto, determinandosi una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale.
- L'effetto estintivo che inevitabilmente ne deriva, e che, a seguito della riforma del diritto delle società, per quelle cancellate prima del 2004 opera a decorrere dal 1 gennaio 2004, e si produce ai sensi dell'art. 2495 comma 2, anche in presenza di debiti insoddisfatti o di rapporti non definiti, istituendosi una comunione fra i soci in ordine ai beni residuati dalla liquidazione o sopravvenuti alla cancellazione, determina il venir meno del potere di rappresentanza dell'ente estinto in capo al liquidatore stesso, come pure la successione dei soci alla società ai fini dell'esercizio, nei limiti e alle condizioni stabilite, delle azioni dei creditori insoddisfatti (Cfr. anche Cass. Ord. n. 22863 del 3 novembre 2011; Cass. Sez Un. n. 4060 del 2010).

- I Giudici di legittimità, nell'intento di assicurare la permanente devoluzione del patrimonio sociale a garanzia dei creditori nonostante l'intervenuta estinzione dell'ente, hanno altresì delineato i requisiti della prova contraria idonea a superare l'effetto di pubblicità costitutiva spiegato dall'iscrizione della cancellazione; tale prova contraria non potrebbe vertere sul solo dato statico della pendenza di rapporti non ancora definiti facenti capo alla società, perchè ciò condurrebbe in sostanza ad un risultato corrispondente alla situazione preesistente alla riforma societaria.
- Per superare la presunzione di estinzione occorre, invece, la prova di un fatto dinamico: cioè che la società abbia continuato in realtà ad operare e dunque ad esistere pur dopo l'avvenuta cancellazione dal registro.
- Ed è questa soltanto la situazione alla quale viene ricollegata anche la possibilità che, tanto per le società di persone quanto per le società di capitali, si addivenga anche d'ufficio alla "cancellazione della pregressa cancellazione" (cioè alla rimozione della cancellazione dal registro in precedenza intervenuta), in forza del disposto dell'art. 2191 cc, con la conseguente presunzione che la società non abbia mai cessato medio tempore di operare e di esistere.

- Alla luce di una siffatta interpretazione, il requisito della prosecuzione dell'attivita richiede lo svolgimento di un'attivita economico-operativa, tale da far presumere che, di fatto, la società cancellata non abbia mai, in realtà, cessato di svolgere la sua attività di impresa.
- Ne consegue l'irrilevanza ai fini che qui interessano, della condotta posta in essere dalla società S. s.r.l., consistita nella comunicazione alla propria compagnia assicuratrice del provvedimento di rigetto del ricorso con cui controparte aveva chiesto la rimozione della sua cancellazione, trattandosi di vicenda che, sotto il profilo della continuità operativo-esecutivo-imprenditoriale della società, nulla dimostra e, comunque, appare del tutto insufficiente a costituire idonea prova contraria rispetto all'effetto costitutivo/estintivo della cancellazione.

- Per quel che concerne l'allegata falsità del bilancio finale di liquidazione tanto per omessa iscrizione di passività esistenti costituite dal debito risarcitorio oggetto del giudizio pendente inter partes avanti la Corte d'Appello di Bologna, quanto per mancata distribuzione ai soci di attività invece esistenti, al riguardo, è sufficiente richiamsre i principi come sopra enunciati in tema dalla Corte di legittimità.
- In particolare, a prescindere da ogni considerazione in merito alla conformità o meno del censurato bilancio di liquidazione ai principi contabili dettati in subiecta materia, occorre ribadire che, in forza del citato art. 2495, comma 2 cod. civ., i creditori, tra i quali eventualmente anche la società odierna reclamante, possono agire nei confronti dei soci della dissolta società di capitali sino alla concorrenza di quanto questi ultimi abbiano riscosso in base al bilancio finale di liquidazione.
- E' prevista, inoltre, anche la possibilità di agire (a titolo, però, di risarcimento dei danni) nei confronti del liquidatore, se il mancato pagamento del debito sociale è dipeso da colpa di costui.
- Come esplicitamente affermato dal Supremo Collegio, infatti, il tessuto normativo cui s'è fatto cenno non sembra autorizzare la conclusione che, con l'estinzione della società derivante dalls sua volontaria cancellazione dal registro delle imprese, si estinguano anche i debiti ancora insoddisfatti che ad essa facevano capo.
- Diversamente opinando, si finirebbe col consentire al debitore di disporre unilateralmente del diritto altrui (magari facendo venir meno, di conseguenza, le garanzie, prestate da terzi, che a quei debiti eventualmente accedano) e significherebbe imporre un ingiustificato sacrificio del diritto dei creditori non sanato dalla possibilità di agire nei confronti dei soci.
- Per realizzare il risultato prefissato dal legislatore, deve per ciò riconoscersi che i debiti non liquidati della società estinta si trasferiscono in capo ai soci, salvo i limiti di responsabilità nella medesima norma indicati.
- Il dissolversi della struttura organizzativa su cui riposa la soggettività giuridica dell'ente collettivo fa naturalmente emergere il sostrato personale che, in qualche misura, ne è comunque alla base e rende perciò del tutto plausibile la ricostruzione del fenomeno in termini successori.

- Conseguentemente, deve escludersi che, come asserito dalla reclamante, l'esistenza di residui o sopravvenienze sia da sola sufficiente a giustificare la revoca della cancellazione della società dal registro, o che valga altrimenti ad impedire l'estinzione dell'ente collettivo, determinandosi, come detto, un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorchè azionate o azionabili in giudizio, nè i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato.

- Pertanto, alla luce dei principi e delle argomentazioni che precedono, il reclamo di cui in premessa deve essere rigettato.
- Infine, in considerazione della natura, novità e controvertibilità delle questioni esaminate, si ritiene che, nella fattispecie in esame, ricorrano le condizioni per disporre tra le parti l'integrale compensazione delle spese di lite.

PQM

a scioglimento della riserva di cui a verbale di udienza collegiale del 9/7/2014,
RIGETTA
il reclamo di cui in premessa, disponendo tra le parti l'integrale compensazione delle spese di lite.
Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio della Quarta Sezione Civile - Sezione Specializzata in Materia di Impresa del Tribunale, il 9 luglio 2014.
Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2014


 

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