REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario - Presidente -
Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere -
Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere -
Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere -
Dott. COSENTINO Antonello - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 13791/2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE _____, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
- ricorrente -
contro
IAS ITALIANA APPALTI SUD SRL, in persona del legale rappresentante Amministratore Unico, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI 43, presso lo studio dell'avvocato D'AYALA VALVA FRANCESCO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
avverso la sentenza n. 82/38/2010 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA del 10/02/2010, depositata il 29/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO COSENTINO;
è presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.

Motivazione

rilevato che, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:

"L'Agenzia delle entrate ricorre contro la IAS Italiana Appalti Sud srl per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, confermando la sentenza di primo grado, ha annullato - per la mancanza dell'indicazione del responsabile del procedimento - una cartella esattoriale conseguente ai controlli D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, sulle imposte IVA, IRPEG e IRAP per l'anno 2002.
La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto che la mancata indicazione del responsabile del procedimento nella cartella impugnata - pur non determinandone la nullità ai sensi del D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4 ter, convertito con la L. n. 31 del 2008, in quanto la consegna del ruolo all'agente della riscossione risaliva ad epoca anteriore al 1 gennaio 2008 - rendesse tuttavia la stessa annullabile, in base ai principi generali sull'invalidità degli atti amministrativi.
Con l'unico motivo di ricorso l'Agenzia denuncia la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, e D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, in cui la sentenza gravata sarebbe incorsa ritenendo annullabile, e quindi annullando, la cartella impugnata, per la mancata indicazione del responsabile del procedimento.
Il contribuente si è costituito con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale articolato su quattro motivi.

Il ricorso principale è manifestamente fondato e va accolto.
Questa Corte ha infatti già chiarito che la cartella esattoriale che ometta di indicare il responsabile del procedimento, se riferita a ruoli consegnati agli agenti della riscossione in data anteriore al 1 giugno 2008, pur essendo in violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 2, lett. a), non è affetta nè da nullità, atteso che il D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4 ter, convertito dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31, ha previsto tale sanzione solo in relazione alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008, nè da annullabilità, perchè, essendo la disposizione di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7, priva di sanzione, e non incidendo direttamente la violazione in questione sui diritti costituzionali del destinatario, trova applicazione la L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21 octies, il quale, allo scopo di sanare con efficacia retroattiva tutti gli eventuali vizi procedimentali non influenti sul diritto di difesa, prevede la non annullabilità del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, qualora, per la natura vincolata del provvedimento, come nel caso di cartella esattoriale, il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (così Cass. 4516/12; vedi anche, sull'insussistenza della nullità, SSUU 11722/10).

Passando all'esame del ricorso incidentale, si osserva che con il primo ed il secondo motivo il contribuente censura - rispettivamente sotto il profilo della violazione di legge (L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, e D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 12 e 25) e del difetto di motivazione su un fatto decisivo controverso - la statuizione nella sentenza gravata che, rigettando l'eccezione del contribuente di nullità della cartella esattoriale per carenza della relativa motivazione, argomenta che la cartella risponde al modello ministeriale ed ha consentito alla contribuente di approntare la difesa dei propri diritti.
Con il terzo e quarto motivo del ricorso incidentale il contribuente censura - rispettivamente sotto il profilo della violazione di legge (art. 115 c.p.c.) e del difetto di motivazione su un fatto decisivo controverso - la statuizione nella sentenza gravata che, rigettando l'eccezione del contribuente di nullità della cartella esattoriale per insussistenza del presupposto impositivo (per avere il contribuente avanzato istanza di condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9 bis), argomenta che la Commissione non può entrare nel merito perchè risulta insufficiente la documentazione prodotta relativa al condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis. I primi due motivi di ricorso incidentale si possono trattare congiuntamente. Il contribuente in sostanza lamenta che l'importo enunciato nella cartella non corrispondeva esattamente a quello emergente dalle dichiarazioni sottoposte a liquidazione automatica D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, in quanto (come chiarito dall'Ufficio solo nel corso del giudizio, vedi pag. 39 del controricorso) da tale importo erano state detratte le somme versate dal medesimo contribuente a titolo di condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9 bis. Pertanto, secondo il ricorrente incidentale, la cartella avrebbe dovuto indicare il calcolo che aveva condotto alla determinazione della somma pretesa (in tal modo esplicitando, nella propria motivazione, ciò che l'Ufficio aveva chiarito solo in giudizio) e il giudice di merito avrebbe dovuto rilevare la carenza di motivazione della cartella.
I motivi vanno entrambi disattesi, perchè la statuizione della sentenza gravata secondo cui la cartella ha consentito alla contribuente di approntare la difesa dei propri diritti (autonomamente sufficiente a sorreggere la decisione, cosicchè risultano irrilevanti le censure mosse dal contro ricorrente all'ulteriore statuizione secondo cui la cartella risponde al modello ministeriale) trova riscontro nella circostanza, rappresentata dall'Ufficio in sede di merito e non contestata dal contribuente, che la somma pretesa nella cartella era inferiore (in quanto diminuita degli importi versati a titolo di condono) e non superiore a quella emergente dalle dichiarazioni sottoposte a liquidazione automatica D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis. Pertanto, nessuno specifico onere motivazionale gravava sull'Ufficio, spettando invece al contribuente (che conosceva quanto egli stesso aveva esposto nelle dichiarazioni fiscali e quanto egli stesso aveva versato a titolo di condono) offrire la prova di aver eventualmente pagato somme maggiori di quelle spontaneamente defalcate dall'Ufficio e, quindi, dimostrare di non dovere versare, in tutto o in parte, le somme richieste con la cartella.

Deve infatti ribadirsi che la cartella esattoriale emessa all'esito della liquidazione automatica D.P.R. n. 600 del 1973, ex artt. 36 bis, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, deve essere specificamente motivata in ragione delle pretese dell'Ufficio eccedenti gli importi enunciati nelle dichiarazioni del contribuente (cfr. Cass. 28056/09) ma non richiede specifica motivazione in relazione a pretese inferiori a detti importi, operando, in tal caso, il principio che la pretesa tributaria scaturisce dalla pura e semplice obbligazione di pagamento delle imposte determinate nella dichiarazione del contribuente; vedi, sul punto, Cass. 27140/11: La cartella con cui l'Amministrazione chieda il pagamento delle imposte, dichiarate dal contribuente e non versate, non necessita di specifica motivazione, non risultando a tale fine applicabile nè la L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, (il quale prevede siano messi a disposizione del contribuente gli atti di cui egli già non disponga), nè il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, (che prescrive il contenuto minimo della cartella), in quanto la pretesa tributaria scaturisce dalla pura e semplice obbligazione di pagamento delle imposte, determinate nella dichiarazione del contribuente.
Spetta, eventualmente, a quest'ultimo, in relazione ai principi generali in tema di onere della prova, allegare e provare di avere effettuato in tutto o in parte i versamenti richiesti, in adempimento dell'obbligo in questione. (Fattispecie relativa a cartella recante la dizione somme dovute a seguito di controllo della dichiarazione dei redditi); nello stesso senso, Cass. 9224/11, Cass. 26671/09.
Anche il terzo e quarto motivo di ricorso incidentale si possono trattare congiuntamente. Il contribuente in sostanza lamenta che la Commissione Tributaria Regionale - rigettando l'eccezione di insussistenza del presupposto impositivo della cartella per avere il contribuente presentato domanda di condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, - abbia affermato di non poter entrare nel merito dell'eccezione per insufficienza della documentazione prodotta. Secondo il ricorrente incidentale tale argomentazione sarebbe contrastante col disposto dell'art. 115 c.p.c., (laddove prevede che il giudice ponga a base della decisione i fatti non contestati) e non sarebbe adeguatamente motivata, in quanto il fatto che il contribuente aveva presentato una domanda di condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9 bis, era stato dedotto dallo stesso Ufficio e, pertanto, risultava pacifico e non bisognevole di prova. I motivi vanno disattesi, perchè censurano il giudizio della Commissione Tributaria Regionale di insufficienza della documentazione prodotta relativa al condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, sull'assunto che la circostanza, pacifica in causa, che il contribuente aveva presentato una domanda di condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9 bis, sarebbe stata di per sè sufficiente per conoscere nel merito dell'eccezione di insussistenza del presupposto impositivo della cartella. Tale assunto è giuridicamente errato in quanto, come questa Corte ha reiteratamente ribadito (sent. 20745/10, sent. 17396/10, in motivazione, ord. 17600/11), ai fini della produzione degli effetti del condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9 bis, non è sufficiente la mera presentazione della relativa domanda, ma è necessario il pagamento tempestivo di tutte le rate. Pertanto il rilievo che la circostanza della (mera) presentazione della domanda di condono fosse pacifica in causa non è di per sè idoneo ad inficiare la statuizione del giudice di merito secondo la quale la documentazione prodotta relativa al condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, non era sufficiente per scrutinare l'eccezione del contribuente di insussistenza del presupposto impositivo.

In conclusione, si propone l'accoglimento del ricorso principale, il rigetto del ricorso incidentale e la cassazione della sentenza gravata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale perchè questa si attenga al principio che la cartella esattoriale che ometta di indicare il responsabile del procedimento, se riferita a ruoli consegnati agli agenti della riscossione in data anteriore al 1 giugno 2008, non è affetta nè da nullità, nè da annullabilità..";
che l'intimato è costituito con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale;
che non sono state depositate memorie difensive;
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti;
che il Collegio condivide gli argomenti esposto nella relazione;
che pertanto si deve accogliere il ricorso principale e rigettare il ricorso incidentale e per l'effetto si deve cassare la sentenza gravata, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza gravata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che si atterrà al principio di diritto sopra enunciato e regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2013


 

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