REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZACANE Vincenzo - Presidente -
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni - Consigliere -
Dott. ORILIA Lorenzo - Consigliere -
Dott. ABETE Luigi - Consigliere -
Dott. FALABELLA Massimo - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 4038/2011 proposto da:
S.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OTTAVIANO 73, presso lo studio dell'avvocato BRUNO DE CICCIO, rappresentata e difesa dagli avvocati PAGLIARA MASSIMO, BRUNO TODISCO;
- ricorrente -
contro
CONDOMINIO VIA ____, elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avv. AVELLA GIUSEPPE;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 945/2010 della CORTE D'APPELLO di SALERNO, depositata il 20/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/12/2015 dal Consigliere Dott. MASSIMO FALABELLA;
udito l'Avvocato PAGLIARA Massimo, difensore della ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con ricorso ex art. 1137 c.c., depositato avanti al Tribunale di Salerno, S.A.M., nella qualità di proprietaria di appartamento facente parte del fabbricato ubicato in ____, impugnava la delibera condominiale assunta dall'assemblea in data 13 maggio 2002 con la quale, nell'approvare il bilancio consuntivo dell'anno 2000-2001 e quello preventivo dell'anno 2001-2002, erano stati inclusi tra i costi di gestione condominiali anche quelli inerenti alla manutenzione di un cancello di accesso ad un cortile posto in adiacenza al fabbricato condominiale, il quale era distinto rispetto ad esso perchè oggetto di una comunione tra la stessa istante e taluni soltanto dei componenti del suddetto Condominio. Chiedeva quindi che, previo accertamento della proprietà, in capo ad essa istante, di una quota del cortile, fosse annullata la delibera sopra indicata assunta dal Condominio.
Quest'ultimo si costituiva in giudizio e contestava le deduzioni attoree, rilevando come la costituzione di un condominio fosse compatibile con una comunione parziale laddove taluni beni fossero utilizzati per la loro struttura funzionale da un gruppo ristretto di condomini ed evidenziando, altresì, che la delibera impugnata aveva rettamente ripartito le spese di manutenzione del cancello tra i sei comproprietari dell'area di cortile, e non tra tutti i condomini.
Con sentenza n.3754/2005 il Tribunale di Salerno rigettava il ricorso.

Proponeva appello S.A.M. e, nel contraddittorio col Condominio, che si costituiva anche nella fase di gravame, la Corte di appello di Salerno con sentenza depositata il 20 ottobre 2010 respingeva l'impugnazione. La corte territoriale riteneva che l'appartenenza di un bene comune ad alcuni soltanto dei condomini costituisse la caratteristica propria del condominio parziale di cui all'art. 1123 c.c., comma 3, norma - questa - che aveva riguardo proprio all'ipotesi che determinate cose od opere siano destinate a servire solo una parte del fabbricato. La figura del condominio parziale, secondo il giudice dell'impugnazione, non era avulsa dal contesto condominiale ma si inseriva in esso ed era assoggettata alla medesima disciplina, anche se il diritto di partecipare all'assemblea relativamente alle cose, alle opere e agli impianti che integravano il condominio parziale competeva soltanto ai condomini che ne avevano la titolarità. Pertanto - concludeva - la delibera impugnata aveva pienamente rispettato il principio per cui la gestione e la manutenzione di elementi componenti il condominio parziale competeva, in via esclusiva, ai condomini che ne facevano parte.

Avverso la sentenza di appello S.A.M. ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi.
Resiste il Condominio con controricorso.

Motivazione

Con il primo motivo la ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
Ha sottolineato che il discrimine tra il condominio e la comunione debba ravvisarsi della funzione strumentale che caratterizza beni condominiali rispetto alla piena autonomia dei beni oggetto di semplice comunione: infatti le cose, gli impianti e servizi di uso comune, contemplati dalle norme sul condominio degli edifici, non sono suscettibili di autonoma utilità, in quanto sono o strutturalmente necessari alla stessa esistenza del bene individuale, ovvero funzionalmente destinati al servizio di questo, sicchè il godimento dei beni comuni risulta essere funzionale al godimento, o al miglior godimento, del bene individuale. In difetto, quindi, di una relazione di accessorietà tra il bene condominiale e quello in proprietà esclusiva mancherebbe la ragione che giustifica il ricorso alle norme specifiche sul condominio degli edifici. La ricorrente ha pertanto evidenziato che non sarebbe sufficiente la mera contiguità spaziale dell'area oggetto di comunione tra alcuni dei condomini del fabbricato per farla ritenere condominiale. In tal senso, la corte di merito aveva male interpretato l'azione proposta col ricorso introduttivo: infatti, il "previo accertamento della proprietà esclusiva della ricorrente di quota parte del cortile prospiciente il fabbricato condominiale" doveva interpretarsi alla luce di quanto prospettato avendo riguardo al diverso regime da applicarsi all'area di cortile rispetto alla disciplina propria del condominio.

Con il secondo motivo è lamentata la falsa applicazione dell'art. 1123 c.c., comma 2, e art. 1136 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). La ricorrente si limita a dedurre: "L'erronea sussunzione del fatto nella fattispecie del condominio parziale ha comportato quale diretta conseguenza la falsa applicazione degli articoli in epigrafe in luogo della normativa di cui agli art. 1100 c.c., e seguenti regolanti la comunione ordinaria".

I due motivi vanno esaminati congiuntamente, in quanto connessi.

Le censure sono prive di fondamento.

Per l'affermazione della natura condominiale di un bene è necessario che esso abbia l'attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo, e cioè sia collegato, strumentalmente, materialmente o funzionalmente, con le unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini (Cass. 7 maggio 2010, n. 11195; Cass. 22 agosto 2002, n. 12436; Cass. i dicembre 2000, n. 15372).
Se la relazione funzionale interessa una singola unità immobiliare in proprietà esclusiva, nel senso che la cosa risulta destinata al solo servizio di questa, la natura condominiale del bene deve escludersi. Se, invece, il bene è destinato a servire non già la porzione in proprietà esclusiva di un solo condomino ma una parte del fabbricato riferibile a un numero limitato di condomini, trova applicazione l'art. 1123 c.c., comma 3, secondo cui le spese relative alla manutenzione di esse sono a carico del gruppo dei condomini che ne ha tratto utilità.

Questa S.C., in proposito, ha rilevato che deve ritenersi legittimamente configurabile la fattispecie del condominio parziale ex lege tutte le volte in cui un bene risulti, per obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato al servizio o al godimento in modo esclusivo di una parte soltanto dell'edificio in condominio, parte oggetto di un autonomo diritto di proprietà, venendo in tal caso meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i condomini su quel bene (Cass. 24 novembre 2010, n. 23851; Cass. 28 aprile 2004, n. 8136).

La questione relativa alla strumentalità del cortile, e quindi del cancello, che è stata posta dalla ricorrente, è quindi destinata ad essere risolta proprio nel senso indicato dalla decisione impugnata.
A parte il fatto che è la stessa odierna ricorrente a evidenziare come il cancello costituisca "accessorio o pertinenza" dell'immobile che è in sua proprietà esclusiva (evidenziando in tal modo la relazione funzionale esistente tra i due), è del tutto pacifico, che il cortile, cui dà accesso il cancello, sia adiacente al fabbricato condominiale e oggetto della proprietà di alcuni soltanto dei condomini.
Ora, il cortile condominiale è definito dall'art. 1117 c.c., n. 1, bene di proprietà comune, in quanto dotato di una attitudine funzionale al servizio dello stabile condominiale nella sua interezza; la proprietà dello stesso in capo ad alcuni soltanto dei condomini implica che quell'area sia asservita non già all'edificio nel suo complesso, ma alle sole porzioni nella proprietà esclusiva dei soggetti che hanno la comproprietà del cortile. Pertanto, il fatto che un bene, rientrante tra quelli di cui all'art. 1117, appartenga solo ad alcuni condomini non modifica, nella sua essenza, la relazione funzionale tra il bene, che è pur sempre destinato ad un uso collettivo (ancorchè limitato) e le singole unità immobiliari oggetto di proprietà esclusiva: in tal caso, infatti, deve presumersi che la proprietà comune serva quelle individuali, nè più nè meno come il bene condominiale serve le proprietà di tutti i condomini. Come si è detto, un cortile assoggettato alla parte dell'immobile che comprende le porzioni in proprietà esclusiva di un numero limitato di condomini è, in base alla previsione dell'art. 1123 c.c., comma 3, un bene soggetto al regime del condominio parziale. Il profilo funzionale che lega il bene ad alcune soltanto delle proprietà individuali non vale, dunque, a sottrarre lo stesso al regime di contitolarità proprio del condominio, anche se in questo caso opera una diversa modulazione dell'ambito soggettivo di quella contitolarità.

Trova quindi giustificazione, con riferimento alla fattispecie in esame, la delibera dell'assemblea condominiale che, con riferimento al cancello del cortile, è stata assunta ammettendo alla votazione i soli condomini comproprietari di quell'area. Infatti il condominio parziale opera proprio sul piano della semplificazione dei rapporti gestori interni alla collettività condominiale, per permettere che, quando all'ordine del giorno dell'assemblea vi siano argomenti che interessino la comunione di determinati beni o servizi limitati soltanto ad alcuni condomini, il quorum, tanto costitutivo quanto deliberativo, debba essere calcolato con esclusivo riferimento alle unità immobiliari e ai condomini direttamente interessati (Cass. 17 febbraio 2012, n. 2363).

Il ricorso è dunque respinto.
Le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 18 dicembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2016


 

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