REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME' Giuseppe - Presidente -
Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere -
Dott. CAMPANILE Pietro - rel. Consigliere -
Dott. MERCOLINO Guido - Consigliere -
Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 7171/2008 proposto da:
ITACA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata a ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso l'avvocato SANDULLI MICHELE, rappresentata e difesa dall'avvocato NUZZOLO EZIO, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
C.C., C.B., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DELL'ORSO 74, presso l'avvocato PAOLO DI MARTINO, che le rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 473/2008 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 07/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/11/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO CAMPANILE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

Svolgimento del processo

1 - Con contratto in data 12 marzo 2002 le sigg.re C.C. e B. concedevano in locazione alla S.p.a. Itaca dei locali terranei, con annessi scantinati, posti n un fabbricato sito in ____. Con specifica clausola veniva stabilito che "ogni controversia dovesse sorgere circa l'interpretazione, esecuzione o risoluzione" dell'atto era devoluta alla cognizione di un collegio arbitrale, composto di tre membri, che avrebbe giudicato secondo diritto".
1.1 - Successivamente, essendosi la società conduttrice resa inadempiente in ordine al pagamento dei canoni a partire dal mese di agosto del 2004, in data 1 aprile 2005 le locatrici intimavano lo sfratto per morosità, e quindi citavano la società a comparire davanti al Tribunale di Napoli per la convalida, insistendo per la concessione dell'ordinanza provvisoria di rilascio e chiedendo, nel merito, l'accertamento e la declaratoria di risoluzione del contratto di locazione.
1.2 - All'udienza del 27 aprile 2005 la società convenuta si opponeva alla convalida, eccependo l'esistenza di una causa di forza maggiore e offriva di sanare la morosità, banco judicis, con il pagamento dei canoni scaduti. Il G.I., con provvedimento del 23 maggio 2005, preso atto del rifiuto delle locatrici di accettare il suddetto pagamento, rigettava il provvedimento richiesto e disponeva il mutamento del rito: in data 8 giugno 2005 le C. presentavano una memoria con la quale, oltre a chiedere la revoca del provvedimento denegatorio, manifestavano l'intento di avvalersi della clausola compromissoria contenuta nel contratto di locazione. Nello stesso giorno, in effetti, veniva notificato dalle stesse l'atto di nomina del proprio arbitro e veniva instaurato il giudizio arbitrale, che si concludeva con lodo in data 3 marzo 2006, con il quale, rigettate le eccezioni sollevate in rito dalla società Itaca, si accertava l'inadempimento della stessa e si dichiarava risolto il contratto di locazione, con condanna della società stessa al rilascio dei fabbricati e al pagamento di varie somme in relazione tanto ai canoni scaduti quanto all'indennità di occupazione.
1.3 - La Corte di appello di Napoli, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava il primo motivo di impugnazione del lodo proposto dalla società Itaca, ed incentrato sul rilievo che le C., proponendo domande di merito - e quindi non attinenti alla sola fase sommaria, per la quale non vi era la possibilità di rivolgersi agli arbitri - avrebbero implicitamente rinunciato alla clausola compromissoria.
1.4 - Veniva in proposito osservato che, anche se non era necessario inserire, nella richiesta convalida di sfratto, richieste inerenti al merito, ciò era avvenuto per esigenza di completezza espositiva, senza che, pertanto, potesse desumersi una rinuncia implicita alla clausola compromissoria, non potendo per altro ritenersi che fosse necessario, in quella sede, che le parti intendevano avvalersi della clausola stessa.
D'altra parte, il comportamento delle locatrici, le quali, dopo essersi rivolte al giudice ordinario per la fase sommaria, avevano adito il Collegio arbitrale nel momento in cui si era verificata la trasformazione del rapporto processuale, e, quindi, in una fase in cui era possibile dedurre l'incompetenza del giudice ordinario.
1.5 - Non essendosi verificata alcuna rinuncia alla clausola compromissoria, doveva ritenersi che gli arbitri fossero pienamente e legittimamente investiti della controversia.
1.6 - venivano poi rigettate le eccezioni di nullità di talune clausole del contratto di locazione e si affermava l'infondatezza della questione inerente alla illegittimità della pronuncia di risoluzione del contratto ex art. 1456 c.c., avendo le locatrici dapprima invocato la risoluzione per inadempimento, rigettandosi, infine, il motivo di impugnazione del lodo inerente alla nullità della clausola penale, affermandosi che la stessa, contrariamente a quanto sostenuto dalla società, non necessitava di specifica approvazione per iscritto.
1.7 - Per la cassazione di tale decisione la società Itaca propone ricorso, affidato a cinque motivi, cui le C. resistono con controricorso.

Motivazione

2 - Con il primo motivo, deducendosi violazione e falsa applicazione dell'art. 829 c.p.c., n. 1, artt. 1372, 1328, 1362 e 1366 c.c., nonchè vizio di motivazione, si sostiene che erroneamente la corte territoriale, in presenza di una domanda proposta dalle locatrici ed intesa non solo per l'emissione dell'ordinanza provvisoria di rilascio, ma anche per ottenere la pronuncia di risoluzione del contratto, ha escluso che le stesse abbiano rinunciato all'applicazione della clausola compromissoria.
2.1 - Vengono formulati i seguenti quesiti di diritto: 1 "Dica la Ecc.ma Suprema Corte se la clausola compromissoria ha natura contrattuale e del pertanto le parti possono scioglierla, ovvero disapplicarla, per mutuo consenso ai sensi dell'art. 1372 c.c., ovvero mediante reciproche rinunce.
1.a - Dica la Ecc.ma Suprema Corte se, in presenza di clausola compromissoria stipulata da due parti che deferisce agli arbitri le controversi che dovessero insorgere dal contratto di locazione nel quale essa è contenuta, il comportamento di una delle parti che adisce il giudice ordinario chiedendo che si pronunci sulla controversia insorta - ricadente tra quelle deferite agli arbitri dalla suddetta clausola - costituisca comportamento incompatibile con la volontà di voler applicare la clausola ed importi pertanto una implicita rinuncia ad avvalersi della stessa.
1.b - Dica la Ecc.ma Suprema Corte se tale rinuncia implicita all'applicazione della clausola possa essere accettata dall'altra parte implicitamente, attraverso la costituzione in giudizio senza formulare alcuna eccezione di compromesso, e se tale implicita adesione comporti la definitiva irrevocabilità della rinuncia, ai sensi dell'art. 1328 c.c.. Nel caso che non si ritenga necessaria l'accettazione dell'altra parte, dica la Suprema Corte se la rinuncia implicita alla applicazione della clausola diventi irrevocabile una volta che sia giunta a conoscenza dell'altra parte.

2 - In applicazione dei principi che la Corte enuncerà sul quesito che precede, dica: se, nell'ambito di una procedura di sfratto per morosità e contestuale citazione per la convalida, la parte ricorrente, dopo aver scelto di adire il Giudice ordinario sia per la pronuncia dei provvedimenti sommari (ordinanza di sfratto per morosità), sia per la decisione sul merito (sentenza che dichiari la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento), senza che l'altra parte nulla abbia eccepito circa la deferibilità agli arbitri del merito della controversia in virtù della clausola compromissoria, possa eccepire nel corso del processo che il merito deve essere deciso dagli arbitri, al fine di sottrarre l'intera domanda alla loro cognizione, invocando l'applicazione della clausola".

3 - Dica, infine, se gli arbitri, aditi da chi aveva già promosso il giudizio dinanzi al G.O., difettavano di potestas iudicandi a decidere sulla domanda di risoluzione del contratto di locazione".

3 - La censura è fondata, ragion per cui ai quesiti proposti deve complessivamente darsi risposta positiva.
4 - Secondo un orientamento consolidato di questa Corte è configurabile la rinuncia alla clausola compromissoria quando la parte abbia promosso nei confronti dei medesimi contraddittori un giudizio davanti al giudice ordinario avente identità, totale o parziale, di oggetto, perciò assimilabile, alla connessione di cause, di cui all'art. 40 c.p.c. (Cass., n. 13121/2004; 18643/2003; 874/1995; 1142/1993). In applicazione di tale principio questa Corte ha di recente escluso l'identità anche solo parziale tra il procedimento monitorio proposto dalla parte locatrice per ottenere il pagamento dei canoni scaduti, avente quale causa petendi la validità e l'operatività del contratto di affitto di azienda stipulato con la controparte, ed il successivo giudizio arbitrale avente quale causa petendi la cessazione di detto contratto di affitto e quale petitum non più il pagamento di una somma di denaro, bensì il rilascio dei locali ceduti in affitto (Cass. 11 novembre 2011, n. 23651).
5 - Nel caso in esame le locatrici hanno chiesto sin dall'inizio, in caso di mancata convalida dello sfratto, "nel merito, accertare e dichiararsi la risoluzione del rapporto locativo inter partes relativamente alle unità immobiliari site in _____..".
6 - Non è chi non veda come tale formulazione della domanda, che non può essere riduttivamente intesa, come opinato dalla Corte territoriale, come frutto di una "esigenza di completezza espositiva", concernendo, al contrario, la chiara enunciazione del petitum, comporti la proposizione di un giudizio del tutto sovrapponibile a quello delineato dalla clausola compromissoria.
7 - Tale giudizio non può non risentire delle soluzioni date al tema dei rapporti, quanto alla formulazione della domanda, fra la fase sommaria e quella conseguente al passaggio alla fase di merito. In proposito va richiamato il più recente orientamento secondo cui nel procedimento per convalida di (licenza o) sfratto, l'opposizione dell'intimato da luogo alla trasformazione in un processo di cognizione, destinato a svolgersi nelle forme di cui all'art. 447 bis c.p.c., con la conseguenza che, non essendo previsti specifici contenuti degli atti introduttivi del giudizio, il "thema decidendum" risulta cristallizzato solo in virtù della combinazione degli atti della fase sommaria e delle memorie integrative di cui all'art. 426 c.p.c., potendo, pertanto, l'originario intimante, in occasione di tale incombente, non solo emendare le sue domande, ma anche modificarle, soprattutto se in evidente dipendenza dalle difese svolte dalla controparte (Cass., 20 maggio 2013, n. 12247; Cass., 23 maggio 2006, n. 12121).

8 - Il carattere non vincolante, nella fase sommaria, della proposizione della domanda di risoluzione, comporta che, quanto la stessa sia stata espressamente avanzata, la parte abbia in tal modo manifestato la propria intenzione di non volersi avvalere della clausola compromissoria, con conseguente inefficacia della medesima, tale da comportare, soprattutto in assenza dell'eccezione di compromesso da parte dell'intimato, la nullità del lodo emesso nell'ambito del procedimento arbitrale successivamente instaurato, e proseguito nonostante l'opposizione dell'altra parte.
9 - L'accoglimento del motivo comporta l'assorbimento delle altre censure e, quindi, la cassazione della decisione impugnata. In assenza della necessità di ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, come previsto dall'art. 384 c.p.c., comma 2, nel senso della declaratoria della nullità del lodo, inibendo la carenza di potestas iudicandi degli arbitri il passaggio alla fase rescissoria.
10 - Ricorrono giusti motivi per l'integrale compensazione delle spese processuali dei precedenti gradi del merito e del presente giudizio di legittimità, in considerazione della novità della soluzione adottata (v. Cass., n. 387 del 1991, di segno contrario, evidentemente perchè anteriore al consolidamento dei principi sopra richiamati).

PQM

La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara la nullità del lodo reso inter partes. Compensa interamente fra le parti le spese processuali inerenti al grado di merito e al presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 7 novembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2014


 

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