REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice del Tribunale di Catania, sezione lavoro, dott.ssa Sonia Di Gesu, all’udienza del 20 gennaio 2015, ai sensi dell’art. 429 c.p.c., ha emesso, dandone integrale lettura, la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 8035/2012 R.G. promossa
DA
R. V., rappresentato e difeso dall’Orazio Esposito, giusta procura a margine del ricorso introduttivo; - opponente -
CONTRO
I.N.P.S., (Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale), anche quale mandatario della S.C.C.I. S.p.A., in persona del suo presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Livia Gaezza, per procura generale alle liti; - opposto -
E
Riscossione Sicilia S.p.A., Agente della Riscossione per la provincia di Catania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Lombardo, giusta procura in atti; - opposta -
Oggetto: opposizione avverso l’intimazione di pagamento n. 293 2012 9068789847000 relativa alla cartella di pagamento n. 293 2003 0021062321000, limitatamente agli importi pretesi a titolo di contributi I.V.S. fissi/percentuale sul minimale e somme aggiuntive;

Motivazione

In via preliminare va esaminata l’eccezione di inammissibilità dell’opposizione giacché proposta oltre i termini di legge.
In proposito va ricordato che, secondo l’insegnamento della S. C., nella materia in esame, in relazione ai motivi che attengono al merito della pretesa contributiva (contestazioni sull’an e sul quantum, eventi estintivi, impeditivi o modificativi del credito: ad es., prescrizione ex lege n. 335/1995, riduzioni per sgravi ed agevolazioni in genere; eventi che incidono sull’esigibilità: ad es., rimessione in termini per eventi sismici, etc.; eventi che impediscono l’iscrizione al ruolo, impugnazione di verbale di accertamento antecedente l’iscrizione al ruolo non ancora rigettata in primo grado, etc.), l’opposizione va qualificata come opposizione all’iscrizione a ruolo.
Relativamente alle doglianze riguardanti il difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo (ad es., inesistenza giuridica della cartella, sospensione del ruolo da parte del giudice del lavoro, fatti estintivi della pretesa successivi alla formazione del titolo esecutivo: ad es., prescrizione o pagamento successivi alla notifica alla notifica della cartella di pagamento), l’opposizione va qualificata come opposizione all’esecuzione ex art. 29 d.lgs. 46/99.
Infine, riguardo ai motivi attinenti alla regolarità formale del titolo esecutivo, dell’intimazione di pagamento e degli atti propedeutici all’esecuzione forzata (nullità per omessa motivazione, violazioni del c.d. statuto del contribuente, omessa notifica della cartella, nullità o inesistenza della notifica della cartella o dell’intimazione di pagamento, notifica della cartella di pagamento oltre il termine fissato a pena di decadenza dall’art. 25 del D.P.R. 602/1973, etc.), l’azione va qualificata come opposizione agli atti esecutivi ex art. 29 d.lgs. 46/1999. Nel caso di specie, parte ricorrente deduce, in parte, motivi attinenti al merito della pretesa contributiva (prescrizione).
La domanda va dunque qualificata come opposizione al ruolo. Il termine per proporre opposizione al ruolo va desunto dall’art. art. 24, quinto comma, del d.lgs. 46/1999 secondo cui “contro l'iscrizione a ruolo il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento […]”.
Va evidenziato che l'ammissibilità dell’opposizione deve essere esaminata d’ufficio dal giudice, anche nell’ipotesi di contumacia degli opposti, atteso che il termine previsto per l’impugnazione della cartella esattoriale dall’art.24, comma 5°, del D.Lgs. n. 46 del 1999, avente carattere perentorio, deve considerarsi fissato a pena di decadenza, sì come di recente ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione (Cass. 27.2.2007 n 4506). Relativamente alla natura del termine di cui all’art. 24 d.lgs n. 46/99 e alle conseguenze della sua inosservanza, la Suprema Corte ha affermato, con orientamento condiviso da questo giudice, che detto termine “è accordato dalla legge al debitore per l’opposizione nel merito della pretesa contributiva, al fine di instaurare un vero e proprio processo di cognizione per l’accertamento della fondatezza della pretesa dell’ente. Detto termine deve ritenersi perentorio, perché diretto a rendere non più contestabile dal debitore il credito contributivo dell'ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire così una rapida riscossione del credito medesimo”. (Cass. civ., sez. L., 2008, n. 17978; e, negli stessi termini, v. anche Cass. civ., sez. L., 2007, n. 14692, Cass. civ., sez. L., 2007, n. 4506).
La Suprema Corte ha evidenziato che “la perentorietà del termine può desumersi inoltre dalla natura perentoria del termine previsto dalla precedente disciplina della materia, sancita dall'abrogato art. 2 della legge n. 389 del 1989, senza che ad essa sia di ostacolo il fatto che l'iscrizione a ruolo avvenga in mancanza di un preventivo accertamento giudiziale, essendo consolidata nell'ordinamento, come per le iscrizioni a ruolo delle imposte dirette o indirette, la categoria dei titoli esecutivi formati sulla base di un mero procedimento amministrativo dell'ente impositore”.

Ciò posto, come si evince dall’esame della documentazione depositata dall’Agente della riscossione, la cartella di pagamento in epigrafe indicata è stata notificata ai sensi delle disposizioni ex art. 140 c.p.c., sì come derogate dall’art. 60 del d.p.r. n. 600/1973. In proposito, giova rilevare che secondo la costante giurisprudenza di legittimità, condivisa da questo giudice, la notificazione dell’avviso di accertamento tributario (ma analogo principio deve ritenersi valido per il caso – in questione – della notificazione delle cartelle esattoriali) deve essere effettuata applicando la disciplina di cui all’art. 140 c.p.c, quando - come nella fattispecie in giudizio - siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma la notifica non sia avvenuta perché costui o altro possibile consegnatario non sia stato rinvenuto. Deve essere eseguita, invece, applicando la disciplina di cui all’art. 60, lett. e), del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, sostitutivo, per il procedimento tributario, dell’art. 143 c.p.c., quando non si conosca in quale comune risieda il destinatario (cfr. Cass. Civ., nn. 2003/10189, 7268/2002).
In relazione al momento perfezionativo della notifica ex art. 140 c.p.c., la Suprema Corte ha avuto modo di affermare nella ordinanza interlocutoria a S.U. n. 458 del 13/01/2005 che la notificazione nei confronti del destinatario si ha per eseguita con il compimento dell’ultimo degli adempimenti prescritti (spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento); tuttavia, poiché tale adempimento persegue lo scopo di consentire la verifica che l’atto sia pervenuto nella sfera di conoscibilità del destinatario, l’avviso di ricevimento deve essere allegato all’atto notificato e la sua mancanza provoca la nullità della notificazione (cfr, nello stesso senso, Cassazione civile, sez. III, sentenza 15 maggio 2009, n. 11331). Peraltro, la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 3 del 2010 ha dichiarato parzialmente illegittima la suddetta disposizione (art. 140 c.p.c.), nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario della stessa, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione. Da tanto discende che, nella specie, per il destinatario la notificazione si è perfezionata alla data del ricevimento della raccomandata informativa, ovverosia il 24/5/2003.
Di conseguenza, al momento del deposito del ricorso introduttivo dell’odierno giudizio (07/8/2012) il termine di 40 giorni previsto ex art. 24 d.lgs n. 46/99 per proporre l’opposizione a ruolo era ampiamente decorso.
Il credito dell’ente previdenziale è divenuto, quindi, definitivo e non più contestabile.

Tuttavia il debitore dei contributi, anche oltre il termine di cui all’articolo 24 decreto legislativo 46/99, può contestare il diritto del creditore INPS (e, per esso, dell’Agente della riscossione) a procedere all’esecuzione coattiva degli stessi.
E’, infatti, possibile far valere i fatti estintivi della pretesa creditoria, intervenuti successivamente alla formazione e notifica della cartella (titolo esecutivo), mediante opposizione che, avendo natura di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., può essere proposta in qualsiasi tempo, fino alla conclusione della procedura esecutiva.

In proposito, giova ricordare che secondo il disposto di cui all’art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995, il termine prescrizionale per il versamento dei contributi previdenziali (in precedenza decennale) è divenuto quinquennale a partire dal gennaio del 1996 anche per i crediti maturati e scaduti in precedenza.
Per i contributi relativi a periodi precedenti alla data di entrata in vigore della legge, il termine decennale permane soltanto laddove siano stati compiuti dall’Istituto atti interruttivi, ovvero siano iniziate, durante la vigenza della precedente disciplina, procedure per il recupero dell’evasione contributiva (cfr. in questo senso, Cass., sez. lav., 2008, n. 6173; Cass., sez. lav., 2006, n. 26621; Cass., sez. lav., 2005, n. 3846; Cass., sez. Lav. 2005, n. 9962; Cass., sez. lav., 2004, n. 46; Cass., sez. lav., 2003, n. 19334).
Nella fattispecie, i crediti previdenziali portati dalla cartella impugnata afferiscono agli anni dal 1991 al 2002 e non vi è prova del compimento di atti interruttivi ovvero dell’inizio, durante la vigenza della precedente disciplina, di procedure per il recupero dell’evasione contributiva.
Pertanto, trova applicazione il termine di prescrizione quinquennale.
In proposito, questo Giudice, pur non ignorando l’esistenza di difformi orientamenti giurisprudenziali, condivide la tesi dell’applicabilità del termine quinquennale anche alle ipotesi di prescrizione maturata dopo la notifica della cartella di pagamento non opposta nel termine di 40 giorni.
Ed invero, la cartella esattoriale non opposta non può assimilarsi ad un titolo giudiziale, poiché l’incontestabilità del diritto di credito in essa contenuto non deriva da un provvedimento di natura giurisdizionale e non può, quindi, applicarsi a siffatto credito la prescrizione decennale conseguente ad una sentenza di condanna passata in giudicato.

Come rilevato, non ignora questo giudice la recente pronuncia della Suprema Corte (cfr. C. Cass. 4338/2014), che in un obiter dictum ha affermato, richiamando Cass. n. 17051/2004, che “una volta divenuta intangibile la pretesa per effetto della mancata opposizione alla cartella esattoriale [..] non è più soggetto ad estinzione per prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale [..] e ciò che può prescriversi è soltanto l’azione diretta all’esecuzione del titolo così definitivamente formatosi; riguardo alla quale, in difetto di diverse disposizioni (e in sostanziale conformità a quanto previsto per l’actio iudicati ai sensi dell’art. 2953 c.c.) trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all’art. 2946 c.c.”.

Ciononostante, ad avviso di questo decidente, non vi sono ragioni per discostarsi dal suindicato orientamento che ritiene applicabile il termine quinquennale di cui all’art. 3 l. 335/1995 anche alla successiva azione esecutiva, come già affermato in precedenti pronunce di questo Ufficio.
La cartella esattoriale può, infatti, essere assimilata all’ingiunzione fiscale che, in quanto espressione del potere di accertamento e di autotutela della P.A., ha natura di atto amministrativo ed è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato, sicché la decorrenza del termine per l’opposizione, pur determinando la decadenza dall’impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 2953 c.c. ai fini della prescrizione.
In considerazione dell’identità della ratio, è stato più volte sostenuto da questo Tribunale che nella specie possa farsi applicazione dei principi stabiliti dalla Suprema Corte in materia di ingiunzione fiscale, secondo cui “l’ingiunzione fiscale, in quanto espressione del potere di auto-accertamento e di autotutela della p.a., ha natura di atto amministrativo che cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, ma è priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato... con la conseguente inapplicabilità dell’art. 2953 c.c. ai fini della prescrizione” (cfr. C. Cass. civile, sez. trib.12263/2007).
Alle stesse conclusioni deve pervenirsi nell’ipotesi in esame, giacché neppure ai ruoli formati dagli enti pubblici previdenziali per la riscossione dei crediti contribuivi e alle cartelle esattoriali può assegnarsi natura giurisdizionale, con conseguente inidoneità al giudicato.
Pertanto, l’azione esecutiva rivolta al recupero del credito previdenziale non tempestivamente opposto non è soggetta al termine decennale di prescrizione dell’actio iudicati di cui all’art. 2953 c.c., ma al termine proprio della riscossione dei contributi e quindi al termine quinquennale introdotto dalla legge n. 335/1995.

Sulla base delle considerazioni esposte, atteso che tra la data di notifica della cartella (24/5/2003) e la notificazione dell’intimazione di pagamento (20/7/2012) è decorso il termine quinquennale di prescrizione, senza il compimento tempestivo di atti interruttivi, assorbita ogni altra questione, va dichiarato estinto per prescrizione il credito per contributi previdenziali portato dalla cartella di pagamento in epigrafe indicata; per l’effetto, va annullata la superiore cartella limitatamente ai predetti contributi, e la relativa intimazione in parte qua.
Sul punto, va evidenziato che la documentazione in atti versata dall’Agente della riscossione non è idonea a dimostrare l’esistenza di tempestivi atti interruttivi della prescrizione, avendo prodotto solo un avviso di ricevimento, in ogni caso pervenuto il 13/6/2008, allorquando la prescrizione quinquennale era comunque già maturata.
In conclusione, il ricorso merita accoglimento.
Le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a carico di Serit Sicilia S.p.A., responsabile della procedura di riscossione, con distrazione in favore del procuratore antistatario; compensa nei riguardi di Inps.

PQM

Definitivamente pronunciando sull’opposizione avverso l’intimazione di pagamento n. 293 2012 9068789847000 relativa alla cartella di pagamento n. 293 2003 0021062321000, limitatamente agli importi pretesi a titolo di contributi I.V.S. fissi/percentuale sul minimale e somme aggiuntive;
Disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa;
Dichiara illegittima l’iscrizione a ruolo dei contributi previdenziali e somme aggiuntive oggetto della cartella di pagamento indicata, e, per l’effetto, annulla la stessa e la relativa intimazione, in parte qua; Condanna Riscossione Sicilia S.p.A. a rifondere all’opponente le spese di lite, che vengono liquidate in complessivi € 850,00 per compensi, oltre spese forfettarie al 15%, I.V.A. e C.P.A. come per legge, con distrazione in favore del procuratore antistatario; Compensa le spese nei confronti di Inps.
Catania, 20 gennaio 2015.
IL GIUDICE dott.ssa Sonia Di Gesu


 

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