REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI CATANIA
Sezione Lavoro
In persona del giudice unico, dott.ssa Patrizia Mirenda, in funzione di giudice del lavoro, dando pubblica lettura del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, all’udienza del 17 dicembre 2015 ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 6771/2015 R.G.
promossa da
R. M. rappresentata e difesa, per procura rilasciata a margine del ricorso, dall’avv. Orazio Stefano Esposito; -ricorrente-
contro
INPS, in persona del suo legale rappresentante pro tempore;
S.C.C.I. spa, in persona del suo legale rappresentante pro tempore; -convenuti contumaci-
Riscossione Sicilia s.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, per procura rilasciata in calce alla memoria difensiva, dall’avv. Daniela Cannavò; -resistente-
Conclusioni:
all’udienza di discussione del 17 dicembre 2015 le parti discutevano la causa e concludevano come da verbale in atti.

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 8 luglio 2015 la ricorrente in epigrafe indicata, insorgendo avverso l’ intimazione di pagamento numero 29320159002119005000 notificata il 18 giugno 2015 con la quale il concessionario della riscossione le aveva intimato di pagare la somma di € 18.816,78 portata dalla cartella di pagamento numero 29320000048301668 a titolo di contributi IVS relativi agli anni compresi tra il 1994 e il 1999, proponeva opposizione avverso il ruolo portato dalla detta cartella sottesa alla intimazione di pagamento e avverso la stessa intimazione di pagamento, assumendo, sotto tale ultimo profilo, che l’intimazione di pagamento fosse nulla per violazione del suo diritto di difesa, per la mancata allegazione dell’atto presupposto e per la mancata indicazione delle modalità di calcolo degli interessi.

Assumeva, poi, stante che la cartella non gli era stata notificata, che l’intimazione di pagamento costituiva il primo atto mediante il quale era venuta a conoscenza della pretesa creditoria e, recuperando il diritto di contestare nel merito la pretesa, eccepiva l’estinzione per prescrizione maturatasi antecedentemente alla supposta data di notifica della cartella.
Osservava poi che, ove fosse risultata validamente notificata la cartella, l’opposizione si sarebbe dovuta intendere quale opposizione all’esecuzione svincolata dal rispetto di qualunque termine decadenziale ai sensi dell’art. 615 comma 1 c.p.c. ed eccepiva, quindi, anche per tale verso, l’estinzione della pretesa creditoria per il decorso del termine prescrizionale successivamente alla notifica della cartella di pagamento senza il compimento di atti interruttivi. Concludeva chiedendo annullarsi l’ iscrizione a ruolo.

Non si costituivano in giudizio nè l’INPS né la società di cartolarizzazione dei suoi crediti, nonostante la regolare notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza di discussione.
Resisteva in giudizio il concessionario della riscossione che eccepiva l’inammissibilità della opposizione avverso l’intimazione di pagamento concretante una opposizione agli atti esecutivi per essere stata promossa questa tardivamente oltre il termine di venti giorni dalla notifica della stessa e comunque deducendo, nel merito, l’infondatezza del motivo di opposizione integrante opposizione agli atti esecutivi.
Eccepiva poi l’inammissibilità dell’opposizione avverso il ruolo per essere stata proposta oltre il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento che aveva regolarmente avuto luogo il 18 dicembre 2000 mediante consegna della stessa al coniuge dell’opponente. Quanto alla eccepita prescrizione maturatasi successivamente alla notifica della cartella, assumeva che fosse decennale il termine di prescrizione e sosteneva di aver compiuto atti interruttivi del detto termine mediante la notifica della successiva intimazione di pagamento (avvenuta il 14 giugno 2012).
All’udienza odierna, sulle conclusioni delle parti, la causa veniva decisa con la presente sentenza ritualmente letta.

Motivazione

Va, preliminarmente, dichiarata la contumacia dell’INPS che non ha ritenuto di costituirsi in giudizio nonostante la regolare notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza di discussione.
Tanto premesso e allo scopo di delineare - in ragione delle doglianze formulate dall’opponente - la natura della spiegata opposizione, appare opportuno premettere, in generale, che nella materia oggetto di causa quante volte si facciano valere motivi che attengono al merito della pretesa contributiva (contestazioni sull'an e sul quantum, eventi estintivi, impeditivi o modificativi del credito: ad es., prescrizione ex lege 335/1995, riduzioni per sgravi ed agevolazioni in genere; eventi che incidono sull'esigibilità: ad es., rimessione in termini per eventi sismici, etc.; eventi che impediscono l'iscrizione al ruolo, impugnazione di verbale di accertamento antecedente l'iscrizione al ruolo non ancora rigettata in primo grado, etc.), l’opposizione va qualificata come opposizione all’iscrizione a ruolo e che, ove si facciano valere questioni che riguardino il difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo (ad es., inesistenza giuridica della cartella, sospensione del ruolo da parte del giudice del lavoro, fatti estintivi della pretesa successivi alla formazione del titolo esecutivo: ad es., prescrizione o pagamento successivi alla notifica della cartella di pagamento), l’opposizione va qualificata come opposizione all’esecuzione ex art. 29 del d. lgs. n. 46/99.

Va, inoltre, precisato che deve essere qualificata come opposizione agli atti esecutivi l’azione con la quale il contribuente contesti la regolarità formale del titolo esecutivo, dell’intimazione di pagamento e degli atti propedeutici all’esecuzione forzata (nullità della cartella o dell’intimazione per omessa motivazione, violazioni del c.d. statuto del contribuente, omessa notifica della cartella, nullità della notifica della cartella o dell’intimazione di pagamento, notifica della cartella di pagamento oltre il termine fissato dall’art. 25 del D.P.R. 602/1973, etc.).
Nella specie la dedotta nullità della intimazione di pagamento integra una opposizione agli atti esecutivi; la eccepita estinzione della pretesa contributiva per prescrizione integra una opposizione avverso il ruolo.
Integra, invece, una opposizione all’esecuzione la doglianza con la quale l’opponente ha eccepito l’estinzione per prescrizione della pretesa contributiva per effetto del decorso del termine di prescrizione successivamente alla notifica della cartella di pagamento.

L’opponente, dunque, ha posto a fondamento della spiegata opposizione l’assunto che le pretese fatte valere si sarebbero estinte per prescrizione tanto per il caso di omessa notifica della cartella sottesa alla intimazione di pagamento, quanto per l’ipotesi che la notifica abbia, invece, avuto luogo. Muovendo, per la sua eventuale portata assorbente, dall’esame della eccezione di prescrizione integrante motivo di opposizione avverso il ruolo, reputa il Tribunale che la stessa sia inammissibile. È emerso, infatti, dalla documentazione prodotta dal concessionario della riscossione che la cartella sottesa alla menzionata intimazione di pagamento è stata regolarmente notificata in San Giovanni La Punta via Cucè 39 mediante consegna a L. R. A., coniuge della opponente. L’avvenuta notifica della cartella non consente di dare ingresso alla opposizione con la quale si è inteso far valere la estinzione per prescrizione della pretesa creditoria siccome integrante una opposizione avverso il ruolo.

Ora, dalla regolare notificazione della cartella discende che il merito della pretesa contributiva non è più contestabile.
Ed infatti ogni questione inerente il merito della pretesa contributiva è ormai preclusa per l’intervenuta stabilizzazione del titolo stragiudiziale a cagione della omessa proposta opposizione nel termine di cui all’art. 24 d. lgs. 46/99.
Il detto termine, secondo il consolidato orientamento della Cassazione, “deve ritenersi perentorio perchè diretto a rendere incontrovertibile il credito contributivo dell'ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione e a consentire una rapida riscossione del credito iscritto a ruolo, ed alla perentorietà del termine non ostano nè l’inespressa indicazione in tal senso, dovendo pur sempre il giudice indagare se, a prescindere dal dettato normativo, un termine, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, debba essere rigorosamente osservato a pena di decadenza, nè che l'iscrizione a ruolo avvenga senza un preventivo accertamento giudiziale, non ignorando l'ordinamento titoli esecutivi formati sulla base di un mero procedimento amministrativo dell'ente impositore (cfr. Cass. n. 2835/2008 , nonché per tutte, Cass. n. 4506/07 e Cass. n. 6674/08).

All’ente previdenziale è, dunque, attribuito il potere di riscuotere i propri crediti attraverso un titolo (il ruolo esattoriale, da cui scaturisce la cartella di pagamento) che si forma prima e al di fuori del giudizio e in forza del quale l’ente può conseguire il soddisfacimento della pretesa a prescindere da una verifica in sede giurisdizionale della sua fondatezza, in quanto, da un lato, non è irragionevole la scelta del legislatore di consentire ad un creditore, attesa la sua natura pubblicistica e l’affidabilità derivante dal procedimento che ne governa l’attività, di formare unilateralmente un titolo esecutivo, e, dall’altro lato, è rispettosa del diritto di difesa e dei principi del giusto processo la possibilità, concessa al preteso debitore, di promuovere, entro un termine perentorio ma adeguato, un giudizio ordinario di cognizione nel quale far efficacemente valere le proprie ragioni, sia grazie alla possibilità di ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo e/o dell’esecuzione, sia grazie alla ripartizione dell’onere della prova in base alla posizione sostanziale (e non già formale) assunta dalle parti nel giudizio di opposizione. (cfr. Corte Cost. ord. N. 111/2007). Il detto termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella è stato accordato dalla legge al debitore per l’opposizione nel merito della pretesa contributiva, al fine di instaurare un vero e proprio processo di cognizione per l’accertamento della fondatezza della pretesa dell’ente; esso è diretto a rendere non più contestabile dal debitore il credito contributivo dell’ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire, così, una rapida riscossione del credito medesimo.
La situazione che si verifica nel caso di mancata osservanza del termine suddetto non è quindi dissimile da quella già ritenuta dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione per l’ipotesi di mancato rispetto del termine previsto dall’ormai abrogato D.L. n. 338 del 1989, art. 2, convertito in L. n. 389 del 1989, (cfr. Cass., n. 8624/1993). Era stato ritenuto, in proposito, che non solamente i titoli esecutivi giudiziali sono passibili di diventare definitivi, cioè incontrovertibili con effetti analoghi al giudicato, in caso di mancata opposizione o di opposizione proposta fuori termine, poichè, tenuto conto delle leggi speciali che sono state emanate in diverse materie e con le quali il legislatore ha consentito agli organi della pubblica amministrazione di ordinare ai privati, mediante ingiunzioni, il pagamento di somme di danaro, la giurisprudenza di legittimità aveva già avuto modo di individuare i c.d. titoli paragiudiziali (cfr., ex plurimis, per l’utilizzo di tale terminologia, Cass., n. 9944/1991 e Cass. n. 10269/1991), per i quali, al pari di quelli giudiziali, è previsto un termine perentorio per la relativa opposizione davanti al giudice ordinario; con la conseguenza che tali titoli diventano definitivi in caso di omessa opposizione ovvero di opposizione tardiva, in quanto proposta dopo la scadenza del termine e tale dichiarata dal giudice a conclusione del relativo giudizio.
La conseguenza è, dunque, che, in tema di contributi previdenziali, per contestare il ruolo è necessaria l’opposizione da parte dell’interessato nel termine perentorio previsto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, poichè, in caso contrario, il titolo diviene definitivo e il diritto alla relativa pretesa contributiva incontestabile, neanche sotto il profilo della eventuale originaria inesistenza del credito.

La mancata opposizione entro il termine perentorio di legge stabilizza quindi definitivamente il titolo esecutivo stragiudiziale precludendo qualsiasi successiva azione di accertamento negativo del debito (che sarebbe inammissibile per carenza di interesse, giacchè ogni questione relativa alla pretesa creditoria portata dal titolo esecutivo è definitivamente superata dall’intervenuta stabilizzazione del titolo). Ne consegue che la proposta opposizione avverso il ruolo è inammissibile giacchè alla data di deposito del ricorso in opposizione il termine di cui all’art. 24 d. lgs. 46/1999, decorrente dalla notificazione della cartella in esame, era ampiamente decorso.

Va, ora, osservato che il ricorrente, ha fatto riferimento, altresì, al termine prescrizionale decorso successivamente alla notificazione della cartella, in tal modo proponendo una opposizione all'esecuzione ex art. 615 comma 1 c.p.c., svincolata dal rispetto di qualunque termine decadenziale.
In relazione alla doglianza relativa al sopravvenuto difetto del titolo esecutivo mediante la quale è contestata la sussistenza in capo all'agente della riscossione del diritto di preannunciare l'esecuzione forzata in virtù del titolo (il ruolo) di cui alla menzionata cartella per essersi estinto il credito per il decorso del termine di prescrizione successivamente alla data di notifica della stessa, sussiste la legittimazione passiva del concessionario della riscossione. In proposito deve rilevarsi che al debitore dei contributi è sempre consentito contestare il diritto del creditore (e per esso dell’incaricato della riscossione) a procedere all’esecuzione coattiva nei suoi confronti eccependo la prescrizione successiva alla formazione e notifica del titolo esecutivo.
Soccorre in tal caso il rimedio dell’opposizione all’esecuzione avente ad oggetto l’accertamento del diritto di procedere in executivis tramite il quale la pretesa esecutiva fatta valere dal creditore ben può essere neutralizzata con la deduzione di fatti modificativi o estintivi del rapporto sostanziale consacrato nel titolo esecutivo.

Occorre, a questo punto, risolvere la questione se, divenuto incontestabile il credito contributivo per effetto della mancata opposizione ai sensi della d. lgs. n. 46/1999, la successiva azione esecutiva sia sempre soggetta al termine di prescrizione contemplato dalla legge n. 335/1995, ovvero a quello più lungo dell’azione nascente dal giudicato di cui all’art. 2953 c.c.
Non ignora questo giudice il recente pronunciamento della Suprema Corte (Sentenza n. 4338/2014) che in un obiter dictum ha affermato, richiamando Cass. n. 17051/2004, che “una volta divenuta intangibile la pretesa per effetto della mancata opposizione alla cartella esattoriale [..] non è più soggetto ad estinzione per prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale [..] e ciò che può prescriversi è soltanto l’azione diretta all’esecuzione del titolo così definitivamente formatosi; riguardo alla quale, in difetto di diverse disposizioni (e in sostanziale conformità a quanto previsto per l’actio iudicati ai sensi dell’art. 2953 c.c.) trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all’art. 2946 c.c.”.

Reputa, tuttavia, il Tribunale che la prima opzione sia la più corretta e che non vi sia ragione per discostarsi dall’orientamento seguito da questo Tribunale fondato sulle considerazioni che seguono.
La cartella esattoriale può essere assimilata all’ingiunzione fiscale che, in quanto espressione del potere di accertamento e di autotutela della P.A., ha natura di atto amministrativo ed è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato sicchè la decorrenza del termine per l’opposizione, pur determinando la decadenza dall’impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 2953 c.c. ai fini della prescrizione.
Identica la ratio, è stato più volte sostenuto da questo Tribunale che nella specie possa farsi applicazione dei principi stabiliti dalla Suprema Corte in materia di ingiunzione fiscale alla stregua dei quali “l’ingiunzione fiscale, in quanto espressione del potere di autoaccertamento e di autotutela della p.a., ha natura di atto amministrativo che cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, ma è priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato... con la conseguente inapplicabilità dell’art. 2953 c.c. ai fini della prescrizione” (cfr. Cass. civile, sez. trib., 25 maggio 2007, n. 12263). Alle stesse conclusioni deve pervenirsi nell’ipotesi in esame giacchè neppure ai ruoli formati dagli enti pubblici previdenziali per la riscossione dei crediti contribuivi e alle cartelle esattoriali può assegnarsi natura giurisdizionale; ciò che impedisce che alla mancata opposizione possano far seguito, oltre all’effetto sostanziale dell’incontestabilità del credito, anche effetti di natura processuale riservati ai provvedimenti giurisdizionali e, dunque, la idoneità al giudicato. Ne consegue che l’azione esecutiva rivolta al recupero del credito contributivo non tempestivamente opposto è soggetto non al termine decennale di prescrizione dell’actio iudicati di cui all’art. 2953 c.c. ma al termine proprio della riscossione dei contributi e quindi al termine quinquennale introdotto dalla legge n. 335/1995.

Deve, a questo punto, evidenziarsi che non è stato dimostrato nel quinquennio prescrizionale di legge il compimento di alcun atto interruttivo successivo alla notificazione della cartella avvenuta il 18 dicembre 2000, risultando peraltro l’intimazione di pagamento prodotta dal concessionario della riscossione notificata nel 2012, ben oltre il termine decennale dal concessionario della riscossione invocato.

Per quanto sopra, in definitiva, assorbita ogni altra questione (il riferimento e ai motivi integranti opposizione agli atti esecutivi), deve essere dichiarata inammissibile l’opposizione avverso il ruolo di cui alla cartella numero 29320000048301668, mentre deve essere accolta l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 comma 1 c.p.c. per la sopravvenuta estinzione della pretesa portata dalla detta cartella.

Quanto alle spese di lite, mentre nessuna statuizione va adottata nei rapporti con l’INPS unico legittimato passivamente rispetto all’opposizione avverso il ruolo rimasto contumace, le stesse per la parte idealmente riferibile alla spiegata opposizione all’esecuzione vanno poste a carico del concessionario della riscossione responsabile della notificazione (a fini interruttivi della prescrizione) degli atti del procedimento della riscossione. Esse di liquidano come in dispositivo ai sensi del d.m. n. 55/2014

PQM

Il Tribunale di Catania, in persona del giudice unico, dott.ssa Patrizia Mirenda in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 6771/2015 R.G., promossa da R. M. nei confronti dell’INPS, della Società di Cartolarizzazione dei suoi Crediti e di Riscossione Sicilia s.p.a., ogni diversa domanda, istanza ed eccezione disattese, così statuisce:
Dichiara inammissibile l’opposizione avverso il ruolo portato dalla cartella di pagamento numero 29320000048301668. In accoglimento dell’opposizione all’esecuzione,
dichiara la sopravvenuta estinzione per prescrizione della pretesa creditoria avente ad oggetto contributi previdenziali cristallizzata nella cartella numero 293200200122446948000, ed insussistente il diritto dell’INPS e, per esso, del concessionario della riscossione, di preannunciare in danno dell’opponente l’esecuzione forzata per il soddisfacimento delle relative pretese contributive.
Condanna il concessionario della riscossione a rifondere in favore della opponente le spese di lite che liquida in complessivi € 1775,00 oltre rimborso spese al 15%, CPA e IVA come per legge, disponendone la distrazione in favore del procuratore antistatario avvocato Orazio Stefano Esposito.
Così deciso in Catania all’udienza del 17 dicembre 2015
Il giudice del lavoro
Dr. Patrizia Mirenda


 

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