REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Dl CATANIA SEZIONE 1
riunita con l'intervento dei Signori:
- RAFIOTTA SILVIO GAETANO Presidente
- MELI SALVATORE Relatore
- CACCIATO NUNZIO Giudice
ha emesso la seguente
SENTENZA
-sul ricorso n. 6202/2018
depositato il 9/11/2018
- avverso CARTELLA DI PAGAMENTO tributi erariari
contro:
AG. RISCOSSIONE CATANIA RISCOSSIONE SICILIA SP.A.
difeso da:
AVV G. S.
proposto dal ricorrente:
____
difeso da:
________

Svolgimento del processo

Con ricorso spedito in data 9/11/2018 alla segreteria della Commissione Tributaria Provinciale di Catania la società _____ nella persona del rappresentante legate, impugnava la cartella di pagamento, meglio indicata in epigrafe, emessa dalla società Riscossione Sicilia s.p.a. in relazione a somme richieste dall'Amministrazione finanziaria ex art. 36 bis d.p.r. 600/73 ed ex art. 54
bis D.P.R 633/72 in seguito a controllo automatizzato della dichiarazione modello 7708/2015 (euro 20.422,85).
La ricorrente sosteneva che l'atto impugnato doveva considerarsi illegittimo e nullo in considerazione:
1) dell'inesistenza giuridica della notifica, in conseguenza della violazione degli artt. 26 D.P.R. 602/73 e 48 d.Igs. 82/05, trattandosi di notifica effettuata tramite PEC di una mera copia informatica del documento cartaceo, senza valida firma digitale, poiché in formato pdf e non già in formato p7m;
2) della violazione dell'art. 12, comma 4, d.p r. 602/73, non risultando la sottoscrizione del ruolo;
3) della violazione dell'art. 6, L 212/2000, in conseguenza dell'omessa notifica della comunicazione d'irregolarità, della mancata possibilità di fruire delle sanzioni ridotte e della violazione del contraddittorio endoprocedimentale;
4) del difetto di motivazione, non risultando allegata la comunicazione di irregolarità richiamata e non risultando indicate le modalità di calcolo degli interessi;
5) dell'inesistenza della pretesa tributaria, non indicando la dichiarazione dei redditi relativa all'anno d'imposta in questione somme a debito.
Chiedeva, pertanto, l'annullamento dell'atto impugnato, con vittoria delle spese e dei compensi del giudizio.

Si costituiva in giudizio in data 7/02/2019, la società Riscossione Sicilia s.p.a.; rilevando il proprio difetto di legittimazione in ordine al merito della controversia, chiedendo l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'Agenzia delle Entrate ed, in ogni caso, chiedendo il rigetto del ricorso, con vittoria delle spese e dei compensi del giudizio.
La ricorrente depositava memorie in data 14/02/2019, contestando la regolare costituzione in giudizio della società Riscossione Sicilia s.p.a.
La Commissione, all'odierna udienza, ha deciso come da dispositivo.

Motivazione

Preliminarmente, deve dichiararsi non valida la costituzione in giudizio (attraverso avvocato del Iibero foro) della società Riscossione Sicilia s.p.a., non avendo quest'ultima replicato alle osservazioni svolte dalla ricorrente con la memoria in data 14/02/2018 in ordine alla violazione dell'art. 11, comma 2, d.Igs. 546/1992, che, nell'attuale formulazione in vigore daIl'1 gennaio 2016, impone la costituzione in giudizio diretta tanto dell'Agenzia delle Entrate, quanto dell'Agente della
Riscossione.
Invero, l'affidamento dell'incarico difensivo ad avvocati del libero Foro è condizionata dai criteri di selezione di cui al codice dei contratti pubblici ed, in particolare, così come disposto dall'art. 1, comma 8, del D.L. n. 193 del 2016 dagli "specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati ai sensi del comma 5 del presente articolo"; pertanto, i casi di accesso al patrocinio del libero foro, in alternativa a quello dell'Avvocatura dello Stato, debbono essere individuati dallo statuto o da quegli atti di carattere generale che disciplinano l'organizzazione ed il funzionamento dell'Ente.


Ancor più in particolare, in base a quanto osservato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 28684 del 22 ottobre 2018, in seguito alla modifica normativa, anche l'Agente della riscossione deve stare in giudizio direttamente e non può farsi rappresentare in giudizio da un soggetto esterno alla sua organizzazione, tranne che nelle ipotesi in cui può avvalersi dell'Avvocatura dello Stato, mentre la decisione di avvalersi di avvocati del !ibero foro è valida a condizione che si tratti di un caso speciale, che intervenga un'apposita delibera dell'organo deliberante, che tale delibera sia sottoposta agli organi di vigilanza e che sia prodotta in giudizio idonea documentazione in merito alla sussistenza dei suddetti elementi.

Nel caso in esame, la società Riscossione Sicilia s.p.a., costituitasi attraverso avvocato del libero foro, non ha documentato la sussistenza dei presupposti richiesti.
Ne discende la non validità della relativa costituzione in giudizio.

Nel merito, il ricorso risulta, tuttavia, infondato. Invero:
Con riguardo al primo motivo d'impugnazione (inesistenza giuridica della notifica, in conseguenza della violazione degli artt. 26 D.P.R. 602/73 e 48 d.Igs. 82/05, trattandosi di notifica effettuata tramite PEC di una mera copia Informatica del documento cartaceo, senza valida firma digitale, poiché in formato pdf e non già in formato p7m), deve osservarsi che non ricorre alcuna ipotesi di nullità dell'atto impugnato in conseguenza di quanto lamentato; nel caso di specie, infatti, la cartella di pagamento impugnata è stata notificata alla ricorrente tramite PEC non già quale stampa derivante dalla scansione di un documento originale redatto in forma cartacea, bensì quale documento informatico, già formato, cioè originariamente, in modo informatico; si tratta, cioè, di un documento informatico già nato con tale veste e, pertanto, di un così detto pdf nativo.
Per altro verso, così come chiarito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 10266 del 2018 emessa a sezioni unite, secondo il diritto dell'UE e le norme, anche tecniche, di diritto interno, le firme digitali dl tipo CAdES e di tipo PAdES sono entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le differenti estensioni .p7m e .pdf e devono, quindi, essere riconosciute valide ed efficaci senza eccezione alcuna.

Con riguardo al secondo motivo d'impugnazione (violazione dell'art. 12, comma 4, d.p.r. 602/73, non risultando la sottoscrizione del ruolo), deve evidenziarsi che il ruolo costituisce un atto interno dell'Amministrazione, la cui sottoscrizione da parte del responsabile è richiesta ai fini dell'esecutività del ruolo, risultando, nel caso di specie, il ruolo reso esecutivo in data 26/01/2018, così come ricavabile dalla copia della cartella di pagamento allegata al ricorso dalla ricorrente.
Per altro verso, il difetto di sottoscrizione del ruolo da parte del capo dell'ufficio non da luogo all'illegittimità dell'iscrizione a ruolo, poiché si tratta, appunto, di un atto interno e privo di autonoma rilevanza esterna, trasfuso nella carte|la notificata al contribuente (Cass. 6610/2013, Cass. 26053/2015, Cass. 6199/2015 e da ultimo Cass. n. 19761 del 3 ottobre 2016).
Invero, il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità è nel senso che, in mancanza della previsione di una nullità espressa, opera la presunzione generale di riferibilità dell'atto amministrativo all'organo da cui promana.

3) Con riguardo al terzo motivo d'impugnazione (violazione dell'art. 6, L 212/2000, in conseguenza dell'omessa notifica della comunicazione d'irregolarità, della mancata possibilità di fruire della sanzioni ridotte e della violazione del contraddittorio endoprocedimentale), deve osservarsi che la cartella di pagamento impugnata e relativa a somme richieste dall'Amministrazione finanziaria ex art. 36 bis d p.r. 600/73 ed ex art. 54 bis D.P.R. 633/72 in seguito a controllo automatizzato della dichiarazione modello 7708/2005.
Orbene, nella malaria in questione, non risulta sempre obbligatorio da parte dell'Amministrazione, l'invio del cd avviso bonario; infatti, così come precisato dalla Corte di Cassazione già con l'ordinanza n. 11429 emessa in data 6 luglio 2012, l'emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dall'art. 36 bis del d.p.r. 600 del 1973 e dall'art. 54 bis del d.p.r. 633 del 1972 non è condizionata dalla preventiva comunicazione dell'esito del controllo del contribuente, salvo che il controllo medesimo non rilevi l'esistenza di errori, essendovi soltanto in tale ipotesi di irregolarità riscontrata nella dichiarazione l'obbligo di comunicazione della liquidazione d'imposta; lo scopo della comunicazione, infatti, è quello di consentire al contribuente di sanare gli errori da quest'ultimo commessi in sede di redazione della dichiarazione e riscontrati in sede di controllo, senza che l'art. 36 bis preveda alcun obbligo assoluto in capo all'ente impositore di comunicare l'esito della liquidazione delle dichiarazioni; in questa prospettiva l'operato dell'Ufficio, che non ha comunicato l'esito della liquidazione, in quanto non è stato rilevato alcun errore del contribuente, bensì un omesso, carente o tardivo versamento, come nel caso di specie, non viola né il disposto dell'art. 36 bis d.p.r. 633/72 e dell'art. 54 bis del d.p.r. 633 del 1972, né il disposto dell'art. 6, comma 5, della legge 212/2000.
Né, nel caso di specie, rileva il principio del contraddittorio endoprocedimentale relativo alla diversa fattispecie dell'avviso di accertamento.
Per altro verso, con riguardo alla possibilità di usufruire della riduzione al 10% delle sanzioni irrogate, prevista dall'art. 2 del d.lgs. 462 del 1997, deve osservarsi che, secondo quanto precisato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 3366 del 2013 l'omissione della comunicazione anteriormente all'iscrizione a ruolo non determina la nullità di tale iscrizione e degli atti successivi, ma una mera irregolarità non in grado d'incidere sull'efficacia dell'atto, sia perché non si tratta di una condizione espressa di validità (stante la mancanza della sanzione della nullità), sia perché l'interessato può comunque pagare, per estinguere la pretesa fiscale, con riduzione della sanzione, una volta ricevuta la notifica della cartella.
Inoltre, secondo un orientamento ancor pio rigoroso fatto proprio dalla sentenza n. 12023 emessa dalla Corte di Cassazione in data 10 giugno 2015,"in caso di liquidazione delle imposte in esito a controllo di dichiarazioni secondo procedure automatizzate, in generale occorre l'instaurazione del contraddittorio prima dell'iscrizione a ruolo, soltanto qualora emergono incertezze su aspetti rievanti della dichiarazione; in particolare, al cospetto della tardività del versamento di quanto dovuto, va esclusa la sussistenza dell'obbligo dell'amministrazione d'inviare comunicazione d'irregolarità al contribuente, con la conseguente esclusione dei presupposti per ottenere la riduzione ad un terzo delle sanzioni" (così dandosi continuità ad un filone giurisprudenziale già consolidato con le sentenze 8154/2015, 8342/2012 e 23316/2010).
Ciò in quanto l'applicazione dell'art. 2, d.Igs. 462/97 richiede che si tratti di controllo automatizzato, che sussistano i presupposti per la comunicazione d'irregolarità e che vi sia un pagamento entro 30 giorni dalla comunicazione delle somme che risultano dovute, con la conseguenza che, ove la comunicazione d'irregolarità non risulta dovuta, deve anche escludersi il diritto del contribuente alla fruizione della riduzione delle sanzioni.

4) Con riguardo al quarto motivo d'impugnazione (difetto di motivazione, non risultando allegata la comunicazione di irregolarità richiamata e non risultando indicate le modalità di calcolo degli interessi), deve osservarsi che la cartella di pagamento impugnata risulta già adeguatamente motivata, poiché esplicita le ragioni dell'imposizione, facendo riferimento tanto alla normativa applicata (ex art. 36 bis d.p.r. 600/73 ed ex art. 54 bis D.P.R. 633/72), quanto alla dichiarazione sottoposta a controllo (modello 770S/2005), alla natura delle somme richieste (ritenute alla fonte, oltre sanzioni ed interessi), all'annualità di riferimento (anno d'imposta 2014) ed ai motivi dell'iscrizione (omesso o carente versamento).
Con riguardo agli interessi, peraltro, occorre anche evidenziare che questi ultimi vengono determinati sulla base delle percentuali previste dalla normativa di riferimento, normativa che, in quanto tale, risulta conoscibile da tutti.
Inoltre, le modalità di calcolo degli interessi possono essere agevolmente verificate, tenendo conto dell'ammontare dell'imposta iscritta a ruolo e dell'ammontare degli interessi richiesti in relazione alla stessa imposta, risultando nell'atto impugnato distinti i vari importi in relazione a ciascuna delle imposte indicate.
Pertanto, il lamentato difetto di motivazione non sussiste in quanto nell'atto impugnato sono indicati tutti gli elementi necessari al destinatario ai fini della comprensione dello stesso ed al fine di esperire la tempestiva impugnazione, consentendosi, così, al contribuente di esercitare a pieno titolo il proprio diritto di difesa ex art. 24 Costituzione.

5) Con riguardo al quinto motivo d'impugnazione (inesistenza della pretesa tributaria, non indicando la dichiarazione dei redditi relativa all'anno d'imposta in questione somme a debito), deve evidenziarsi che le somme iscritte a ruolo risultano quelle conseguenti al controllo automatizzato della dichiarazione presentata dallo stesso ricorrente; il ricorrente, affermando che non risultano somme a debito, non ha allegato al ricorso la propria dichiarazione dei redditi.
Peraltro, in base a quanto si ricava dalla copia della cartella di pagamento, si tratta di omesso versamento di ritenute alla fonte.
Nulla per le spese, stante la costituzione non valida della società Riscossione Sicilia s p.a.

PQM

La Commissione rigetta il ricorso.
Nulla per le spese.
Così deciso in Camera di Consiglio il 18 febbraio 2019.
Depositata in segreteria in data 14 marzo 2019


 

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