in persona del legale rappresentante pro tempore
ORDINANZA
sul ricorso 23057-2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
- ricorrente —
contro
(Omissis), elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio degli Avvocati VICTOR UKMAR e CATERINA CORRADO OLIVA, che la
rappresentano e difendono giusta procura speciale estesa a margine del
controricorso
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1230/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LIGURIA, depositata il 19/2/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21/7/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA DELL'ORFANO

Svolgimento del processo

L'Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Liguria aveva respinto l'appello proposto avverso la sentenza n. 102/2/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Savona che aveva accolto il ricorso proposto da Franco Morinello avverso cartella esattoriale, avente ad oggetto sanzioni amministrative e relativa iscrizione a ruolo, notificata allo stesso < il contribuente resiste con controricorso ed ha depositato memoria
difensiva

Motivazione

CONSIDERATO CHE
1.1. con il primo mezzo si denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti avendo la CTR erroneamente affermato che la cartella era stata notificata all'odierno
controricorrente in qualità di socio della società Le Vele S.r.L. e non quale liquidatore della stessa;

1.2. con il secondo motivo si denuncia, in subordine, violazione di norme di diritto (art. 2495 comma 2 cod. civ., art. 36 comma 3 DPR n. 603/1972, art. 7 D.L. n. 269/2003 conv. per avere la CTR negato la validità della cartella emessa nei confronti dell'odierno controricorrente, in qualità di socio dell'estinta società Le Vele S.r.L., sebbene le norme dianzi citate prevedano il subentro dei soci nelle posizioni debitorie della società di capitali estintesi a seguito di cancellazione, qualora le dette posizioni siano esistenti al momento dell'estinzione delle suddette società;

1.3. le censure, da esaminare congiuntamente, vanno disattese;

1.4. va premesso che la responsabilità dei liquidatori, degli amministratori e dei soci di società in liquidazione, in presenza dell'integrazione delle distinte fattispecie previste dall'art. 36 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, per l'ipotesi di mancato pagamento delle imposte
sul reddito delle persone giuridiche i cui presupposti si siano verificati, è responsabilità per obbligazione propria ex lege (per gli organi, in base agli artt. 1176 e 1218 cod. civ., e per i soci di natura sussidiaria), avente natura civilistica e non tributaria, non ponendo la norma alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari a carico di tali soggetti, nemmeno allorchè la società sia cancellata dal Registro delle Imprese (cfr. Cass. n. 7327/2012; conf. Cass. nn. 15377/2020, 15378/2020, 29969/2019, 17020/2019);

1.5. in particolare, in tema di responsabilità del liquidatore nei confronti dei creditori sociali rimasti insoddisfatti dopo la cancellazione della società ex art. 2495, comma 2, c.c., il conseguimento, nel bilancio finale di liquidazione, di un azzeramento della massa attiva non in grado di soddisfare un credito non appostato nel bilancio finale di liquidazione, ma, comunque, provato, quanto alla sua sussistenza, già nella fase di liquidazione, è fonte di responsabilità illimitata del liquidatore verso il creditore pretermesso, qualora sia allegato e dimostrato che la gestione operata dal liquidatore evidenzi l'esecuzione di pagamenti in spregio del principio della "par condicio creditorunn", applicato nel rispetto delle cause legittime di prelazione ex art. 2741, comma 2, c.c.; pertanto, ove il patrimonio si sia rivelato insufficiente per soddisfare alcuni creditori sociali, il liquidatore, per liberarsi dalla responsabilità su di lui gravante in riferimento al dovere di svolgere un'ordinata gestione liquidatoria, ha l'onere di allegare e dimostrare che l'intervenuto azzeramento della massa attiva tramite il soddisfacimento dei debiti sociali non è riferibile a una condotta assunta in danno del diritto del singolo creditore di ricevere uguale trattamento rispetto ad altri creditori, salve le cause legittime di prelazione (cfr. Cass. n. 521/2020);

1.6. con riguardo ai crediti per imposta sul reddito delle persone giuridiche i cui presupposti si siano verificati a carico della società, è riconosciuta, dunque, all'amministrazione finanziaria dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36 (applicabile ratione temporis alle sole imposte sui redditi di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, ex art. 19) azione di responsabilità nei confronti del liquidatore, nel caso in cui egli abbia esaurito le disponibilità della liquidazione senza provvedere al loro pagamento, con azione esercitabile alla duplice condizione che i ruoli in cui siano iscritti i tributi della società possano essere posti in riscossione e che sia acquisita legale certezza che i medesimi non siano stati soddisfatti con le attività della liquidazione medesima (cfr. SU 2820/1985; conf. Cass. nn. 2768/1989, 9688/1995, 8685/2002), e tale azione è parimenti esercitabile, ai sensi dell'art. 36, 4° co., DPR n. 602/1973, nei confronti degli amministratori che hanno compiuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta, precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione ovvero hanno occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili;

1.7. quello verso il liquidatore e l'amministratore è, in conclusione, credito dell'Amministrazione finanziaria non strettamente tributario, ma più che altro civilistico, il quale trova titolo autonomo rispetto all'obbligazione fiscale vera e propria, costituente mero presupposto della responsabilità stessa (5.U. 2767/1989), ancorché detta responsabilità debba essere accertata dall'Ufficio con atto motivato da notificare ai sensi del d.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, avverso il quale è ammesso ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario ex art. 36 cit., penult. e ult. c.c. (Cass. 7327/2012, 11968/2012);

1.8. essa è, sempre, riconducibile alle norme degli artt. 1176 e 1218 c.c. (Cass. 12546/2001), con onere per l'Amministrazione di provare d'avere iscritto i relativi crediti quantomeno in ruoli provvisori, dei quali poter pretendere il pagamento in via sussidiaria nei confronti del liquidatore (Cass. 10508/2008);

1.9. a conclusioni non dissimili si deve giungere anche con riguardo alla posizione del contribuente come socio, in quanto l'art. 36 cit., comma 3, stabilisce che i soci, i quali abbiano ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione danaro o altri beni sociali in assegnazione dagli amministratori o abbiano avuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori durante il tempo della liquidazione, sono responsabili del pagamento delle imposte dovute dai soggetti di cui al primo comma nei limiti
del valore dei beni stessi, salve le maggiori responsabilità stabilite dal codice civile;

1.10. poste tali premesse, va considerato che, nel caso che occupa, non può applicarsi l'art. 36 d.p.r. n. 602/1973, il cui comma 5 prevede che la responsabilità dei soci o dei liquidatori di società estinta debba essere accertata con atto da notificare a norma dell'art. 60 d.p.r. n. 600/73, trattandosi di recupero di sanzioni e accessori dei tributi, e prevedendo l'art. 19 D. Lgs n. 46/1999 che la norma citata si applichi per l'esazione delle sole imposte dirette;

1.11. con riguardo all'art. 2495 cod. civ., è stato inoltre più volte affermato dalla Corte di legittimità il principio secondo cui a seguito dell'estinzione della società, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, viene a determinarsi un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all'ente non si estinguono - il che sacrificherebbe ingiustamente i diritti dei creditori sociali - ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti pendente societate (cfr. Cass., Sez. U, n. 6070 del 12/03/2013; Cass. n. 24955 del 06/11/2013);

1.12. con riguardo alle società di capitali, considerato che il presupposto ( ed il limite ) sulla base del quale i creditori possono riscuotere dai soci e dai liquidatori i crediti vantati nei confronti della società si rinviene nell'aver i soci medesimi riscosso somme in base al bilancio finale di liquidazione o nell'essere stato determinato il mancato pagamento da colpa dei liquidatori, la Corte di legittimità ha affermato il principio secondo cui l'accertamento giudiziale del credito verso la società, anche con forza di giudicato, pur opponibile ai soci ed ai liquidatori, non consente al creditore di far valere il titolo esecutivo ottenuto direttamente nei loro confronti, attesa la necessità di agire in giudizio contro gli uni e, gradatamente, contro gli altri per l'accertamento dei rispettivi presupposti (Cass. n. 4699 del 27/02/2014);

1.13. l'Agenzia delle entrate che, nell'esercizio del potere impositivo, esige dal liquidatore e socio di società di capitali il pagamento del credito vantato nei confronti della società, seppure accertato con sentenza passata in giudicato, deve quindi portare a conoscenza del contribuente, con apposito avviso di liquidazione, le ragioni per le quali egli è tenuto a versare l'imposta accertata in capo alla società, ed in particolare, al fine di porre il contribuente in condizione di contestare la fondatezza della pretesa impositiva, deve indicare gli elementi da cui si evinca che il socio, in sede di liquidazione, ha incassato somme od ha ricevuto l'attribuzione di beni della società ed il valore di questi poiché entro tale limite si apprezza la legittimità della pretesa impositiva, o che il mancato pagamento è dipeso da una colpa dei liquidatori;

1.14. è pacifico che di ciò non vi fosse cenno nell'atto impositivo emesso nei confronti dell'odierno controricorrente, di contro l'accertamento delle circostanze fondanti la responsabilità ex artt. 36 o 2495 cod. civ. comporta un ampliamento del thema decidendum e del thema probandum non consentito (cfr. Cass. n. 19611/2015, in gen.);

1.15. nel caso in esame l'Agenzia non ha invero fatto valere la responsabilità del liquidatore o del socio né ex art. 2495 c.c., né ex art. 36, d.P.R. n. 602 del 1973, nel testo vigente ratione temporis (per le imposte sui redditi), ma, invece, ha direttamente dedotto l'obbligazione tributaria accertata nei confronti della società, notificando, tuttavia, la cartella al ricorrente in proprio (facendo riferimento ad un atto impositivo emesso nei confronti della società);

2. sulla scorta di quanto sin qui illustrato le doglianze della ricorrente devono essere quindi respinte; 3. stante il progressivo consolidarsi del richiamato indirizzo giurisprudenziale, si ritiene sussistano giusti motivi per compensare le spese di lite

PQM

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione,
Sezione Tributaria, in data 21.7.2020


Scarica copia del provvedimento: Cassazione Ordinanza n. 28041-2020

 

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