Civile Ord. Sez. 6 Num. 1518 Anno 2019
Presidente: D'ASCOLA PASQUALE
Relatore: SCARPA ANTONIO
Data pubblicazione: 21/01/2019


ORDINANZA
sul ricorso 2469-2018 proposto da:
BELTRAME ALESSANDRO, rappresentato e difeso ex art. 86 c.p.c. dall'avvocato ALESSANDRO BELTRAME;
- ricorrente -
contro
COMUNE CIVIDALE DEL FRIULI;
- intimato -
avverso la sentenza n. 1362/2017 del TRIBUNALE di UDINE, depositata il 13/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/12/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Svolgimento del processo

L'avvocato Alessandro Beltrame ha proposto ricorso, articolato in tre motivi, per violazione degli artt. 86-91 c.p.c., omesso avverso la "error in procedendo", esame di fatto decisivo ed sentenza n. 1362/2017 resa il 13 novembre 2017 dal Tribunale di Udine.
L'intimato Comune di Cividale del Friuli non ha svolto attività difensive.
Il Tribunale di Udine ha rigettato l'appello dell'avvocato Alessandro Beltrame contro la pronuncia n. 50/2017 resa in primo grado dal Giudice di pace di Udine in giudizio di opposizione a sanzione amministrativa in materia di circolazione stradale. Il primo giudice aveva liquidato in favore dell'opponente vittorioso le sole spese del contributo unificato e non anche gli onorari di avvocato. Il Tribunale ha confermato la
decisione del Giudice di pace, non avendo l'avvocato Beltrame espressamente dedotto, né in ricorso né nei successivi atti di causa, di volersi avvalere della difesa personale, avendo la qualità necessaria per svolgere l'ufficio di difensore.
Il primo motivo di ricorso, per violazione degli artt. 86-91 c.p.c., illustra che la formalistica spendita della qualità di avvocato richiesta dal Tribunale, agli effetti dell'art. 86 c.p.c., non è prevista da alcuna norma di legge, ed evidenzia come la sentenza sia stata resa nei confronti di "Beltrame avv. Alessandro", nonché come il ricorso fosse stato proposto mediante dicitura "il sottoscritto avv. Alessandro Beltrame".
Il secondo motivo censura, in subordine, l'omesso esame degli atti del processo richiamati nel primo motivo.
Il terzo motivo di ricorso lamenta, ancora in subordine, la violazione dell'art. 86 c.p.c. e del "giudicato interno" formatosi sulla circostanza che
l'avvocato Beltrame si fosse difeso in proprio.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all'art. 380-bis c.p.c., in relazione all'art. 375, comma 1, n. 5), c.p.c., il presidente ha fissato l'adunanza della camera di consiglio. Il ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell'art. 380 bis, comma 2, c.p.c.

Motivazione

I tre motivi possono congiuntamente per la loro connessione e si rivelano manifestamente privi di fondamento.
L'attività di difesa svolta nel processo da soggetto abilitato all'esercizio della professione legale ed avente la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, seppur compiuta nel proprio interesse, come è consentito dall'art. 86 c.p.c., ha comunque natura professionale e, pertanto, dà diritto alla liquidazione giudiziale, secondo le regole della soccombenza, dei compensi per la sua prestazione, dovendo il giudice statuire al riguardo, ai sensi degli artt. 91 e ss. c.p.c., anche senza espressa istanza dell'interessato, salvo che lo stesso abbia manifestato la volontà di rinunciarvi (Cass. Sez. 3, 18/09/2008, n. 23847; Cass. Sez. 2, 30/01/2008, n. 2193; Cass. Sez. 1, 27/08/2003, n. 12542 ).

Secondo l'interpretazione di questa Corte, tuttavia, la norma contenuta nell'art 86 c.p.c. suppone che la parte abilitata alla difesa personale dichiari di volersi avvalere di tale facoltà all'atto della costituzione in giudizio, ovvero quanto meno che dichiari di avere la qualità richiesta per lo svolgimento personale dell'attività processuale (arg da. Cass. Sez. 2, 12/12/1978, n. 5898). In particolare, come chiarito da Cass. Sez. 1, 09/07/2004, n. 12680, con principio che va qui riaffermato, nei giudizi in cui è consentita alla parte la difesa personale, ex art. 82 c.p.c., è onere dell'interessato, che rivesta la qualità di avvocato, specificare a che titolo intenda partecipare al processo, poiché (a prescindere dal profilo fiscale), mentre la parte che sta in giudizio personalmente non può chiedere che il rimborso delle spese vive sopportate, il legale, ove manifesti, appunto, l'intenzione di operare come difensore di sé medesimo ex art. 86 c.p.c., ha diritto alla liquidazione delle spese secondo la tariffa professionale.

Nel caso in esame, il Tribunale di Udine ha correttamente affermato che l'avvocato Beltrame, pur avendo il possesso della qualità necessaria ad esercitare l'ufficio di difensore presso il giudice di pace, non avesse informato il giudice e la controparte della scelta effettuata in tal senso, di per sé incidente anche sulla disciplina applicabile alle notificazioni e comunicazioni da eseguire nel corso del procedimento, nonché,
appunto, sulla liquidazione delle spese processuali, non rilevando inequivocamente in tal senso la mera indicazione della qualifica di avvocato contenuta nel ricorso introduttivo.
Il ricorso va perciò rigettato. Non occorre provvedere in ordine alle spese del giudizio di cassazione, in quanto l'intimato Comune di Cividale del Friuli non ha svolto attività difensive.
Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 - 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 4 dicembre 2018.
Pubblicata in data 21.01.2019


 

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