LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI M. Gabriella - Presidente -
Dott. DIDONE Antonio - Consigliere -
Dott. CAMPANILE Pietro - rel. Consigliere -
Dott. CRISTIANO Magda - Consigliere -
Dott. SCALDAFERRI Andrea - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
S.C., - ricorrente -
contro
I.L. - controricorrente -
e contro
I.S.,

avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, n. 4805, depositata in data 19 novembre 2008;
sentita la relazione all'udienza del 10 gennaio 2012 del consigliere Dott. Pietro Campanile;
Sentito l'avv. Arena, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
sentito l'avv. Principe, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del sostituto Dott. Costantino Fucci, il quale ha concluso per l'inammissibilità o per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1 - Con sentenza depositata in data 27 febbraio 2007 il Tribunale di Roma respingeva, nel contraddittorio con la madre naturale, signora S.C., del curatore speciale del figlio e del P.M., l'azione di disconoscimento di paternità avanzata dal signor I.L. nei confronti del minore S., rilevando che non era stato offerto alcun riferimento certo per consentire la verifica circa il rispetto del termine di decadenza previsto dall'art. 244 c.c.
1.1 - Avverso tale decisione proponeva appello l' I., deducendo che la domanda era stata proposta entro il termine di un anno dal rilascio, avvenuto in data _____, della certificazione sanitaria da parte del laboratorio del Policlinico _____, dalla quale aveva acquisito la conoscenza certa dell'insussistenza del rapporto di filiazione.
1.2 - Costituitisi la S. e il curatore speciale del minore che insistevano per la conferma della decisione di primo grado, la Corte di Appello di Roma, con la decisione indicata in epigrafe, espletata consulenza tecnica di ufficio, in riforma dell'impugnata sentenza accoglieva la domanda di disconoscimento di paternità.
A tale conclusione la Corte capitolina perveniva all'esito di una disamina degli interventi normativi e della Corte Costituzionale in relazione alla disposizione contenuta nell'art. 235 c.c., nei quali veniva individuato un tendenziale superamento del favor legitimitatis, cui corrisponde una crescente affermazione del principio della verità naturale, ponendosi altresì in evidenza come il principio della verità biologica sia venuto nel tempo ad assumere i contorni di una componente essenziale dell'interesse dello stesso figlio, sotto il profilo del diritto alla propria identità, in relazione ad un rapporto di filiazione veridico.
Richiamate le pronunce della Corte costituzionale intese a svalutare la primazia dell'adulterio rispetto alla prova tecnica, e rimarcato il dato secondo cui in merito allo stesso adulterio è necessario, ai fini della proposizione della domanda di disconoscimento, un adeguato grado di certezza, si perveniva all'affermazione che l'unico dato obiettivo, dal quale presumere la fondata acquisizione da parte dell' I. dell'insussistenza di un rapporto di paternità sotto il profilo biologico era costituito dai risultati delle analisi eseguite in ambito ospedaliero. Poichè l'azione era stata proposta entro un anno da tale acquisizione, doveva escludersi ogni decadenza ed affermarsi, sulla base dell'inconfutabile esito degli accertamenti peritali, che l'appellante non era il padre di I.S..
1.3 - Per la cassazione di tale decisione la S. propone ricorso, affidato a due motivi ed illustrato con memoria.
Resiste con controricorso l' I., mentre il curatore speciale del minore non svolge attività difensiva.
Con ordinanza del 15 luglio 2011 questa Corte ha disposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti del P.G. presso la Corte di Appello di Roma, che risulta eseguita.

Motivazione

2 - Con il primo motivo si denunciano violazione di norma di diritto e carenza di motivazione sul punto riguardante la data certa del documento "analisi del DNA" rilasciato dal laboratorio del Policlinico ______, sostenendosi che nella decisione impugnata sarebbe carente ogni motivazione in merito alla data del rilascio del certificato, la cui certezza era stata contestata nel giudizio di merito.
Viene formulato il seguente quesito di diritto: "La data da cui decorre il termine di cui all'art. 244 c.c. deve essere "certa", e quella di cui al certificato prodotto dall' I. non ha tale caratteristica, che anzi viene contraddetta dalla stessa indicazione dell' I. nel ricorso, quando afferma che si era recato al laboratorio il giorno stesso indicato nel certificato".

2.1 - Con il secondo motivo si deducono violazione di legge e carenza di motivazione sul punto decisivo riguardante il termine "conoscenza", deducendosi che la dimostrazione della conoscenza dell'adulterio, nella specie desumibile da affermazioni dello stesso attore, il quale aveva dichiarato nel ricorso di aver appreso dalla moglie, durante- un litigio, che la stessa aveva avuto rapporti sessuali con altre persone e che il figlio non era certamente del proprio marito, non poteva farsi desumere dalle successive risultanze degli esami del DNA, richiesti dallo stesso I.
Viene formulato il seguente quesito di diritto: "La data da prendere in considerazione per il decorso del termine di cui all'art. 244 c.c., è quella della "conoscenza". Il Sig. I. aveva dichiarato di aver ricevuto, prima di richiedere la prova del DNA, la confessione da parte della S. che il figlio non era suo e che era anche in possesso di una registrazione di tale confessione fatta a terzi. La confessione è prova principe e pertanto sufficiente per avere la conoscenza di cui all'art. 244 c.c., senza che sia necessaria l'ulteriore situazione ricavata da una prova ematologica assunta al di fuori della legalità".

3 - Evidenti ragioni di priorità sul piano logico-giuridico impongono di esaminare preliminarmente il secondo motivo, in quanto, ove si ritenesse fondata la tesi secondo cui la prova della conoscenza dell'adulterio, ai fini dell'applicabilità dell'art. 244 c.c., non può necessariamente coincidere con l'acquisizione del dato relativo al risultato dell'incompatibilità, ai fini del rapporto biologico di filiazione dei dati di natura genetica, tale aspetto, che costituisce l'ubi consistam della prima censura, rimarrebbe assorbito.
4 - La decisione impugnata affronta il delicato tema del rapporto, in tema di filiazione, fra "favor legitimitatis" e "favor veritatis" alla luce della recente giurisprudenza della Corte costituzionale, pervenendo all'affermazione dell'assoluta prevalenza, anche ai fini della decadenza prevista dall'art. 244 c.c., del dato relativo all'acquisizione della certezza dell'incompatibilità genetica, che non trova riscontro nella giurisprudenza di questa Corte.
Ed invero, ancorchè debba ritenersi che il succedersi degli interventi della Corte costituzionale e di questa stessa Corte costituisca una progressiva e lenta affermazione, anche alla luce dei progressi registrati sul piano tecnico e scientifico, nonchè dei mutamenti intervenuti nel quadro normativo e nella stessa sensibilità sociale in tema di rapporti fra filiazione legittima e naturale (nel senso della tendenziale abolizione di ogni pregiudizievole disfavore nei confronti della seconda), del favor veritatis, rimane coessenziale all'ordinamento l'esigenza di un bilanciamento, in quanto il superamento della finalità, che permeava l'originaria impostazione legislativa, di preservare lo status di figlio legittimo non elide la necessità di garantire i valori inerenti alla certezza e alla stabilità degli status. Come questa Corte ha già affermato, pur a fronte di un accentuato favore per una conformità dello status alla realtà della procreazione - chiaramente espresso nel progressivo ampliamento in sede legislativa delle ipotesi di accertamento della verità biologica - il favor veritatis non costituisce un valore di rilevanza costituzionale assoluta da affermarsi comunque, atteso che l'art. 30 Cost., non ha attribuito un valore indefettibilmente preminente alla verità biologica rispetto a quella legale, ma, nel disporre al comma 4 che "la legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità", ha demandato al legislatore ordinario il potere di privilegiare, nel rispetto degli altri valori di rango costituzionale, la paternità legale rispetto a quella naturale, nonchè di fissare le condizioni e le modalità per far valere quest'ultima, così affidandogli anche la valutazione in via generale della soluzione più idonea per la realizzazione; dell'interesse del figlio. In tale quadro normativo, è manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 2 e 29 Cost., la q.l.c. dell'art. 244 c.c., nella parte in cui prevede un termine decadenziale per la proposizione dell'azione di disconoscimento della paternità, in quanto è del tutto coerente con i principi costituzionali la possibilità che il legislatore ordinario preveda limitazioni nei confronti di detta azione, con riferimento sia ai casi in cui l'azione può essere esercitata, sia ai tempi della medesima (Cass., 19 settembre 2006, n. 20254).
In altri termini, pur dovendosi apprezzare la portata della nota pronuncia della Corte costituzionale n. 266 del 2006, comportante il superamento della prova dell'adulterio come presupposto, ai fini dell'azione di disconoscimento, dell'esame delle prove tecniche da cui risulta che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre, non può prescindersi da una complessiva considerazione del quadro normativo, nel cui ambito l'art. 244 c.c., non interessato dall'indicata pronuncia della Corte costituzionale, nè, per la ragioni indicate, da fondati sospetti di incostituzionalità, svolge la funzione di realizzare l'equilibrio sopra evidenziato.
5 - Questa Corte, in epoca successiva alla richiamata pronuncia della Corte costituzionale, ha già ribadito (Cass., 23 ottobre 2008, n. 25623; Cass., 2 luglio 2010, n. n. 15777) l'esigenza di un coordinamento fra le norme contenute nell'art. 235 c.c. e nell'art. 244 c.c., che prevede un termine di decadenza per la proposizione dell'azione, individuato, a seguito della nota sentenza della Corte Cost. n. 134 del 1985, nel momento della conoscenza dell'adulterio.
Al riguardo si è condivisibilmente rilevato che il termine annuale di decadenza, ai sensi dell'art. 235 c.c., comma 1, n. 3, e art. 244 c.c., comma 2, come emendato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 134 del 1985, decorre appunto dalla data di acquisizione della conoscenza dell'adulterio della moglie e non da quella di raggiunta "certezza" negativa della paternità biologica, sul rilievo che una diversa esegesi del predetto art. 244 c.c., la quale differisse a tempo indeterminato l'azione di disconoscimento, facendone decorrere il termine di proponibilità dai risultati di un'indagine (stragiudiziale) cui non è dato a priori sapere se e quando i genitori possano addivenire, sacrificherebbe in misura irragionevole i valori di certezza e stabilità degli status e dei rapporti familiari, a garanzia dei quali la norma è, invece, predisposta (Cass. 25 febbraio 2005, n. 4090).
Vale bene richiamare, in proposito, i principi affermati da questa Corte sia in relazione alla natura decadenziale del termine previsto dall'art. 244 c.c., che afferisce a materia sottratta alla disponibilità delle parti, così che il Giudice, a norma dell'art. 2969 c.c., deve accertarne ex officio il rispetto, dovendo correlativamente l'attore fornire la prova che l'azione sia stata proposta entro il termine previsto (Cass. 11 febbraio 2000, n. 1512), sia in relazione al significato del termine "scoperta" dell'adulterio, cui si collega il decorso del termine annuale di decadenza fissato dall'art. 244 c.c., quale emendato (in via additiva) attraverso la sentenza della Corte Costituzionale n. 134 del 1985, che va inteso nel senso dell'acquisizione certa della conoscenza (e non come mero sospetto) di un fatto - non riducibile, perciò, a mera infatuazione, o a mera relazione sentimentale, o a mera frequentazione della moglie con un altro uomo - rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro, comunque sessuale, idoneo a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere (Cass. 23 aprile 2003, n. 6477; Cass. N. 25623 del 2008, cit.).
6 -I principi sopra richiamati sono stati totalmente disattesi dalla Corte territoriale, che, accordando un assoluto privilegio al favor veritatis, ha ritenuto che "il termine di decadenza previsto dall'art. 244 c.c. inizi a decorrere da quando il presunto padre è venuto a conoscenza di non esserlo realmente, a prescindere dall'accertamento di infedeltà della moglie", senza considerare la necessità di verificare una conoscenza, nei termini sopra indicati, dell'adulterio da parte dell'attore, sebbene, come incontestabilmente evidenziato dalla difesa della S., in propri scritti difensivi l' I. avesse fatto riferimento a una precedente confessione della moglie in merito all'adulterio e dalla circostanza che il figlio era stato concepito fuori del matrimonio.
Si impone, pertanto, in accoglimento del secondo motivo del ricorso (rimanendo il primo, per le ragioni esposte, totalmente assorbito), la cassazione della decisione impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Roma che, in diversa composizione, applicherà i principi sopra richiamati, provvedendo, altresì, al regolamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso e dichiara assorbito il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati in sentenza.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 10 gennaio 2012.
Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2012


 

Collabora con DirittoItaliano.com

Vuoi pubblicare i tuoi articoli su DirittoItaliano?

Condividi i tuoi articoli, entra a far parte della nostra redazione.

Copyright © 2020 DirittoItaliano.com, Tutti i diritti riservati.