REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETTI Giovanni B. - Presidente -
Dott. AMENDOLA Adelaide - Consigliere -
Dott. SESTINI Danilo - Consigliere -
Dott. SCARANO Luigi A. - rel. Consigliere -
Dott. VINCENTI Enzo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 27435-2012 proposto da:
M.L. elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SABOTINO 46, presso lo studio dell'avvocato CLAUDIO ROMANO, rappresentata e difesa dall'avvocato LIBORIO SABATINO giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
P.L., G.C., considerate domiciliate ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentate e difese dall'avvocato SEMINARA UMBERTO giusta procura in calce al controricorso;
- controricorrenti -
e contro
C.L.;
- intimata -
avverso la sentenza n. 372/2012 della CORTE D'APPELLO di PALERMO, depositata il 14/03/2012 R.G.N. 835/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/07/2015 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito l'Avvocato MAURO SERRA per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco che ha concluso per l'accoglimento del ricorso p.q.r.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 14/3/2012 la Corte d'Appello di Palermo, in accoglimento del gravame interposto dalla sig. P.L., in proprio e nella qualità di legale rappresentante dell'Associazione Sportiva______, nonchè dalla sig. G.C. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Palermo 1/2/2006, ha rigettato la domanda nei loro confronti proposta dalla sig. M. L. di risarcimento dei danni sofferti in conseguenza del sinistro verificatosi il 9 settembre 1992 all'interno del maneggio ______, allorquando, mentre stava ultimando la terza lezione di un corso di equitazione, veniva disarcionata dal cavallo che stava montando, imbizzarritosi per il passaggio nelle vicinanze di alcuni cavalieri al galoppo, riportando gravi lesioni con postumi invalidanti.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la M. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi.
Resistono con controricorso la P., in proprio e nella qualità, e la G.
L'altra intimata non ha svolto attività difensiva.

Motivazione

Con il 2 motivo la ricorrente denunzia "violazione e falsa applicazione" dell'art. 184 c.p.c., nel testo previgente, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 3 motivo denunzia "violazione e falsa applicazione" degli artt. 2050, 2052 e 2049 c.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè "contraddittorietà" della motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Si duole che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto "inammissibili perchè tardive le domande formulate ... con riferimento alla responsabilità disciplinata dagli artt. 2050 e 2052 c.c.", laddove è nel caso applicabile il vecchio rito atteso che "il procedimento per cui è causa è iniziato con un atto di citazione notificato tra il 29.7 e il 19.9.1994", e "l'inquadramento della fattispecie sotto i canoni di cui ai citati articoli è stato espressamente compiuto per la prima volta con la comparsa di costituzione di nuovo procuratore (a firma dell'avv. Giovanni Savigni, aggiuntosi al precedente difensore) depositata all'udienza del 15 febbraio 1999".
Lamenta che contraddittoriamente le fattispecie di responsabilità ex artt. 2050 e 2052 c.c. sono state ciononostante vagliate dalla corte di merito, ed erroneamente ritenute inapplicabili nella specie, laddove la responsabilità ex art. 2050 c.c. è senz'altro applicabile atteso che era allieva principiante, e la controparte non ha dato la prova liberatoria.

I motivi che debbono prioritariamente esaminarsi ponendo questioni logicamente poziori, e che possono essere congiuntamente trattate, in quanto connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare in tema di proposizione di domande nuove, ai fini della relativa ammissibilità nelle cause instaurate anteriormente all'entrata in vigore della L. n. 353 del 1990 l'accettazione del contraddittorio assume decisivo rilievo, in quanto il divieto di domande nuove in primo grado risponde (diversamente che in grado di appello) ad un interesse di tipo privato e non di ordine pubblico, trattandosi invero solamente di stabilire le modalità di detta accettazione (v. Cass., 27/9/2006, n. 20953).
A tale stregua, con riguardo a procedimento come nella specie pendente alla data del 30 aprile 1995, la formulazione di domande nuove è in primo grado ammissibile fino all'udienza di precisazione delle conclusioni, e non anche in comparsa conclusionale (cfr. Cass., 27/7/2004, n. 14121), e il divieto di introdurre una domanda nuova nel corso del giudizio di primo grado non è sanzionabile in presenza di un atteggiamento non oppositorio, della controparte, che integra l'accettazione del contraddittorio (v. Cass., 19/3/2012, n. 4366).

Orbene, avendo nel caso l'attore "invocato in primo grado la responsabilità del convenuto ai sensi dell'art. 2043 cod. civ.", nell'affermare che "il divieto di introdurre domande nuove (la cui violazione è rilevabile d'ufficio da parte del giudice) non gli consente di chiedere successivamente la condanna del medesimo convenuto ai sensi dell'art. 2050 c.c. (esercizio di attività pericolose) o art. 2051 c.c. (responsabilità per cose in custodia) a meno che l'attore non abbia sin dall'atto introduttivo del giudizio enunciato in modo sufficientemente chiaro situazioni di fatto suscettibili di essere valutate come idonee, in quanto compiutamente precisate, ad integrare la fattispecie contemplata da detti articoli (enunciazioni assenti nella fattispecie se si esamina l'atto di citazione di primo grado)", la corte di merito ha invero erroneamente ritenuto tardiva la domanda di condanna ex artt. 2050 e 2052 c.c. per essere stata dalla M. formulata per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni.

Come dedotto dall'odierna ricorrente, emerge dagli atti di causa che in effetti "l'inquadramento della fattispecie sotto i canoni di cui ai citati articoli è stato espressamente compiuto per la prima volta con la comparsa di costituzione di nuovo procuratore (a firma dell'Avv. Giovanni Savigni, aggiuntosi al precedente difensore) depositata all'udienza del 15 febbraio 1999, nella quale alla pag. 2 è esplicitamente dedotto che "per quanto attiene il merito della controversia è indiscutibile che la stessa debba essere inquadrata nell'ambito degli artt. 2050-2052 c.c., con la conseguenza che incombe sulle controparti il gravoso onere di dimostrare nel primo caso di aver adottato tutte le cautele idonee ad evitare il danno, o nel secondo la sussistenza di un caso fortuito assolutamente non governabile. Tra l'altro i convenuti sono stati condannati in sede penale - sia pure mediante il meccanismo previsto dall'art. 444 c.p.c. - proprio per aver omesso di dotare di apposito cancello l'area di maneggio, il che la dice molto lunga sulla sussistenza di una responsabilità effettiva a loro carico. Nella fattispecie sembra applicabile proprio l'art. 2050 c.c. (cfr. comparsa di costituzione del 15.12.1999 a pag. 2, nella quale tuttavia non si escludeva l'inquadramento della vicenda "anche nel più generale ambito dell'art. 2043 c.c.")".

Va sotto altro profilo posto in rilievo che, come questa Corte ha del pari già avuto modo di sottolineare, laddove in caso di allievi più esperti l'attività equestre è soggetta alla presunzione di responsabilità di cui all'art. 2052 c.c. (con la conseguenza che spetta al proprietario od all'utilizzatore dell'animale che ha causato il danno fornire non soltanto la prova della propria assenza di colpa, ma anche quella che il danno è stato causato da un evento fortuito), il gestore del maneggio risponde viceversa quale esercente di attività pericolosa ex art. 2050 c.c. dei danni riportati dai soggetti partecipanti alle lezioni di equitazione qualora gli allievi siano come nella specie principianti, del tutto ignari di ogni regola di equitazione, ovvero giovanissimi (v. Cass., 19/6/2008, n. 16637).

In altri termini, il gestore del maneggio, proprietario o utilizzatore dei cavalli ivi esistenti adibiti allo svolgimento di lezioni di equitazione da parte di allievi, risponde quale esercente di attività pericolosa ai sensi dell'art. 2050 c.c. dei danni riportati dai soggetti partecipanti qualora gli allievi siano cavallerizzi principianti o inesperti (v. Cass., 1/4/2005, n. 6888, ove si è ritenuto il gestore responsabile, per attività pericolosa, dei danni subiti da una giovane, titolare di una attestazione di idoneità psicofisica alla cavalcatura, che era caduta da cavallo nel corso della sua sesta lezione).

Orbene, nel ritenere nel caso applicabile l'art. 2043 c.c., e non già l'art. 2050 c.c., pur movendo dal rilievo che "La giurisprudenza di legittimità non è univoca sulla responsabilità del gestore del maneggio in caso di infortuni durante le lezioni di equitazione. Un precedente orientamento le escludeva dal novero delle attività pericolose ... La giurisprudenza successiva distingue invece tra allievi principianti ed allievi esperti, facendo risiedere su tale distinzione in fatto un diverso paradigma di responsabilità rispettivamente ex artt. 2050 e 2052 con diverse implicazioni probatorie per il preteso responsabile dell'illecito", in ragione del decisivo rilievo assegnato all'erroneamente (alla stregua di quanto sopra rilevato ed esposto) ravvisata circostanza che "le prospettazioni ex artt. 2050 e 2052 c.c. rappresentano una inammissibile mutatio libelli, in quanto formulate nella comparsa conclusionale, privando l'avversario della possibilità della prova liberatoria prevista dalle singole fattispecie (il caso fortuito ex art. 2052 c.c. e l'adozione delle misure volte ad evitare il danno ex art. 2050 c.c.)", la corte di merito ha nell'impugnata sentenza invero disatteso i suindicati principi.

Della medesima, assorbiti gli altri motivi, s'impone pertanto la cassazione p.q.r. in relazione, con rinvio alla Corte d'Appello di Palermo, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati principi applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie p.q.r. il ricorso. Cassa in relazione l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'Appello di Palermo, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2015.
Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2015


 

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