REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI PALMA Salvatore - Presidente -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
Dott. BISOGNI Giacinto - Consigliere -
Dott. DE CHIARA Carlo - Consigliere -
Dott. ACIERNO Maria - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 533/2014 proposto da:
T.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 99, presso lo studio dell'avvocato D'ALESSIO Antonio, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANGELA MARTIRE, GIUSEPPE SQUASSABIA, giusta mandato a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
V.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DARD ANELLI 13, presso lo studio dell'avvocato MILENA LIUZZI, rappresentato e difeso dall'avvocato CARCERERI Franco, giusta mandato a margine del controricorso;
- controricorrente -
e contro
PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA;
- intimato -
avverso la sentenza n. 2409/2013 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA dell'8.7.2013, depositata il 14/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO;
udito per la ricorrente l'Avvocato Giuseppe Squassabia che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

Motivazione

Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis c.p.c.:

"Con la sentenza impugnatala Corte d'Appello di Venezia, in riforma della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da V.D. e T.S., emessa dal Tribunale di Verona, escludeva il diritto al riconoscimento di un assegno divorzile in favore della T., revocava il provvedimento di assegnazione dell'abitazione familiare al V.; compensava le spese di lite del grado.
A sostegno della decisione rilevava che le condizioni economiche e reddituali dei due coniugi erano analoghe, alla luce dell'esame comparativo dei documenti fiscali e degli altri elementi di fatto acquisiti e ritenuti rilevanti. Aggiungeva che la T. aveva iniziato una stabile convivenza more uxorio con un compagno dal quale aveva avuto una figlia con conseguente apporto economico anche dì quest'ultima. Affermava di conseguenza che tali condizioni impedivano il riconoscimento del diritto all'assegno divorzile.
In ordine alla revoca dell'assegnazione dell'abitazione familiare, veniva osservato che tale provvedimento può essere assunto esclusivamente a tutela della prole, nella specie mancante, non potendo essere finalizzata a sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione T. S.
Ha resistito con controricorso V.D.

Nel primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione per omesso esame di fatti controversi e decisivi relativi alla valutazione delle capacità economiche del V., essendosi limitata la Corte d'Appello ad un confronto astratto delle documentazioni fiscali. Nella sentenza impugnata è stata omessa la valutazione dei corposi elementi probatori offerti in primo grado dalla ricorrente.

Il motivo è radicalmente inammissibile sotto entrambi i profili, peraltro, solo astrattamente e genericamente differenziabili, in quanto diretto a proporre una valutazione comparativa degli elementi di fatto acquisiti alternativa rispetto a quella eseguita dal giudice del merito, proponendone in particolare una selezione diversa sotto il profilo della rilevanza da quella posta in essere dalla Corte territoriale.
Deve rilevarsi al riguardo che il giudice del merito non è tenuto ad esplicitare il giudizio d'irrilevanza degli elementi di fatto che non vengono posti a base del giudizio. Il motivo si dipana in un excursus di indici di maggiore capacità economica, meramente indicati idonei ad introdurre una diversa ed inammissibile indagine di merito. (S.U. 24148 del 2013). Va osservato, peraltro, che non sono stati prodotti ex art. 369 c.p.c., i documenti fondati le asserzioni di fatto che compongono il nucleo della censura nè risultano indicati i criteri di reperimento dei medesimi in atto. L'inammissibilità può, pertanto, dedursi anche dal difetto di specificità.

Nel secondo motivo viene prospettata la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, in correlazione con l'art. 2697 c.c., anche sotto il profilo del vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere la Corte d'Appello valutato il fatto che il V. aveva costituito un nuovo nucleo familiare fin dal 2003 utilizzando l'abitazione familiare, mentre la ricorrente era stata costretta a vivere con la madre mentre la recente convivenza more uxorio aveva aggravato le sue condizioni economiche.

Il motivo è inammissibile per le ragioni già esposte nell'esame del primo e per l'irrilevanza rispetto al parametro normativo indicato delle circostanze descritte, dal momento che l'accertamento cruciale riguarda l'inadeguatezza dell'avente diritto non la stabilità della situazione sopravvenuta all'obbligato.

Nel terzo motivo viene dedotta la violazione dell'art. 345 c.p.c., per avere la Corte d'Appello tenuto conto di circostanze quali la convivenza della ricorrente dedotte soltanto nel secondo grado.
In tale procedimento, anche in grado d'appello è del tutto ammissibile la deduzione di circostanze nuove come affermato dalla giurisprudenza di legittimità: "Nel giudizio di divorzio, la domanda di assegno deve essere proposta nel rispetto degli istituti processuali propri di quel rito, quindi dovendo essere necessariamente contenuta nell'atto introduttivo del giudizio ovvero nella comparsa di risposta; tuttavia, deve escludersi la relativa preclusione nel caso in cui i presupposti del diritto all'assegno maturino nel corso del giudizio, in quanto la natura e la funzione dei provvedimenti diretti a regolare i rapporti economici tra i coniugi in conseguenza del divorzio, così come quelli attinenti al regime della separazione, postulano la possibilità di modularne la misura al sopravvenire di nuovi elementi di fatto.(Cass. 3935 del 2012). Peraltro, nel controricorso viene evidenziato e documentato mediante riproduzione degli atti, come i fatti indicati nella censura fossero stati allegati fin dal primo grado.

Nel quarto motivo di ricorso viene dedotta la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in ordine alla compensazione delle spese di lite per entrambi i gradi.

Il motivo viene prospettato anche sotto il profilo dell'art. 360 c.p.c., n. 5. Anche tale censura è inammissibile avendo la Corte adeguatamente giustificato attraverso il richiamo alla soccombenza reciproca il regime prescelto.

In conclusione, ove si condividano i predetti rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile".

Il Collegio condivide la relazione, osservando, in ordine alla memoria depositata da T.S., che, effettivamente, non sussiste la violazione dell'art. 369 c.p.c., avendo la ricorrente effettivamente prodotto e indicato i documenti su cui ancora la censura. Purtuttavia, la memoria continua a non scalfire l'impianto argomentativo proposto nella relazione del Consigliere relatore, atteso che non si ravvisa alcun immotivato scostamento dal quadro fattuale e probatorio ad opera del Giudice di merito, non potendo, per il resto, il Giudice della legittimità censurare la valutazione sui fatti (come è anche quella relativa alla valenza probatoria dei documenti poc'anzi richiamati) della Corte territoriale.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato con applicazione della regola della soccombenza in ordine alle spese processuali.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente procedimento da liquidarsi in Euro 2.100 per compensi, Euro 100 per esborsi oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norme dell'art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 aprile 2015.
Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2015


 

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