LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FELICETTI Francesco - Presidente -
Dott. PROTO Cesare Antonio - Consigliere -
Dott. MANNA Felice - Consigliere -
Dott. BERTUZZI Mario - Consigliere -
Dott. FALASCHI Milena - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.M.L.,
- ricorrente -
contro
T.L., - controricorrente e ricorrente incidentale -
nonchè sul ricorso incidentale proposto dalla stessa resistente nei confronti della ricorrente principale;
avverso la sentenza della Corte d'appello di Genova n. 1259 depositata il 5 dicembre 2007;
Udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 16 marzo 2012 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
uditi gli Avv.ti A. P., per parte ricorrente, e S. S. (con delega dell'Avv.to G. P.), per parte resistente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Finocchi Ghersi Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 1999 T.L. evocava, dinanzi al Tribunale di Chiavari, M.M.L. qualificandosi erede legittima di T.R., deceduta il _______, in quanto nipote della stessa, dichiarando di non riconoscere la validità della scrittura nella quale era stato redatto il testamento olografo della zia, affermando, altresì, che al tempo della apparente data apposta sul documento la stessa non era in grado di esprimere una valida volontà testamentaria sia perchè affetta da arteriosclerosi sia perchè condizionata dal timore di perdere l'assistenza della M.; tanto premesso, chiedeva dichiararsi la nullità, la invalidità ovvero la improduttività degli effetti giuridici ovvero annullare il testamento olografo attribuito a T.R., (apparentemente) datato 23.12.1993 e pubblicato il 6.5.1998 dal notaio Rita Santoro, per l'effetto dichiarare che l'eredità di T.R. era devoluta per legge.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza della M., la quale assumeva di essere anche lei parente di T.R., seppure in grado più lontano rispetto all'attrice, cui aveva prestato assistenza gratuita ed affermava che la stessa era stata capace di intendere e volere fino alla sua morte, il Tribunale adito, respingeva le domande attoree.
In virtù di rituale appello interposto dalla T., con il lamentava l'erroneità della decisione, la Corte di appello di Genova, nella resistenza della appellata, che proponeva anche appello incidentale in ordine alle spese processuali, rigettava il gravame principale e in accoglimento di quello incidentale, poneva a carico della appellante anche le spese del primo grado di giudizio.
Proponeva ricorso per cassazione la T., deducendo due motivi di censura, cui resisteva la M. con controricorso.
Con sentenza n. 7475 del 19.1/12.4.2005, la Corte accoglieva il ricorso e cassava la decisione con rinvio ad altra sezione della Corte distrettuale ligure, affermando il principio che essendo stata nella specie dedotta la probabile falsità dell'autografia del testamento, il cui positivo accertamento avrebbe determinato la inesistenza del documento quale atto di volontà del de cuius, nell'ipotesi di conflitto tra erede legittimo che disconosceva l'autenticità del testamento e chi vantava diritti in forza di questo, l'onere della proposizione dell'istanza di verificazione del documento contestato gravava su quest'ultimo, che doveva servirsene per vedersi riconosciuta la qualità di erede.
Riassunto il giudizio avanti al giudice del rinvio dalla T., nella resistenza della M., la corte distrettuale, limitatamente alla parte cassata, accoglieva l'appello della T. e in riforma della sentenza del Tribunale di Chiavari dichiarava la nullità del testamento apparentemente formato da T.R. il 25.12.1993, pubblicato il 6.5.1998, dichiarando per l'effetto che la eredità della T. era devoluta secondo i criteri della successione legittima.
A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che la rinnovazione del giudizio di appello doveva avere ad oggetto esclusivamente l'accertamento della intervenuta richiesta di verificazione del testamento da parte della M., giacchè gravava sulla stessa il relativo onere probatorio.
Ciò precisato, concludeva che poichè non era stata proposta dalla parte gravata dal relativo onere alcuna istanza di verificazione relativamente al testamento olografo fondante la sua posizione di erede, andava pronunciata declaratoria di nullità del documento con conseguente apertura della successione ex lege, non potendo essere invocata avanti al giudice del rinvio la rilevanza di altro testamento, la cui esistenza sarebbe stata resa nota per la prima volta dall'avv.to G. M. in data 16.3.2006, inammissibile in sede di rinvio, poichè esso non rifletteva un fatto sopravvenuto dopo la sentenza rescindente e sottintendeva una vera e propria domanda nuova, con correlativa esigenza istruttoria, incompatibile con il carattere di chiusura che contraddistingueva il giudizio di rinvio.
Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Genova ha proposto ricorso per cassazione la M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito la T. con controricorso, che ha presentato anche appello incidentale affidato ad un motivo.
La ricorrente ha depositato istanza di trattazione de procedimento ai sensi della L. n. 183 del 2011, art. 26 ed entrambe le parti hanno presentato memorie ex art. 378 c.p.c.

Motivazione

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113 c.c., dell'art. 394 c.c., comma 1, dell'art. 345 c.c., comma 3, e dell'art. 457 c.c., comma 2, nonchè il vizio di motivazione ed error in procedendo in quanto avendo la M. nel giudizio limitato la propria posizione difensiva alla proposizione di eccezioni alle domande ed eccezioni della T., l'introduzione del nuovo testamento non aveva la finalità di formulare una domanda nuova, ma esclusivamente quello di ribadire il suo titolo di successore testamentario, contestato dalla controricorrente. Osserva, inoltre, che erroneamente il giudice di rinvio non avrebbe preso in considerazione fatti nuovi incidenti sulla posizione delle parti (fatta eccezione per quelli che potrebbero formare oggetto di revocazione), ignorando anche le circostanze del ritrovamento del documento fondante la tesi della parte ricorrente. Prosegue parte ricorrente nel ritenere la indispensabilità della nuova produzione ai fini della decisione sulla contraria pretesa della T., in ossequio al dettato di cui all'art. 457 c.c., comma 2.
Premesso che il documento prodotto non mirava ad introdurre una domanda nuova, ma a dimostrare la qualità di erede testamentaria della T., preclusiva dell'apertura della successione legittima, la conclusione accolta dalla corte distrettuale è viziata da errore di diritto, perchè contrasta con l'ormai consolidato e risalente orientamento della giurisprudenza di questa corte, puntualmente richiamato nel ricorso e nella memoria della M.
Invero, già con la sentenza delle Sezioni Unite n. 1104 del 4 maggio 1963 si era stabilito che, in deroga al principio secondo cui nel giudizio di rinvio non è ammessa la produzione di nuovi documenti, salvo che ricorra l'ipotesi considerata dall'art. 394 c.p.c., comma 3, ultima previsione, (necessità di nuove conclusioni per effetto della sentenza che ha disposto il rinvio), la produzione medesima deve ritenersi ammissibile qualora si tratti di documenti decisivi, che la parte non aveva potuto produrre nella precedente fase del giudizio per causa di forza maggiore; la quale sussiste anche quando la parte abbia, senza sua colpa, ignorato l'esistenza o il luogo in cui i documenti si trovavano fino alla data di assegnazione a sentenza della causa definita con la pronuncia successivamente annullata (con rinvio) dalla Cassazione. A giustificazione di tale "deroga" le Sezioni Unite di questa Corte, dopo aver osservato che il motivo di revocazione previsto dall'art. 395 c.p.c., n. 3, trova la sua ratio nell'"interesse al ripristino della giustizia sostanziale", considerato dalla legge "prevalente rispetto alla certezza del diritto, che indurrebbe a mantenere ferme le decisioni di merito non più censurabili", hanno persuasivamente ritenuto che lo stesso principio induce, "a maggior ragione", ad ammettere che, "qualora una violazione della giustizia sostanziale sia per essere consumata per effetto di una preclusione nella quale la parte sia incorsa senza alcuna sua colpa, la preclusione medesima non possa operarsi", giacchè l'urgenza di evitare intralci o ritardi alla definizione del processo (cui è preordinato il divieto di produzione di nuovi documenti nel giudizio di rinvio), "è meno imperiosa di quella della certezza del diritto e quindi non può non essere sacrificata, come lo è quest'ultima con l'impugnazione per revocazione, al fine di evitare una decisione ingiusta...".
Questi concetti sono stati ripresi e ribaditi nella successiva sentenza delle Sezioni Unite Civili n. 3349 del 20 novembre 1971 (pronunciata nella stessa causa), nella quale si è richiamata anche "la regola dell'economia dei giudizi" a sostegno della tesi secondo la quale, ricorrendo "i presupposti dell'art. 395 c.p.c., n. 3", è possibile "dare ingresso a nuovi documenti", in sede di rinvio, "invece di far luogo ad un successivo procedimento per revocazione".
Particolarmente importante in quest'ultima sentenza è l'affermazione che in tal caso è ammissibile non soltanto la produzione di una "documentazione nuova", dimostrativa di vicende rilevanti ai fini del decidere, ma anche la "prospettazione di una nuova ragione giuridica, basata su deduzioni di fatto in parte nuove", perchè afferente ad una "questione di merito proposta ab origine" e non preclusa per effetto di precedente pronuncia giurisdizionale.
Nel solco di questo ordinamento si pongono le sentenze n. 8454 del 18 novembre 1987 e n. 116 del 15 gennaio 1990: nella prima, premesso che nel "giudizio tendenzialmente chiuso" di rinvio è - di regola - preclusa la proposizione "di nuove domande ed eccezioni, di nuove prove, di conclusioni diverse, intese nell'ampio senso di nuove attività assertive o probatorie, e sinanche di nuove produzioni documentali", si riafferma che tale principio non opera quando "la tardività della produzione... sia ascrivibile a casi di forza maggiore che giustificherebbero la revocazione della sentenza"; nella seconda delle citate pronunce si ammette poi la possibilità che il giudice di rinvio prenda in considerazione "fatti nuovi incidenti sulla posizione delle parti e sulle loro pretese, senza con ciò violare il divieto, di esaminare punti non prospettati dalle parti nelle fasi precedenti, a condizione che si tratti di fatti impeditivi, estintivi o modificativi intervenuti in un momento successivo a quello della loro possibile allegazione nelle fasi pregresse del giudizio di merito". La sentenza impugnata, dunque, non ha fatto corretta applicazione dei detti principi ritenendo l'inammissibilità della prova documentale che la ricorrente aveva chiesto di acquisire e relativa a documenti che l'istante non avrebbe potuto produrre nelle precedenti fasi di merito in quanto concernente un altro testamento, la cui esistenza sarebbe stata resa nota alla M. dall'Avv.to G. M. in data 16.3.2006, con lettera con la quale egli comunicava che "nello sfogliare il fascicolo della successione - della fu T.R. per l'archiviazione", rinveniva un secondo testamento olografo, a suo tempo affidatogli dalla testatrice.
Per cui trattandosi di documento che non poteva essere esibito nelle pregresse fasi del giudizio, in quanto ritrovato da terzo solo nel 2006, andava accertato se ricorresse l'ipotesi di forza maggiore che ne legittima l'acquisizione anche nel giudizio di rinvio.
Il principio di diritto vigente è, dunque, il seguente: "Nel giudizio d'appello riassunto su rinvio dalla Corte di cassazione si possono produrre nuovi documenti che non si siano potuti produrre in precedenza per causa di forza maggiore".
Poichè la sentenza d'appello adottata in sede di rinvio non s'è attenuta a tale principio, essa va cassata.
La riconosciuta fondatezza del primo motivo d'impugnazione del ricorso rende superfluo l'esame della seconda censura, con la quale s'ipotizzano la violazione e la falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. e del combinato disposto degli artt. 214 e 216 c.p.c., nonchè dell'art. 2702 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, nonchè l'omissione della motivazione della sentenza impugnata su punti decisivi della controversia. Essa resta, pertanto, assorbita.
Del pari è assorbito l'unico motivo del ricorso incidentale, con il quale viene denunciata la violazione di legge rispetto alla regolazione delle spese processuali.
In conclusione, la sentenza va cassata ed il giudice di rinvio - che si designa in una diversa Sezione della Corte di Genova - si uniformerà all'enunciato principio di diritto e procederà al riesame della controversia compiendo gli accertamenti di cui si è detto.
Allo stesso giudice di rinvio viene rimessa la statuizione sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo motivo ed il ricorso incidentale; cassa e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Genova, anche per le spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2A Sezione Civile, il 16 marzo 2012.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2012


 

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