REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D'APPELLO DI NAPOLI
Sezione III civile
La Corte d'appello di Napoli, sezione III civile, così composta:
dott. Maria Teresa Mondo - Presidente -
dott. Giulio Cataldi - Consigliere -
dott. Francesco Notaro - cons. rel. est.-
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa recante il numero di ruolo 1653 registro affari contenziosi per l'anno 2010, avente ad oggetto appello avverso la sentenza n.2731/2009, pubblicata in data 3.3.2009, del Tribunale di Napoli, non notificata
TRA
_____ s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t. ____, come in forza dei poteri indicati in epigrafe dell'atto di appello, rappresentato e difeso dagli avv. ________ giusta procura stesa a margine dell'atto di appello, elett.nte dom.to presso lo studio di quest'ultimo in Napoli, via ____
- Appellante -
E
_______ e ______, rappresentati e difesi dall'avv. Antonio Chicoli giusta procura stesa a margine della comparsa di risposta ed elett.nte dom.ti presso di lui in Napoli, in via Toledo n.106
Appellati

Conclusioni
All'udienza del 13.5.2015 le parti si riportavano ai rispettivi atti e alle conclusioni già in precedenza rassegnate.

Svolgimento del processo

Il tribunale di Napoli, in primo grado, con la sentenza indicata in epigrafe, decidendo sulla domanda proposta da _____, nei confronti della ____ spa, volta ad ottenere la declaratoria di nullità, o invalidità, anche per annullabilità, ovvero di inadempimento della convenuta, in relazione all'ordine di acquisto di bonds Parmalat Finance Corporation BV 2004 5,25% del 4.6.2003, disposto su indicazione di un impiegato della Banca _____ s.p.a, poi incorporata nella _____, in violazione di quanto dettato dal TUF e dei doveri di correttezza e buona fede, oltre che per illeciti contrattuali, accoglieva la stessa, ritenendo sussistente la violazione degli artt. 21 TUF e 27 del regolamento Consob per essere stata l'operazione effettuata trovandosi la banca, già facente parte del gruppo _____ dal 1999, in posizione di conflitto d'interessi, senza che ciò fosse stato indicato, come previsto da tale ultima disposizione, agli investitori. Nello specifico rilevava che, in virtù di quanto prescritto dall'art. 27 cit., il conflitto sussisteva anche se derivante da rapporti di gruppo, dalla prestazione congiunta di servizi o altri rapporti di affari propri o della società del gruppo e che la ____ del cui gruppo la Banca ____ faceva parte, era, all'epoca in cui era stato disposto l'ordine, già fortemente esposta nei confronti del gruppo Parmalat, costituendo, inoltre, adeguata spia dell'esistenza del conflitto, la qualità più volte assunta, in capo alla ____ di lead manager e di emittente o collocatore a seguito di acquisto ed assunzione a fermo. Non rappresentando la violazione ascritta alla convenuta ragione di nullità o annullabilità del contratto, ma avendo questa, sebbene in assenza di domanda di risoluzione, richiesto la declaratoria di inadempimento e conseguente risarcimento del danno, il tribunale, ritenuta assorbita, per detto motivo, la domanda riconvenzionale di restituzione dei titoli, liquidava il danno sulla base della disposta c.t.u., condannando la _____ al pagamento in favore degli attori della somma di euro 128.373,00 ciascuno, di cui euro 7.627,00 a titolo di maggior danno per frutti non percepiti, oltre interessi dalla pubblicazione della pronuncia, nonché spese di lite come liquidate in dispositivo.

Avverso detta pronuncia proponeva appello la ____ spa, alla cui lettura si rimanda quale parte espressa della presente decisione, lamentando, in estrema sintesi, l'erroneità della decisione con cui era stata affermata la sussistenza del conflitto di interessi, avendo, peraltro, la Banca ____ e non essa _____, posto in essere l'operazione allo stesso modo in cui si sarebbe perfezionata per titoli emessi da qualsiasi altro soggetto, considerato che questi erano stati reperiti sul mercato, a fronte del percepimento della semplice commissione, mentre la posizione di Lead manager assunta in altre occasioni poteva assumere rilevanza solo nella prima collocazione dei titoli. Contestava, inoltre, che essa ____ e la Banca ____ avessero interesse a consigliare I'acquisto dei titoli in questione e che potessero essere a conoscenza dell'imminente insolvibilità della società Parmalat. Evidenziava, ancora, che l'inversione dell'onere probatorio poteva valere per le violazioni in materia di diligenza dell'intermediario, ma non per la dimostrazione della sussistenza del nesso causale, andando a carico dell'investitore la prova che non avrebbe dato corso all'ordine se adeguatamente informato, senza che nel caso in esame nulla fosse stato dedotto e provato al momento in cui l'ordine era stato eseguito. Si doleva, infine, della liquidazione del danno, posto che, da un lato, I'impossibilità di recuperare il valore dei titoli non era stata definitivamente accertata, dall'altro quanto riconosciuto per maggior danno non era stato richiesto, in violazione dell'art. 112 c.p.c.; aggiungeva che, in presenza della proposta di concordato approvata, gli attori non si erano insinuati al passivo della procedura, dal che la domanda doveva essere rigettata sotto il profilo del comma 2 dell'art. 1227 c.c., trattandosi di pregiudizio che gli attori avrebbero potuto evitare, secondo normalissima diligenza; che il tribunale avrebbe dovuto in ogni caso tenere conto che gli attori avevano percepito la cedola per un valore di euro 4.593,75, che andava detratta dalla quantificazione, mentre andava considerata la condotta dei _____ in violazione del divieto di venire contra factum proprium, sicché ogni eventuale danno era stato cagionato dagli stessi attori ex art. 1227 comma 1 c.c.. Chiedeva. pertanto, in riforma della sentenza impugnata, previo accoglimento di tutte le eccezioni e richieste, anche istruttorie, il rigetto della domanda avversaria, con condanna degli appellati alla restituzione di quanto corrisposto in esecuzione della sentenza gravata, nella misura di euro 136.257,30, oltre interessi e maggior danno da svalutazione.

Si costituivano gli appellati, i quali resistevano all'impugnazione, contestando i relativi motivi e proponevano, in caso di accoglimento totale o parziale dell'impugnazione principale, quello che rubricavano come "Appello incidentale", con cui richiamavano ogni altra difesa e richiesta spiegate in prima istanza, nel dettaglio precisate sul finire di pag. 47 e nella successiva pag. 48. Concludevano, conseguentemente, per il rigetto dell'appello, con conferma della sentenza impugnata; riguardo all'"appello incidentale", accogliere le richieste avanzate in primo grado, anche istruttorie, con condanna della parte appellante ex art. 96 c.p.c., per lite temeraria, e liquidazione secondo equità, vinte le spese del doppio grado con attribuzione.

All'udienza del 13.5.2015 la causa veniva riservata a sentenza con la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.

Motivazione

Tanto premesso, per pregiudizialità logica deve essere esaminata la questione che le parti appellate paiono adombrare in merito al fatto che, come rilevato incidentalmente dal c.t.u., non vi sarebbe prova della contestualità delle sottoscrizioni relative alla stipulazione del cd. contratto quadro, posto che agli atti del fascicolo degli attori ____ vi sono le copie, a questi ultimi rilasciate, dei contratti recanti la sola sottoscrizione della banca, ma non la loro, mentre al fascicolo della _____ vi è soltanto la copia di una pagina con la sottoscrizione di _____, circostanze che non permetterebbero di affermare che per la validità del contratto - la cui redazione è prevista in forma scritta ad substantiam - le firme siano state apposte contestualmente.

Osserva la corte che la questione debba essere decisa sulla base del principio di non contestazione, alla stregua del quale non necessitano di prova i fatti che non sono mai stati posti in dubbio dalle parti, il quale già prima della modifica inserita nel corpo dell'art. 115 c.p.c., improntava di sé l'ordinamento processuale (vds. Cass. n.761 del 2002), principio da adattarsi al case di specie, coordinandolo con quello dell'onere gravate sulle parti medesime della puntuale allegazione dei fatti da provare.
Nel caso in esame, infatti, al di là della condivisibilità o meno della tesi che ritiene che la produzione in giudizio dell'atto da parte del soggetto del quale manca la firma equivarrebbe a sottoscrizione - tesi. peraltro, proprio laddove la forma dell'atto sia richiesta ad substantiam, inficiata, nelle conseguenze cui vorrebbe approdare, dagli ulteriori corollari affermati dalla giurisprudenza di legittimità che farebbe risalire, in maniera del tutto incongrua, I'esistenza della sottoscrizione ex nunc, con l'effetto di non dare copertura, nei contratti di durata come quello che qui interessa, all'esecuzione del regolamento negoziale -ritiene la corte che la mancata produzione, nel fascicolo di parte convenuta di analogo documento recante le firme dei ____ non dimostra affatto che non vi sia stata contestualità delle sottoscrizioni, ma solamente che la circostanza non abbisognava di prova, posto che alcuna delle parti aveva sostenuto che il contratto quadro in questione non fosse stato sottoscritto da entrambe al momento della sua stipulazione.

Ciò premesso e passando all'esame dell'impugnazione principale e, segnatamente, alla questione sulla base della quale il tribunale ha deciso la controversia, rinvenendo l'esistenza dell'ipotesi di un conflitto di interessi non segnalato da parte della Banca ____ nel ricevere e dare esecuzione all'ordine di acquisto dei bonds Parlamat Finance Corporation BV 04 5.25%, ritiene la corte che il motivo debba essere condiviso, ma che ciò, avendo riproposto gli appellati le domande e quindi i profili di illegittimità dei comportamenti tenuti dalla banca in violazione del TUF, non conduca all'accoglimento del gravame in termini di esonero da responsabilità dell'originaria convenuta.

Circa la sussistenza di un'ipotesi di conflitto di interessi il primo giudice l'ha fatta discendere, in primis ed in via per così dire, generale, posto che sembra prospettato come criterio interpretativo di fondo dei rapporti tra i gruppi, della circostanza che il Gruppo ____ di cui faceva parte, sin dal 1999, anche la banca negoziatrice dei titoli de quibus - "era ampiamente esposto nei confronti del Gruppo Parmalat", per usare i termini adoperati dal c.t.u.

Sul punto questa stessa sezione ha già avuto modo di rilevare in altra occasione che l'assunto, nei termini generici con cui viene rappresentato e in assenza di una valutazione condotta in concreto in relazione alla singola operazione - non dimenticando che al riguardo non rileva l'inversione dell'onere della prova previsto dall'art. 23 TUF - non può essere considerato quale elemento per far ritenere esistente il conflitto di interessi di cui all'art. 27 reg. Consob.
Invero, era stato osservato al riguardo, con argomentazione che questo collegio ritiene integralmente di condividere, che:
"Non sussiste...ad avviso di questa Corte, il lamentato conflitto di interessi.
L'appellata ha ravvisato tale conflitto nel fatto che la banca contraente.... al momento della sottoscrizione dei titoli fosse creditrice della [ ] per ingentissimi importi: da ciò, a suo dire, l'interesse della banca convenuta a "piazzare" sul mercato titoli del gruppo Parmalat, in modo da finanziarlo in vista della restituzione di quell'ingente debito.
Si tratta di assunto infondato.
Ed infatti, a prescindere dal rilievo da attribuire al fatto che il conflitto ipotizzato non coinvolgeva direttamente le società coinvolte nel contratto di cui si tratta, ma altre società degli stessi gruppi (ma, si noti, il conflitto rilevante ai sensi dell'art. 27 del reg. Consob può "derivare anche da rapporti di gruppo") nel caso di specie ad avviso di questa Corte non sussiste il conflitto.
Le previsioni in tema di conflitto di interessi del citato art. 27, così come quella del'art. 21 lett. c) del d.lgs., appaiono delle mere specificazioni della generale disposizione dell'art. 1394 c.c. Ebbene, nell'interpretare la norma, la Suprema Corte ha chiarito che "il conflitto d'interessi idoneo, ai sensi dell'art. 1394 c.c. a produrre l'annullabilità del contratto, richiede l'accertamento dell'esistenza di un rapporto d'incompatibilità tra gli interessi del rappresentato e quelli del rappresentante, da dimostrare non in modo astratto od ipotetico ma con riferimento al singolo atto o negozio che, per le sue intrinseche caratteristiche, consenta la creazione dell'utile di un soggetto mediante il sacrificio dell'altro" (cfr. Cassazione civile sez. III, 30 maggio 2008, n.14481).

Conseguentemente, la giurisprudenza, in tema di intermediazione finanziaria, ha spiegato che "il conflitto di interessi si sostanzia in una situazione specifica, data dall'incompatibilità obiettiva dell'interesse dell'intermediario rispetto a quello del cliente. Non è sufficiente a tal fine la mancata conformità del comportamento dell'intermediario all'interesse del cliente" (Corte appello Milano, 25 gennaio 2008). In altre parole, ciò che va valutata è la posizione in cui l'intermediario finanziario - in quanto rappresentante del cliente - si trova rispetto alla singola operazione. E' dunque con riferimento a questa che deve sussistere l'interesse contrastante dell'intermediario, come avviene, ad esempio, nei casi di negoziazione di titoli in contropartita diretta, vale a dire già appartenenti al portafoglio titoli dell'intermediario, che assuma dunque la contemporanea posizione, concretamente in conflitto, di rappresentante dell'acquirente e di venditore.
Non rileva, invece, a questi fini, il mero indiretto vantaggio che il rappresentante possa ricevere dalla conclusione del contratto, vantaggio legato ad altri e differenti rapporti che, contemporaneamente, abbia con l'emittente dei titoli o altra società del gruppo: una siffatta situazione non dà luogo a quella incompatibilità di posizioni che sola, come detto, dà luogo al fenomeno vietato (o consentito solo a determinate condizioni) dalla normativa di settore. Del resto, a seguire la tesi dell'appellata, a fronte dell'emissione di prestiti obbligazionari da parte di grandi gruppi industriali, le banche incaricate dagli investitori di procedere all'acquisto dei titoli verrebbero a trovarsi spesso (o addirittura sempre) in situazione di conflitto, in ragione della normale esposizione debitoria dei gruppi stessi con l'intero ceto bancario; ma, evidentemente, non è questa la situazione di disarmonia tra le parti di cui il legislatore si è preoccupato e che ha tentato di prevenire e reprimere con le norme di cui qui si discute" (così Corte di appello di Napoli, sez. III, Presidente Giordano, cons. rel. est. Cataldi, a definizione dei procedimenti 4150/2006 + 2277/08).

Ma non può rilevare al detto fine neppure l'ulteriore circostanza evidenziata dal c.t.u. e fatta propria dal tribunale, in virtù della quale la società ____ è stata "in più di un'occasione lead manager nell'emissione di prestiti obbligazionari di società del Gruppo Parmalat".
E' stato documentato che ciò è stato certamente vero per il collocamento di obbligazioni nell'anno 2000, quindi circa tre anni prima dell'emissione dei titoli per i quali è causa, ma non è stato affatto prospettato che analoga posizione di lead manager è stata assunta da ___ in relazione a questi ultimi.
In proposito ritiene la corte che debba indubbiamente affermarsi, in sintonia con quanto argomentato sia in dottrina, che nella prevalente giurisprudenza di merito, che la circostanza secondo la quale, in precedenza, per l'emissione di obbligazione, la società abbia rivestito il ruolo de quo, non rileva ai fini dell'individuazione di una situazione di conflitto, quando i titoli in questione risultano acquistati dal cliente sul mercato secondario; infatti, l'eventuale giovamento per la società emittente di una cospicua vendita dei titoli si esaurisce, nella fase di collocamento, giacchè ogni ulteriore circolazione del titolo, non porta un ulteriore giovamento.
Nel caso in esame dove, si ripete, peraltro ___ non aveva assunto direttamente la posizione di lead manager - nella stessa relazione del c.t.u., come correttamente rileva la difesa dell'appellante, è stato rimarcato che si è trattato di negoziazione per conto terzi, avendo, pertanto, la banca intermediaria, in relazione all'ordine ricevuto dai ____, reperito sul mercato i titoli, ricevendo, quale utile, "semplicemente" una commissione per la negoziazione, che sempre il medesimo c.t.u. ha osservato essere stata "in linea con le condizioni riportate nei contratti di deposito titoli allegato all'atto di citazione", non essendo d'altro canto emerso che la commissione praticata sia stata maggiorata rispetto a quelle che erano le specifiche condizioni di mercato.

Sicché, se si pensa che costituisce principio consolidato quello per il quale non sussiste, di regola e salva la prova del contrario che grava sull'investitore, conflitto di interessi persino nell'ipotesi in cui l'intermediario abbia negoziato in partita diretta titoli esistenti nel proprio portafogli, laddove abbia percepito una commissione in linea con quelle praticate sul mercato per quegli stessi titoli, deve, del pari, condividersi l'argomentazione spesa dall'appellante che "l'operazione si è perfezionata per il titolo in questione allo stesso modo in cui si sarebbe perfezionata per titoli emessi da qualsiasi altro soggetto e non poteva venire in rilievo - sia in senso teorico che pratico - alcun interesse della banca confliggente con la doverosa tutela degli interessi dell'investitore".

Ciò dovrebbe condurre all'accoglimento dell'appello, per non esservi stata alcuna violazione dell'art. 27 Reg. Consob.
Ma gli appellati, sebbene rubricandole sub specie di appello incidentale, ripropongono tutte le specifiche questioni che avevano allegato a supporto della domanda originariamente introdotta ai fini dell'affermazione della responsabilità risarcitoria della banca convenuta (riproposizione, che, avendo il tribunale accolto la domanda sulla base dell'esistenza del conflitto di interesse, erano state ritenute assorbite, senza per questo essere state esaminate, sicchè si tratta di mera riproposizione ai sensi dell'art. 346 c.p.c.).
Come anticipato, ritiene la corte che l'accoglimento del motivo di impugnazione principale non determini la reiezione della domanda proposta dai _____ in primo grado, dovendo, comunque, essere affermata la responsabilità dell'odierna appellante per aver violato, in via assorbente, l'obbligo di cui all'art. 28, comma 2 reg. Consob.
Invero, sul punto appare opportuno partire da quanto posto in risalto dal c.t.u. in merito alla effettiva "profilatura" dei ____ sulla base degli investimenti in essere nel proprio portafoglio titoli.
L'ausiliare evidenziava come si evinceva "chiaramente che il 99% del portafoglio era costituito da Titoli di Stato e Obbligazioni Corporate, o meglio Large Corporate, denominate Euro ed emesse da grandi società/colossi di potenze mondiali dell'Unione Europea e appena l'1% da titoli azionari, tra l'altro non "altamente rischiosi" (in quanto emessi da Corporate Italia)..."; che "un portafoglio titolo altamente rischioso è un portafoglio costituito in prevalenza da titoli azionari speculativi e/o da obbligazioni emessi da paesi in via di sviluppo/emergenti, non certo Investment Grade, non certo Large Corporate Area Euro", dal che "In definitiva i ____ siano investitori con una non elevata propensione al rischio", diversamente da quanto riportato nella "profilatura" effettuata dalla banca convenuta.

Occorre considerare, in linea con la giurisprudenza di legittimità oramai consolidatasi, che anche laddove fosse provato che l'investitore, ha, in passato, praticato investimenti denotanti alta propensione al rischio, costituisce principio acquisito quello secondo il quale, trattandosi di investitori non qualificati - e la banca appellante non nega certo che i ____ non fossero non qualificati, sostenendo semplicemente che avevano un'elevata esperienza di investimenti - non vengono meno gli obblighi informativi previsti dal reg. Consob e per quel che qui interessa dal comma 2 dell'art. 28, circa la natura, i rischi e le implicazioni della specifica operazione che si intende porre in essere, giacchè, in caso contrario, comunque non si può ritenere che il cliente abbia effettuato una scelta consapevole sul tipo di investimento praticato.

Sicchè non è sufficiente la mera descrizione dell'operazione, nè la semplice avvertenza che si limiti a far generico riferimento all'inadeguatezza dell'operazione rispetto alle informazioni ricevute, dovendo l'idoneità dell'informazione essere valutata in stretta correlazione con l'adeguatezza dell'operazione, oltre che in relazione alle caratteristiche soggettive del cliente.
L'informazione, pertanto, non può mai mancare, così come le modalità di esplicitazione delle informazioni sulle caratteristiche e sull'adeguatezza della specifica operazione richiesta; queste possono variare a seconda che l'intermediario abbia a che fare con un investitore occasionale, ovvero con un risparmiatore aduso all'impiego del denaro in valori mobiliari, oppure ancora con un esperto speculatore, ma l'intermediario non può non assolvere agli oneri informativi previsti in relazione alla specifica operazione di investimento che si debba di volta in volta porre in essere.
Inoltre, ad avviso della corte, non appare superfluo rimarcare come l'obbligo in questione, proprio perché è rivolto a regolare la singola operazione, non può ritenersi assolto attraverso la mera sottoscrizione di moduli prestampati che contengano avvertenze di tipo stereotipato, senza che, perciò, sia stata documentata la concreta informazione ricevuta, tale cioè da soddisfare le specifiche esigenze del singolo rapporto, viepiù nel caso in cui, come quello in esame, emerga che, contrariamente a quanto oggetto di "profilatura" - della quale, non si dimentichi, l'intermediario ha il dovere di verificare sempre la rispondenza agli investimenti concretamente praticati -- le operazioni finanziarie poste in essere denotano una volontà di perseguire investimenti sostanzialmente di tipo o conservativo o, comunque, tendenti ad assicurare profili di rischio non elevato.

A fortiori, è evidente che vanno fornite informazioni corrette sul titolo acquistato.
Orbene, l'ausiliare ha evidenziato - ma la circostanza, d'altro canto, non viene negata dalla banca appellante - che il titolo in discorso è stato emesso da una società olandese del gruppo Parmalat, quotato sul mercato regolamentato lussemburghese e non su quello italiano; la società emittente era soggetta alle norme del diritto olandese e, in particolare, non era sottoposta ai limiti di emissione delle obbligazioni previsti dalla legislazione italiana e dall'allora vigente art. 2410 c.c., in base al quale la società non può emettere obbligazioni al portatore o nominative per somme eccedenti il capitale versato ed esistente secondo l'ultimo bilancio approvato, essendo invece, emerso un indebitamento da bonds per 4.939 milioni di euro, a fronte di un capitale sociale di 1.250 milioni di euro, sicché in Italia non avrebbe potuto emettere prestiti di tale ammontare; inoltre, con la quotazione in un mercato regolamentato non italiano, questo non era sottoposto alla vigilanza e alla disciplina della Consob.
Da ciò deriva che, già in termini di valutazione sulla qualità specifica dell'investimento, poco importa che il titolo avesse un rating simile ad altri strumenti praticati dai ____, i quali non partecipavano delle caratteristiche appena riportate, oltre ad essere riferiti, diversamente da quello acquistato, a "grandi società/colossi di potenze mondiali dell'UE o Corporate Italia".

Alla luce di quanto appena rilevato, per quel che concerne la carenza di informazioni sulle caratteristiche specifiche del prodotto acquistato, ritiene la corte, in virtù anche di quanto disposto dall'art. 23, 6° comma, del T.U.F. circa, in questo caso, l'onere gravante sull'intermediario di dare la prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta, che la banca non ha fornito elementi di fatto capaci di sottoporre a confutazione quanto denunciato dagli attori, non risultando la prova documentale, in relazione al "contenuto" degli ordini prodotti, idonea all'assolvimento degli obblighi di comportamento sulla stessa gravanti.
Pur nella presenza del documento informativo sui rischi generali previsto dal TUF al momento della stipulazione del contratto quadro, gli ordini relativi all'investimento in concreto praticato si presentano evidentemente carenti in relazione all'attività di informazione sulla specifica operazione, sulla natura stessa del titolo e sul conseguente grado di rischio dell'investimento, oltre che del tutto incerti riguardo alle modalità con cui l'ordine è stato raccolto ed eseguito, e se sia stata effettuata o meno una valutazione dell'adeguatezza dell'operazione al profilo soggettivo degli investitori.
Infatti, per quel che concerne l'ordine effettuato da _____ - che di per sé risulta singolarmente, anche nella modulistica, differente da quello di ___, circostanza che lascia intendere ragionevolmente che si sia trattato del mero recepimento della sottoscrizione, vi è una prima dichiarazione riguardante l'avere il sottoscrittore/sottoscrittori "ricevuto le informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni del presente ordine", etc., cui segue, senza che sia stato lasciato spazio per la firma riferita alla prima dichiarazione, quella ulteriore "dichiaro/dichiariamo di intendere di dare corso all'operazione richiesta nonostante mi/ci abbiate avvertito di non ritenere opportuno procedere alla sua esecuzione in quanto la stessa non appare adeguata per:", a sua volta seguita da quattro caselle ("tipologia", "frequenza", "oggetto" e "dimensioni"), delle quali alcuna è stata sbarrata, con successiva doppia sottoscrizione.
Mentre in quello riferito a ____, come anticipato, il modulo è parzialmente diverso, presentando soluzione di continuità la prima dichiarazione rispetto alla seconda, con apposizione di firme separate al di sotto della singola dichiarazione.

Orbene, riguardo alla prima dichiarazione, quella relativa alle informazioni ricevute sulla specifica natura dell'operazione, non può non rilevarsi che si versa proprio in ipotesi di dichiarazione del tutto stereotipata, che nulla dice circa l'effettivo contenuto di quanto rappresentato, per quel che maggiormente conta circa la natura di società estera dell'emittente, del mercato dove il titolo era quotato, diverso da quello italiano, con le segnalate implicazioni riguardanti la disciplina applicabile, oltre che della situazione finanziaria complessiva dell'emittente.

In relazione alla seconda dichiarazione, riferita alla valutazione dell'adeguatezza dell'operazione, posto che la banca non ha neppure effettivamente dedotto che l'ordine sia stato disposto dopo che ai ____ fosse stata rappresentata l'inopportunità dell'investimento, deve addirittura rilevarsi la sua assoluta incongruenza e ciò anche a voler prescindere che non è stata barrata alcuna delle caselle successivamente indicate, che, d'altro canto, dimostra ancora una volta il "metodo" con cui è stato raccolto l'ordine, quale mero recepimento della sottoscrizione del firmatario, non senza considerare che la banca intermediaria, una volta accertato che i ____ erano soggetti tutt'affatto propensi ad investire in strumenti ad alto rischio o che presentassero elementi di criticità rispetto a quelli già praticati in precedenza, come quello in esame, era certamente tenuta anche a procedere ad una simile valutazione.

Sicché, essendo onere dell'intermediario finanziario dare la prova di avere specificamente assolto ai propri doveri informativi in relazione all'operazione di investimento in concreto praticato, onere che non è stato assolto - ed è bene precisare che nell'atto di appello nulla l'appellante deduce o ripropone in proposito, se non attraverso un generico riferimento, nel solo petitum, alle richieste istruttorie avanzate in primo grado, senza spiegare quali e l'incidenza che assumerebbero nel giudizio - la Banca ___ e per essa ___ deve essere stimata inadempiente.
Inadempimento che certamente fonda la responsabilità risarcitoria invocata dagli attori in senso analogo, se non ancora più pregnante, rispetto alla riconosciuta, da parte del tribunale, esistenza di un'ipotesi di conflitto di interessi.
Né possono essere condivise le argomentazioni che la difesa di ____ svolge in merito alla mancata prova - in questo caso gravante sul cliente - della sussistenza del nesso causale, per non avere i ___ neppure cercato di dimostrare che, se avessero ricevuto una corretta informazione sulla natura del titolo acquistato, si sarebbero astenuti dal disporre l'ordine di acquisto.

In termini generali si deve concordare con il fatto che l'inversione dell'onere della prova previsto dall'art. 23 comma 6 TUF cit., non ricomprende anche tale dimostrazione, addossandola alla banca, ma appare evidente che, trattandosi di dare la prova di un fatto negativo, questa può essere ricavata presuntivamente con ogni mezzo ed anche in senso logico.
Orbene, avuto riguardo agli strumenti finanziari praticati dai ____, di tipo conservativo come i titoli di Stato o indirizzati verso titoli certamente non speculativi collegati a grandi gruppi di sicura solvibilità, per come ampiamente esposto dal c.t.u., appare più che ragionevole presumere che una corretta informazione sulle caratteristiche e natura della società emittente il titolo Parmalat F.BV 04 5,25%, li avrebbe, con ogni ragionevolezza, distolti dal dare seguito all'operazione.

Affermata la responsabilità della banca convenuta in prima istanza, vanno esaminati i motivi di impugnazione che, sebbene rivolti alla differente pronuncia che ha posto a fondamento dell'affermazione di responsabilità l'esistenza di un conflitto di interessi, l'appellante formula subordinatamente anche riguardo alla quantificazione del danno operata dal primo giudice.
Da disattendere è l'argomentazione secondo la quale non vi sarebbe danno perché non vi sarebbe certezza della perdita subita e della conseguente impossibilità di recuperare quanto oggetto dell'investimento.
Sul punto, rimanendo sul piano del titolo acquistato, rilevando quanto prospettato ex art. 1227, comma 2 c.c., evidentemente, su di un piano diverso, è sufficiente rimandare all'espletata c.t.u. che già alla data del 21.12.2007 segnalava come i titoli Parmalat Finance BV 04 5,25% potevano essere definiti come "carta straccia", non avendo alcuna appetibilità neppure sul mercato di junk bond, su cui vengono scambiati i titoli post default, circostanza che rileva anche riguardo all'eventuale "scomputo" dalle poste risarcitorie, del valore dei titoli oggetto di investimento, dei quali la banca aveva in via riconvenzionale domandato la restituzione e su cui il tribunale è pervenuto testualmente ad una pronuncia di "non doversi procedere" per non esservi stata domanda di risoluzione.
Sicché a dover essere risarcito è, in primis, l'ammontare del capitale investito di cui non è stata più garantita la restituzione.
Il gravame è, invece, da stimare fondato in merito alla quantificazione delle perdite subite, così come calcolate dal c.t.u.
Infatti, la banca appellante lamenta l'erroneità della pronuncia per avere il tribunale liquidato il danno "computando" poste che non erano state richieste dalle parti attrici, atteso che non vi era stata alcuna domanda relativamente alle cedole maturate e non riscosse e quindi agli interessi a sua volta maturati su dette cedole; evidenzia la corte, infatti, che, nella determinazione della perdita subita, il c.t.u. ha aggiunto alla somma per capitale investito di euro 101.700,00, il valore delle cedole non riscosse, oltre agli interessi maturati sull'uno e sulle altre, pervenendo alla somma di euro 120.746,00.
Né erano stati richiesti, a titolo di maggior danni, "i frutti non percepiti in relazione alla profilatura soggettiva di essi investitori" (vds. pag. 10 della sentenza), valutati nella ulteriore somma di euro 7.627,00.
Se si esamina l'originaria domanda degli attori emerge che al detto fine erano stati richiesti, oltre alla somma pari al capitale investito (che, come precisato dal c.t.u. era di euro 101.700,00), gli "interessi sulla base di quelli dei Buoni ordinari del Tesoro in essere alla data dell'ordine o, quantomeno, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, secondo gli indici istat".
Osserva la corte che detta richiesta veniva formulata in senso analogo a quella collegata alla diversa prospettazione riferita alla nullità o annullabilità del negozio (o dei negozi) posto in essere, laddove sarebbe venuto meno il titolo giustificativo dell'intero investimento, lasciando presupporre che gli attori avessero in sostanza avuto come parametro di riferimento le conseguenze scaturenti dall'eliminazione del titolo, nonostante fosse stata proposta domanda risarcitoria senza una preliminare domanda di risoluzione.
In ogni caso è evidente che alcuna domanda di riconoscimento delle cedole non riscosse e conseguentemente degli interessi che su queste ultime sarebbero maturati, era stata proposta, come alcuna domanda di maggior danno parametrato al portafoglio titoli posseduto da essi ____ al momento in cui essi acquistarono le obbligazioni in contestazione, era stata avanzata - appuntandosi le critiche dell'appellante anche su tale profilo e sul riconoscimento dell'ulteriore somma di euro 7.627,00 in assenza di allegazioni della controparte (vds. pag. 44 dell'impugnazione) -, avendo, infatti, i ____ semplicemente domandato il "recupero" del capitale investito, oltre gli interessi sui BOT (deve intendersi che sarebbero maturati ove fosse stato praticato un investimento in tal senso), o, subordinatamente, oltre interessi e rivalutazione secondo indici istat, sul modello delle obbligazioni di valore, della cui natura pure partecipa il credito risarcitorio da inadempimento contrattuale.
Sicché coglie nel segno l'obiezione della banca secondo la quale il tribunale sarebbe andato oltre quanto domandato dalle parti attrici.
Né sul punto possono condividersi le osservazioni della difesa degli appellati secondo la quale l'obiezione sarebbe oramai preclusa in quanto ___ non avrebbe operato alcuna contestazione, né al momento del conferimento dell'incarico e quindi della formulazione del mandato, né successivamente, giacché la mancata contestazione riferita all'espletamento della c.t.u. afferisce alla sanatoria delle nullità relative che eventualmente dovessero determinarsi nelle operazioni peritali, ma non può valere a sanare il vizio da cui verrebbe ad essere affetta la pronuncia per avere il giudice accordato a una delle parti qualcosa in più di quanto oggetto di domanda.
Pertanto, agli attori è dovuto l'interesse sui bot annuali relativi all'asta di riferimento compatibile con il periodo in cui è stato effettuato l'investimento per il quale è causa, nonché a quelle successive, per la durata del predetto investimento in bonds Parmalat F. BV 0 5,25%.
Nella detta somma va però, computata - e defalcata per la parte eventualmente eccedente - anche la somma incamerata di euro 4.593,75 a titolo di cedola maturata e di cui non hanno contestato la riscossione, visto gli stessi attori, col formulare le predette conclusioni, hanno, nella sostanza, manifestato, sul presupposto che non avrebbero dato corso all'operazione de qua, che l'investimento che avrebbero effettuato sarebbe stato quello in buoni ordinari del tesoro di durata quanto più compatibile con quello per cui è causa.

Resta da esaminare il motivo di appello che ___ propone, reiterando l'eccezione fondata sul disposto dell'art. 1227 comma 2 c.c., mentre si ritiene che, in virtù di quanto espresso in ordine alla responsabilità della banca, automaticamente e in radice non può sostenersi sussistere alcun concorso di colpa dei ___ per aver dato corso all'ordine di acquisto de quo.
Sul punto ritiene la corte che il motivo debba stimarsi inammissibile.
Premesso che nel giudizio di gravame non spetta al giudice dell'impugnazione ricercare la documentazione o gli elementi che possano suffragare le tesi proposte dalla parte, essendo specifico onere di quest'ultima precisare in base a quali dati rappresentativi la corte dovrebbe pervenire ad una valutazione di segno diverso rispetto a quella operata dal primo giudice, non senza trascurare di considerare che l'eccezione in discorso costituisce eccezione in senso stretto, nella disponibilità dell'eccipiente anche e soprattutto in relazione ai doveri di allegazione e di contenuto dell'eccezione, non può non rilevarsi che, nel motivo di impugnazione riguardante la mancata proposizione di istanza di insinuazione al passivo, quale ragione, ove avanzata, che avrebbe, invece, permesso ai ___ di ridurre il danno, non viene sviluppato alcun riferimento in concreto agli effetti che ne sarebbero conseguiti.
Ciò di per sè conduce inevitabilmente all'inammissibilità del motivo.
In ogni caso, per mera completezza si osserva che, in base all'interpretazione preferibile della citata disposizione, non appare giustificato richiedere al danneggiato creditore sforzi che vadano oltre l'ordinaria diligenza, che richiedano la sopportazione di ulteriori spese, come per esempio quelle legali occorrenti per partecipare alla procedura, rispetto alle quali, del pari, neppure in via presuntiva, nulla viene indicato circa l'eventuale importo dei compensi professionali, per il perseguimento di un risultato ipotetico, atteso che risulterebbe comunque incongruo procedere ad una valutazione ex post dei risultati della ristrutturazione del debito Parmalat.

Circa il governo delle spese di lite, il parziale accoglimento dell'impugnazione, comunque nella riconosciuta responsabilità della banca convenuta, induce a compensare per un quarto sia le spese di primo, che di secondo grado, restando il restante quarto a carico di ____ così come, integralmente le spese sopportate per l'espletamento della c.t.u.; quelle di primo grado vanno rideterminate con la disposta compensazione parziale, tenuti fermi gli importi applicati dal tribunale; quelle del grado d'appello ex d.m. n.55 del 2014.
Visto l'art. 336 c.p.c. deve essere ordinata la restituzione delle somme corrisposte da ____ in esecuzione della sentenza di primo grado, per la parte eccedente la somma effettivamente riconosciuta dovuta.

PQM

La Corte d'appello di Napoli, sezione III civile, definitivamente pronunciando sull'appello di cui in epigrafe, così provvede:
a) accolta la domanda degli attori in prima istanza per le diverse ragioni riproposte ex art. 346 c.p.c. di cui in motivazione, ma in parziale accoglimento dell'appello principale, determina la somma dovuta dalla Banca ____ s.p.a. in favore degli appellati nella minor somma di euro 101.700,00, oltre interessi sui bot annuali relativi all'asta di riferimento compatibile con il periodo in cui è stato effettuato l'investimento per il quale è causa, nonché a quelle successive, per la durata del predetto investimento, nei quali ultimi va computata la somma di euro 4.593,75 a titolo di cedola maturata e riscossa, e defalcata per la parte eventualmente eccedente, oltre successivi interessi sulla somma così determinata, dalla data di scadenza dell'investimento, fino al pagamento.
b) rigetta e dichiara inammissibile il gravame principale per il resto, sempre nei sensi di cui in motivazione;
c) condanna l'appellante a rifondere le spese del giudizio in favore degli appellati che, compensate per un quarto, c1) ridetermina per il giudizio di primo grado in euro 750,00 per spese, euro 2625,00 per diritti ed euro 3750,00 per onorario, oltre spese generali iva e c.p.c. come per legge, restando le spese di c.t.u. a carico di ____ c2) liquida per quelle del grado d'appello in euro 30,00 per spese ed euro 7500,00 per compensi professionali, oltre spese generali, iva e c.p.c.;
d) visto l'art. 336 c.p.c. condanna gli attori alla restituzione della somma già corrisposta dall'appellante per effetto della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado, per la sola parte eccedente quella risultante da quanto statuito ai capi a) e c), c1).
Napoli, così deciso nella camera di consiglio del 17 novembre 2015.
Il cons. est. Dott. Francesco Notaro
Il Presidente dott. Maria Teresa Mondo

Depositato in cancelleria il 25 novembre 2015


 

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