REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella - Presidente -
Dott. BRONZINI Giuseppe - rel. Consigliere -
Dott. TRIA Lucia - Consigliere -
Dott. BALESTRIERI Federico - Consigliere -
Dott. BERRINO Umberto - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 3281/2010 proposto da:
T. R. S.R.L, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso lo studio dell'avvocato MICCOLIS Giuseppe, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato MARIO ANDREUCCI giusta delega in atti;
- ricorrente -
e contro
EQUITALIA S.R.T. S.P.A.;
- intimata -
e contro
I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI CALIULO, ANTONINO SGROI e LELIO MARITATO giusta delega in atti;
- resistenti -
avverso la sentenza n. 81/2009 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 27/01/2009 R.G. N. 1966/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/06/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE BRONZINI;
udito l'Avvocato MARITATO LELIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per l'inammissibilità ed in subordine per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Lucca con sentenza del 23.1.2009 accoglieva il ricorso della T. R. s.r.l. e per l'effetto annullava l'iscrizione a ruolo di cui alta cartella INPS per il recupero di omissioni contributive (in relazione a un rapporto di lavoro dichiarato rapporto di associazione in partecipazione, in seguito alla denuncia della lavoratrice).
La Corte di appello di Firenze con sentenza del 23.1.2009 accoglieva l'appello dell'INPS con il rigetto della domanda della T. R. s.r.l. ed osservava che perchè si possa affermare la sussistenza di una effettiva associazione in partecipazione occorre che emerga che l'apporto dell'associato non sia realizzato con vincolo di dipendenza e garanzia di guadagno. In particolare si può riconoscere la sussistenza di una genuina associazione in partecipazione solo se 1) il corrispettivo previsto per l'associato non escluda un rischio di impresa; 2) l'associato prestatore d'opera non sia sottoposto al potere disciplinare e gerarchico dell'associante; 3) il prestatore abbia un effettivo controllo sulla gestione economica dell'impresa, a cominciare da un rendiconto. La Corte territoriale ricostruiva gli elementi differenziali tra la figura del lavoro subordinato e quella dell'associazione in partecipazione con retribuzione legata agli utili ed osservava che nel primo contratto l'elemento dell'eterodirezione della prestazione aveva un carattere più stringente del mero potere di impartire direttive ed istruzioni che invece spettava all'associante. Nel merito della controversia dall'istruttoria svolta era emerso solo che si erano tenute delle riunioni presso un commercialista per verificare i conti della T. s.r.l., ma i lavoratori associati non avevano apposto alcuna firma sulle scritture contabili. Non era emerso che fosse stato, peraltro, effettuato alcun conguaglio tra "dare" ed "avere" come invece era previsto per contratto. La tesi della società T. secondo la quale sarebbero state erogate delle anticipazioni poi da conguagliare non aveva trovato alcuna conferma. Per le dichiarazioni dello stesso T. "associare in partecipazione" o assumere (con contratto di lavoro subordinato) erano alla fine la stessa cosa in quanto il contenuto della prestazione era la medesima ed erano emersi dalle dichiarazioni della teste T. (denunciante) e del coniuge della stessa che esistevano non solo orari rigidi, ma anche prescrizioni minuziose del T. in ordine a come servire i pasti ai tavoli del ristorante (che era in sostanza l'apporto dei soggetti associati). Da ultimo la T. aveva ricevuto il contratto in partecipazione un anno dopo l'inizio del rapporto tra le parti.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la T. R. s.r.l. con 4 motivi corredati da memoria ex art. 378 c.p.c.; l'INPS ha depositato delega e il suo difensore ha partecipato alla sola udienza di discussione orale.
Equitalia SRT spa è rimasta intimata.

Motivazione

Con il primo motivo si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 2549 c.c. e segg.. La Corte di appello non ha adeguatamente considerato l'elemento della libera volontà contrattuale che aveva trovato una coerente esecuzione nelle modalità concrete del rapporto.

Il motivo appare infondato.
Va premessa una brevissima ricostruzione dell'orientamento ormai consolidato di questa Corte in tema di elementi distintivi tra lavoro subordinato ed associazione in partecipazione.
Questa Corte con una recente decisione ha affermato, infatti, il principio per cui "la riconducibilità del rapporto di lavoro al contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell'associato ovvero al contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili esige una indagine del giudice di merito volta a cogliere la prevalenza, alla stregua delle modalità di attuazione del concreto rapporto, degli elementi che caratterizzano i due rapporti, tenendo conto, in particolare che mentre il primo implica l'obbligo del rendiconto periodico dell'associante e l'esistenza per l'associato di un rischio di impresa, il secondo comporta un effettivo vincolo di subordinazione più ampio del generico potere dell'associante di impartire direttive e istruzioni al cointeressato, con assoggettamento al potere gerarchico e disciplinare di colui che assume le scelte di fondo dell'organizzazione aziendale" (Cass. n. 1692/2015) e la stessa Corte poco prima ha affermato che "in tema di contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell'associato, l'elemento differenziale rispetto al contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili d'impresa risiede nel contesto regolamentare pattizio in cui si inserisce l'apporto della prestazione da parte dell'associato, dovendosi verificare l'autenticità del rapporto di associazione che ha come elemento essenziale, connotante la causa, la partecipazione dell'associato al rischio di impresa ed alla distribuzione degli utili, ma anche delle perdite. Pertanto, laddove è resa una prestazione lavorativa inserita stabilmente nel contesto dell'organizzazione aziendale, senza partecipazione al rischio di impresa e senza ingerenza ovvero controllo dell'associato nella gestione dell'impresa stessa, si ricade nel rapporto d lavoro subordinato in ragione di un generale "favor" accordato dall'art. 35 Cost., che tutela il lavoro "in tutte le sue forme ed applicazioni" (Cass. n. 1817/2013).
La motivazione della sentenza impugnata è perfettamente coerente con questo orientamento che si condivide e cui si intende dare continuità posto che la Corte territoriale è partita dal dato contrattuale che è ricordato alla fine di pag. 3 della sentenza impugnata per verificarne in concreto, come richiesto da questa Corte, l'autenticità che è stata esclusa alla luce di quanto è emerso nell'istruttoria svolta nel corso della quale era emerso solo che si erano tenute delle riunioni presso un commercialista per verificare i conti della T. s.r.l., ma i lavoratori non avevano apposto alcuna firma sulle scritture contabili. Non era emerso che fosse stato, peraltro, effettuato alcun conguaglio tra "dare" ed "avere" come invece era previsto per contratto.
La tesi della società T. secondo la quale sarebbero state erogate delle anticipazioni poi da conguagliare non avevano trovato alcuna conferma. Per le dichiarazioni dello stesso T. "associare in partecipazione" o assumere (con contratto di lavoro subordinato) erano alla fine la stessa cosa in quanto il contenuto della prestazione era la medesima ed erano emersi dalle dichiarazioni del teste lardelli e del coniuge della stessa che esistevano non solo orari rigidi, ma anche prescrizioni minuziose del T. in ordine a come servire i pasti ai tavoli del ristorante (che era in sostanza l'apporto delle associate).
Da ultimo la T. aveva ricevuto il contratto in partecipazione un anno dopo l'inizio del rapporto tra le parti. Si tratta di solidi ed obiettivi elementi che hanno portato ad escludere che gli accordi contrattuali abbiano in realtà trovato esecuzione essendo il rapporto svoltosi con modalità diverse da quelle pattuite, a cominciare dall'elemento qualificante della partecipazione agli utili ed anche alle perdite delle parti associate sulla base di un rendiconto.
Si tratta di una motivazione congrua, logicamente coerente e conforme alla giurisprudenza di legittimità cui si muovono censure dirette ad una " rivalutazione del fatto", come tale non ammissibile in questa sede.

Con il secondo motivo si allega la violazione dell'art. 1362 c.c., la Corte territoriale non ha valutato il comportamento tenuto dalle parti e soprattutto la circostanza dell'avvenuta trasformazione dopo due anni del contratto da associazione in partecipazione in contratto di lavoro subordinato su istanza delle parti associate.

Il motivo appare infondato.
Parte ricorrente non dimostra come e quando la circostanza sarebbe stata fatta valere in giudizio ed in ogni caso la stessa appare logicamente e sul piano probatorio neutrale rispetto al thema decidendum ben potendo le parti, eventualmente proprio su iniziativa della parte associante, avere deciso di trasformare il rapporto per riportalo nell'alveo della legalità e neutralizzare così accertamenti dell'INPS come quello all'origine della presente controversia. Si ipotizza una scarsa redditività del contratto di associazione che però è priva di riscontri di alcun tipo posto che è emerso dall'istruttoria che non sono mai stati ripartiti gli utili, il che peraltro appare un elemento che di per sè porta ad escludere la verosimiglianza delle tesi avanzata nel motivo.

Con il terzo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c.. L'onere di allegazione e prova gravava sull'INPS ed invece era stato invertito.

Il motivo appare infondato in quanto, posto che si controverteva sulla riconducibilità del rapporto di cui è causa alla figura del rapporto di lavoro subordinato o dell'associazione in partecipazione, la Corte territoriale ha accertato - seguendo le ricordate indicazioni della giurisprudenza di questa Corte - lo svolgimento del rapporto in concreto, escludendo che sussistessero gli elementi qualificanti della dedotta associazione. L'istruttoria ha positivamente, quindi, dimostrato la non autenticità degli accordi contrattuali sulla base di concreti ed oggettivi elementi prima ricordati. La decisione impugnata, quindi, non si fonda su presunzioni di sorta ma ha ricostruito in positivo lo svolgimento fattuale del rapporto asseritamente di associazione in partecipazione escludendo, fra l'altro, che siano mai stati distribuiti utili e perdite sulla base di un rendiconto.

Con l'ultimo motivo si allega l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Le scritture contabili erano state sottoscritte dagli associati ed erano la base per determinare i dovuti conguagli.

Il motivo è inammissibile in quanto non offre il cosiddetto "quesito riassuntivo" previsto a pena di nullità ex art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis; appare ulteriormente inammissibile in quanto solleva questioni squisitamente di merito dirette ad una "rivalutazione del fatto" come tali improponibili in questa sede richiamando peraltro testimonianze e circostanze non emergenti dalla sentenza impugnata e non ricostruite analiticamente nel motivo, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso in cassazione.

Si deve quindi rigettare il ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità, come da dispositivo, seguono la soccombenza e vanno liquidate in favore dell'INPS in relazione alla sola attività di partecipazione del difensore alla discussione orale. Non va adottata alcuna statuizione sulle spese nei confronti di Equitalia SRTspa, rimasta intimata.

PQM

La Corte:
rigetta il ricorso. Condanna la T. s.r.l. al pagamento, in favore dell'INPS, delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 100,00 per esborsi e in Euro 1.500,00 per compensi oltre accessori come per legge.
Nulla nei confronti di Equitalia SRT.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 giugno 2015.
Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2015


 

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