REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario - Presidente -
Dott. AMENDOLA Adelaide - Consigliere -
Dott. AMBROSIO Annamaria - Consigliere -
Dott. FRASCA Raffaele - Consigliere -
Dott. DE STEFANO Franco - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 22322-2012 proposto da:
L.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSTABELLA 23, presso lo studio dell'avvocato LAVITOLA GIUSEPPE, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
MINISTERO DELLA SALUTE in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 919/2012 della CORTE D'APPELLO di ROMA del 10/02/2012, depositata il 20/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO;
udito l'Avvocato Giuseppe Lavitola, difensore della ricorrente, che si riporta agli scritti.

Svolgimento del processo

1. E' stata depositata in cancelleria relazione, resa ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ. e datata 21.5.13, regolarmente comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti, relativa al ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 919 del 20.2.12, del seguente letterale tenore:

1. - L.L. ricorre, affidandosi a tre motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stato rigettato il suo appello avverso la reiezione della domanda da lei dispiegata nei confronti del Ministero della Salute, di risarcimento dei danni da lei patiti per lesioni da emotrasfusione cui era stata sottoposta nel 1977. L'intimato resiste con controricorso.
2. - Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio - ai sensi degli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., essendo soggetto alla disciplina dell'art. 360-bis cod. proc. civ. - per essere ivi rigettato.

3. - La ricorrente sviluppa tre motivi, tutti ai sensi dell'art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5 dolendosi: con un primo, dell'illegittimità dell'individuazione del dies a quo della prescrizione in data diversa da quella espressamente addotta dal Ministero, che aveva formulato la relativa eccezione; con un secondo, in via subordinata, dell'omessa disamina della eccezione sulla natura contrattuale della responsabilità del Ministero e, così, della durata decennale del termine prescrizionale; con un terzo, in via ulteriormente subordinata, dell'erroneità dell'individuazione dell'exordium praescriptionis in data coincidente con la presentazione della domanda di indennizzo ex L. n. 210 del 1992 e non invece con la comunicazione del relativo responso. Lamenta poi essere rimasta soccombente solo per il mutamento di giurisprudenza avutosi durante l'irragionevole durata del processo; e lungamente argomenta per la decisione nel merito, esaminando tutti i presupposti dell'an debeatur quantificando il risarcimento invocato.

4. - Dal canto suo, il controricorrente Ministero ribatte partitamente a ciascun motivo di ricorso, contestando - ad ogni buon conto - anche la quantificazione del danno ed invocando la compensatio lucri cum damno in riferimento all'indennizzo ex L. n. 210 del 1992.

5. - Il primo motivo è infondato: come per la natura della prescrizione, anche la sua decorrenza deve ritenersi integrare una controeccezione in senso lato e, come tale, rilevabile anche di ufficio; e solo ove la diversa decorrenza si fondi su fatti non allegati o non acquisiti al dibattito processuale la relativa difesa deve aver luogo entro il termine di maturazione delle cc.dd. preclusioni assertive o di merito, potendo, al contrario e cioè ove basata su fatti storici già allegati entro tale termine (e purchè non siano necessari altri accertamenti di fatto), essere proposta o rilevata di ufficio anche successivamente (sulla durata del termine prescrizionale, in termini: Cass., ord. 21 febbraio 2011, n. 4238).
Del resto, al debitore che invochi la prescrizione basta addurre la protrazione nel tempo dell'inerzia del creditore, incombendo al giudice l'individuazione delle norme applicabili ai fatti (Cass. Sez. Un., 25 luglio 2002, n. 10955) e della stessa data di inizio della prescrizione (Cass. 23 agosto 2004, n. 16573; Cass. 22 maggio 2007, n. 11843; Cass. 17 marzo 2009, n. 6459).

6. - Quanto al secondo ed al terzo motivo, tra loro unitariamente considerati per l'intima connessione, va ricordato come corrisponda a consolidato orientamento di questa Corte che:
6.1. sussisteva a carico del Ministero della sanità (oggi Ministero della salute), anche prima dell'entrata in vigore della L. 4 maggio 1990, n. 107, un obbligo di controllo e di vigilanza in materia di raccolta e distribuzione di sangue umano per uso terapeutico; sicchè il giudice, accertata l'omissione di tali attività con riferimento alle cognizioni scientifiche esistenti all'epoca di produzione del preparato, ed accertata l'esistenza di una patologia da virus HIV, HBV o HCV in soggetto emotrasfuso o assuntore di emoderivati, può ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell'insorgenza della malattia e che, per converso, la condotta doverosa del Ministero, se fosse stata tenuta, avrebbe impedito il verificarsi dell'evento (per tutte: Cass. Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 576); sicchè, per l'unicità dell'evento lesivo - infezione da HBV, HIV, HCV - derivato dall'emotrasfusione (Cass. 29 agosto 2011, n. 17685; Cass. Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 576), la responsabilità può agevolmente ricavarsi nell'omissione, da parte del Ministero, dei controlli, consentiti dalle conoscenze mediche e dei più datati parametri scientifici del tempo, sull'idoneità del sangue ad essere oggetto di trasfusione (tra le altre: Cass. 14 luglio 2011, n. 15453), in epoca anche anteriore alla più risalente delle scoperte dei mezzi di prevenibilità delle relative infezioni, individuabile nel 1978;

6.2. la responsabilità del Ministero della salute per i danni conseguenti ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da soggetti emotrasfusi è allora di natura extracontrattuale, nè sono ipotizzabili, al riguardo, figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione (epidemia colposa o lesioni colpose plurime): in particolare, sussistendo il c.d. contratto sociale, a tutto concedere, non già fra il soggetto sottoposto a trasfusione ed il ministero, ma fra il primo e la struttura sanitaria che materialmente ha praticato quest'ultima;
6.3. ne consegue che il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma dell'art. 2935 c.c. e art. 2947 c.c., comma 1, non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all'esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l'ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche; a tal fine, un tale termine coincide di regola non già con la comunicazione del responso della Commissione medica ospedaliera di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 4 bensì al più tardi con la proposizione della relativa domanda amministrativa (Cass. Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 576; Cass. 23 maggio 2011, nn. 11301 e 11302; Cass., ord. 5 luglio 2011, n. 14694; Cass. 13 luglio 2011, n. 15391): infatti, non oltre tale momento è raggiunto un apprezzabile grado di consapevolezza non solo della malattia, ma anche del nesso causale tra essa e l'emotrasfusione, tanto da invocare quest'ultimo come fondamento della richiesta indennitaria; e potendo così ipotizzarsi l'idoneità degli elementi a disposizione del leso ai fini della valutazione di plausibilità di quello e pure dell'ulteriore elemento, indispensabile per l'azione risarcitoria, della colpa della P.A., anche in base alla notorietà delle ipotizzabili omissioni, se non pure delle decisioni di casi analoghi).

7. - Nel caso di specie, è positivamente accertato che la presentazione della domanda di indennizzo si è avuta il 19.11.96, sicchè il termine prescrizionale quinquennale era già irrimediabilmente elasso alla data di instaurazione del giudizio in primo grado, individuata nel 19.6.03, in carenza di atti interruttivi. Di conseguenza - neppure rilevando che la protrazione dei tempi del processo abbia dato luogo ad un esito infausto della lite per il dedotto sopravvenuto mutamento della giurisprudenza, tale ultimo effetto ricollegandosi alla normale evoluzione dell'ordinamento - la domanda dell'odierna ricorrente non poteva che essere disattesa per intervenuta prescrizione del relativo diritto.
8. - Si propone, pertanto, la reiezione del ricorso.

Motivazione

2. Non sono state presentate conclusioni scritte, ma la ricorrente ha depositato memoria ed il suo difensore è comparso in camera di consiglio per essere ascoltato.
3. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella su trascritta relazione e di doverne fare proprie le conclusioni, non comportandone il superamento gli argomenti sviluppati nella memoria depositata dalla ricorrente.

4. Quanto al primo motivo di ricorso, deve ribadirsi che, una volta formulata un'eccezione di prescrizione, anche di ufficio il giudice identifica, nei fatti allegati o comunque risultanti dagli atti di causa, quelli rilevanti ai fini della valutazione della fondatezza o meno dell'eccezione stessa (Cass. 13 novembre 2009, n. 24037) e, specificamente, anche in punto di decorrenza, quest'ultima integrando una mera controeccezione (tra le ultime: Cass., ord. 21 febbraio 2011, n. 4238; Cass. 22 dicembre 2011, n. 28292; Cass. Sez. Un., 7 maggio 2013, n. 10531, specialmente paragrafo 7 della motivazione; Cass. 30 agosto 2013, n. 19996; Cass. 29 novembre 2013, n. 26795).

5. Quanto, invece, alla questione della decorrenza del termine prescrizionale dalla data di presentazione della domanda amministrativa ex L. n. 210 del 1992, va osservato quanto segue.

5.1. In primo luogo, è giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte che essa è il limite ultimo a favore del danneggiato nel quale egli acquisisce un apprezzabile grado di affidabilità sulla sussistenza dei presupposti della sua azione risarcitoria, cioè non solo il danno alla salute ma anche la sua potenziale riconducibilità alla condotta colposa della controparte (fin da Cass. Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 576; v. pure, tra le altre: Cass. 23 maggio 2011, nn. 11301 e 11302; Cass., ord. 5 luglio 2011, n. 14694; Cass. 13 luglio 2011, n. 15391; Cass. 30 agosto 2013, n. 19997; Cass. 29 novembre 2013, n. 26791; Cass. 22 gennaio 2014, n. 1229; Cass., ord. 4 marzo 2014, n. 4992; Cass. 14 marzo 2014, n. 5953).

5.2. Ciò posto, va esclusa la ricorrenza del c.d. overruling, implicante quale conseguenza la possibilità di una sostanziale rimessione in termini (per tutte, v. Cass., ord. 21 dicembre 2012, n. 23836, ovvero Cass. 26 agosto 2013, n. 19540).
Tale istituto (sul quale, per tutte, v. la fondamentale Cass. Sez. Un. 11 luglio 2011, n. 15144, oppure: Cass. 27 dicembre 2011, n. 28967; Cass. 4 maggio 2012, n. 6801; Cass. 17 maggio 2012, n. 7755; Cass. 11 marzo 2013, n. 5962) è infatti intrinsecamente connaturato alla precedente presenza ed al pregresso consolidamento di un orientamento interpretativo, ma - per di più - in materia esclusivamente processuale e mai sostanziale (Cass., ord. 3 settembre 2013, n. 20172), qualificabile come univoco, eppure mutato imprevedibilmente. Infatti, soltanto in materia strettamente processuale il mutamento repentino della giurisprudenza esporrebbe l'incolpevole parte, che aveva fatto affidamento sulla corrente interpretazione della regola processuale fino ad allora applicata, al rischio imprevedibile di una definizione in rito sulla sua pretesa. E le norme in materia di prescrizione, riguardando l'esistenza - o la persistenza - del diritto nella sua ontologica struttura ed essenza, hanno indubitabilmente natura sostanziale, con conseguente esclusione - già solo per questo - della stessa configurabilità di un overruling.

5.3. D'altra parte, l'evoluzione interpretativa delle norme sostanziali, poichè l'interpretazione - ed a maggior ragione quella estrinsecatasi in sede giurisdizionale - necessariamente riguarda il passato, è una potenzialità insita nell'ordinamento, connaturata al funzionamento del sistema di tutela dei diritti come oggi apprestato alla parte. Nella specie, poi, l'identificazione del dies a quo della prescrizione si è avuta in coerente sviluppo di premesse acquisite e principi consolidati ed in quanto tale va qualificata come suscettibile di previsione e di non malagevole previsione anche ad opera del soggetto interessato, sia pure con una diligenza peculiare e relativa alla valutazione del rischio di mutamenti di quanto potesse apparire in un primo momento come interpretazione corrente.

5.4. Se si considera, poi, che un termine prescrizionale di cinque anni appare senz'altro idoneo a consentire la tutela in via giudiziaria delle proprie ragioni - a far tempo, per quanto detto, dall'acquisizione di un grado di consapevolezza della possibilità prevalente (e cioè della probabilità o plausibilità) della configurazione di una responsabilità in capo a controparte, reso evidente quanto meno dalla presentazione della domanda di indennizzo - e che il prospettato mutamento di interpretazione di norme sostanziali - come quella in tema di decorso della prescrizione - integra un rischio insito nella dinamica ordinamentale e, in quanto tale, prevedibile a cura dell'interessato con sopportabile onere di diligenza, è evidente l'adeguatezza del rimedio apprestato per l'effettività della tutela del diritto al risarcimento: e, con ciò, è manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale anche dell'art. 11 disp. gen. comunque, di qualunque altra norma applicabile alla fattispecie), come sollevata nella memoria ai sensi dell'art. 30-bis cod. proc. civ..

5.5. Pertanto, l'effettività della garanzia dei diritti - anche sotto il profilo dell'addotta (a prescindere dalla verifica della novità della questione in questa sede) violazione di norme del TUE o della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea o della Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo, o dell'art. 111 o 24 o 32 Cost. - non può, per definizione, ritenersi compressa o limitata od esclusa dal corretto funzionamento dei meccanismi processuali allo scopo predisposti (Cass., ord. 24 marzo 2014, n. 6862).

5.6. E' quindi necessario affermare il seguente principio di diritto:
in materia di risarcimento del danno da lesioni da trasfusione di emoderivati infetti, il consolidamento della giurisprudenza che individua l'exordium praescriptionis al più tardi nella data di presentazione di istanza volta a conseguire l'indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992, siccome relativo a norma sostanziale e comunque integrando una normale potenzialità dell'evoluzione giurisprudenziale, non comporta overruling a favore del danneggiato e non ne consente quindi la rimessione in termini; nè si ha violazione di canoni fondamentali o sovranazionali in materia di effettività della tutela del diritto, risultando comunque ampiamente sufficiente il termine di cinque anni per dare corso all'azione dall'acquisizione di un grado di plausibile affidabilità sulla tesi della responsabilità della controparte, identificabile al più tardi nell'indicata data di presentazione della domanda di indennizzo.

6. Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., il ricorso va rigettato.
E tuttavia, quanto alle spese del giudizio di legittimità, la procedura transattiva prevista dal D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, art. 3 convertito, con modificazioni, dalla L. 29 novembre 2007 n. 222, nonchè dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, commi da 361 a 365 dettati per il componimento dei giudizi risarcitori per effetto di trasfusioni con sangue infetto (pur lasciando, beninteso, di certo libera la P.A. di valutare se pervenire alla transazione) denota un sostanziale trend legislativo di definizione stragiudiziale del contenzioso (da ultimo confermato dal D.M. 4 maggio 2012, pubbl. in G.U. 13.7.12) e tanto integra giusto motivo di compensazione delle spese processuali, a norma dell'art. 92 cod. proc. civ., nella formulazione - applicabile alla fattispecie - anteriore alla modifica di cui alla L. n. 263 del 2005, art. 1, comma 2.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 22 maggio 2014.
Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2014


 

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