REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D’APPELLO DI NAPOLI SEZIONE CONTROVERSIE DI LAVORO E DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA
composta dai Sig.ri Magistrati:
1)-Dott.ssa Giovanna Maria Rossi -Presidente
2) - Dott.ssa Maria Della Rossa Consigliere
3) - Dott.ssa Rosa Bernardina Cristofano Consigliere rel.
riunita in camera di consiglio ha pronunciato in grado di appello all'udienza del 2.3.2017 la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 2081 dell’anno 2014 R.G. sez. lav.
TRA
A. G. C.
APPELLANTE
E
M. E.
APPELLATO

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato presso questa Corte in data 12.5.2014 A. G. C. ha proposto tempestivo appello avverso la sentenza del Tribunale di Napoli , in funzione di giudice del lavoro, del 28.2.2014 , in virtù della quale era stato condannato al pagamento, in favore di M. E., della complessiva somma di euro 11.805,82 a titolo di indennità di incasso , indennità suppletiva di clientela ed indennità meritocratica maturate nel corso del rapporto di agenzia oltre accessori e spese.
A fondamento del gravame ha dedotto la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 1744 cc stante mancanza di prova di un accordo sulla riscossione dei crediti nonché dell’art. 2225 cc per mancanza di prova della percentuale richiesta ed applicata dal Tribunale del 5% .
Ha concluso chiedendo, previa sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza, in riforma della impugnata sentenza, il rigetto della domanda formulata in prime cure dall’agente in relazione all’indennità di incasso ; in via subordinata determinarsi il corrispettivo a tale titolo nella percentuale dello 0,5% ; vinte le spese del doppio grado di giudizio.
Non si è costituita parte appellata.

All’udienza di discussione l’appellante non è comparso, per cui è stata fissata nuova udienza per la trattazione della causa ai sensi dell’art. 348 c.p.c..
Tale udienza è stata quindi rinviata di ufficio ad oggi, con rituale comunicazione all’appellante.
All'odierna udienza, non essendo comparsa alcuna delle parti, la Corte provvedeva come in dispositivo .

Motivazione

Trova applicazione nella presente controversia la disposizione di cui all’art. 348, 1° comma, c.p.c., che sancisce l’improcedibilità dell’appello nel caso che l’appellante, pur costituito in giudizio, non comparisca né alla prima udienza, né a quella successiva di cui gli sia stata data comunicazione.
La norma si applica anche alle controversie di lavoro
, mancando nel titolo IV del codice di procedura civile una disposizione speciale che regoli la medesima situazione processuale. La declaratoria di improcedibilità è possibile anche d'ufficio perché il potere di sanzionare l'inerzia dell'appellante deve ritenersi sussistente anche a prescindere da eventuali richieste o eccezioni in tal senso dell'appellato: ciò in considerazione del quadro di una rigorosa accelerazione dell'attività processuale impressa dalla novella processuale del 1990 e dalla recente formulazione dell’art. 111 Cost. in tema di ragionevole durata del processo.

Quanto alla forma del provvedimento da adottare si rileva che, poichè nel rito del lavoro "l'intera attività processuale si svolge in secondo grado davanti al Collegio, tutto questo procedimento viene unificato e l'improcedibilità accertata dal Giudice viene dichiarata con sentenza" (cfr. Cass. SU 5839/93 in motivazione).
Nella specie poiché l'appellante non è comparso all’udienza fissata per la discussione, né a quella successiva cui la trattazione della causa è stata rinviata per la sua assenza, pur avendo avuto rituale comunicazione del rinvio, l’impugnazione dev’essere dichiarata improcedibile.
Tale pronuncia precede ed assorbe ogni ulteriore valutazione.
Nulla va statuito in ordine alle spese del grado stante la mancata costituzione di parte appellata.

Infine nella fattispecie è applicabile ratione temporis l’art. 1 comma 17 della Legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha modificato il DPR 115/2002 (Testo unico in materia di spese di giustizia, inserendo all'articolo 13, dopo il comma 1-ter, il comma 1-quater), in ordine al pagamento del doppio del contributo unificato previsto per il caso in cui l’impugnazione, anche incidentale, sia respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile: il successivo comma 18 stabilisce infatti che le disposizioni di cui al comma 17 – riferite testualmente alle impugnazioni - si applicano ai procedimenti – evidentemente di appello - iniziati dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata della medesima legge n. 228/12 (primo gennaio 2013). Il comma 17 riguarda quindi i casi di procedimenti pendenti a far luogo dal 31 gennaio 2013 e nel caso di specie l’appello è stato depositato il 12.5.2014
In particolare appare opportuno osservare sul punto che “in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, il giudice dell'impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che la definisce, a dare atto - senza ulteriori valutazioni decisionali - della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione) per il versamento, da parte dell'impugnante soccombente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione da lui proposta, a norma del medesimo art. 13, comma 1 bis” (C. Cass Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 2014 che in motivazione ha chiarito che: “in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l'applicazione dell'ulteriore contributo unificato sia un atto dovuto, poiché l'obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo - ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione - del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l'impugnante, dell'impugnazione: atteggiandosi come un'automatica conseguenza sfavorevole dell'azionamento del diritto di impugnare un provvedimento in materie o per procedimenti assoggettati a contributo unificato, tutte le volte che l'impegno di risorse processuali reso necessario dall'esercizio di tale diritto non abbia avuto esito positivo per l'impugnante, essendo il provvedimento impugnato rimasto confermato o non alterato . In questo contesto, tale rilevamento non può quindi costituire un capo del provvedimento di definizione dell'impugnazione dotato di contenuto condannatorio, nè di contenuto declaratorio………comunque discendendo il rilevamento da un obbligo imposto dalla legge al giudice che definisce il giudizio” che ha quindi il “potere-dovere di rilevare la sussistenza o meno dei presupposti per l'applicazione del raddoppio del contributo unificato, cioè che l'impugnazione sia stata rigettata integralmente, ovvero dichiarata inammissibile o improcedibile”; v. in senso conforme C. Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 10306 del 13/05/2014 - Rv. 630896).

Esula dunque dalle valutazioni di competenza del giudicante il tema dell’eventuale sussistenza di condizioni (soggettive) di esenzione della parte appellante.

PQM

La Corte così provvede:
1) dichiara l’appello improcedibile;
2) nulla per le spese del grado.
3) -Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater D.P.R. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Napoli 27.3.2017
Il Cons. Est. Il Presidente
Il presente provvedimento viene redatto su documento informatico e sottoscritto con firma digitale dagli antescritti magistrati in conformità alle prescrizioni di cui al combinato disposto dell’art. 4 del d.l. 29 dicembre, n. 193 convertito con modif. dalla legge 22 febbraio 2010 n. 24 e del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82(CAD), e nel rispetto delle regole tecniche stabilite con d.m. della Giustizia 21 febbraio 2011, n. 44 e succ. modifiche


 

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