LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME' Giuseppe - Presidente -
Dott. DOGLIOTTI Massimo - Consigliere -
Dott. GIANCOLA Maria C. - rel. Consigliere -
Dott. DIDONE Antonio - Consigliere -
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 7203/2008 proposto da:
C.P.;
- ricorrente -
contro
R.A.;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 40/2007 della Corte d'Appello di Catanzaro, depositata il 14/11/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/01/2013 dal Consigliere Dott. Maria Cristina Giancola;
udito, per il ricorrente, l'Avvocato Angelo Cosentino che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l'Avvocato Antonio Pierpaolo Pompilio che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Fimiani Pasquale che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 20.7.2001 il Tribunale di Castrovillari pronunciava la separazione personale dei coniugi R.A. (ricorrente) e C.P., rigettava le reciproche domande di addebito e poneva a carico del C. l'obbligo di corrispondere alla moglie l'assegno mensile di mantenimento di L. 2.000.000, da rivalutarsi annualmente secondo l'indice ISTAT.
Con sentenza del 23.4-15.05.2002, la Corte di appello di Catanzaro, decidendo sui gravami principale del C. ed incidentale della R., determinava il suddetto assegno di mantenimento in Euro 1.033,00, con adeguamento annuale, anticipandone la relativa decorrenza alla domanda (15.01.1988) e condannando il C. anche a pagare le maturate differenze mensili; confermava, inoltre, le ulteriori statuizioni della sentenza di primo grado, ivi compresa quella di assegnazione alla moglie della casa coniugale, di esclusiva proprietà del marito.
Contro la sentenza d'appello il C. proponeva ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi, dei quali il primo ed il secondo inerenti per diversi profili all'assegnazione della casa coniugale alla R., disposta nonostante che i tre figli della coppia fossero ormai maggiorenni ed economicamente indipendenti, il terzo ed il quarto motivo alla "dipendente" questione involgente la determinazione dell'assegno di mantenimento dovuto dal medesimo C. alla moglie ed il quinto alla sorte delle spese del doppio grado.
Con sentenza del 25.08.2005 questa Corte di legittimità accoglieva il primo motivo del ricorso, dichiarava assorbiti tutti gli altri, cassava la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviava, anche ai fini delle spese del giudizio di Cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Catanzaro, affermando anche il seguente principio di diritto "In materia di separazione e di divorzio, l'assegnazione della casa familiare consente il sacrificio della posizione del coniuge titolare di diritti reali o personali sull'immobile adibito ad abitazione coniugale solo alla condizione dell'affidamento all'assegnatario di figli minori o della sua convivenza (la cui nozione comporta la stabile dimora presso il genitore, ad esclusione invece dei rapporti di mera ospitalità) con figli maggiorenni ma non ancora provvisti, senza loro colpa, di sufficienti redditi propri, laddove, in assenza di tale condizione, coerente con la finalizzazione dell'istituto alla tutela della prole e del relativo interesse alla permanenza nell'ambiente domestico in cui essa è cresciuta, l'assegnazione medesima non può essere disposta in funzione integrativa o sostitutiva degli assegni rispettivamente previsti dall'art. 156 c.c., comma 1 e della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, (come sostituito dalla L. n. 74 del 1987, art. 10), ovvero allo scopo di sopperire alle esigenze di sostentamento del coniuge ritenuto economicamente più debole, a garanzia delle quali sono destinati unicamente gli assegni anzidetti".
Questa Corte affermava, inoltre, che l'attribuzione del diritto di abitazione nella casa familiare costituiva pur sempre un provvedimento capace di avere anche riflessi di contenuto economico, particolarmente valorizzati dalla citata L. n. 898 del 1970, art. 6, comma 6, quale sostituito dalla L. n. 74 del 1987, art. 11, sicchè rappresentava una utilità legittimamente valutabile e da considerare in sede di determinazione dei menzionati assegni o, se esclusa, da giustificare l'incremento di tali somministrazioni in funzione delle esigenze abitative del coniuge privato del bene.
Con sentenza del 6-14.11.2007 la Corte di appello di Catanzaro, quale giudice del rinvio, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Castrovillari nel 2001, revocava l'assegnazione della casa coniugale alla R., disponendo che, a decorrere dalla sua decisione, l'importo dell'assegno imposto al marito per il mantenimento della moglie, fosse elevato di Euro 800,00 mensili, annualmente rivalutabili.
La Corte territoriale osservava e riteneva che:
- sulla scorta del principio di diritto affermato in sede di legittimità ed in relazione all'incensurato apprezzamento di fatto circa la raggiunta autonomia della prole, doveva essere accolta la censura mossa dal C. alla decisione adottata dal Tribunale sul diritto di abitazione della casa coniugale, di cui, quindi, andava revocata l'assegnazione alla R.;
- sempre in base alla pronuncia resa in sede di legittimità, occorreva procedere ad una "riparazione" della posizione della R. depauperata, per ragioni di puro diritto, di una parte delle "utilità" già concesse dalla Corte d'Appello, con valutazione che non poteva essere rimessa in discussione nel punto in cui era stata determinata la misura complessiva dell'assegno (somme di denaro e godimento dell'immobile);
- in assenza di pregressi elementi di riscontro, l'incidenza sulla quantificazione dell'assegno di mantenimento della mancata assegnazione della casa coniugale doveva essere apprezzata equitativamente, tenendo conto delle caratteristiche della casa in questione, costituita dalla villa di _____;
- tutte le altre questioni sollevate dalle parti con l'impugnazione principale e con quella incidentale e riproposte dinanzi al giudice del rinvio, erano state oggetto di decisione divenuta, ormai, definitiva;
- la particolarità delle questioni esaminate e la soccombenza di entrambe le parti su alcune delle richieste avanzate nei corso del processo, consentiva di compensare le spese sostenute nel giudizio dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione e nel giudizio di rinvio.
Avverso questa sentenza, notificata il 9.01.2008, il C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati da memoria, e notificato il 6.03.2008 alla R., che ha resistito con controricorso notificato il 15.04.2008.

Motivazione

A sostegno del ricorso il C. denunzia:
1. "Violazione art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, artt. 383, 384 e 394 c.p.c., art. 156 c.c., commi 1 e 2".
Ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, conclusivamente formula il seguente quesito "il giudice di rinvio è tenuto ad esaminare anche i motivi di censura che la sentenza della Corte di Cassazione ha dichiarato assorbiti, decidendo sulle prospettazioni delle parti, esposte nell'atto di riassunzione".
Censura l'affermazione secondo cui "tutte le altre questioni sollevate dalle parti con l'impugnazione principale e con quella incidentale, e riproposte dinnanzi al giudice del rinvio, sono oggetto di decisione divenuta, ormai, definitiva", sostenendo che non si è verificato per esse nessun fenomeno di definitività processuale, che non sussiste un effetto preclusivo che possa impedirne l'esame ed ancora che la decisione avrebbe dovuto involgere l'esame e la risoluzione delle questioni proposte nell'atto di appello e nel ricorso per cassazione e segnatamente quelle concernenti la determinazione dell'assegno e la regolamentazione delle spese processuali, ridedotte in sede di rinvio.
2. "Violazione art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, artt. 383, 384 e 394 c.p.c., art. 156 c.c., comma 1". Il ricorrente si duole della quantificazione equitativa dell'aumento statuito per fronteggiare l'esigenza alloggiativa della moglie, assumendo che esso non è stato correlato a parametri concreti, riferiti al mercato locale, alle effettive esigenze personali e spaziali della beneficiaria dell'apporto ed alla consistenza del proprio patrimonio immobiliare.
Formula il seguente quesito "L'assegno a favore della moglie deve essere determinato in relazione al patrimonio effettivo dell'obbligato, desunto dalle dichiarazioni fiscali e dalle certificazioni rilasciate dalla Conservazione dei Registri Immobiliari, in relazione alle effettive esigenze abitative di una casalinga che vive da sola e non svolge attività lavorativa".
3. "Violazione art. 360, n. 5 e artt. 383 e 384", con riguardo allo regime delle spese processuali statuito dal giudice del rinvio e sulla base del seguente quesito "Il potere discrezionale di regolare la distribuzione delle spese non può ignorare la soccombenza reale e l'insussistenza di questioni particolari giustificatrici".

Il primo motivo del ricorso è fondato; al relativo accoglimento segue anche l'assorbimento degli altri due motivi d'impugnazione.
Le questioni costituenti oggetto dei motivi di ricorso per Cassazione espressamente dichiarati assorbiti debbono ritenersi, per definizione, non decise e possono essere, quindi, riproposte del tutto impregiudicate all'esame del giudice di rinvio (in tema cfr da ultimo, Cass. n. 18677 del 2011).
Nella specie il C. aveva impugnato in questa sede anche la quantificazione dell'assegno di mantenimento disposto in favore della moglie, ma le censure da lui sul punto articolate con il terzo ed il quarto motivo del ricorso, erano state dichiarate assorbite a seguito dell'accoglimento del primo motivo del medesimo ricorso.
Pertanto, avendo il ricorrente nuovamente instato in sede di rinvio per la riduzione dell'assegno economico da lui dovuto per il mantenimento della moglie, non poteva ritenersi intervenuto alcun giudicato interno ostativo al riesame nel merito della ridedotta questione circa la eccessività della somministrazione nè che la complessiva valenza economica delle statuizioni sul tema già adottate nella precedente fase di merito costituisse un limite intangibile, considerando pure l'inoperatività, nel rilevato contesto impugnatorio, del divieto della riforma "in pejus" della sentenza impugnata. Conclusivamente si deve accogliere il primo motivo del ricorso, dichiarare assorbiti gli altri e cassare la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui si demanda anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2013


 

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