REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Pietro Venuti- Presidente -
Dott. Adriana Doronzo- Consigliere -
Dott. Matilde Lorito - Consigliere -
Dott. Lucia Esposito - rel. Consigliere -
Dott. Paola Ghinoy- Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5839/2010 proposto da:
GIARDINO EDEN DI G.G. & C. S.N.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IPPOLITO NIEVO 61, presso lo studio dell'avvocato VALENTINO GENTILE, rappresentata e difesa dall'avvocato MAURIZIO GIUSEPPE SINATRA, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
SERIT SICILIA S.P.A. Agente della riscossione per la Provincia di ____, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VINCENZO TIERI 29, presso lo studio dell'avvocato MASSIMO PENSABENE, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. - Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati LUIGI CALIULO, LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI, giusta delega in atti;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 315/2009 della Corte d'Appello di Palermo, depositata il 20/03/2009 R.G.N. 640/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/01/2016 dal Consigliere Dott. Lucia Esposito;
udito l'Avvocato Sinatra Maurizio;
udito l'Avvocato Maritato Lelio;
udito l'Avvocato D'Atri Roberto per delega verbale avvocato Pensabene Massimo;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Marcello Matera, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1 Con sentenza del 20 marzo 2009 la Corte d'appello di Palermo ha confermato la decisione di primo grado che aveva dichiarato inammissibile l'opposizione proposta da Giardino Eden di G. & C. s.n.c. avverso l'avviso di mora con il quale era richiesto il pagamento della somma di Euro 145.132,06. Detto avviso era relativo a cartella esattoriale della quale era dedotta la nullità per difetto di notifica, nonchè la prescrizione del credito.

2. La Corte territoriale, rilevato che la cartella risultava notificata presso la sede legale della società nelle mani di tal A.N., qualificatosi come socio della stessa, osservava che l'opponente non aveva vinto la presunzione che il consegnatario della cartella, rinvenuto all'interno dei locali aziendali, fosse stato incaricato della ricezione degli atti, talchè la cartella risultava opposta oltre il termine di 40 giorni previsto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24.

3. Per la cassazione della sentenza propone ricorso per cassazione la società sulla base di unico motivo illustrato con memorie. L'Inps e Serit Sicilia S.p.A. resistono con controricorso.

Motivazione

1.La ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 145 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Rileva che era stata fornita prova dell'assenza di un particolare rapporto tra colui che aveva ricevuto l'atto e la società, poichè, attraverso la produzione della visura camerale, era stato dimostrato che nessun soggetto di nome A. aveva mai avuto rapporti sociali con Giardino Eden s.n.c. e, attraverso la produzione del libro matricola, che lo stesso non risultava tra i dipendenti. Di conseguenza doveva escludersi che la consegna dell'atto fosse stata effettuata a mani di persona addetta alla ricezione o alla sede, come richiesto dall'art. 145 c.p.c.
Rilevava, inoltre, che, anche a ritenere l' A. addetto alla sede o alla ricezione degli atti, la notifica doveva ritenersi ugualmente nulla perchè effettuata in luogo diverso dalla sede legale della ricorrente, che era sempre stata alla ____. Conseguentemente la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare la nullità della notifica della cartella esattoriale e la conseguente illegittimità dell'avviso di mora, oltre alla prescrizione estintiva delle somme pretese.

2. Il ricorso è infondato e va rigettato. Ed invero la decisione impugnata è conforme al consolidato orientamento affermato da questa Corte di legittimità in tema di notificazioni: "ai fini della regolarità della notificazione di atti a persona giuridica, ai sensi dell'art. 145 c.p.c., presso la sede legale ovvero presso quella effettiva ex art. 46 c.c., comma 2, è sufficiente che il consegnatario sia legato alla persona giuridica stessa da un particolare rapporto che, non dovendo necessariamente essere di prestazione lavorativa, può risultare anche dall'incarico, eventualmente provvisorio o precario, di ricevere la corrispondenza; sicchè, qualora dalla relazione dell'ufficiale giudiziario risulti... la presenza di una persona che si trovava nei locali della sede stessa, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente, laddove la società, per vincere la presunzione in parola, ha l'onere di provare che la stessa persona, oltre a non essere un suo dipendente, non era neppure addetta alla sede per non averne mai ricevuto incarico alcuno, nel senso che la prova dell'insussistenza di un rapporto siffatto non è adempiuto con la sola dimostrazione dell'inesistenza d'un rapporto di lavoro subordinato tra la persona in questione ed il destinatario della notifica, attesa la configurabilità di altri rapporti idonei a conferire la richiesta qualità" (cosi Sez. 1, Sentenza n. 13935 del 13/12/1999, Rv. 532090, conformi Sez. L, Sentenza n. 15798 del 02/07/2010, Rv. 614383, Sez. 5, Sentenza n. 21817 del 05/12/2012, Rv.624472).

3. Per quanto attiene, poi, al profilo attinente alla difformità tra il luogo di notificazione e la sede legale della società, si richiamano i principi secondo cui "quando l'ufficiale giudiziario attesti di non avere rinvenuto la società destinataria della notifica presso la sua sede legale, perchè, secondo quanto appreso, questa aveva la sua sede effettiva altrove, e recatosi presso la sede effettiva, abbia fatto consegna a persona qualificatasi come "addetta" alla ricezione per la società, le attestazioni in parola sono da ritenersi assistite da fede fino a querela di falso, riguardando esse circostanze frutto della diretta attività e percezione del pubblico ufficiale; viceversa, il contenuto delle notizie apprese circa la sede effettiva e della dichiarazione di chi si sia qualificato "addetto" alla ricezione è assistito da presunzione "iuris tantum", che, in assenza di prova contraria, non consente al giudice di disconoscere la regolarità dell'attività di notificazione" (Sez. 5, Sentenza n. 21817 del 05/12/2012, Rv. 624472) e, ancora, "in tema di notifiche alle persone giuridiche, l'art. 46 c.c. - che stabilisce che i terzi "possono" considerare come sede, oltre a quella amministrativa, anche quella effettiva - va interpretato alla luce dei principi di buona fede, di solidarietà e della finalità, propria delle notifiche, di portare a conoscenza del destinatario gli atti processuali, cosicchè il precetto normativo non può tradursi nella facoltà di non tenere conto della sede effettiva conosciuta dal notificante, deponendo in tal senso la previsione di obblighi di ricerca del destinatario gravanti sull'ufficiale giudiziario ai sensi dell'art. 148 c.p.c., comma 2 (che presuppongono, a loro volta, obbligo del notificante di indicare tutti gli elementi utili in suo possesso) e il disposto di cui all'art. 145 c.p.c., che, non distinguendo ai fini della notificazione tra sede legale ed effettiva, comporta che quest'ultima non possa essere pretermessa ove conosciuta dal notificante, nonchè, con riguardo alla materia societaria, il rilievo della conoscenza dei fatti, indipendentemente dalla loro iscrizione nel registro delle imprese, stabilito in via generale dall'art. 2193 c.c., comma 1".

4. In ragione delle svolte argomentazioni il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nei confronti di ciascuna delle parti resistenti in Euro 100,00 per esborsi e in Euro 2.500,00 per compensi, oltre accessori di legge e spese generali al 15%.
Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2016.
Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2016


 

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