LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario - Presidente -
Dott. MASSERA Maurizio - Consigliere -
Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere -
Dott. VIVALDI Roberta - rel. Consigliere -
Dott. FRASCA Raffaele - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 27798-2010 proposto da:
I.G. - ricorrente -
contro
AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI TITO - controricorrente -
avverso la sentenza n. 28/2010 della CORTE D'APPELLO di POTENZA del 2/02/2010, depositata il 03/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/02/2012 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;
è presente il P.G. in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO.

Svolgimento del processo

E' stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
"1. - E' chiesta la cassazione della sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Potenza il 2.2.2010 e depositata il 3.2.2010 in materia di opposizione a decreto ingiuntivo ed arricchimento senza causa.
Al ricorso si applicano le norme di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, per essere il provvedimento impugnato stato depositato successivamente all'entrata in vigore della indicata normativa (4 luglio 2009).
La sentenza di merito ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di Legittimità e l'esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l'orientamento della stessa (art. 360 bis c.p.c., n. 1).
Con unico motivo il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 2041 c.c. ed il difetto di motivazione.
In particolare, rileva che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto inammissibile la domanda di ingiustificato arricchimento proposta dall'odierno ricorrente quale domanda riconvenzionale, in sede di costituzione, con comparsa di risposta, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso in favore dello I. ed a carico del Comune di Tito.
Trattasi, secondo il ricorrente, di domanda subordinata proposta in sede di costituzione nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, ma fondata sui medesimi fatti posti alla base della pretesa creditoria, mutando unicamente la loro qualificazione giuridica.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, con la sentenza 27.10.2010 n. 26128, emessa in sede di risoluzione di contrasto, hanno affermato che le domande di adempimento contrattuale e di arricchimento senza causa, quali azioni che riguardano entrambe diritti eterodeterminati, si differenziano, strutturalmente e tipologicamente, sia quanto alla causa petendi (esclusivamente nella seconda rilevando come fatti costitutivi la presenza e l'entità del proprio impoverimento e dell'altrui locupletazione, nonchè, ove l'arricchito sia una P.A., il riconoscimento dell'utilitas da parte dell'ente), sia quanto al petitum (pagamento del corrispettivo pattuito o indennizzo).
Ne consegue che, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo - al quale si devono applicare le norme del rito ordinario, ai sensi dell'art. 645, comma 2, e, dunque, anche l'art. 183 c.p.c., comma 5, - è ammissibile la domanda di arricchimento senza causa avanzata con la comparsa di costituzione e risposta dall'opposto (che riveste la posizione sostanziale di attore) soltanto qualora l'opponente abbia introdotto nel giudizio, con l'atto di citazione, un ulteriore tema di indagine, tale che possa giustificare l'esame di una situazione di arricchimento senza causa. In ogni altro caso, all'opposto non è consentito di proporre, neppure in via subordinata, nella comparsa di risposta o successivamente, un'autonoma domanda di arricchimento senza causa, la cui inammissibilità è rilevabile d'ufficio dal giudice.
Nella specie, pertanto, la domanda di ingiustificato arricchimento, proposta in sede di comparsa di costituzione e risposta e non supportata dalla introduzione di un tale tema di indagine da parte dell'opponente nell'atto introduttivo del giudizio di opposizione - come risulta dall'esame degli atti - è inammissibile".
La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.
Non sono state presentate conclusioni scritte, nè alcuna delle parti è stata ascoltata in camera di consiglio.
Il ricorrente ha presentato memoria.

Motivazione

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio - esaminati i rilievi contenuti nella memoria - ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.
Ha ritenuto di dovere osservare.
Non possono essere seguiti i rilievi proposti, puntualmente solo con la memoria ex art. 380 bis c.p.c., dall'attuale ricorrente.
In primo luogo, se ne deve constatare la tardività, per non essere gli stessi stati formulati con il ricorso per cassazione; ancora, la loro inammissibilità per difetto di autosufficienza, non essendo stati riportati neppure i brani - e la sede processuale della loro deduzione - e le circostanze per le quali il tema d'indagine legato all'ingiustificato arricchimento sarebbe stato formulato nell'opposizione a decreto ingiuntivo.
Pur essendo assorbenti tali profili, non è senza utilità rilevare che la dedotta inesistenza contrattuale, dovuta alla mancanza di deliberazione consiliare, posta a fondamento dell'opposizione a decreto ingiuntivo, non postula, in alcun modo, un ampliamento del tema di indagine in ordine alla sussistenza dei presupposti dell'ingiustificato arricchimento od alla ricorrenza delle condizioni che legittimano l'opposto ad introdurre la relativa domanda con la comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso (v. S.U. 27.10.2010 n. 26128). Si tratta, infatti, soltanto di circostanze finalizzate a contestare il fondamento della domanda proposta con il ricorso per decreto ingiuntivo.
Da ultimo, alcuna rilevanza può essere attribuita alla circostanza che l'opponente comune di Tito abbia dichiarato soltanto in sede di precisazione delle conclusioni, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, di non accettare il contraddittorio in relazione alla domanda di indebito arricchimento proposta in comparsa di costituzione e risposta, posto che trattasi di domanda (quella di opposizione a decreto ingiuntivo) introdotta dopo il 20 aprile 1995 (22.4.1997), per la quale vigono le preclusioni di cui al nuovo testo degli artt. 183 e 184 cod. proc. civ., introdotto dalla L. 26 novembre 1990, n. 353.
La questione della novità della domanda, in questo caso, risulta del tutto sottratta alla disponibilità delle parti, e, pertanto, pienamente ed esclusivamente ricondotta al rilievo officioso del giudice, essendo l'intera trattazione improntata al perseguimento delle esigenze di concentrazione e speditezza che non tollerano - in quanto espressione di un interesse pubblico - l'ampliamento successivo del thema decidendi, anche se su di esso si venga a registrare il consenso del convenuto (da ultimo Cass. 30.11.2011 n. 25598).
Conclusivamente, il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e liquidate come in dispositivo, sono poste a carico del ricorrente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 2.800,00, di cui Euro 2.600,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta Civile - 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 16 febbraio 2012.
Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2012


 

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