REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CATANIA
II Giudice del Lavoro del Tribunale di Catania, G.O.T. dott. Domenico Circosta, all'udienza di discussione del 18 dicembre 2019 ha pronunciato, ex art. 429 c.p.c., la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 8512/2019 R.G. Sez. Lavoro, promossa
DA
D. S. S., rappresentato e difeso dall’avv. Orazio Stefano Esposito;
-Ricorrente-
CONTRO
INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale), nonché quale mandataria della S.C.C.I. S.p.A. (Società di Cartolarizzazione Crediti dell’I.N.P.S., ai sensi dell’art. 13 della L 448/1998 e della procura a rogito Notaio Guido Tomazzoli di Roma, n. 10804 del 24.07.2001, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., ed entrambi elettivamente domiciliati in Catania, via Istituto Sacro Cuore n. 22, presso l’avvocatura provinciale dell’Istituto e rappresentati e difesi per procura generale alle liti dall’avv. Gaetana Angela Marchese;
-Resistente-
Oggetto: opposizione avverso avviso di addebito.

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 12 settembre 2019, parte ricorrente ha convenuto INPS avanti a questo Giudice della Sezione lavoro del Tribunale di Catania, impugnando l’avviso di addebito n. 59320190004049177000, avente ad oggetto contributi IVS anno 2018, gestione commercianti (€ 2.049,68).
A sostegno della domanda parte ricorrente deduceva l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo, la non debenza dei contributi, l’assenza dei requisiti ex L. 662/1996.
Tanto premesso il ricorrente chiedeva che il Tribunale, previa sospensione dell’efficacia esecutiva, volesse dichiarare l’illegittimità e la conseguente nullità dell’avviso di addebito impugnato nonché dichiarare non dovuta somma alcuna a nessun titolo da parte del ricorrente.

Fissata l’udienza di discussione si costituiva in giudizio l’INPS, svolgendo difese volte a dimostrare l’infondatezza del ricorso di cui chiedeva il rigetto.
La causa, istruita con prova documentale, perveniva davanti a questo giudicante e veniva chiamata all’udienza odierna dove, sulle conclusioni rassegnate dalle parti come in atti, veniva decisa con la presente sentenza dando lettura del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.

Motivazione

In via preliminare, va verificata la tempestività dell’opposizione ai sensi dell’art. 24, comma 5, d.lgs. n. 46/1999.
L’avviso di addebito in data risulta notificato in data 27.08.2019, sì come dedotto dall'opponente e documentato in atti; il ricorso in opposizione è stato depositato il 12.09.2019, entro il termine di 40 gg. prescritto dalla citata norma.

Nel merito si osserva quanto segue.
Il titolo impugnato ha ad oggetto contributi relativi alla gestione commercianti di competenza, oltre somme aggiuntive e sanzioni. L’Inps ha proceduto all’iscrizione del ricorrente d’ufficio nella Gestione commercianti (come documentato) sulla base della acquisita qualità di accomandatario della sas rivestita dal ricorrente.

Nel merito, la domanda proposta dal ricorrente è fondata e va accolta per quanto di ragione.
Ai fini della decisione occorre esaminare la disciplina che regola l’assicurazione presso la gestione commercianti.
La disciplina previgente è stata modificata dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203, che così sostituisce la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1: “L'obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla L. 22 luglio 1966, n. 613, e successive modificazioni ed integrazioni, sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti:
a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita;
b) abbiano la piena responsabilità dell'impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione. Tale requisito non è richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonché per i soci di società a responsabilità limitata;
c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri e ruoli”

L’art. 1, comma 208, della legge citata dispone poi: “Qualora i soggetti di cui ai precedenti commi esercitino contemporaneamente, anche in un'unica impresa, varie attività autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, sono iscritti nell'assicurazione prevista per l'attività alla quale gli stessi dedicano personalmente la loro opera professionale in misura prevalente. Spetta all'Istituto nazionale della previdenza sociale decidere sulla iscrizione nell'assicurazione corrispondente all'attività prevalente. Avverso tale decisione, il soggetto interessato può proporre ricorso, entro 90 giorni dalla notifica del provvedimento, al consiglio di amministrazione dell'Istituto, il quale decide in via definitiva, sentiti i comitati amministratori delle rispettive gestioni pensionistiche”.

L’applicazione delle disposizioni sull’iscrizione all’assicurazione contro le malattie contenute nell’art. 1 legge 27 novembre 1960, n. 1397, come sostituito dall’art. 29 della legge 3 giugno 1975 n. 160, anche ai soci di società in nome collettivo o in accomandita semplice, che esercitino le attività previste da tale articolo nel rispetto delle norme ad esse relative e gestiscano imprese organizzate prevalentemente con il lavoro dei soci e degli eventuali familiari coadiutori, è stata prevista dall’art. 3 della legge 28 febbraio 1986 n. 45. In particolare, a tal fine: “I soci devono possedere i requisiti di cui alle lettere b e c del primo comma del citato articolo 1 della legge 27 novembre 1960, n. 1397, e per essi non sono richiesti l’iscrizione al registro di cui alla legge 11 giugno 1971 n. 426, e il possesso delle autorizzazioni o licenze che sono prescritte per l’esercizio dell’attività”.

L’iscrizione alla gestione commercianti è obbligatoria ove si realizzino congiuntamente le ipotesi previste dalla legge e cioè: la titolarità o gestione di imprese organizzate e dirette in prevalenza con il lavoro proprio e dei propri familiari; la piena responsabilità ed i rischi di gestione; la partecipazione al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; il possesso, ove richiesto da norme e regolamenti per l’esercizio dell’attività propria, di licenze e qualifiche professionali.
L’intervento di interpretazione autentica contenuto nell’art. 12 comma 11 dl n. 78/2010 convertito in l. n. 122/2010 (rispetto al quale la Consulta ha reiteratamente escluso i prospettati dubbi di costituzionalità: cfr. C.Cost. 15/2012 e 32/2013) ha definito la questione del ruolo del comma 208 dell’art. 1 l. n. 662/1996 (che prevede il principio del cd assorbimento finalizzato all’iscrizione in una sola gestione previdenziale), chiarendo che tale assorbimento opera unicamente quando viene esercitata attività d’impresa in forma mista da parte di commercianti, artigiani e coltivatori diretti e non già allorché, all’interno della stessa tipologia di attività di impresa (quale quella commerciale), il medesimo soggetto operi sia come amministratore di srl (con il conseguente sorgere dell’obbligo
di iscrizione alla gestione separata) sia come commerciante (con il conseguente obbligo di versamento alla gestione commercianti). In tale ipotesi si verificano i presupposti dell’obbligo di doppia iscrizione e contribuzione (contra, antecedentemente all’intervento del legislatore, cfr. SSUU Cass. n. 3240/2010).

Se è dunque vero che in sede giudiziaria non dovrà più valutarsi la prevalenza dell’attività di amministratore su quella di socio lavoratore, resta tuttavia fermo che - ai fini del sorgere dell’obbligo di iscrizione e di contribuzione dell’amministratore (anche) alla gestione commercianti - deve sussistere la prova dell’abitualità e prevalenza della partecipazione personale al lavoro aziendale come richiesto dall’art. 1 comma 203 l. 662/1996. Nella fattispecie, difettano i requisiti per l’iscrizione del ricorrente alla gestione commercianti, non essendo sufficiente che un soggetto rivesta il ruolo di socio ovvero di socio accomandatario, ove non si dimostri altresì lo svolgimento da parte dello stesso di attività lavorativa per la società, con assunzione di oneri e rischi relativi alla gestione, nonché l’abitualità e la prevalenza della partecipazione al lavoro aziendale.
L’Ente previdenziale, quale attore sostanziale del presente giudizio, non ha allegato elementi concreti a fondamento della propria pretesa e non ha fornito prova della sussistenza delle condizioni citate per l’iscrizione alla gestione commercianti, si evidenzia in particolare che la produzione documentale effettuata dall’Ente tardivamente, unitamente alle note conclusive, deve ritenersi inammissibile.
Quanto sinora affermato, anche in precedenti pronunce di questo Tribunale, ha trovato conferma anche di recente nella sentenza della Suprema Corte n. 3835/2016: “Nelle società in accomandita semplice, in forza dell'art. 1, comma 203, della l. n. 662 del 1996, che ha modificato l'art. 29 della l. n. 160 del 1975, e dell'art. 3 della l. n. 45 del 1986, la qualità di socio accomandatario non è sufficiente a far sorgere l'obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la cui prova è a carico dell'istituto assicuratore”.
Nella sentenza citata la Suprema Corte non ha quindi condiviso l’assunto dell’Ente previdenziale secondo cui l’obbligo della iscrizione nella gestione commercianti per il socio accomandatario sorgerebbe automaticamente per la posizione dallo stesso rivestita all’interno della società.
In parte motiva si legge: “ (…) vanno tenuti distinti i due piani del funzionamento della società, con i connessi poteri di amministrazione, e della gestione della attività commerciale, che ben può essere affidata a terzi estranei alla compagine sociale o ad altri soci che non siano anche amministratori della società”.
E’ stata quindi ribadita la necessità di accertare autonomamente i due requisiti di cui alle lettere b) e c) della normativa citata, ovvero la responsabilità illimitata per i rischi di gestione e la partecipazione personale al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza.”.

Nel caso di specie, l’Istituto non ha provato né lo svolgimento di attività lavorativa con continuità e prevalenza da parte del ricorrente, né l’espletamento ad opera dello stesso di attività commerciale nella società sopra indicata.
A tale proposito giova ricordare quanto da ultimo affermato dalla Suprema Corte in subiecta materia con l’ordinanza n. 3145 dell’11.2.2013: “Non è tenuto all'iscrizione alla Gestione Speciale dei Commercianti costituita presso l'INPS il socio accomandatario di s.a.s. la cui attività si limiti alla riscossione dei canoni di locazione di un albergo affittato ad altri. Infatti il presupposto imprescindibile per l'iscrizione alla Gestione Commercianti è che vi sia un esercizio commerciale, la gestione dello stesso come titolare o come familiare coadiuvante o anche come socio di srl che abbia come oggetto un esercizio commerciale, e tale presupposto non ricorre nello svolgimento della suddetta attività, in quanto essa non costituisce esercizio di attività commerciale e non rientra neppure nel settore terziario di cui all'art. 49 della legge 9 marzo 1989, n. 88”.

Alla luce di quanto sin qui esposto e considerato che grava sull’INPS l’onere di provare la fondatezza della sua pretesa e la sussistenza dei presupposti per l’iscrizione del ricorrente nella gestione commercianti, non sono dovuti i contributi e relativi oneri accessori portati dall’avviso di addebito opposto, che per l’effetto deve essere annullato, restando assorbita ogni altra questione proposta.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono poste a carico dell’INPS.

PQM

Il Tribunale di Catania, in funzione di Giudice del Lavoro, disattesa ogni ulteriore domanda, eccezione e difesa, definitivamente pronunciando nel procedimento in epigrafe indicato, così statuisce:
in accoglimento dell’opposizione, dichiara non dovuti i contributi pretesi con l’avviso di addebito opposto, che per l’effetto annulla;
condanna l’INPS alla rifusione delle spese di lite in favore del ricorrente, che liquida in euro 843,00, oltre IVA, CPA e spese forfettarie al 15% come per legge, da distrarsi in favore del procuratore costituito dichiaratosi antistatario.
Catania, 18 dicembre 2019
Il Giudice del Lavoro
G.O.T. dott. Domenico Circosta


 

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