REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CATANIA
Il Giudice onorario del Lavoro del Tribunale di Catania, dott.ssa Maria Letizia Leonardi, all’udienza di discussione del 30 maggio 2019 ha pronunciato, ex art. 429 c.p.c., la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 2779/2016 R.G. Lavoro, promossa
DA
S. A., rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso introduttivo, dall’avv. Orazio Stefano Esposito;
- RICORRENTE -
CONTRO
I.N.P.S. (Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale), in persona del suo presidente pro tempore, anche quale mandatario della S.C.C.I. S.p.A., rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall’avvocato Domenica Di Leo;
Riscossione Sicilia S.p.a. (già Serit Sicilia S.p.a.), Agente della riscossione per la provincia di Catania, rappresentata e difesa, giusta procura separata ed allegata al ricorso notificato il 6.06.2016, dall’avvocato Gabriella Lupo;
-RESISTENTI
Oggetto:
opposizione ad intimazioni di pagamento e relative cartelle

Svolgimento del processo

Il ricorrente con ricorso depositato il 21.03.2016 ha impugnato l’intimazione di pagamento n.29320159013708522000 e le sottostanti cartelle di pagamento:
1) n. 29320060134041389 000;
2) n. 2932009001315084 000;
3) n. 29320100042830658 000;
4) n. 29320100055019120 000;
5) n. 29320100065965312 000;
6) n. 29320110018331613 000;
7) n. 29320110028350137 000;
ha eccepito: la nullità dell’intimazione di pagamento per mancata notifica delle cartelle, la prescrizione e la prescrizione successiva; pertanto ha chiesto, previa sospensione, l’annullamento degli atti impugnati.
Si sono costituiti i resistenti ed hanno eccepito: entrambi la tardività dell’opposizione ex art. 24 comma 5 d.lgs 46/99, nonché l’INPS la carenza di legittimazione passiva; Riscossione l’inammissibilità della domanda in quanto proposta avverso intimazione di pagamento. Entrambi, i resistenti hanno chiesto il rigetto della domanda.
All’udienza odierna Riscossione Sicilia rilevava che parte delle cartelle oggetto di impugnazione sono oggetto di rottamazione; quindi le parti insistevano nelle rispettive eccezioni e difese e la causa veniva decisa mediante lettura del dispositivo e dell’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.

Motivazione

In primo luogo con riferimento alle cartelle n. 29320060134041389 000, n. 2932009001315084 000, n. 29320100042830658 000, n. 29320100055019120 000, n. 29320100065965321 000 e , n. 29320110028350137 000 occorre, richiamare l’art. 4 D.L. 119/2018, convertito con modifiche dalla legge 136/2018, secondo cui “I debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore del presente decreto, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, ancorchè riferiti alle cartelle per le quali è già intervenuta la richiesta di cui all'articolo 3, sono automaticamente annullati.
L'annullamento è effettuato alla data del 31 dicembre 2018 per consentire il regolare svolgimento dei necessari adempimenti tecnici e contabili. Ai fini del conseguente discarico, senza oneri amministrativi a carico dell'ente creditore, e dell'eliminazione dalle relative scritture patrimoniali, l'agente della riscossione trasmette agli enti interessati l'elenco delle quote annullate su supporto magnetico, ovvero in via telematica, in conformità alle specifiche tecniche di cui all'allegato 1 del decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze del 15 giugno 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 142 del 22 giugno 2015. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 529, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.”

Il legislatore ha quindi previsto un annullamento ope legis dei carichi di debito inferiori a mille euro (comprensive di capitale, interessi e sanzioni) affidati all’agente della riscossione nel periodo compreso tra il dì 1.01.2000 e il 31.12.2010.
Dal tenore letterale della norma (“I debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore del presente decreto, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, ancorchè riferiti alle cartelle per le quali è già intervenuta la richiesta di cui all'articolo 3, sono automaticamente annullati…..”, si evince che l’effetto estintivo opera con efficacia immediata e comporta fin da subito (dall’entrata in vigore del decreto) l’inesigibilità del credito, a prescindere dalla concreta cancellazione delle quote di debito da parte dell’agente della riscossione e dal conseguente discarico da parte degli enti impositori.
Ciò premesso, rientra nella sfera di applicazione della succitata normativa la fattispecie in esame.
Va precisato che nel determinare l’importo “comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni” costituenti il singolo carico iscritto a ruolo si deve fare riferimento alle singole rate e per singole annualità iscritte a ruolo, restando esclusi gli interessi che maturano successivamente al momento in cui i ruoli sono affidati all’Agente della Riscossione.
Va altresì precisato che ai sensi dell’art. 4 comma 1 (D.L. 119/2018, convertito con modifiche dalla legge 136/2018) “ I debiti di importo residuo ……risultanti dai singoli carichi affidati” non vanno identificati, con le così dette “partite” iscritte a ruolo, in quanto si tratta di concetti tecnicamente diversi (atteso che le partite possono comprendere più carichi iscritti a ruolo) pertanto occorre tenere in considerazione il dato letterale della norma che fa riferimento “ai singoli carichi fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni”.
Ciò posto rientrano nella sfera di applicazione della succitata normativa tutte le cartelle di pagamento impugnate, in quanto i singoli carichi iscritti a ruolo per singole rate e per annualità, non superano per contributi e somme aggiuntive la soglia dei mille euro, così come risultante dalla documentazione in atti.
Ne consegue che i debiti oggetto delle sopracitate cartelle di pagamento e limitatamente alle somme iscritte a ruolo a titolo di contributi INPS ed opposte nell’odierno giudizio, devono ritenersi ope legis annullate. Né può non ritenersi applicabile la citata normativa, pienamente efficace ed in vigore, per la proposizione da parte dell’Istituto Previdenziale di un interpello ministeriale sulla disposizione di cui l’art. 4 D.L. 119/2018, convertito con modifiche dalla legge 136/2018.
Pertanto, con riferimento all’intimazione di pagamento e alle relative cartelle impugnate, limitatamente ai contributi INPS, va dichiarata la cessazione della materia del contendere, per il venir meno della posizione di contrasto tra le parti e, con esso sia il loro interesse a proseguire il giudizio sia l’obbligo del giudice di pronunciarsi sull’oggetto della controversia.

Va peraltro precisato, per ragioni di completezza, che quand’anche le suddette cartelle non fossero state annullate ai sensi della succitata previsione legislativa le stesse, nel merito, sarebbe comunque da ritenersi annullate in quanto prescritte, ciò con riguardo alle difese della Riscossione.
Come precisato in giurisprudenza, infatti, “la cessazione della materia del contendere si ha per effetto della sopravvenuta carenza di interesse della parte alla definizione del giudizio, postulando che siano accaduti nel corso del giudizio fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti e da rendere incontestato l’effettivo venir meno dell’interesse sottostante alla richiesta pronuncia di merito… (cfr., ex multis, C. Cass.10553/09; C. Cass. 22650/08).
Si precisa altresì, per ragioni di completezza che le cartelle di pagamento in oggetto andrebbero comunque dichiarate annullate in quanto prescritto il credito previdenziale dalle stesse portato.
Le spese di lite vanno compensate tra le parti, essendo l’automatico annullamento del debito conseguente ad espressa previsione legislativa.

In merito alla cartella di pagamento n. 29320110018331613 000, che non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 4 D.L. 119/2018, convertito con modifiche dalla legge 136/2018, in quanto affidata al concessionario in data successiva al 31.12.2010 come risultante dalla documentazione prodotta da Riscossione Sicilia Spa si osserva quanto segue:
in via preliminare deve ritenersi infondata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva proposta dall’INPS e da Riscossione Sicilia S.p.A.
E’ infatti principio consolidato della giurisprudenza di legittimità in materia quello secondo cui: “In tema di riscossione dei crediti previdenziali mediante iscrizione a ruolo di cui al d.lg. 26 febbraio 1999 n. 46, l'opposizione contro il ruolo per motivi inerenti al merito va proposta nei confronti del soggetto impositore (l'Inps) e il cessionario del credito in quanto titolari del credito e a conoscenza degli atti su cui si fonda la pretesa, mentre ove siano sollevate questioni formali concernenti la cartella o la sua notifica, il contraddittorio va necessariamente instaurato anche con la società esattrice, a cui compete la riscossione dei ruoli” (Cass. civ. n. 18522/2011).
Pertanto, INPS e Riscossione Sicilia S.p.A. correttamente sono parti resistenti nel presente giudizio, ciascuna in relazione alle diverse censure di rispettiva competenza proposte da parte ricorrente, nella qualità di ente impositore (INPS) e di agente addetto alla procedura di riscossione (Riscossione Sicilia S.p.a.).

In primo luogo, va esaminata l'eccezione, sollevata dagli enti resistenti, di tardività dell'opposizione, per essere stata proposta oltre il termine di 40 giorni dalla notificazione degli atti impugnati.
A tale fine va precisato che l'ammissibilità dell’opposizione va esaminata d’ufficio dal giudice, anche nell’ipotesi di contumacia dei convenuti, atteso che il termine previsto per l’impugnazione della cartella esattoriale dall’art.24, comma 5°, del D.Lgs. n. 46 del 1999, avente carattere perentorio, deve considerarsi fissato a pena di decadenza, sì come di recente ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione (Cass. 27.2.2007 n 4506).
Va precisato che vizi afferenti alla regolarità della notifica, possono essere fatti valere tramite opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. da proporre dapprima nel termine di cinque giorni e, dal 1° marzo 2006, di 20 giorni dalla notifica dell’atto. Diversamente, le censure attinenti al merito della pretesa contributiva, possono essere avanzate ex art. 24, comma 5, d.lgs. 46/1999 con l’opposizione al ruolo nel termine perentorio di 40 giorni dalla notifica della cartella stessa ovvero, nel caso attengano a fatti successivi alla notifica, nella forma dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 1, c.p.c., per la quale non è previsto un termine finale di proposizione della domanda.
Ciò premesso, l'eccezione di inammissibilità dell'opposizione, ex art. 24, comma 5,D.Lgs. n. 46/1999, sollevata dagli enti opposti è infondata.
Va rilevato che le cartelle di pagamento n. 29320110018331613 000 non risulta regolarmente notificata. Ed invero, la notifica della predetta cartella, effettuata ex art. 140 c.p.c. deve ritenersi nulla in difetto di produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata integrativa. In particolare, dalla documentazione prodotta in atti dal concessionario della riscossione risulta che la notifica della cartelle di pagamento in oggetto non si è perfezionata, poiché manca la prova della ricezione della raccomandata informativa con avviso di ricevimento, necessaria per il perfezionamento della notifica ex art. 140 c.p.c.,
A tal proposito, va rilevato che secondo la costante giurisprudenza della Suprema Corte, la notificazione dell’avviso di accertamento tributario (ma analogo principio deve ritenersi valido per il caso della notificazione delle cartelle esattoriali) deve essere effettuata applicando la disciplina di cui all’art. 140 c.p.c., quando, come nel caso in esame, siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma la notifica non sia avvenuta perché costui o altro possibile consegnatario non sia stato rinvenuto.
Nel caso in esame in esame, non avendo il messo notificatore reperito il contribuente all’indirizzo indicato nell’atto da notificare, ha eseguito la notifica secondo le formalità di cui all’art. 140 c.p.c.. che disciplina i casi di temporanea irreperibilità del destinatario e delle persone indicate all’art. 139 c.p.c.
In ordine al momento perfezionativo della notifica ex art. 140 c.p.c., la Suprema Corte ha avuto modo di affermare nella ordinanza interlocutoria a S.U. n. 458 del 13/01/2005 che la notificazione nei confronti del destinatario si ha per eseguita con il compimento dell'ultimo degli adempimenti prescritti (spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento); tuttavia, poiché tale adempimento persegue lo scopo di consentire la verifica che l'atto sia pervenuto nella sfera di conoscibilità del destinatario, l'avviso di ricevimento deve essere allegato all'atto notificato e la sua mancanza provoca la nullità della notificazione (cfr., nello stesso senso, Cassazione civile, sez. III, 15.05.2009 n.11331). A tal proposito, è opportuno ricordare che la Corte Costituzionale, con sentenza n.3 del 14.01.2010, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del suddetto articolo nella parte in cui prevede che la notifica si perfezioni per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione.
Nel caso in esame non risultando la prova del ricevimento della raccomandata informativa la notifica della cartella non può dirsi perfezionata ed è quindi da ritenersi nulla.
Ne consegue che il ricorrente ha appreso dell’esistenza della pretesa contributiva vantata nei suoi confronti solo al momento della notifica dell’intimazione di pagamento eseguita in data 1/3/2016, con la conseguenza che l’odierno ricorso depositato il 21/03/2016 deve ritenersi tempestivo.

Ciò posto, va esaminato e accolto il motivo di opposizione relativo all’intervenuta estinzione del credito per avvenuta prescrizione.
In particolare, va ritenuta fondata l’eccezione di intervenuta prescrizione quinquennale dei crediti previdenziali IVS e somme aggiuntive iscritti a ruolo in questione.
Al riguardo, l’art. 3 co. 9 e 10 l. 335/1995 dispone che: “Le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono e non possono essere versate con il decorso dei termini di seguito indicati: a) dieci anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, compreso il contributo di solidarietà previsto dall'articolo 9- bis , comma 2, del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° giugno 1991, n. 166, ed esclusa ogni aliquota di contribuzione aggiuntiva non devoluta alle gestioni pensionistiche. A decorrere dal 1° gennaio 1996 tale termine è ridotto a cinque anni salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti; b) cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria. 10. I termini di prescrizione di cui al comma 9 si applicano anche alle contribuzioni relative a periodi precedenti la data di entrata in vigore della presente legge, fatta eccezione per i casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente. Agli effetti del computo dei termini prescrizionali non si tiene conto della sospensione prevista dall'articolo 2, comma 19, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, fatti salvi gli atti interruttivi compiuti e le procedure in corso”. Anche per tali contributi IVS (anno 2010), trova applicazione il nuovo termine di prescrizione quinquennale previsto dalla l. 335/1995.
Alla stregua di quanto esposto, considerato che non risultano atti interruttivi precedenti alla notifica dell’intimazione di pagamento impugnata (01.03.2016), e che i contributi previdenziali IVS afferiscono all’anno 2010 si deve ritenere che gli stessi sono prescritti e quindi non dovuti.
Atteso l’esito della lite compensa le spese del giudizio

PQM

definitivamente pronunciando sull’opposizione proposta da Sangiorgi Alessandra avverso gli atti in epigrafe indicati;
disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa;
dichiara cessata la materia del contendere, con riferimento alle cartelle di pagamento n. 29320060134041389 000, n. 2932009001315084 000, n. 29320100042830658 000, n. 29320100055019120 000, n. 29320100065965321 000 e , n. 29320110028350137 000 e illegittima l’intimazione di pagamento limitatamente alle suddette cartelle; compensa le relative spese di lite;
Dichiara prescritti i crediti previdenziali portati dalle cartelle n. 29320110018331613 000 e per l’effetto annulla la stesse e l’intimazione di pagamento limitatamente alla suddetta cartella;
compensa le spese di lite tra le parti
Catania, 30 maggio 2019
Il Giudice onorario del Lavoro
dott. ssa Maria Letizia Leonardi


 

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