REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI CALTANISSETTA – SEZIONE 1
riunita con l’intervento dei Signori:
MERLINO GIUSEPPE - Presidente
DI BELLA GIANNI - Relatore
ZUCCHETTO CESARE - Giudice
ha emesso la seguente
SENTENZA
- sul ricorso n. 905/13
spedito il 31/10/2013
- avverso CARTELLA DI PAGAMENTO n° ______ IRPEF-ADD.REG. 2005
- avverso CARTELLA DI PAGAMENTO n° _______ IRPEF-ALTRO 2005
- avverso CARTELLA DI PAGAMENTO n° ______ IVA ALTRO 2005
- avverso CARTELLA DI PAGAMENTO n° _______ IRAP 2005
contro: AGENTE DI RISCOSSIONE CALTANISSETTA RISCOSSIONE SICILIA SPA
difeso da:
Raja Francesco Paolo
proposto dal ricorrente:
R.G.
Difeso da
NASTASI DOTT. MACO VALERIO QUARTO

Svolgimento del processo

In data 4.11.2013 il Sig. R. G., rappresentato e difeso dal dott. Nastasi Marco Valerio Quarto, con studio in Gela, si costituiva in giudizio, depositando nella Segreteria di questa Commissione copia del ricorso proposto e copia della ricevuta di avvenuta notifica dello stesso alla Riscossione Sicilia spa, in data 31.10.2013.
Con tale atto il ricorrente impugnava l'iscrizione a ruolo Irpef, Irap, Iva, e Add. Regionale Irpef, oltre sanzioni ed interessi, anno d'imposta 2005, dell'Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Caltanissetta, risultante dalla cartella di pagamento n. 292_____, notificata il 6.9.2013, dell'importo complessivo di €. 359.467,71.
Deduceva il ricorrente la nullità della suddetta iscrizione a ruolo per:
- mancata sottoscrizione del ruolo;
- mancanza di motivazione;
mancanza del calcolo degli interessi e delle sanzioni applicate;
- mancanza del calcolo degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo. Non erano state indicate: la data di decorrenza, la base imponibile ed il tasso d'interesse applicato. Produceva prospetti contenenti calcoli degli interessi;
- errata applicazione dell'aggio della riscossione e violazione e falsa applicazione dell'art. 17 del D.Lgs. n. 112/199, per la mancata dimostrazione delle attività dell'Agente della riscossione per recuperare il credito.

In data 17.2.2014, la Riscossione Sicilia spa si costituiva in giudizio e, contestando le argomentazioni del ricorrente, deduceva la propria mancanza di legittimazione passiva per tutte le eccezioni proposte dal ricorrente sul merito della pretesa tributaria, chiedendo la chiamata in giudizio dell'Amministrazione Finanziaria. Precisava, inoltre, la legittimità della procedura di riscossione.
La controversia è decisa nella pubblica udienza del 15.12.2014, durante la quale il difensore del ricorrente chiede un rinvio poichè alla CTR è pendente appello e la sospensione ex art 295 c.p.c.; il rappresentante della Riscossione Sicilia spa si riporta alle proprie deduzioni e chiede la revoca della sospensione e la condanna alle spese.

Motivazione

Il Collegio ritiene, preliminarmente, esaminare la richiesta della Riscossione Sicilia S.p.a sulla chiamata in causa dell'Agenzia delle Entrate.
Si precisa che i motivi del ricorso sono riferibili sia al Concessionario della riscossione che all'Ente impositore.
In merito, il Collegio effettua le seguenti argomentazioni.
Con la sentenza n. 16412 del 25.7.2007 la Corte di Cassazione, a sezioni unite, ha affermato che "l'azione (del contribuente per la contestazione della pretesa tributaria) può essere svolta dal contribuente indifferentemente nei confronti dell'ente creditore o del concessionario e senza che tra costoro si realizzi una ipotesi di litisconsorzio necessario, essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la facoltà di chiamare in causa l'ente creditore".

In particolare, la Cassazione, sulla base di quanto disposto dall'articolo 39 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (disposizione precedentemente contenuta nell'articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43), secondo cui "il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l'ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite", ha precisato che "se l'azione del contribuente per la contestazione della pretesa tributaria a mezzo dell'impugnazione dell'avviso di mora è svolta direttamente nei confronti dell'ente creditore, il concessionario è vincolato alla decisione del giudice nella sua qualità di adiectus solutionis causa (vd. Cass. n. 21222 del 2006); mentre se la medesima azione è svolta nei confronti del concessionario, questi, se non vuole rispondere dell'esito eventualmente sfavorevole della lite, deve chiamare in causa l'ente titolare del diritto di credito".
In ogni caso, continua la Suprema Corte, "l'aver il contribuente individuato nell'uno o nell'altro il legittimato passivo nei cui confronti dirigere la propria impugnazione non determina l'inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell'ente creditore nell'ipotesi di azione svolta avverso il concessionario, onere che, tuttavia, grava su quest'ultimo, senza che il giudice adito debba ordinare l'integrazione del contraddittorio. La risposta non può essere diversa per il caso in cui il contribuente, a fondamento dell'impugnazione dell'atto consequenziale, abbia dedotto l'omessa notificazione dell'atto presupposto".
La stessa Corte di Cassazione, con la sentenza n., 21220 del 28.11.2012, ha dato continuità all'indirizzo già espresso con la sopra citata sentenza a sezione unite.

Anche l'Agenzia delle Entrate ha effettuato le medesime valutazioni in merito, con la circolare n. 51/E del 17.7.2008: "... nel caso in cui il ricorrente evochi in giudizio esclusivamente l'agente della riscossione, rilevando l'esistenza di vizi riferibili alla pretesa tributaria, è onere dell'agente della riscossione chiamare in causa l'ufficio competente ai sensi dell'articolo 39 del decreto legislativo n. 112 del 1999, al fine di evitare gli effetti pregiudizievoli di una condanna".
Nel caso in esame, l'Agente della riscossione non ha effettuato direttamente la chiamata in giudizio dell'Agenzia delle Entrate, cioè l'Ufficio, ente impositore, che materialmente ha formato il ruolo.

Prendendo, successivamente, in esame l'eccezione proposta dal ricorrente in merito alla nullità dell'atto impugnato per mancanza di sottoscrizione del ruolo, il Collegio effettua le seguenti valutazioni.
Il disposto del comma quarto dell'art. 12 del DPR 602/1973, come modificato dal D.L. 17.6.2005 n. 106, convertito con modificazioni dalla legge 31.7.2005, n. 156, stabilisce che: "Il ruolo è formato dall'ufficio delle imposte per ciascun comune del distretto e per ciascuna imposta ed è sottoscritto dal capo dell'ufficio medesimo o da chi lo sostituisce.
Con decreto del Ministro per le finanze può essere autorizzata la formazione dei ruoli con sistemi meccanografici, adattando al mezzo meccanografico le prescrizioni contenute nei precedenti comma."

Con la legge di conversione è stato precisato, con l'art. 1, comma ter, lettera e), che "le disposizioni contenute nei commi 1 e 4 dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n, 602, si interpretano nel senso che i ruoli, pur se non tributari, si intendono formati e resi esecutivi anche mediante la validazione dei dati in essi contenuti, eseguita, anche in via centralizzata, dal sistema informativo dell'amministrazione creditrice."
Pertanto, il ruolo soltanto dopo la sottoscrizione o la validazione diventa esecutivo, formando il presupposto dell'emissione della cartella esattoriale.
La verifica del presupposto assume, pertanto, valore fondamentale ai fini della declaratoria di legittimità/illegittimità della cartella esattoriale.
Nel caso in esame, il ricorrente non è stato messo in condizione di verificare se il ruolo, dal quale scaturisce la cartella oggetto di impugnativa, sia stato sottoscritto dal titolare dell'ufficio o da un suo delegato, quindi da soggetto munito di rappresentanza sostanziale dell'ente impositore ed istituzionalmente preposto alla sottosrizione dei ruoli.

Peraltro, va evidenziato che anche per la sottoscrizione del ruolo vale, comunque, il principio, richiamato anche dalla Corte di Cassazione (sentenza del 15.4.2011 n. 8613), sulla "non essenzialità ontologica del requisito della sottoscrizione degli atti amministrativi ai fini della esistenza e validità degli stessi".
Ma, in analogia, quanto stabilito successivamente dalla stessa Corie di Cassazione, con l'ordinanza n. 2808 del 6.2.2013: "non rientra nella categoria del fatto notorio la sottoscrizione degli atti impositivi (nella specie, il ruolo e la cartella esattoriale relativi ad IVA ed IRPEF), qualora il contribuente eccepisca il difetto di rappresentanza sostanziale, non essendo sufficiente, ai fini predetti, la verifica di tali requisiti degli atti, da parte del giudice decidente, in sede di esame di altro ricorso".
Nel sistema attualmente vigente del nostro ordinamento tributario l'Amministrazione Finanziaria nell'accertamento ha l'onere di esternare il titolo e le ragioni giustificative della pretesa tributaria, al fine di consentire al contribuente di valutare l'opportunità di prestare acquiescenza alla stessa oppure di impugnarla; ma, a seguito dell'impugnativa proposta dal soggetto passivo dell'imposta, è però tenuta a provare il diritto vantato nei confronti del ricorrente, fornendo in giudizio la dimostrazione di idonei elementi costitutivi dello stesso. L'onere probatorio si pone in funzione del vantaggio che ciascuna parte ricava, alla stregua del diritto sostanziale, dalla dimostrazione dei fatti dedotti in giudizio, con la conseguenza che, affermandosi l'Amministrazione Finanziaria, dal punto di vista sostanziale, creditrice del tributo richiesto, competeva ad essa l'onere della prova dei fatti costitutivi della sua pretesa.

Come sopra evidenziato la legittimazione passiva spetta all'ente titolare del credito tributario e non già al Concessionario, al quale, se è fatto destinatario dell'impugnazione, incombe su di esso l'onere di chiamare in giudizio l'ente predetto, se non vuole rispondere all'esito della lite. Nel caso in esame, spettava alla Riscossione Sicilia s.p.a. chiamare in giudizio l'Agenzia delle Entrate al fine di consentire a quest'ultima di dimostrare, in replica all'eccezione del ricorrente, che il ruolo, dal quale scaturisce la cartella impugnata, era esistente ed era stato reso esecutivo giusta sottoscrizione da parte del titolare dell'ufficio ovvero di un suo delegato.
Pertanto, non essendo stata fornita alcuna prova della legittimità del ruolo, con la conseguenza che, dovendosi ritenere il ruolo non esecutivo, la cartella impugnata, che su di esso trova fondamento, è inficiata da nullità.
Nelle statuizioni che precedono restano assorbite tutte le altre domande ed eccezioni delle parti.
Da quanto sopra evidenziato, deriva che il ricorso in esame è meritevole di accoglimento.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e, liquidate come nella parte dispositiva, vanno poste a carico della Riscossione Sicilia spa.

PQM

La Commissione accoglie il ricorso e condanna la Riscossione Sicilia s.p.a. al pagamento delle spese di giudizio che liquida in €.500.00,
Caltanissetta, 15.12.2014.
Depositata in segreteria il 29.12.2014.


 

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