REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI CATANIA
Sezione Lavoro
In persona del giudice unico, dott.ssa Patrizia Mirenda, in funzione di giudice del lavoro, dando pubblica lettura del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, all’udienza del 16 marzo 2017, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. R.G. 2935/2015
promossa da
S. A. M., rappresentata e difesa, per procura rilasciata su separato foglio materialmente congiunto al ricorso, dall’avvocato Orazio Esposito;
-ricorrente-
contro
INPS, anche quale mandatario della società S.C.C.I. spa, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentato e difeso, per mandato generale alle liti del 21 luglio 2015, in notar P. Castellini di Roma, dall’avvocato Alberto Floridia;
-resistente-
conclusioni: all’udienza di discussione del 16 marzo 2017 le parti discutevano la causa e concludevano come da verbale in atti.

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 23 marzo 2015 la ricorrente in epigrafe indicata proponeva opposizione avverso l’avviso di addebito numero 59320140009089870 notificato l’11 febbraio 2015 ed emesso dall’INPS per la riscossione dei contributi dovuti alla gestione commercianti per il periodo compreso tra il gennaio del 2013 e il dicembre del 2014, pari ad € 5.651,82.
Eccepiva l’insussistenza dei presupposti determinanti l’insorgenza dell’omissione contributiva giacchè nel 2009, epoca antecedente al periodo cui si riferiva la pretesa omessa contribuzione, aveva ceduto la sua quota di partecipazione nella società S. rappresentanze s.a.s. di I. V. e C., titolarità da cui era scaturita l’iscrizione alla gestione commercianti.
Evidenziava in particolare che dalla visura storica camerale effettuata emergeva l’avvenuta cessione della sua quota ad I. V. in data 16 febbraio 2009 giusta atto ricevuto dal notaio G. R. di Catania iscritto al numero di repertorio 38904 e registrato in data 18 febbraio 2009 presso l’ufficio del registro di Catania.
Ciò posto chiedeva, previa sospensione, annullarsi l’avviso di addebito siccome infondato.
Resisteva in giudizio l’INPS assumendo l’infondatezza del ricorso in quanto l’opponente non aveva presentato alcuna richiesta di cancellazione della propria posizione contributiva.
Concesso un termine per il deposito di note difensive, la causa all’udienza odierna veniva decisa con la presente sentenza ritualmente letta.

Motivazione

Tanto premesso e allo scopo di delineare - in ragione delle doglianze formulate dall’opponente - la natura della spiegata opposizione, appare opportuno premettere, in generale, che nella materia oggetto di causa quante volte si facciano valere motivi che attengono al merito della pretesa contributiva (contestazioni sull'an e sul quantum, eventi estintivi, impeditivi o modificativi del credito: ad es., prescrizione ex lege 335/1995, riduzioni per sgravi ed agevolazioni in genere; eventi che incidono sull'esigibilità: ad es., rimessione in termini per eventi sismici, etc.; eventi che impediscono l'iscrizione al ruolo, impugnazione di verbale di accertamento antecedente l'iscrizione al ruolo non ancora rigettata in primo grado, etc.), l’opposizione va qualificata come opposizione all’iscrizione a ruolo e che, ove si facciano valere questioni che riguardino il difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo (ad es., inesistenza giuridica della cartella, sospensione del ruolo da parte del giudice del lavoro, fatti estintivi della pretesa successivi alla formazione del titolo esecutivo: ad es., prescrizione o pagamento successivi alla notifica della cartella di pagamento), l’opposizione va qualificata come opposizione all’esecuzione ex art. 29 del d. lgs. n. 46/99. Va inoltre precisato che deve essere qualificata come opposizione agli atti esecutivi l’azione con la quale il contribuente contesti la regolarità formale del titolo esecutivo, dell’intimazione di pagamento e degli atti propedeutici all’esecuzione forzata (nullità della cartella o dell’intimazione per omessa motivazione, violazioni del c.d. statuto del contribuente, omessa notifica della cartella, nullità della notifica della cartella o dell’intimazione di pagamento, notifica della cartella di pagamento oltre il termine fissato dall’art. 25 del D.P.R. 602/1973, etc.)

Nel caso in esame la ricorrente ha dedotto unicamente motivi attinenti al merito della pretesa; l’azione deve, dunque, essere qualificata quale opposizione al ruolo, rectius avverso l’avviso di addebito.
Sempre in via preliminare va ritenuta la tempestività dell’opposizione, proposta nel rispetto del termine di quaranta giorni dalla data di notifica dell’avviso di addebito indicata in ricorso e coincidente con quella riportata dall’INPS (11 febbraio 2015).

Ciò posto, reputa il Tribunale che l’unico motivo di opposizione sia fondato e che lo stesso meriti di essere accolto.
Deve osservarsi che la ricorrente, che ha negato, per il periodo cui si riferisce la contribuzione pretesa, lo svolgimento di alcuna attività commerciale, avendo ceduto fin dal 2009 la propria quota di partecipazione nella società in accomandata semplice S. rappresentanze s.a.s. di I. V. e C., ha provato mediante la produzione della visura camerale storica la detta circostanza. Risulta dalla visura camerale allegata al ricorso che il 16 febbraio 2009, giusta atto pubblico ricevuto dal notaio R. G., rep. n. 38904, registrato il 18 febbraio 2009 e iscritto nel registro delle imprese il 2 marzo 2009, l’opponente è cessata dalla carica di socia accomandataria.
Reputa il Tribunale che l’opponente abbia adeguatamente provato di aver cessato l'attività individuata dall’INPS quale presupposto per la iscrizione nella gestione commercianti.
L’istituto del resto non ha contestato che la ricorrente, oltre ad essere cessata dalla carica di socia accomandataria -che è quanto risulta dalla visura camerale- abbia altresì ceduto la propria quota di partecipazione nella società, sostanzialmente, dunque, anche dismettendo la veste di socio (per quanto anche nell’ipotesi che questa fosse stata conservata sarebbe stato onere dell’Istituto previdenziale provare lo svolgimento di attività commerciale da parte dell’opponente nell’ambito della società in guisa da giustificarne il mantenimento della iscrizione nella gestione commercianti).
L’INPS ha dedotto, invece, che la ricorrente non ha formulato alcuna specifica richiesta di cancellazione dalla gestione previdenziale degli esercenti attività commerciali.
Rileva, in proposito, il Tribunale che la variazione che ha riguardato la posizione della ricorrente all’interno della società denunciata presso la Camera di Commercio ha efficacia anche nei confronti dell’INPS.
Stabilisce infatti l’articolo 9 del d.l. n. 7/2007 convertito in L. n. 40/2007 che “1. Ai fini dell'avvio dell'attività d'impresa, l'interessato presenta all'ufficio del registro delle imprese, di norma per via telematica o su supporto informatico, la comunicazione unica per gli adempimenti di cui al presente articolo.
2. La comunicazione unica vale quale assolvimento di tutti gli adempimenti amministrativi previsti per l'iscrizione al registro delle imprese ed ha effetto, sussistendo i presupposti di legge, ai fini previdenziali, assistenziali, fiscali individuati con il decreto di cui al comma 7, secondo periodo, nonché per l'ottenimento del codice fiscale e della partita IVA.
3. L'ufficio del registro delle imprese contestualmente rilascia la ricevuta, che costituisce titolo per l'immediato avvio dell'attività imprenditoriale, ove sussistano i presupposti di legge, e dà notizia alle Amministrazioni competenti dell'avvenuta presentazione della comunicazione unica
4. Le Amministrazioni competenti comunicano all'interessato e all'ufficio del registro delle imprese, [anche] per via telematica, immediatamente il codice fiscale e la partita IVA ed entro i successivi sette giorni gli ulteriori dati definitivi relativi alle posizioni registrate”.

Il comma 5 dell’articolo in esame prevede poi che “La procedura di cui al presente articolo si applica anche in caso di modifiche o cessazione dell'attività d'impresa”.

Sulla base delle superiori considerazioni, non essendo stato provato dall’INPS (sul quale ricadeva il relativo onere) il presupposto costitutivo, va dichiarata illegittima la pretesa contributiva di cui all’avviso di addebito impugnato che deve, per l’effetto, essere annullato. Le spese di lite seguono la soccombenza. Esse si liquidano come in dispositivo alla stregua del D.M. n. 55/2014.

PQM

Il Tribunale di Catania, in persona del giudice unico, dott.ssa Patrizia Mirenda in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 2935/2015 R.G., ogni diversa domanda, istanza ed eccezione disattese, così statuisce:
In accoglimento dell’opposizione avverso l’avviso di addebito numero 59320140009089870, dichiara illegittima la pretesa creditoria dallo stesso portata ed annulla il detto avviso.
Condanna l’INPS al pagamento delle spese processuali che liquida in misura pari ad € 1775,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese al 15%, CPA e IVA come legge, disponendone la distrazione in favore del procuratore antistatario avvocato Orazio Esposito.
Così deciso in Catania all’udienza del 16 marzo 2017
Il giudice del lavoro
Dr. Patrizia Mirenda


 

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