REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIORDANO Umberto - Presidente -
Dott. CAIAZZO Luigi Pietro - rel. Consigliere -
Dott. DI TOMASSI M. S. - Consigliere -
Dott. CASA Filippo - Consigliere -
Dott. BONI Monica - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
G.G.;
avverso l'ordinanza n. 2585/2012 GIUD. SORVEGLIANZA di CUNEO, del 24/07/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO CAIAZZO;

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 24.7.2013 il Magistrato di sorveglianza di Cuneo ha rigettato il reclamo proposto dal detenuto G. G., sottoposto al regime penitenziario differenziato di cui all'art. 41-bis O.P., avverso la decisione della Direzione dell'Istituto di sottoporre il predetto detenuto a perquisizione personale mediante denudamento, ogni volta che lo stesso doveva recarsi ad effettuare un colloquio nella apposita saletta del carcere con il proprio difensore. Il Magistrato di sorveglianza, dopo aver richiamato la normativa relativa alle perquisizioni dei detenuti e il contenuto di sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di cassazione, ha ritenuto legittime le disposizioni date dalla Direzione dell'Istituto di sottoporre il G. a perquisizione personale con denudamento, prima del colloquio con il difensore, per l'evidente rischio che la situazione presentava per la sicurezza.
Ha osservato, in particolare, che le suddette modalità non apparivano superflue e vessatorie, poichè il detenuto entrava in contatto con persona estranea al personale penitenziario o giudiziario e il metal detector è in grado di rilevare solo la presenza di oggetti metallici. La perquisizione personale con denudamento era giustificata anche dalla spiccatissima pericolosità sociale del detenuto, condannato per il reato di cui all'art. 416-bis c.p. e per tentato omicidio, sottoposto al regime di detenzione speciale per ritenuti collegamenti con l'organizzazione mafiosa di appartenenza.
Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione personalmente il predetto detenuto, chiedendone l'annullamento poichè non sono ammesse le perquisizioni con modalità che offendono la dignità del detenuto, se non per specifiche ragioni di sicurezza.
Il ricorrente, essendo sottoposto al regime speciale di cui all'art. 41-bis O.P., era già sottoposto ad uno stretto controllo negli spostamenti all'interno dell'istituto di pena, e non vi era alcuna necessità, prima di accedere nella saletta dei colloqui con il difensore, di essere sottoposto ad una perquisizione con denudamento, non essendovi alcuna concreta e specifica esigenza che giustificasse la predetta modalità di perquisizione.
Il Magistrato di sorveglianza, inoltre, non aveva tenuto conto che anche l'avvocato, prima di accedere alla saletta colloqui, veniva sottoposto a controllo e che il colloquio era monitorato da telecamere.
Neppure era stato considerato che il ricorrente non aveva mai dato segni di pericolosità all'interno dell'Istituto.
Con motivi aggiunti il ricorrente ha ribadito le critiche alla motivazione dell'ordinanza impugnata, citando giurisprudenza della Corte di Cassazione e dell'Ufficio di sorveglianza di Reggio Emilia.

Motivazione

Il ricorso è fondato.
Le perquisizioni ordinarie, con le modalità previste dal regolamento carcerario, debbono essere ovviamente effettuate in tutti i casi in cui il suddetto regolamento le prevede. Sono previste anche perquisizioni straordinarie, per fronteggiare particolari situazioni ovvero nel caso in cui il comportamento del detenuto dia adito ad un legittimo sospetto. Secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale e di questa Corte, la misura del denudamento, in quanto particolarmente invasiva e potenzialmente lesiva dei diritti fondamentali dell'individuo, non può essere prevista, in astratto e in situazioni ordinarie nelle quali il controllo può avvenire senza ricorrere alla suddetta misura, ma deve essere disposta con provvedimento motivato, solo nel caso in cui sussistano specifiche e prevalenti esigenze di sicurezza interna o in ragione di una pericolosità del detenuto risultante da fatti concreti. In proposto, questa Corte ha affermato che la misura del denudamento del detenuto per lo svolgimento della perquisizione personale prima del colloquio dello stesso con il difensore è legittimamente imposta dall'amministrazione penitenziaria soltanto ove sussistano specifiche e prevalenti esigenze di sicurezza interna, in riferimento a particolari situazioni di fatto che non consentano l'accertamento con strumenti di controllo alternativi, oppure in riferimento alla pericolosità dimostrata in concreto dal detenuto, che renda la misura ragionevolmente necessaria e proporzionata (V. Sez. 1 sentenza del 16.2.2011, Rv.249685).
Ha anche avuto modo di precisare che è illegittimo il provvedimento disciplinare (nella specie di esclusione per quindici giorni dalle attività in comune) deliberato dal consiglio di disciplina di istituto penitenziario nei confronti di detenuto per avere egli opposto il rifiuto a perquisizione personale mediante denudamento con flessioni sulle gambe prima di recarsi a colloquio con il difensore senza vetro divisorio, allorchè sia motivato non con l'allegazione di effettive e specifiche esigenze di sicurezza interna, ma con il riferimento esclusivo all'astratta previsione regolamentare, in tal modo ritenendo automaticamente imponibile una forma di controllo che, per la sua grave invasività, va adottata solo in circostanze che ne facciano ritenere ineluttabile l'adozione (V. Sez. 1 sentenza n. 46263 del 19.11.2008, Rv. 242066).

Nel caso di specie, non risulta dalla motivazione dell'ordinanza quali specifiche e concrete esigenze abbiano determinato la necessità di effettuare una perquisizione con le suddette modalità, ogni volta che il detenuto doveva effettuare un colloquio con il proprio difensore, modalità che appaiono incomprensibili, se disposte senza una specifica motivazione, dovendosi considerare che il ricorrente è sottoposto al regime di detenzione speciale di cui all'art. 41-bis O.P. e che lo stesso, quando si reca al colloquio con il difensore, proviene da un reparto già sottoposto a controlli particolarmente severi.
Deve, quindi, essere annullata l'ordinanza impugnata, poichè non sono state indicate le specifiche e prevalenti esigenze di sicurezza interna in base alle quali, in casi specifici che devono essere adeguatamente motivati, può essere legittimo il ricorso alla perquisizione con denudamento.
Gli atti devono essere restituiti per nuovo esame al Magistrato di sorveglianza di Cuneo.

PQM

Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Magistrato di sorveglianza di Cuneo.
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2014.
Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2014


 

Collabora con DirittoItaliano.com

Vuoi pubblicare i tuoi articoli su DirittoItaliano?

Condividi i tuoi articoli, entra a far parte della nostra redazione.

Copyright © 2020 DirittoItaliano.com, Tutti i diritti riservati.