Civile Ord. Sez. 6 Num. 9173 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: TATANGELO AUGUSTO
Data pubblicazione: 12/04/2018

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 25121 del ruolo generale dell'anno 2016, proposto
da
T. G. rappresentata e difesa dall'avvocato Saverio Cosi (C.F.: CSO SVR 60L02 B842C)
-ricorrente
nei confronti di
INTESA SANPAOLO S.p.A. (C.F.: 00799960158), in persona del rappresentante per procura Bruna Pastinese rappresentata e difesa dall'avvocato Benedetto Gargani (C.F.: GRG BDT 57T21 Z614E)
-controricorrente
per la cassazione della sentenza del Tribunale di Roma n. 9023/2016, pubblicata in data 2 maggio 2016;
udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in data 15 febbraio 2018 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Svolgimento del processo

Intesa Sanpaolo S.p.A. ha proposto opposizione all'esecuzione, ai sensi dell'art. 615, comma 2, c.p.c., nel corso del processo di esecuzione forzata promosso nei suoi confronti da G. T. sulla base di titolo esecutivo costituito da una ordinanza di assegnazione dei crediti pignorati pronunciata in suo favore in un precedente processo esecutivo nel quale la banca esecutata aveva assunto la qualità di terzo pignorato.

Dopo la sospensione del processo esecutivo, l'opposizione è stata coltivata dalla creditrice procedente. Il Giudice di Pace ha dichiarato la propria incompetenza per materia.
Il Tribunale di Roma ha annullato l'ordinanza dichiarativa di incompetenza del giudice di pace e, giudicando nel merito della controversia, ha accolto l'opposizione, dichiarando insussistente il diritto della T. di procedere ad esecuzione forzata.

Ricorre la T., sulla base di sette motivi.
Resiste con controricorso Intesa Sanpaolo S.p.A..
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato in parte manifestamente fondato e in parte manifestamente infondato o inammissibile.
È stata quindi fissata con decreto l'adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l'indicazione della proposta.

Sia la ricorrente che la banca controricorrente hanno depositato memorie ai sensi dell'art. 380-bis, comma 2, c.p.c.

Motivazione

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia «violazione e falsa applicazione degli artt. 37 cpc - 112 cpc in relazione all'art. 360, n. 1 c.p.c.».
Con il secondo motivo si denunzia «violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 n. 3 cpc con riguardo agli artt. 102 cpc in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c.».
I primi due motivi del ricorso, aventi ad oggetto la sussistenza della giurisdizione e la qualità di litisconsorte necessaria dell'amministrazione finanziaria in relazione alla questione della ritenuta di acconto operata dalla banca debitrice sull'importo pagato alla creditrice, sono connessi e possono essere esaminati congiuntamente.

Essi sono manifestamente infondati.
Le questioni di diritto poste con i suddetti motivi sono state di recente affrontate e risolte dalle Sezioni Unite di questa Corte, in una controversia analoga alla presente, tra le medesime parti. È stato affermato in proposito che «le controversie tra sostituto d'imposta e sostituito, relative al legittimo e corretto esercizio del diritto di rivalsa delle ritenute alla fonte versate direttamente dal sostituto, volontariamente o coattivamente, non sono attratte alla giurisdizione del Giudice tributario, ma rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di diritto esercitato dal sostituto verso il sostituito nell'ambito di un rapporto di tipo privatistico, cui resta estraneo l'esercizio del potere impositivo sussumibile nello schema potestà- soggezione, proprio del rapporto tributario (Sez. Unite, 18 aprile 2014 n. 9033; Sez. Unite 26 giugno 2009 n. 15032, Sez. Unite 8 aprile 2010 n. 8312)» e che «del resto, come pure è stato precisato, in tali controversie manca di regola un "atto qualificato" rientrante nella tipologia di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, riconducibile all'autorità fiscale (Sez. Unite 8 novembre 2012 n. 19289; Sez. Unite 19 dicembre 2009 n. 26820; Cass. 6 giugno 2013 n. 14302) e l'Amministrazione finanziaria non assume la veste di litisconsorte necessario, tenuto conto dell'autonomia del rapporto tributario rispetto a quello privatistico
intercorrente tra le parti e della diversità degli effetti della pronuncia relativa a quest'ultimo rispetto a quella sulla legittimità della pretesa tributaria, salvo il potere del giudice ordinario di sindacare in via incidentale la legittimità dell'atto impositivo e di disapplicarlo, ovvero di disporre la sospensione del giudizio, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., in caso di contemporanea pendenza del giudizio tributario (v. Sez. Unite 28 gennaio 2011 n. 2064; Sez. Unite 26 giugno 2009 n. 15032)» (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 18396 del 20/09/2016, non massimata).
La sentenza impugnata risulta del tutto conforme a tale indirizzo, al quale il collegio ritiene di dover dare continuità.
Va precisato che il ricorso non contiene alcuna specifica censura in ordine alla decisione del tribunale sulla concreta ed esatta determinazione dell'importo della ritenuta di acconto operata dalla banca debitrice, questione posta tardivamente dalla ricorrente, solo con la memoria di cui all'art. 380-bis, comma 2, c.p.c., e che quindi non può essere presa in considerazione in questa sede.

2. Con il terzo motivo si denunzia «violazione e falsa applicazione degli artt. 2938, 2943, 2945 e 2953 cc - 112 e 617 cpc - 345 cpc - 2935 cc 553 - 541 e 542 cpc 1360 cc e ss. in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c.».
Con il quarto motivo si denunzia «violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 n. 3 cpc, con riguardo agli artt. 1181 cc e 112, 115 e 116 cpc».
Con il quinto motivo si denunzia «violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 100, 4741477, 479, 480, 553 c.p.c., art. 1175, 1219 c.c. art. 1181 c.c., art. 8 D.P.R. 115/2002 in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c.».
Con il sesto motivo si denunzia «violazione o falsa applicazione delle norme di diritto con riguardo agli artt. 90, 91, 95 cpc 480, 481 cpc 543 e 547 cpc - 115 e 116 cpc - e 1181 2697 cc - 324 cpc in relazione all'art. 360 n. 3 cpc».
Il terzo, il quarto, il quinto ed il sesto motivo del ricorso, aventi ad oggetto la legittimità del precetto intimato e la integrale satisfattività del pagamento effettuato dalla debitrice, sono connessi e possono quindi essere esaminati congiuntamente.
La ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui ha negato la possibilità per il creditore in favore del quale sia stata emessa ordinanza di assegnazione di un credito ai sensi dell'art. 553 c.p.c., di intimare precetto al terzo, sulla base dell'ordinanza di assegnazione, senza una preventiva (e separata) notificazione dell'ordinanza stessa ed il decorso di un termine dilatorio, e comunque nella parte in cui non ha riconosciuto dovuti gli interessi sulla somma assegnata, le spese di notifica dell'ordinanza di assegnazione, costituente titolo esecutivo, nonché le spese di precetto, facendone conseguire la integrale satisfattività del pagamento effettuato dalla banca e la fondatezza dell'opposizione da questa proposta a seguito del successivo pignoramento.

I motivi in esame sono in parte manifestamente fondati ed in parte manifestamente infondati.
2.1 Occorre in proposito prendere le mosse dall'orientamento ormai consolidato di questa Corte con riguardo ai peculiari tratti dell'esecuzione forzata promossa in base a titolo esecutivo costituito da ordinanza di assegnazione di crediti pignorati, del quale vanno peraltro precisate le modalità applicative nella fattispecie concreta.
In base al suddetto orientamento (cui il collegio intende dare continuità) «l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 553 c.p.c., assegna in pagamento al creditore procedente la somma di cui il terzo pignorato si è dichiarato debitore nei confronti del debitore espropriato costituisce titolo esecutivo nei confronti del terzo ed a favore dell'assegnatario, ma acquista tale efficacia soltanto dal momento in cui sia portata a conoscenza del terzo assegnatario o dal momento successivo a tale conoscenza che sia specificamente
indicato nell'ordinanza di assegnazione»
, con la specificazione che il principio appena esposto va inteso nel senso per cui «se l'ordinanza di assegnazione pronunciata ai sensi dell'art. 553 c.p.c. viene notificata al terzo in forma esecutiva contestualmente all'atto di precetto, senza che gli sia stata preventivamente comunicata né altrimenti resa nota, è inapplicabile l'art. 95 c.p.c. e le spese sostenute per il precetto restano a carico del creditore procedente» (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9390 del 10/05/2016, Rv. 639898 - 01; conf.: Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 13112 del 24/05/2017. Rv. 644390 - 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 19986 del 10/08/2017, Rv. 645358 - 01).
Il senso effettivo - e del tutto condivisibile - di siffatta ricostruzione sistematica non è quello di negare l'immediata efficacia esecutiva dell'ordinanza di assegnazione (efficacia che sussiste anche prima della sua comunicazione o notificazione al terzo, in mancanza di diversa specificazione in essa contenuta), e neanche quello di negare in radice la possibilità per il creditore di procedere alla notificazione di detta ordinanza unitamente all'intimazione dell'atto di precetto, ma semplicemente quello di impedire che il debitore non inadempiente possa essere gravato di spese ulteriori, non necessarie per il creditore e non giustificabili nell'ottica di un rapporto che si svolge nel rispetto del principio di correttezza e buona fede, così evitando eventuali abusi dello strumento processuale esecutivo.

Per tali motivi, dunque, nel caso in cui l'atto di precetto venga notificato dal creditore senza che sia stato preceduto dalla notificazione o comunicazione dell'avvenuta emissione dell'ordinanza di assegnazione, e laddove il terzo debitore intimato provveda all'integrale pagamento di tutte le somme dovute in un termine ragionevole, e quindi non possa ritenersi inadempiente, dovrà ritenersi inapplicabile l'art. 95 c.p.c., e le spese di precetto (e dell'eventuale successiva esecuzione), in quanto non necessarie e non giustificabili nell'ottica del principio di correttezza e buona fede nell'attuazione dei rapporti obbligatori, resteranno a carico dello stesso creditore intimante.

Fatta questa preliminare precisazione, occorre valutare la fattispecie concreta, onde verificare se il pagamento effettuato dalla banca intimata è stato effettivamente integrale e tempestivo, come ha ritenuto il tribunale con la decisione impugnata, facendone conseguire l'esclusione del diritto della creditrice di procedere ad esecuzione forzata ed il riconoscimento della fondatezza dell'opposizione, ovvero se esso è stato parziale e/o tardivo, al che conseguirebbe il riconoscimento del diritto della creditrice di procedere ad esecuzione forzata sulla base
del precetto intimato, almeno nei limiti delle somme ancora dovute.
2.2 In primo luogo, non può ritenersi meritevole di accoglimento la censura relativa al mancato riconoscimento, da parte del tribunale, della legittimità dell'intimazione del pagamento delle spese successive all'ordinanza di assegnazione e funzionali alla notifica della stessa.
Il giudice di merito, infatti, in base ad una insindacabile interpretazione del contenuto del titolo esecutivo, adeguatamente motivata e come tale non censurabile nella presente sede, ha ritenuto, in fatto, dette somme già comprese nell'importo oggetto di assegnazione, e ha di conseguenza correttamente escluso, in diritto, la possibilità per il creditore di ottenerne nuovamente il pagamento (così di fatto duplicandolo) in sede di esecuzione fondata sull'ordinanza di assegnazione.
2.3 Non è invece conforme a diritto l'affermazione per cui non sarebbero dovuti gli interessi sulla somma assegnata (per il periodo successivo alla sua emissione; per quello anteriore manca una specifica censura nel ricorso, e comunque la decisione impugnata è del tutto condivisibile).
È sufficiente considerare sul punto che, anche a prescindere dall'efficacia esecutiva dell'ordinanza di assegnazione (che pure va senz'altro riconosciuta, come già precisato, anche prima ed a prescindere dalla sua notificazione) e dalla sussistenza della mora del debitore, i crediti liquidi ed esigibili di somme di danaro producono interessi di pieno diritto ai sensi dell'art. 1282 c.c.. Ed innegabilmente, sin dal momento dell'emissione dell'ordinanza di cui all'art. 553 c.p.c., sono liquidi ed esigibili sia i crediti oggetto di assegnazione all'esito del procedimento
di espropriazione presso terzi (almeno se relativi a debiti scaduti, e fatte quindi salve le particolari ipotesi di assegnazione di crediti non ancora scaduti, condizionati o addirittura eventuali, ipotesi peraltro non ricorrenti nella specie), sia quelli relativi alle spese di precetto ed esecuzione contestualmente liquidate dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 95 c.p.c..
Il terzo, in mancanza di diversa indicazione contenuta nel titolo (anche laddove questo non contenga una espressa previsione in tal senso), è di conseguenza certamente tenuto a corrispondere gli interessi (al tasso legale, se non altrimenti specificato) su tutte le somme assegnate in pagamento al creditore, tanto a titolo di sorta capitale quanto a titolo di spese di precetto ed esecuzione, dalla data dell'ordinanza di assegnazione a quella del pagamento.
Il principio per cui i crediti liquidi ed esigibili di somme di danaro consacrati in un titolo esecutivo producono interessi di pieno diritto (salvo che sia diversamente specificato nel titolo stesso), a prescindere dalla mora, per cui non è necessario che il giudice pronunci un'apposita condanna al loro pagamento (e ciò anche con riguardo alle spese di giudizio eventualmente liquidate nel titolo stesso), è del resto acquisito nella giurisprudenza di questa Corte, in generale, con riguardo ai provvedimenti di condanna (cfr. ad es. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11786 del 11/12/1990, Rv. 470106 - 01; Sez. 2, Sentenza n. 11571 del 17/11/1998, Rv. 520768 - 01; Sez. 1, Sentenza n. 3944 del 21/04/1999, Rv. 525571 e 525572 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 491 del 18/01/2000, Rv. 532926 - 01; Sez. 1, Sentenza n. 3032 del 16/03/2000, Rv. 534805 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 5913 del 20/04/2001, Rv. 546146 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 7371 del 14/05/2003, Rv. 563006 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 4983 del 11/03/2004, Rv. 570992 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 5008 del 08/03/2005, Rv. 579748 - 01; Sez. 2, Sentenza n. 24821 del 08/10/2008, Rv. 604785 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 8298 del 12/04/2011, Rv. 617480 - 01), ed esso è certamente (anzi, a fortiori) applicabile all'ipotesi in cui il titolo esecutivo sia costituito da una ordinanza di assegnazione di crediti pignorati, laddove si consideri che quest'ultima è un
provvedimento che per sua natura di regola non presuppone uno specifico accertamento giudiziale da parte del giudice (ma solo la presa d'atto della dichiarazione dell'esistenza dell'obbligazione e, oggi, addirittura della semplice mancata contestazione di essa, da parte del terzo pignorato), né contiene una vera e propria espressa statuizione di condanna al pagamento, limitandosi a disporre il trasferimento della titolarità di un credito, il quale resta quindi immutato nei suoi caratteri ed accessori, ivi inclusa, ovviamente, la sua naturale (in quanto prevista dalla legge) attitudine a produrre interessi.

2.4 Occorre infine stabilire (onde verificare la sussistenza del diritto del creditore intimante di ripetere le spese di precetto) se il pagamento possa ritenersi avvenuto in un termine ragionevole.
Orbene, va in primo luogo tenuto presente che il fondamento del già richiamato orientamento di questa Corte in tema di esecuzione forzata fondata su titolo esecutivo costituito da ordinanza di assegnazione di crediti pignorati (di cui si stanno in questa sede precisando le modalità applicative) va individuato nel principio di correttezza e buona fede nell'attuazione dei rapporti obbligatori e nel divieto di abuso dello strumento processuale esecutivo, in una fattispecie peculiare in cui il debitore - diversamente dalle ipotesi "ordinarie" - può non essere già a conoscenza della formazione del titolo esecutivo nei suoi confronti ed in favore del creditore assegnatario, e gli è addirittura per legge inibito di effettuare il pagamento, prima dell'emissione dell'ordinanza di assegnazione, ai sensi dell'art. 546 c.p.c..
In siffatta situazione, il termine ragionevole per il pagamento, al fine di evitare l'addebito delle spese di precetto, a giudizio della Corte, non può evidentemente essere quello ordinario di legge previsto dall'art. 480 c.p.c. (norma dettata per le ipotesi "ordinarie", ed il cui scopo è quello di consentire il pagamento di un debito derivante da un titolo che si presume già conosciuto - o quanto meno conoscibile - onde evitare l'immediato inizio dell'azione esecutiva, con i vincoli del pignoramento), e non può essere fisso, ma va rapportato alle specifiche circostanze ed alle concrete condizioni delle singole fattispecie. Si tratta dunque di un accertamento di fatto, in quanto tale riservato al giudice del merito.
Nella specie, tale accertamento risulta effettuato dal tribunale, che ha ritenuto congruo il termine (inferiore a 20 giorni) entro il quale la banca aveva provveduto al pagamento, in base ad adeguata motivazione, non apparente e non insanabilmente contraddittoria sul piano logico, di tal che esso non è sindacabile nella presente sede.
D'altra parte, il termine di 20 giorni entro il quale è avvenuto il pagamento, e che è stato ritenuto congruo dal giudice del merito, corrisponde esattamente al termine previsto dalla legge per la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), nonché al termine che spetta all'erede del debitore per l'adempimento, prima dell'esecuzione, in base alla previsione normativa di cui all'art. 477 c.p.c. (che, in una situazione che presenta alcune analogie con quella in esame, sotto l'aspetto della concreta conoscenza dell'esistenza del titolo da parte del soggetto tenuto in concreto al pagamento, prescrive un doppio intervallo di dieci giorni tra notifica del titolo e notifica dell'atto di precetto ed ai fini dell'inizio dell'esecuzione), e pertanto deve ritenersi del tutto ragionevole.

2.5 Da quanto sin qui esposto deriva che il pagamento effettuato dalla banca, pur se tempestivo, non può essere considerato integrale, non essendo stati (come è pacifico) pagati gli interessi sull'importo assegnato, dalla data dell'emissione dell'ordinanza di assegnazione.
Le considerazioni che precedono consentono di risolvere anche la questione relativa alla ripetibilità delle spese di precetto ed alla legittimità del procedimento esecutivo instaurato dalla creditrice sulla base dello stesso.
Poiché il pagamento è stato tempestivo, ma non integrale, è da ritenere certamente legittimo il pignoramento, sulla base dell'originario precetto, ma non in relazione all'intera somma precettata, bensì in relazione alle sole somme effettivamente dovute e non pagate tempestivamente dal debitore; esso quindi non potrà considerarsi legittimo con riguardo agli altri importi pretesi e contestati dalla debitrice (in particolare, ne va esclusa certamente la legittimità quanto meno per le spese successive all'ordinanza di assegnazione e funzionali alla sua
notificazione, per gli importi corrispondenti alla ritenuta di acconto operata dal debitore e per gli interessi relativi al periodo anteriore alla data di emissione dell'ordinanza di assegnazione, con riguardo ai quali l'accoglimento dell'opposizione va senz'altro confermato).

Per quanto infine riguarda le spese di precetto (così come per quelle di esecuzione), sempre in base all'orientamento di questa Corte sopra esposto e fin qui precisato, la loro ripetibilità in favore del creditore procedente dovrà essere contenuta nei limiti di quelle necessarie per il recupero delle sole somme effettivamente non pagate dal debitore.
Esse dovranno quindi essere liquidate dal giudice dell'esecuzione nei suddetti termini e nei suddetti limiti, ai sensi dell'art. 95 c.p.c..
In definitiva, la sentenza impugnata deve essere cassata per quanto di ragione, nei limiti sin qui indicati.

2.6 L'opposizione dovrà essere nuovamente valutata in sede di rinvio, in base ai seguenti principi di diritto:
«l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 553 c.p.c., assegna in pagamento al creditore procedente la somma di cui il terzo pignorato si è dichiarato debitore nei confronti del debitore espropriato, ha efficacia di titolo esecutivo nei confronti del terzo ed a favore dell'assegnatario anche prima della sua comunicazione o notificazione al terzo, e il creditore assegnatario può procedere alla notificazione di detta ordinanza anche unitamente all'intimazione dell'atto di precetto ma, in tale ultimo caso, laddove il terzo debitore intimato provveda all'integrale pagamento di tutte le somme dovute in un termine ragionevole (anche eventualmente superiore a quello di dieci giorni previsto dall'art. 480 c.p.c.), da accertarsi in concreto in base a tutte le circostanze rilevanti nella singola fattispecie, dovrà ritenersi inapplicabile l'art. 95 c.p.c., e le spese di precetto e funzionali all'intimazione resteranno a carico del creditore intimante; laddove il pagamento avvenga in un termine ragionevole, ma non sia integrale, le spese di precetto e di esecuzione saranno ripetibili dal creditore nei limiti di quanto necessario per il recupero delle sole somme effettivamente non pagate tempestivamente dal debitore»;

«le somme oggetto di assegnazione in favore del creditore procedente all'esito del procedimento di espropriazione presso terzi (laddove riferibili a crediti già scaduti), tanto con riguardo all'importo assegnato a titolo di capitale, quanto con riguardo a quello assegnato per le spese di precetto ed esecuzione contestualmente liquidate dal giudice dell'esecuzione, costituiscono crediti di somme di danaro liquidi ed esigibili ai
sensi dell'art. 1282 c.c., e come tali (in mancanza di diversa specificazione nel titolo) producono di regola interessi di pieno diritto dalla data dell'ordinanza di assegnazione, anche a prescindere da una espressa previsione in tal senso nel titolo, ed anche a prescindere dalla comunicazione o notificazione della stessa ordinanza al terzo e dalla sussistenza di una mora di quest'ultimo».


3. Con il settimo motivo si denunzia «inammissibilità del gravame ex art. 617 cpc con riferimento all'art. 360 n. 3 cpc».
Il motivo è inammissibile, ancor prima che manifestamente infondato.
Poiché le contestazioni avanzate dal debitore pignorato attengono al diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata nei suoi confronti ed all'importo del credito posto in esecuzione, l'opposizione stessa è stata correttamente qualificata dai giudici di merito come opposizione all'esecuzione, ai sensi dell'art. 615 c.p.c., e pertanto l'appello contro la sentenza di primo grado era certamente ammissibile.
Del resto l'appello è stato proposto dalla ricorrente, cui non può quindi riconoscersi interesse a contestarne l'ammissibilità.

4. Sono accolti, per quanto di ragione, il terzo, quarto, quinto e sesto motivo di ricorso, che è per il resto rigettato.
La sentenza impugnata è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio al Tribunale di Roma, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:
- accoglie per quanto di ragione, il terzo, quarto, quinto e sesto motivo di ricorso, che rigetta per il resto, e cassa per l'effetto la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Roma, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 15 febbraio 2018.
Pubblicata il 12 aprile 2018


 

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