REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio - Presidente -
Dott. CHINDEMI Domenico - rel. Consigliere -
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. - Consigliere -
Dott. NAPOLETANO Giuseppe - Consigliere -
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 28180/2008 proposto da:
SERIT SICILIA SPA in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA RASELLA 155, presso lo studio dell'avvocato CUSUMANO DARIO, rappresentato e difeso dall'avvocato BALDACCHINO ANTONIO giusta delega in calce;
- ricorrente -
contro
L.S.; - intimato -
Nonchè da:
L.S., elettivamente domiciliato in ROMA VIA APPIA NUOVA 40, presso lo studio dell'avvocato RUSCITTI RITA, rappresentato e difeso dall'avvocato SALVAGGIO GIOVANNI giusta delega a margine;
- controricorrente incidentale -
contro
SERIT SICILIA SPA; - intimato -
avverso la sentenza n. 12/2008 del TRIBUNALE SEDE DISTACCATA DI CANICATTI', depositata il 17/01/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/03/2014 dal Consigliere Dott. DOMENICO CHINDEMI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Agrigento, sezione staccata di Canicattì, con sentenza n. 12/2008 depositata il 17.1.2008, accoglieva il ricorso in opposizione avverso il preavviso di fermo di bene mobile registrato, proposto da L.S. nei confronti della concessionaria per la riscossione Serit Italia s.p.a. Proponeva ricorso per cassazione Serit Sicilia s.p.a. deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione degli artt. 615 e 617 c.p.c., rilevando come il preavviso di fermo non è atto autonomamente impugnabile;
b) omessa, insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio in relazione ai motivi dell'opposizione proposta dal ricorrente, essendosi limitata la CTR a dichiarare la propria competenza a decidere senza esaminare le questioni proposte dalle parti.
L'intimato si è costituito con controricorso.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 5.3.2014, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Motivazione

L'eccezione d'inammissibilità del ricorso per cassazione (notificato il 19.11.2008) per tardività dello stesso in quanto proposto oltre il decorso del termine breve di impugnazione è rimasta sfornita di prova in quanto non vi prova in atti della avvenuta notifica della sentenza impugnata (emessa in data 17.1.2008), al fine di far decorrere il termine breve di 60 giorni, decorrente da tale notifica, per la proposizione della impugnazione.
In relazione al primo motivo di ricorso deve ritenersi l'autonoma impugnabilità del fermo amministrativo relativo a crediti di natura extratributaria.
Il preavviso di fermo amministrativo, introdotto nella prassi sulla base di istruzioni fornite dall'Agenzia delle Entrate alle società di riscossione al fine di superare il disposto del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 86, comma 2, - in forza del quale il concessionario deve dare comunicazione del provvedimento di fermo al soggetto nei cui confronti si procede, decorsi sessanta giorni dalla notificazione della cartella esattoriale - e consistente nell'ulteriore invito all'obbligato di effettuare il pagamento, con la contestuale comunicazione che, alla scadenza dell'ulteriore termine, si procederà all'iscrizione del fermo, rappresenta un atto autonomamente impugnabile anche se riguardante obbligazioni di natura extratributaria, trattandosi, in ogni caso, di atto funzionale a portare a conoscenza dell'obbligato una determinata pretesa dell'Amministrazione, rispetto alla quale sorge, ex art. 100 c.p.c., l'interesse alla tutela giurisdizionale per il controllo della legittimità sostanziale della pretesa, dovendo altrimenti l'obbligato attendere il decorso dell'ulteriore termine concessogli per impugnare l'iscrizione del fermo, direttamente in sede di esecuzione, con aggravio di spese ed ingiustificata perdita di tempo (Cass. Sez. U, Sentenza n. 11087 del 07/05/2010; cfr Cass. Sez. U, Sentenza n. 20931 del 12/10/2011).

Questa Corte (Sez. U. Sentenza n. 11087 del 07/05/2010) ha, altresì, affermato che trattasi" di atto funzionale a portare a conoscenza dell'obbligato una determinata pretesa dell'Amministrazione", ma non è inserito come tale nella sequenza procedimentale dell'espropriazione forzata (Cass. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 26052 del 05/12/2011).
Va, altresì rilevato che la competenza per l'impugnazione di un provvedimento di fermo amministrativo, previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 86, (o anche, come nella specie, di un semplice "preavviso", istituto introdotto nella prassi sulla base di istruzioni fornite dall'Agenzia delle Entrate alle società di riscossione), relativo a crediti non di natura tributaria è, in base all'art. 9 c.p.c., comma 2, inderogabilmente del tribunale, in virtù della natura esecutiva del provvedimento in discussione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 20931 del 12/10/2011), mentre il preavviso di fermo amministrativo D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ex art. 86, che riguardi una pretesa creditoria dell'ente pubblico di natura tributaria è impugnabile innanzi al giudice tributario, in quanto atto funzionale a portare a conoscenza del contribuente una determinata pretesa tributaria, rispetto alla quale sorge ex art. 100 c.p.c., l'interesse del contribuente alla tutela giurisdizionale per il controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva, a nulla rilevando che detto preavviso non compaia esplicitamente nell'elenco degli atti impugnabili contenuto nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, in quanto tale elencazione va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della P.A., che in conseguenza dell'allargamento della giurisdizione tributaria operato con la L. 28 dicembre 2001, n. 448 (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 10672 del 11/05/2009). Nel caso di specie trattasi, così come specificato nello svolgimento del processo, del mancato pagamento della somma di Euro 11.173,23 derivanti da tributi e sanzioni amministrative varie, crediti non pagati, senza alcuna specificazione se trattasi di atti di natura tributaria o amministrativa o quale di essi abbiano natura tributaria o amministrativa.
Peraltro anche ove si trattasse di atti tributari non potrebbe essere rilevato davanti alla Corte di Cassazione il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
L'interpretazione dell'art. 37 c.p.c., secondo cui il difetto di giurisdizione "è rilevato, anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo", deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo ("asse portante della nuova lettura della norma"), della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e dell'affievolirsi dell'idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. All'esito della nuova interpretazione della predetta disposizione, volta a delinearne l'ambito applicativo in senso restrittivo e residuale, ne consegue che: 1) il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti anche dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 38 cod. proc. civ. (non oltre la prima udienza di trattazione), fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado; 2) la sentenza di primo grado di merito può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione; 3) le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimità; 4) il giudice può rilevare anche d'ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito. In particolare, il giudicato implicito sulla giurisdizione può formarsi tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione per le sole decisioni che non contengano statuizioni che implicano l'affermazione della giurisdizione, come nel caso in cui l'unico tema dibattuto sia stato quello relativo all'ammissibilità della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l'evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione (ad es., per manifesta infondatezza della pretesa) ed abbia indotto il giudice a decidere il merito "per saltum", non rispettando la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24883 del 09/10/2008; cfr anche Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2067 del 28/01/2011; Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008; Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008)
Il principio costituzionale della durata ragionevole del processo consente, quindi, come nella fattispecie, di escludere la rilevabilità davanti alla Corte di cassazione, del difetto di giurisdizione qualora sul punto si sia formato un giudicato implicito, per effetto della esplicita pronuncia sul merito in primo grado e della mancata impugnazione, al riguardo, nel ricorso per Cassazione, non essendo stato formulata alcuna formale eccezione sulla giurisdizione, così ponendo in essere un comportamento incompatibile con la volontà di eccepire il difetto di giurisdizione e prestando acquiescenza al capo implicito sulla giurisdizione della sentenza di primo grado, ai sensi dell'art. 329 c.p.c., comma 2.
Il secondo motivo difetta di autosufficienza in difetto di trascrizione o allegazione del contenuto dei motivi della opposizione proposta dall'attore e delle eccezioni proposte dal convenuto davanti al Tribunale, asseritamente non esaminati dal Tribunale, in modo da rendere immediatamente apprezzabile da parte della Corte il vizio dedotto, essendosi limitato ad una censura generica e, come tale inammissibile.
Peraltro nella sentenza impugnata si osserva che "la concessionaria Serit Italia non ha fornito alcuna prova circa la corrispondenza dell'avvenuta notifica dei singoli carichi rispetto alla richiesta di pagamento fatta nel preavviso oggetto della impugnativa..." (pag. 9 sentenza).
Nessuna censura risulta formulata dalla ricorrente in ordine a tale capo della sentenza con conseguente formarsi del giudicato, al riguardo, rilevabile ex officio e inammissibilità di ogni altra questione relativa al merito della controversia.
Va, conseguentemente, rigettato il ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00, per spese oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 5 marzo 2014.
Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2014


 

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