LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FELICETTI Francesco - Presidente -
Dott. NUZZO Laurenza - rel. Consigliere -
Dott. MAZZACANE Vincenzo - Consigliere -
Dott. PARZIALE Ippolisto - Consigliere -
Dott. MANNA Felice - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 15526-2006 proposto da:
C.A.
- ricorrente -
contro
E.R.;
- intimati -
avverso la sentenza n. 171/2005 della Corte d'Appello di LECCE, depositata il 31/03/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/07/2012 dal Consigliere Dott. LAURENZA NUZZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione 24.7.89 C.A. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo 27.6.89, emesso dal Presidente del Tribunale di Brindisi, su ricorso di E.R., con cui gli era stato ingiunto il pagamento della somma di L. 6.782.392, oltre interessi legali, per prestazioni professionali rese dal 1986 al 1989.
L'opponente assumeva la nullità del decreto ingiuntivo per difetto dei necessari presupposti e la infondatezza della domanda,avendo l' E. ricevuto il compenso pattuito di L. 480.000 per le sue prestazioni.
L' E., costituitosi, rilevava che la parcella riguardava le prestazioni relative agli anni 1987-1989, con esclusione del 1986 e contestava di aver ricevuto pagamenti,salvo quello di L. 240.000 relativo al 1 semestre 1986. Con sentenza 28.9.2002 il Tribunale di Brindisi revocava il decreto ingiuntivo opposto, condannando il C. al pagamento della minor somma di Euro 2.565,76 oltre agli interessi legali ed alla rifusione delle spese processuali.
Avverso tale sentenza il C. proponeva appello cui resisteva l' E.
Con sentenza depositata il 31.3.2005 la Corte di Appello di Lecce rigettava l'appello condannando l'appellante al pagamento delle spese processuali del grado.
Osservava la Corte di merito che non era provata l'asserita determinazione convenzionale del compenso spettante all' E. e che lo stesso aveva, invece, provato, attraverso le testimonianze assunte, la natura ed entità delle prestazioni professionali svolte nonchè gli elementi per calcolare il tempo impiegato per la loro esecuzione, riguardante la chiusura trimestrale della contabilità in funzione della liquidazione dell'IVA, la registrazione delle fatture e compilazione del modello 740, con riferimento alle molteplici attività dell'appellante (gestione di un istituto di vigilanza e di stazioni di servizio, commercio di armi, di mobili e di gas in bombole ecc); doveva, quindi, ribadirsi la valutazione di congruità dell'importo richiesto con la parcella, anche in base al parere sul punto espresso dal Consiglio dell'Ordine dei Commercialisti, (non contestato dall'appellante), "tenuto conto del grado di difficoltà tecnico-professionale correlato alle specifiche prestazioni dedotte in parcella, nonchè delle risultanze della prova testimoniale".
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il C. formulando due motivi.
Il resistente non ha svolto attività difensiva.

Motivazione

Il ricorrente deduce: 1) violazione e falsa applicazione degli artt. 2233, 2727 e 2729 c.c.; del D.P.R. 22 ottobre 1973, n. 936, artt. 5 e 16 e degli artt. 115 e 116 c.p.c.; difetto, insufficienza e contraddittorietà di motivazione; la Corte d'Appello, disapplicando dette norme, si era limitata ad affermare che dalla fattura, emessa per le prestazioni rese dall' E. nel 1986, non poteva desumersi la prova sulla determinazione convenzionale del compenso a lui spettante; l'incarico professionale conferito era stato di lunga durata ed aveva riguardato prestazioni rimaste nel corso degli anni pressochè immutate; la circostanza che l' E. avesse richiesto ed ottenuto, per il primo semestre del 1986, un onorario di L. 240.000, senza avanzare ulteriori pretese con riferimento a quel periodo, costituiva un elemento base da cui desumere, presuntivamente, la prova di un accordo in ordine all'ammontare complessivo del compenso annuo;
2) violazione e falsa applicazione degli artt. 2233, 2236 e 2237 c.c.; degli artt. 115, 116 e 645 c.p.c., del D.P.R. n. 936 del 1973, artt. 16 e 18; difetto, insufficienza e contraddittorietà di motivazione, laddove il giudice di appello aveva considerato il parere espresso dal Consiglio dell'Ordine dei Dottori Commercialisti idoneo ad asseverare la congruità delle somme pretese rispetto alle tariffe professionali vigenti, benchè tale parere non comportasse una presunzione di verità circa l'effettiva esecuzione delle attività professionali e del tempo impiegato; l' E. avrebbe dovuto dimostrare le prestazioni effettivamente eseguite e, soprattutto, il numero delle ore impiegate per espletarle; la fattura n. ______ del ______ per L. 240.000 non poteva, peraltro, non assumere rilevanza nella liquidazione del compenso effettuata dal Giudice ai sensi dell'art. 2233 c.c..
Rileva, preliminarmente, il Collegio che sebbene il ricorso risulti notificato all'intimato personalmente, anzichè al difensore presso cui lo stesso aveva eletto domicilio, non si ravvisa la necessità di provvedere alla rinnovazione della notifica, essendo il ricorso manifestamente infondato.
Il principio costituzionale di ragionevole durata del processo impedisce, infatti, al giudice di adottare provvedimenti che, senza utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio, comportino inutilmente l'allungamento dei tempi del giudizio.
In sede di appello il difensore dell' E. si è limitato a chiedere la conferma della sentenza impugnata senza avanzare ulteriori domande sicchè sarebbe superfluo il rinvio della causa per provvedere alla rinnovazione della notifica del ricorso (Cfr. Cass. S.U. n. 18375/2010; Cass. n. n. 21985/2011; n. 18375/2010).
Tanto premesso si osserva che la prima censura si risolve in un diverso apprezzamento delle risultanze probatorie, a fronte di una motivazione della Corte di merito esente da vizi logici e giudici e, pertanto, non sindacabile in sede di legittimità.
La sentenza impugnata ha dato conto, infatti, del difetto di prova circa la determinazione convenzionale del compenso spettante all' E., escludendo che dalla fattura emessa, per le prestazioni rese nel 1986, potesse desumersi tale prova, "avuto riguardo all'attività professionale svolta negli anni successivi".
Quanto alla seconda doglianza è sufficiente rilevare che la Corte territoriale, con adeguata e corretta motivazione, ha ritenuto che l'entità e la natura delle prestazioni effettuate dal professionista risultavano provate non solo dalla valutazione di congruità espressa da Consiglio dell'ordine dei Commercialisti sulla relativa parcella, ma anche dalla prova testimoniale ed ha osservato, inoltre, che l'appellante non aveva mosso specifiche censure su detto parere nè aveva offerto elementi da cui desumere "l'inattendibilità degli elementi di valutazione offerti dall' E.".
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
Nulla per le spese del presente giudizio di legittimità, stante il difetto di attività difensiva da parte dell'intimato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.
Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2012


 

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