REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI PALERMO SEZ. STAC. DI CATANIA – SEZIONE 18
riunita con l’intervento dei Signori:
SAITO VINCENZO – Presidente
VULLO EDUARDO LUIGI MARIA - Relatore
FAILLA CARMELO - Giudice
ha emesso la seguente
SENTENZA
- sull'appello n.625/12
depositato il 9/02/2012
- avverso la sentenza n.484/1/11 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di CATANIA
proposto dall'ufficio: AGENTE DI RISCOSSIONE CATANIA RISCOSSIONE SICILIA SPA
difeso da:
___________
controparte:
________
difeso da:
_____________
Atti impugnati:
CARTELLA DI PAGAMENTO _________ TAS. AUTOMOBILI

Conclusioni della Serit Sicilia Sp.A:
dicchiarare la nullità della sentenza impugnata. In via subordinata, come da devoluzione.
Con vittoria di spese e di compensi.
conclusioni della parte contribuente:
rigettare tutte le domande di cui al ricorso in appello perchè infondate in fatto e in diritto e confermare la sentenza di primo grado.
Con vittoria di spese e di compensi, da distrarre.

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 484/01/2011 resa in data 6.6.2011, la Commissione Provinciale di Catania accoglieva il ricorso proposto da ______ avverso numerose cartelle esattoriali, per complessivi €. 17.577,02, concernenti tasse automobilistiche, anni dal 1987 al 2002, e tasse smaltimento rifiuti, anni dal 1993 al 2004.
Rilevava il decidente che il Concessionario della riscossione si era costituito tardivamente e che, pertanto, non fosse utilizzabile la documentazione (peraltro - prodotta appena tre giorni prima dell'udienza di discussione, in violazione del termine previsto dall'art. 32 digs. 546/1992) volta a dimostrare l'avvenuta notifica degli atti prodromici e delle cartelle di pagamento.
Per la riforma della sentenza, ha proposto appello la Serit Sicilia S.p.A. eccependo la nullità della sentenza, per carenza di motivazione, l'ammissibilità della prova documentale volta a dimostrare la notifica degli atti prodromici e della cartella di pagamento e, nel merito, il mancato decorso del termine di decadenza e/o di prescrizione dei tributi.
Ha resistito il contribuente.
Indi, all'udienza del 25 settembre 2014, la causa, sulle conclusioni precisate in epigrafe, è stata posta in decisione.

Motivazione

Premesso che la sentenza di primo grado, se pur succintamente motivata, contiene le ragioni della decisione (la CTP ha ritenuto inutilizzabili, perchè tardivamente prodotte, le ricevute di notifica delle contestate cartelle e, quindi, non azionabili le relative pretese tributarie) l'impugnata sentenza resiste ai rilievi oggi sollevati dalConcessionario.
Ritiene il Collegio di dover ribadire l'orientamento già più volte espresso da questa stessa Commissione regionale e di ritenere, in conformità, inammissibile la produzione per la prima volta in appello della documentazione volta a dimostrare l'avvenuta notifica della cartella di pagamento.

La questione, com'è noto, involge – da un lato – il rapporto tra l'art. 345 c.p.c. e l'art. 58 D.legs. 546/1992; dall'altro, il coordinamento tra la disposizione del 1° comma del richiamato art. 58 con quella contenuta nel 2° comma dello stesso articolo.
Quanto al primo aspetto, nessuno dubita che l'art. 58 D.legs.546/1992 abbia carattere di specialità rispetto alla norma omologa del c.p.c.. Tuttavia, nello stabilire l'esatta portata dell'art. 58 D.legs.546/1992 non potrà prescindersi, in virtù del rinvio alle norme del c.p.c. contenuto nell'art. 1 D.legs.546/1992, dai principi di ordine generale del processo ordinario e, per quanto qui rileva, del rigido sistema di preclusioni e di delimitazione dell'oggetto del giudizio di appello resi ancor incisivi dalle modifiche introdotte dalla legge n.69/2009.
Sulla base di tali premesse, ritiene questa Commissione di dover ribadire che l'apparente contraddizione all'interno dell'art.58 D.legs.546/1992 tra il 1°comma ("...1. Il giudice d'appello non può disporre nuove prove, salvo che non le ritenga necessarie ai fini della decisione o che la parte dimostri di non averle potute fornire nel precedente grado di giudizio per causa ad essa non imputabile...") e il 2° comma ("...2. E' fatta salva la falcoltà delle parti di produrre nuovi documenti...”) non possa che essere risolta ritenendo ammissibile in appello solo i nuovi documenti che non abbiano una valenza probatoria, in quanto l'indiscrirninata possibilità di produzione documentale (in un processo, come quello tributario, in cui è assente la prova orale, ex art. 7, 4° comma D.legs.546/1992) si porrebbe in palese violazione del divieto di nuove prove in appello di cui al 1° comma.
Cosicchè deve ribadirsi che non può essere consentito all'Amministrazione finanziaria e/o al Concessionario fornire per la prima volta in appello la prova documentale della notifica della cartella di pagamento, stante lo specifico divieto di cui al 1° comma art. 58 cit.

E' opportuno evidenziare, peraltro, che, a seguito dell'intervenuta abrogazione (ex art. 3-bis, comma 5 del D.L. 30 settembre 2005, n.203) del 3° comma dell'art. 7 D.legs.546/1992 (che consentiva alle commissioni tributarie di ordinare alle parti il deposito di documenti ritenuti necessari per la decisione della controversia) è venuto meno il fondamento dell'orientamento espresso in senso contrario dalla Suprema Corte che, nella sentenza n.14624 del 2000, aveva affermato che “...L'impugnazione dell'avviso di mora, per far valere vizi inerenti ad un atto pregresso autonomamente impugnabile, quale
l'avviso di accertamento dell'obbligazione tributaria, è ammessa, ai sensi dell'art. 19 terzo comma (ultima parte) del d.lgs. n.546 del 1992, in ipotesi di mancata notificazione di tale atto anteriore. L'indagine in ordine a detta notificazione, coinvolgendo un requisito di ammissibilità della domanda, rientra tra i compiti del giudice, e non può prescindere, in presenza di contestazioni, dall'esame del relativo atto, in possesso dell'ufficio finanziario. La necessità dell'acquisizione di tale atto, al fine della pronuncia sull'ammissibilità della domanda, comporta che il giudice tributario non può esimersi dall'esercitare il potere di ordinarne all'ufficio finanziario il deposito, in qualunque fase del processo di merito, ai sensi dell'art. 7 terzo comma del d.lgs. n.546 del 1992...”

Sotto altro profilo, ammettere in appello la produzione della stessa documentazione in ordine alla quale la parte è incorsa, nel primo grado (com'è avvenuto nel caso di specie), nella violazione dei termini previsti dall'art. 32 d.lgs 546/92 (...Le parti possono depositare documenti fino a venti giorni liberi prima della data di trattazione...) e ciò in presenza della specifica eccezione delle parte contribuente, oggi reiterata, volta a far valere tale tardività, equivarrebbe ad eludere, inammissibilmente, il disposto del richiamato art. 32, consentendo in appello, senza la prospettazione di fatti nuovi che possano giustificare tale sanatoria, un'attività processuale già preclusa nel primo grado.
Inoltre, anche in considerazione delle modifiche restrittive dell'art 345 c.p.c. sulla possibilità di nuovi documenti in appello, una tale tardiva produzione non può essere consentita nei casi, come quello di specie, in cui il documento non ha caratteri di "novità" essendo stato già nella disponibilità della parte sin dal primo grado.

Questa Commissione è consapevole del diverso orientamento espresso dalla Suprema Corte con la sentenza n.15144 del 2010, orientamento ribadito con sentenza n. 10567 del 2012, secondo cui legittimamente l'Ente impositore, rimasto contumace in primo grado, può eccepire in appello l'avvenuta notifica dell'avviso di accertamento, negata dal contribuente e produrre la relativa documentazione: sia nell'una che nell'altra pronuncia la Suprema Corte, - per un verso - ritiene consentita la produzione di documenti in appello (senza ulteriori specificazioni); per altro verso, inquadra l'eccezione dell'Ente impositore tra le mere difese.
Questa Commissione ritiene, tuttavia, tali principi non vincolanti, in quanto le argomentazioni poste a sostegno delle richiamate pronunce lasciano irrisolti tutti gli aspetti della questione sulla produzione documentale in appello sopra affrontati e non considerano la posizione dell'Ente impositore di attore in senso sostanziale della pretesa tributaria e il conseguente onere sullo stesso gravante di dimostrare tutti i presupposti costitutivi della pretesa stessa, ivi compresa, quindi, la regolare notifica dell'atto d'intimazione di pagamento delle somme iscritte a ruolo.
Di talchè, l'eccezione di avvenuta notifica dell'atto d'imposizione non può che risolversi in eccezione in senso stretto e, come tale, vietata in appello ex art. 57 d.legs, 546/1992.
L'appello deve, pertanto, essere rigettato, rimanendo assorbita ogni questione di merito.
Ricorrono valide ragioni, in considerazione della controvertibilità delle questioni trattate, per compensare interamente tra le parto le spese processuali del presente grado.

PQM

La Commissione Tributaria Regionale di Catania, definitivamente pronunciando, sull'appello proposto da SERIT Sicilia S.p.A. nei confronti di ________ avverso la sentenza n. 484/01/2011 resa in data 6.6.2011 dalla Commissione Provinciale di Catania così provvede:
- rigetta l'appello e compensa interamente tra le parti le spese processuali del presente grado di giudizio.
Catania 25 settembre 2014
Depositata in segreteria il 28.01.2015


 

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